Musetti, sì agli Australian Open (Bertellino). "Djokovic è più forte adesso di tre anni fa. Quello di Musetti non è tennis, ma arte" (Semeraro)

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Musetti, sì agli Australian Open (Bertellino). “Djokovic è più forte adesso di tre anni fa. Quello di Musetti non è tennis, ma arte” (Semeraro)

La rassegna stampa di mercoledì 11 gennaio 2023

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Musetti, sì agli Australian Open (Roberto Bertellino, Tuttosport)

Iniziando da “casa Italia” ieri sono arrivate buone notizie da Melbourne per quanto riguarda la spalla di Musetti che lo aveva costretto al ritiro in United Cup contro Tiafoe. Si tratta solo di un’infiammazione che non impedirà al carrarino di prendere parte agli Australian Open. Anche Jannik Sinner è al lavoro per il torneo. Tempo di ottavi di finale (scattati nella notte italiana) nei tornei ATP 250 di Auckland e Adelaide 2, gli ultimi di preparazione al primo Slam di stagione. Nel torneo neozelandese Casper Ruud e Cameron Norrie conoscono i nomi dei rispettivi rivali, usciti dalle sfide di primo turno. Per il norvegese c’è il serbo Laslo Djere. Il giocatore inglese, numero 2 del seeding, deve stare attento al ceco Lehecka, proveniente dalle qualificazioni. Occhi puntati anche sull’americano Ben Shelton, figlio d’arte e in tabellone con una wild card. In primo turno l’attuale 92 del mondo (classifica costruita senza mai uscire dalla terra d’origine) ha battuto in due set (7-6 6-1) la settima testa di serie, l’argentino Sebastian Baez. Tra i confronti di particolare interesse anche quello tra Jenson Brooksby, che ha vinto in rimonta il suo match d’esordio contro Fognini, e Diego Schwartzman, testa di serie n. 3. Un altro scontro tra un esperto del circuito per l’irriverente Jenson, entrato in polemica con Fognini per un punto fortunoso conquistato con tanto di nastro e senza scuse successive. […] Nel WTA250 di Hobart, incroci azzurri tra Jasmine Paolini ed Elisabetta Cocciaretto. Un derby deciderà chi tra le due, che sono fianco a fianco nel tabellone di doppio, salirà nei quarti in quello di singolare. La giovane Cocciaretto ha esordito con una gran vittoria superando la numero 3 del tabellone Alizé Cornet in due set (6-4 6-2) dopo un’ora e 24 minuti. Nulla da fare per Lucia Bronzetti, la terza azzurra in tabellone a Hobart. La 24enne riminese, n.50 WTA, reduce dalla finale in United Cup con la squadra italiana, ha ceduto 6-4 6-3, in un’ora e 37 minuti di gioco, alla russa Anna Blinkova, n.72 WTA, proveniente dalle qualificazioni.

“Djokovic è più forte adesso di tre anni fa. Quello di Musetti non è tennis, ma arte” (Stefano Semeraro, La Stampa)

 

Mats Wilander, ex numero 1 del mondo, vincitore di sette Slam – tre dei quali in Australia – è da commentatore di Eurosport una delle voci più autorevoli e ascoltate del tennis. Mats, lunedì partono gli Australian Open: che 2023 ci aspetta? «La novità è che riparte la corsa per diventare il più grande tennista di sempre. L’anno scorso non era importante, perché Djokovic era fuori, ora è tornato e tutti ne sono felici, compreso Rafa Nadal. Mi aspetto un livello molto alto, perché ormai tutti sanno che per batterlo devi giocare la miglior partita della tua carriera. Se non credi in te stesso e non sei aggressivo, non hai chance».

Vede meglio Djokovic o Nadal?

Per entrambi a mio parere vale la stessa regola: non invecchiano, migliorano e basta. Novak è più forte ora di tre o quattro anni fa, ogni volta che lo vedi aggiunge qualcosa. A Melbourne parte favorito perché ci ha già vinto nove volte, dagli Us Open in poi ha perso solo un match e ad Adelaide è sembrato in grande forma. Poi ci sono Rafa, Medvedev e un paio di altri.

