Tre giorni al Puente Romano di Marbella, l'off season con Novak Djokovic - Pagina 2 di 2

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Tre giorni al Puente Romano di Marbella, l’off season con Novak Djokovic

Reportage dal Puente Romano di Marbella, dove Djokovic trascorre l’off season fra impegni commerciali e allenamenti

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Gironzolando sui campi da tennis vediamo anche Garbine Muguruza allenarsi con Conchita Martinez, c’è anche Corentin Moutet, Jasmine Paolini deve arrivare, e poi c’è Dan Evans. Sono tanti i giocatori che trascorrono l’inverno, se così si può chiamare, in queste piccole enclavi-paradiso di tennisti off season, Monte Carlo, Nizza, Marbella. Evans prova il suo schema preferito: due rovesci in back incrociati lunghi e poi si gira per colpire di dritto incrociato. Quando riposa sulla panca, consulta compulsivamente il telefono.

Alla sera il tempo è chilly, un freddo percepibile, niente che un giubbotto da mezza stagione in Italia non possa contenere. Si sta benissimo anche guardando solamente il mare, se ti offrono birra gratis allora è anche meglio.
 
All’indomani c’è la presentazione delle nuove scarpe, due nuovi modelli tanto attesi dai tennisti di ogni livello. I dirigenti di Asics raccontano come nascono i modelli in collaborazione con Djokovic, il tennista con il quale tutti vorrebbero lavorare. Il product manager racconta di quando ad aprile andò a Monte Carlo a incontrare il serbo portando con sé otto nuovi prototipi, aveva già raccolto i primi feedback di Novak e li aveva fatti implementare. C’era da risolvere il problema dello spessore dell’intersuola, gli otto modelli avevano uno spessore che incrementava del 5% passando dal prototipo numero uno al numero otto. Novak li ha provati tutti, e riusciva a percepire la differenza. Dava soddisfazione agli ingegneri, sapete bene se ne conoscete uno quanto può essere difficile. Novak ha anche parlato un po’ della sua stagione, ha ripetuto le solite cose “sul quanto si stato difficile giocare poi andare in pausa e poi riprendere”, però Djokovic ha detto una cosa importante, “che nel 2023 devo essere meno umile”. Si è dato i soliti grandi obiettivi, sembra ancora affamato di vittorie.

C’è quindi da cambiarsi per scendere in campo, tocca provare le nuove scarpe. Arriviamo presto ai campi perché saltiamo il pranzo, al mattino infatti siamo andati a fare colazione e a momenti crepiamo per la sindrome di Stendhal, tanto era meravigliosa la scelta di cibo; c’era qualsiasi cosa uno potesse desiderare, immaginare e, crediamo, addirittura inventare. Siamo sicuri che saremmo potuti andare da uno chef con la ricetta della cacio e pepe e lui ce l’avrebbe fatta in tre minuti. Vi basti dire che noi siamo ovviamente per la colazione dolce, decine di cornetti, dontus, marmellate e cioccolate, però dopo i classici due giri di dolci non abbiamo resistito: ci siamo fatti due piatti di Jamon, c’era una signora che affettava direttamente dalla coscia e preparava i piatti con una dolcezza e una raffinatezza commovente. Noi eravamo pure reduci dal jogging mattutino e quindi abbiamo affondato le zanne nel in uno dei più iconici prodotti spagnoli.
 
Sui campi colorati tipo Australian Open ci sono i coach che preparano gli esercizi che i tanti giornalisti e influencer arrivati da tutto il mondo faranno per provare le scarpe, esercizi di stabilità con la GEL-Resolution, la scarpa di Matteo, e frenate e ripartenze con la Court FF 3 di Novak. Vediamo che qualcuno già inizia a scambiare prima del tempo, noi ci mettiamo là come falchi, riconosciamo Ruben Ramirez Hidalgo, un 50 ATP di una quindicina di anni fa, sembra ancora pronto per il Tour tanto è fisicamente asciutto. Chiediamo se possiamo fare qualche palla, in tutta la nostra sfrontatezza, a un gruppo di coach. Lui stesso dice, “gioco io dai”. Vabbè, si gode.
 
Iniziamo a scaldarci, non vogliamo fare brutta figura negli esercizi che faremo dopo, pian piano cominciamo a tirare sempre più forte, e così fa lui, non sbagliamo praticamente mai. Facciamo la nostra discreta figura, lo ringraziamo, lui voleva giocare ancora ma ci cacciano dal campo che tocca iniziare. Ringraziamo l’head coach Juan Carlos Baguena, uno che giocava nel Tour negli anni ‘90, ci parliamo un attimo e quando appura che siamo italiani ci ricorda i doppi giocati con Camporese e Cané. Gli chiediamo se la nostra prestazione è stata decente, lui: “Molto buona, non riuscivo a capire chi dei due fosse il professionista”. Ridiamo sinceri per la trollata.
 