Resta Djokovic il vero numero uno?

Viste le circostanze, sì. Il ranking non è mai stato il criterio per dire chi è veramente il più forte. È vero che dopo Parigi, dove ha vinto Nadal, non ha più affrontato Rafa, ma per come ha giocato negli ultimi quattro mesi, come livello di gioco il più forte è Nole.

Il numero uno del ranking, Carlos Alcaraz, è infortunato e salterà Melbourne.

Ed è la cosa peggiore, perché può far pensare che gli capiterà ancora. Dover rinunciare a 19 anni, da numero uno e dopo aver vinto uno Slam per lui è terribile.

Gli italiani possono inserirsi di nuovo al vertice?

Sì, e il fatto che Berrettini, Sinner e Musetti siano così diversi come stile è l’asso nella manica dell’Italia. Preferiscono anche giocare contro avversari diversi. Berrettini non ama chi picchia forte: può avere problemi con il rovescio e non è veloce abbastanza per girarci attorno e colpire solo diritti. Se fossi Musetti mi piacerebbe affrontare chi colpisce piatto e varia molto. Il suo più che tennis è una forma d’arte. Sinner è in controllo quasi con tutti, ma non ama chi usa i colpi tagliati, la smorzata e viene a rete. Voi italiani potete scegliere lo stile che preferite.

È tempo che Wimbledon tolga il bando ai tennisti russi?

La mia opinione personale è che un tennista rappresenta se stesso, non il suo paese, tranne che in nazionale o alle Olimpiadi. Ci sono tante situazioni nel mondo in cui puoi dire: ok, questo paese sta facendo questo ad un altro, quindi i suoi atleti vanno banditi. Ed è difficile anche decidere chi escludere in base a ciò che uno ha detto, alla cultura a cui appartiene o al tipo di persona. I tennisti italiani giocano per l’Italia in United Cup o in Coppa Davis, ma a Wimbledon giocano per se stessi. Ovviamente quella in Ucraina è una situazione orribile, ma è difficile per un essere umano scegliere in che paese nascere. E una questione delicata.

Naomi Osaka e altri tennisti hanno rivelato una sofferenza mentale: è un problema per il tennis e lo sport?

Problemi di questo tipo li capisco in un giocatore russo, in chi sconta le colpe dei propri governi. E li avrei compresi durante il momento più duro della pandemia. Non più ora per come si sta evolvendo il Covid. Certo, se Ash Barty si ritira a 25 anni e la Osaka attraversa momenti difficili dobbiamo chiederci come mai non si divertono a gareggiare come dovrebbero. La Barty voleva mettere su famiglia, ora è incinta e lo abbiamo capito, per il resto questo mi sembra un gran bel momento per essere un tennista professionista.

In campo maschile sono invece troppi gli infortuni.

E questo non è bene, del resto il tennis è sempre più veloce. Ma viviamo un momento elettrizzante, ci sono generazioni che si confrontano, fra il numero 1 e 2 del mondo ci sono 17 anni di differenza. Vuol dire che il tennis è in salute, Alcaraz e Nadal dimostrano che puoi essere n.1 del mondo sia da vecchio sia da giovane. […]

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La vittoria più bella (Cocchi). Navratilova, la vittoria più preziosa (Piccardi). Ecco gli US Open per tutti (Bertellino)

La rassegna stampa di mercoledì 22 marzo 2023

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La vittoria più bella (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Martina Navratilova lo sa bene come si vince. E lo ha fatto anche questa volta, contro un avversario senza racchetta, ma infinitamente più infido e pericoloso: il cancro. Navratilova, 18 volte campionessa Slam (59 in totale tra singolare e doppio), 9 volte trionfatrice sui prati di Wimbledon, ha sconfitto il tumore che l’aveva aggredita in due punti diversi: la gola e il seno. Una malattia annunciata a inizio anno e scoperta durante il Masters femminile a Forth Worth, in Texas, lo scorso novembre. Un rigonfiamento sul collo, un linfonodo ingrossato, i controlli e infine la diagnosi: papilloma virus alla gola primo stadio: «Ho avuto paura, ma sono stata subito tranquillizzata dal medico, mi ha detto che avendolo preso in tempo sarei guarita», ha ricordato adesso. Sottoponendosi ai controlli per la gola, le è stato poi scoperto un secondo tumore, questa volta al seno: «I medici mi hanno detto che non era legato alla gola e che secondo quanto emergeva dalla biopsia, era ben più grave. […] In quel momento ero ancora in ambulatorio mentre il medico prelevava altri campioni e ho iniziato a piangere…», ha raccontato la campionessa nella parte più emotiva dell’intervista esclusiva al giornalista britannico Piers Morgan. E ancora: «Dopo la diagnosi sono stata presa dal panico. Mi è venuta in mente una lista di cose che avrei voluto fare se avessi vissuto veramente solo un altro anno. Anche cose sciocche, ad esempio ho pensato a quale macchina di grossa cilindrata avrei potuto guidare…». La Navratilova, che stava meditando di adottare un bambino assieme alla compagna Julia Lemigova, aveva già dovuto curarsi da un cancro al seno nel 2010, sebbene in una forma meno aggressiva: «Ero terrorizzata, non pensavo avrei vissuto un altro Natale, e le cure sono state davvero una delle prove più difficili di tutta la mia vita. Mi sono sottoposta a chemioterapia e radioterapia, davvero dura». Ora, però il peggio è passato e Martina può finalmente dire che la completa guarigione è a un passo: «Mancano ancora un paio di settimane di radioterapia, poi potrò finalmente dichiararmi libera dal cancro». Lo spirito da guerriera imparato sul campo è stato fondamentale in questa sfida: «Non basta essere una combattente, ma quali alternative avrei avuto davanti a me? Abbattermi? Smettere di lottare per la guarigione, per la mia vita? Mi dispiace ma mollare, nella mia vita, non è mai stata un’opzione. La resa non è scritta nel mio Dna». Tra le prime persone che hanno saputo della malattia, Chris Evert. Con lei, la Navratilova ha dato vita a una rivalità entrata nella leggenda dello sport. Proprio la Evert lo scorso gennaio, quando Martina annunciava di essersi ammalata, dichiarava di essere guarita da un cancro alle ovaie, lo stesso che aveva portato via sua sorella. Chrissie le è stata comunque vicina in questo anno difficile: le due non sono state più separate da una rete, ma unite da un destino comune. […] Ora che si può parlare di lieto fine, Martina, proprio come ha fatto l’amica-rivale, sottolinea l’importanza dei controlli. La necessità di non dare mai per scontata la propria salute: «Sicuramente non mancherò mai più una visita, nessuno dei miei check up. Non voglio più vivere momenti cosi terribili». Gioco, partita incontro Navratilova.

Navratilova, la vittoria più preziosa (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

 