Il primo esercizio che facciamo in gruppo è giocare quattro palle in quattro zone specifiche del campo, una roba che in allenamento non sarebbe neanche tanto difficile ma che là, con telecamere, ex tennisti, e tanta altra gente in campo, diventa proibitiva per via della pressione. Mettiamo dentro qualche palla, proviamo a fare canestro con una smorzata di precisione. L’altro esercizio è una gara di precisione al servizio, ci avrebbero detto anche la velocità delle nostre battute ma il misuratore si è rotto, è un male? Chissà. C’è da prendere due borsoni agli angoli esterni del servizio per i due punti, un punto se metti la palla dentro e tre punti se prendi il conetto alla T centrale, praticamente una roba da fenomeni in quelle circostanze. Alla prima battuta prendiamo il borsone, poi mettiamo dentro le altre battute. La gara diventa avvincente, ci sono diversi altri bravi giocatori, qualcuno è palesemente un amatore ma partecipa divertito alla competizione. All’ultimo giro di boa sta conducendo Ramirez Hidalgo, ci mancherebbe pure. Tocca a noi, andiamo in testa con due battute che entrano senza colpire cono o borsa, Ramirez ci sorpassa subito dopo, era indietro ma gioca il jolly: batte una prima e prende il conetto, è primo. A vincere però è Fabio Colangelo di Eurosport, ex ATP anche lui, che vince con due bei servizi ai borsoni. Noi arriviamo terzi, difatti i nostri tornei si chiamano Coppa Gabbiani e Coppa dei Castelli romani.

Ruben Ramirez Hidalgo

L’ultimo esercizio è tirare quattro palle correndo, fermandosi e ripartendo, alla Novak insomma. Tiriamo qualche palla a rete, qualcuna finisce negli angoli, qualche volta ci dicono “bravo”, la sfanghiamo diremmo. Rimaniamo a fare qualche tiro nei campi liberati, giochiamo con uno svedese che non sbaglia una palla, c’è qualcuno che gioca veramente bene, ex pro o ex junior forti, come Thomas, un olandese con il quale abbiamo pranzato il primo giorno impedendogli di ordinare il cappuccino alle tre del pomeriggio dopo un’insalata, è bastato uno sguardo. Ci racconta che da junior era forte, poi un infortunio alla spalla gli ha fermato la carriera, quando tira spacca la palla però.

Finiamo sul centrale a vedere le esibizioni, dopo aver intervistato i vertici di Asics e Corentin Moutet, simpatico fuori dal campo esattamente quanto in campo. È stato di poche parole,  non ha detto niente di interessante, non ha fatto il simpatico, sembrava scazzato, ma noi più di lui. Nei doppi giocano Petra Marcinko, che quest’anno ha vinto gli Australian Open juniores, Jasmine Paolini che finalmente è arrivata facendo il giro d’Europa e anche un grande Alex Corretja, che avevamo beccato in spiaggia, il suo rovescio è sempre una bellezza. Moutet rosica quando Colangelo, che gioca il doppio finale con Paolini contro Corentin e Marcinko, gli fa una gran risposta costringendolo all’errore. Quando serve Colangelo poi, Moutet subito gioca una risposta vincente. Ci si diverte comunque, specie fra gente che ha giocato. Arriva l’umidità, il buio, qualche goccia di pioggia, tempo di alcol e tapas per la serata di saluto.
 
Che finisce tardi, ma soprattutto con hangover, tante belle chiacchiere sul tennis e dintorni, racconti del dietro le quinte degli addetti ai lavori, ma c’è da salutare tutti che poi c’è da tornare dalla famiglia, che chiama durante il giorno e ci chiede se gli manchiamo, noi esitiamo a rispondere, anche perché dal piano alto della nostra camera, che è una specie di appartamento dove si potrebbe giocare a nascondino per ore e nel quale si potrebbe dormire in dodici, si vede il mare, le foglie delle palme si muovono e la gente passeggia sulla pista pedonale nella quale si fa jogging a tutte le ore, salutando quando ci si incrocia.

Noi abbiamo appena rimbalzato uno del resort che voleva sistemare la stanza per la terza volta in giornata, e che prima di andarsene ci ha detto “Almeno prendete la cioccolata! Volete qualcosa per l’aperitivo? Un caffè? Patatine?”, in una stanza che aveva già a disposizione l’assortimento di Eataly. “Certo che mi mancate, qui è carino ma ovviamente non vedo l’ora di tornare”. Al Puente Romano.

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