«Ho temuto di non arrivare a Natale, ho buttato giù una lista di cose da fare nel caso mi avessero detto che sarei vissuta solo un altro anno, tipo quale auto di lusso mi sarebbe piaciuto guidare. Invece posso dire di essere guarita. Ancora due settimane di radioterapia, e ho finito». Intervistata dal conduttore tv inglese Piers Morgan, Martina Navratilova si commuove. I due tumori (gola e seno, quest’ultimo già diagnosticato e curato nel 2010) scoperti all’inizio dell’anno («Tutto è partito da un linfonodo ingrossato, che io avevo attribuito alla vaccinazione contro l’herpes zoster…») sono in remissione, l’andirivieni tra la Florida (dove vive con la moglie Julia Lemigova) e New York (dove si sta curando) al capolinea. E non è un caso che l’annuncio della guarigione della campionessa dei 18 titoli Slam in singolare, 66 anni, arrivi alla vigilia dell’anniversario della rivalità più lunga nella storia del tennis: il 22 marzo 1973, cioè 50 anni fa oggi, nei sedicesimi del torneo di Akron (Ohio) Martina Navratilova affrontava per la prima di 80 volte (43-37) l’arcirivale Chris Evert, una sfida che si sarebbe prolungata fino al 1988, ultimo atto del torneo di Chicago, una delle 60 finali (14 in prove del Grande Slam) che le due grandi ex nemiche si sono spartite nella carriera. Agli antipodi all’inizio — una ceca di Revnice in piena cortina di ferro, l’altra americana della Florida bene, figlia di un bravo maestro di tennis, subito eletta a fidanzatina d’America e destinata al matrimonio con Jimmy Connors —, inseparabili alla fine, quando Navratilova era già americana da anni avendo defezionato dal regime comunista del suo Paese d’origine, diversissime nello stile (serve and volley Martina, contrattaccante da fondocampo Chris, portatrice di un rovescio bimane da manuale) ma accomunate da un destino simile. Guarite entrambe dal cancro, Navratilova addirittura due volte, architrave una per l’altra: Navratilova e Evert sono state reciprocamente lo specchio nel quale guardarsi riflesse per scrutare pregi e difetti, punti forti e punti deboli, gioie e tristezze, vittorie e sconfitte. Senza Navratilova non ci sarebbe stata Evert, e viceversa. «Quando ho iniziato la chemio — racconta Martina —, la mia agente ha chiesto agli amici più stretti di mandarmi una canzone d’incoraggiamento. Billie Jean King ha scelto “I Will Survive” di Gloria Gaynor, Chris mi ha mandato “Lean on Me” di Bill Whiters. Se penso al testo, mi vengono i brividi: appoggiati a me quando non ti senti forte abbastanza, sono tua amica, ti aiuterò ad andare avanti…». E allora non ci si può stupire che Evert sia stata la spalla su cui Navratilova ha pianto durante il sanguinosissimo divorzio da Judy Nelson (correva il 1991) e Martina l’amica a cui Chris ha confidato per prima il fallimento del matrimonio con Andy Mill, ex sciatore, padre dei suoi tre figli. Nel ruolo di damigella, Chris ha dato l’ultimo tocco allo smoking bianco di Martina il giorno in cui ha sposato Lemigova e Martina ha tenuto stretta la mano di Chris durante i sei cicli di chemioterapia per costringere alla resa il tumore alle ovaie. «All’inizio era solo un’avversaria: dovevo batterla — ha spiegato Chris —. E Martina aveva un’allenatrice (Nancy Lieberman, ndr) che le diceva che per sconfiggermi avrebbe dovuto odiarmi. Difficile, così, essere amiche. Ma con l’avanzare della carriera ci siamo rilassate, la Federation Cup per gli Usa ci ha unite, il resto lo abbiamo fatto noi. Quando è morta mia sorella Jeanne, Martina non mi ha lasciato sola un momento. E nel momento in cui la competizione è sfumata, siamo diventate inseparabili».

Ecco gli US Open per tutti (Roberto Bertellino, Tuttosport)

Epocale annuncio ieri da Sportcast, la società che gestisce il canale Supertennis. Dopo 34 anni di visione riservata alle pay tv, il canale che racconta gli sport di racchetta trasmetterà in diretta l’ultimo Slam di stagione, gli US Open, con tanto di streaming anche sulla sua piattaforma Supertennix: «La Federazione Italiana Tennis e Padel prosegue nella sua politica di sviluppo attraverso la promozione del Grande Tennis nel nostro Paese – ha commentato il Presidente Angelo Binaghi negli States per presentare l’upgrade degli Internazionali di Roma – Dopo aver fondato, 15 anni fa, il canale SuperTennis, riportando così il nostro sport nelle case di tutti gli italiani, e dopo aver riaperto una finestra in chiaro su Wimbledon, siamo ora orgogliosi di mettere a disposizione di tutta la vasta platea degli appassionati tricolori un altro dei quattro tornei più importanti del mondo». Archiviate le qualificazioni, con le sconfitte dei due azzurri impegnati, Matteo Arnaldi e Mattia Bellucci, rispettivamente fermati dallo slovacco Klein e dal cinese Zhang, è ai nastri di partenza il secondo Masters 1000 di stagione, quello di Miami. Dalla California alla Florida con gli occhi puntati sui 5 italiani, tre dei quali hanno un bye in primo turno, e sullo spagnolo Carlos Alcaraz, tornato grazie al successo nel torneo di Indian Wells al n.1 mondiale. L’iberico, non ancora ventenne, ha messo in mostra un tennis stellare annichilendo in finale Daniil Medvedev, e a Miami sarà chiamato a confermarsi perché è il campione in carica e dovrà ripetersi per mantenere il primato in classifica. Al 2° turno il murciano esordirà contro il vincente del match tra un qualificato o un lucky loser e l’argentino Facundo Bagnis. Dovrà difendere punti pesanti anche il norvegese Casper Ruud, finalista nel 2022 e alle prese con un inizio di stagione in sordina. Il numero 2 del tabellone maschile è il greco Stefanos Tsitsipas che aspetta il vincente del match di primo turno tra un qualificato o un lucky loser e il sempre temibile francese Richard Gasquet. I primi a scendere in campo in casa Italia saranno oggi Fabio Fognini e domani Lorenzo Sonego. Per il torinese sfida suggestiva con Dominic Thiem. L’austriaco non ha ancora dato segnali di vera ripresa (attualmente è 106) ma sulla partita secca ha già dimostrato di poter alzare il livello. […] Per Fognini esordio con il francese Lestienne. Già al 2° turno Jannik Sinnet; testa di serie n 10, Lorenzo Musetti, numero 18, e Matteo Berrettini, n.19. Jannik aspetta il vincente di Djere e un qualificato o un lucky loser; Musetti, chiamato al riscatto, avrà Lehecka o Federico Coria. Berrettini, in fase involutiva e alla ricerca di un acuto, testa a testa con il vincente di McDonald-Galan.

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Un super coach per Berrettini e Musetti (Bertolucci). Alcaraz l’anti Djokovic (Nizegorodcew). Alcaraz è il top Dai Sinner: devi diventare così! (Azzolini). Piemonte Open, fra Roma e Roland Garros (Mecca)

La rassegna stampa di martedì 21 marzo 2023

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Volée di rovescio – Un super coach per Berrettini e Musetti (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Il tennis non si ferma mai. Archiviato il torneo di Indian Wells, il primo Masters 1000 stagionale che ha riproposto il fenomenale Alcaraz ai più alti livelli, restituendogli anche il numero uno del mondo, è già il momento di tuffarsi nel mare di Miami per la tradizionale seconda gamba del Sunshine Double americano. In California, malgrado la sconfitta in semifinale, abbiamo ammirato i progressi di Sinner, la sua evoluzione tecnica verso quella completezza di gioco che lo sta avvicinando al top assoluto, ma è altresì evidente che in questo momento gli appassionati e gli addetti ai lavori si stiano interrogando anche sullo stato di crisi quasi permanente, in questo inizio di stagione, di Berrettini e Musetti. Gli altri due componenti dei potenziali Big Three azzurri sono alle prese con una povertà di risultati che comincia ad allarmare e si stanno incartando mentalmente tra equivoci tecnici e condizione atletica non all’altezza. Entrambi posseggono le potenzialità per riemergere in fretta dai loro tormenti e tornare a veleggiare verso lidi più consoni al loro talento, soprattutto sotto il punto di vista delle prestazioni, ma credo che per ricercare una soluzione efficace ai problemi sia arrivata per tutti e due l’ora di scelte drastiche. E con una parola che non può essere tabù: supercoach. Cioè una figura altamente qualificata che affianchi gli storici tecnici Santopadre e Tartarini e fornisca ai giocatori una prospettiva diversa da cui guardare il proprio tennis e quello degli avversari. Non si tratta di disconoscere il lavoro fatto fin qui, di recidere totalmente le radici originarie (anche se Sinner lo ha fatto), bensì di affidarsi a un pensiero e a un affiato diverso che possa completare e affinare il percorso intrapreso in questi anni. D’altra parte, perfino i Federer, i Djokovic, i Murray a un certo punto della loro carriera hanno avvertito come necessario includere nel team una figura che fornisse nuovi riferimenti: stiamo parlando di due tra i più grandi sportivi […] di ogni epoca e di un campionissimo. II supercoach, intendiamoci, non è un guru chiamato a stravolgere i riferimenti tecnici del giocatore, ma piuttosto un consulente che suggerisca la migliore gestione della partita, dei suoi aspetti tattici e psicologici, prima e dopo. Certo, potrà fornire indicazioni su alcuni dettagli specifici del gioco, però il suo ruolo è quello di chi porta una visione complessiva, un’angolazione differente nell’analisi globale della valutazione dei vari momenti della stagione. Nello specifico, Santopadre per Berrettini e Tartarini per Musetti, cui va certamente riconosciuto II merito di aver condotto gli allievi ai vertici, continuerebbero a occuparsi del lavoro quotidiano, parimenti fondamentale nella definizione di un campione a tutto tondo. E ogni rivoluzione che si rispetti può anche agire più in profondità, magari portando nuove competenze anche nel delicato settore della preparazione atletica.

Alcaraz l’anti Djokovic (Alessandro Nizegorodcew, Il Corriere dello Sport)

 

Carlos Alcaraz, Novak Djokovic e un regno condiviso. Una corona per lo spagnolo, che dopo il successo a Indian Wells è tornato numero 1 del mondo […] e uno scettro per Nole, che si attesta alla seconda piazza del ranking solamente per il computer; non potendo conteggiare i punti conquistati a Wimbledon 2022 […]. L’unico a insinuarsi nel dominio serbo-iberico è Daniil Medvedev, mentre tutti gli altri paiono un gradino sotto. Un mostro di precocità da un lato, un campione assoluto dall’altro. L’unico precedente si è disputato nella semifinale del Masters1000 di Madrid della passata stagione: a imporsi fu Alcaraz per 6-7 7-5 7-6 in 3 ore e 35 minuti. Vi è grande attesa per le prossime sfide, anche perché nei big tournaments conquistati dallo spagnolo, tranne Madrid, Djokovic non è mai stato presente in tabellone. SERVIZIO. Djokovic non ha sempre avuto un buon rapporto con questo fondamentale. Nel 2009 decise di affidarsi all’ex Top5 Todd Martin, che affiancò per alcuni mesi coach Vajda per cambiare e migliorare la battuta del serbo. La scelta fu controproducente e dopo mesi da incubo Djokovic tornò al vecchio movimento. Negli anni ha affinato la tecnica e la solidità del colpo, mai devastante ma quasi sempre inattaccabile. Alcaraz, che ha ancora buoni margini sul fondamentale, impressiona per la facilità con cui riesce a tenere alta la percentuale di prime in campo nei momenti importanti […]. RISPOSTA. In carriera Djokovic ha ottenuto il 32% dei game giocati in risposta […]. Alcaraz che dalla parte del rovescio ogni tanto regala qualcosa, ha dati molti simili. ROVESCIO. È il colpo naturale di Djokovic, che sin da bambino lo ha portato sotto la luce dei riflettori. Probabilmente il miglior rovescio bimane di sempre. Alcaraz alterna grandi soluzioni a qualche errore più banale, soprattutto in risposta. Un colpo che durante i match va ancora un po’ ad alti […] e bassi […]. DRITTO. È il colpo di Carlitos. Lo spagnolo può tirare un vincente di dritto da qualsiasi zona del campo, anche se si trova a 5 metri dalla linea di fondo. Semplicemente straripante. D’altra parte è il fondamentale più costruito del serbo, che ha migliorato il proprio dritto anno dopo anno sino a renderlo efficace in ogni situazione tattica, che sia difensiva od offensiva. GIOCO DI VOLO. Alcaraz sa eseguire il ‘serve and volley’ e a rete dimostra dimestichezza e talento […]. Djokovic, negli anni, ha saputo migliorare la volée in maniera esponenziale, mentre nello smash è spesso titubante e impreciso. FISICO. Il serbo è noto per svolgere, sin da giovanissimo, circa un’ora e mezza di stretching giornaliero. Dal 2015 ha adottato una dieta vegana e dal punto di vista atletico è ai limiti della perfezione. Le storiche sfide, molto complesse nei primi anni, a Nadal e Federer lo hanno costretto a diventare una sorta di indistruttibile uomo di gomma. Gli infortuni seri, in carriera, sono stati pochissimi: quasi 36 anni e non sentirli. A 18 anni Alcaraz era già un atleta maturo e pronto. Qualche problema fisico di troppo è giunto tra 2022 e inizio 2023, ma la sensazione che come il primo Nadal, non riesca a contenere esuberanza e generosità. Negli anni saprà gestirsi sempre meglio. TESTA. Il grande punto di forza di entrambi. La capacità di giocare al meglio i punti importanti […], con coraggio e razionalità, è dote rarissima nel tennis. Il rifiuto della sconfitta è invece un’arte condivisa e in Djokovic si riassume nell’83,5% di vittorie in carriera nel circuito ATP. Il migliore in assoluto nell’era Open […].

Alcaraz è il top Dai Sinner: devi diventare così! – Alcaraz numero 1, forte, fortissimo, quasi un mostro (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Quanti “opposti” convivano sotto la dura scorza dei tennisti che più ammiriamo è domanda vana, se pretendiamo una risposta certificata, e rimarrebbe comunque il dubbio che per alcuni non sia sufficiente indagare sul loro doppio, quanto ampliare la ricerca per estrarre il terzo, forse il quarto abitante di quell’intricata matassa di entità sovrapposte e contraddittorie che si agita nella loro mente. Ad ascoltare i curiosi “non sense” che da bordo campo coach Ferrero detta al suo Carlitos come utili consigli per la sopravvivenza, è d’obbligo chiedersi chi sia il Ferrero che sta parlando, così diverso dal guerriero raziocinante e un po’ imbalsamato che conoscevo sul campo. Ma più difficile rispondere a quale degli Alcaraz che lui conosca si stia rivolgendo, se al ragazzo che tutto cela sotto l’ombra del mono filo delle sopracciglia che oscura gli occhi, o se a un altro Carlitos, preda in quel momento di un potente mix di angosce esistenziali che non trapela dalla corazza. «Guardami Carlos», gli diceva, «Sono qua. Ti piace ancora il tennis? Si? E allora, dai, gioca a tennis». Il siparietto ha preso forma nel corso della semifinale dell’altro ieri con Sinner, dopo il riaggancio dell’italiano sul 4 pari del primo set. Il momento peggiore vissuto da Alcaraz nel corso dell’intero torneo […] concluso domenica notte con una vittoria su Medvedev che può opportunamente pescare la propria definizione in tutta la filiera dei sinonimi della parola “stordente”. Vale a dire sbalordente, disorientante, frastornante, sbigottente, strabiliante… Dunque in grado di inebetire il rivale, perché tanto è apparso il russo che veniva da tre tornei e 19 match vinti consecutivamente. Inebetito. Alcaraz ha fatto ciò che ha voluto, ha intontito Medvedev di pallate tossiche e ha sferzato con gittate violente angoli di campo che Daniil nemmeno pensava esistessero. Ha chiuso senza perdere un set la sua terza finale nei “Mille”, aggiungendo Indian Wells alle conquiste di Miami e Madrid dell’anno scorso e riprendendosi direttamente dalle mani di Djokovic […] quel numero uno che aveva già accarezzato per venti settimane di seguito. Una finale che mi ha obbligato a rivedere il giudizio espresso sul confronto con Sinner e prendere atto dei nuovi valori indicati dal primo Masters stagionale. Jannik, nella nuova nomenclatura di vertice, guadagna posizioni su tutti gli inseguitori, Medvedev compreso, ma Alcaraz appare oggi più distante di quanto fosse apparso già contro l’italiano. La vera sorpresa, se ce n’è una, è lo scatto in avanti operato dal giovane di El Palmar, che comincia a mostrare gli ampi confini entro i quali potrà esercitare il proprio dominio. Talento, sostanza, gioco a tutto campo, possibilità di migliorarsi ancora da definire, ma inevitabilmente estese. E carattere. Cui quel po’ di “non sense”, secondo la ricetta Ferrero, offre nutrimento. Proprio il coach, a seguito della vittoria agli US Open dello scorso settembre, giudicò Carlos «un fenomeno che si esprime al momento solo al 60% delle proprie possibilità». Mi piacerebbe sapere se il giudizio è rimasto inalterato, o se quella placida ma costruttiva arroganza che Alcaraz mostra oggi sul campo, ha innalzato la percentuale. Personalmente, spero Ferrero abbia peccato di vanagloria, insomma, come si dice tra le persone colte, abbia fatto lo sborone, nel giudicare le possibilità future di Carlitos. Altrimenti, se mai Alcaraz dovesse crescere di un ulteriore 40 per cento, i tornei si ridurrebbero a disporsi tutti in fila per ricevere la settimanale dose di ceffoni dalla spagnolo. E non converrebbe a nessuno. «Bello tornare numero uno», dice Carlitos, che alle piccole osservazioni banali ci tiene, «mi aspettavo un match più duro, ma credo anche di essere stato perfetto. Il mio gioco è migliorato, forse, ma meno del mio stato d’animo. Gioco rilassato, mi sento a mio agio, e non ho dubbi sui miei colpi». Certo più rilassato di Medvedev, che richiama l’attenzione sui campi sempre più lenti. Il circuito, a suo dire, rischia di morire di sonno. Si volta pagina. Tutti a Miami. Con Alcaraz che riconsegna i 1.200 punti dell’anno scorso. Resterà numero uno solo vincendo. Possibile una semifinale con Sinner. Berrettini non ha un brutto tabellone. Ma il suo avversario più tosto ce l’ha dentro di sé.

Piemonte Open, fra Roma e Roland Garros (Giorgia Mecca, Il Corriere di Torino)

A maggio il tennis sarà ancora di più una questione italiana. Non solo Roma e il Foro Italico, anche Torino sta per tingersi di rosso per ospitare i campioni della terra. Dal 14 al 20 maggio nei campi dello Sporting è in programma il Piemonte Open Intesa Sanpaolo, torneo nuovo di zecca che fa parte del circuito challenger 175, lo stesso tipo di evento appena giocato a Phoenix da Matteo Berrettini. Oltre ai punti messi a disposizione, 175, e al montepremi, oltre duecentomila euro, è la data il punto di forza dl questo torneo. Potranno iscriversi tutti i giocatori sconfitti nei primi turni degli Internazionali, che potranno così provare ad accumulare punti e partite in vista del Roland Garros. Il direttore del torneo Giorgio Di Palermo lo ha definito «un Incastro perfetto» tutto a portata di mano: dal Foro Italico allo Sporting ci sono soltanto quattro ore di Frecciarossa. «Quando ci siamo candidati per ospitare il challenger, qualcuno ha pensato fossimo pazzi», ha detto il direttore del club Piero Garibaldi. «Ci dicevano: ma le Atp Finals non vi bastano?». Evidentemente Torino va bene per ospitare sia i migliori otto giocatori al mondo sia le giovani promesse a caccia di punti nel mondo dei grandi. Dal 23 aprile i torinesi che si stanno affacciando al mondo del professionismo avranno la possibilità di partecipare al torneo di prequalificazioni per cercare di conquistare sul campo un posto sul tabellone principale. Negli ultimi due anni il numero dei tennisti è aumentato esponenzialmente in città. I giocatori che parteciperanno al torneo sono solo la punta di un iceberg che trova la sua base nelle scuole. Sono proprio bambini e ragazzi il pubblico di riferimento del Young Village, un villaggio del tennis che servirà ad avvicinare ancora di più i giovanissimi a questo sport e che ha già avuto oltre duemila adesioni. Il Piemonte Open rinnoverà su terra una tradizione cominciata nel 1961 con la vittoria degli Internazionali di Italia da parte di Nicola Pietrangeli proprio sul campo stadio, appena restaurato e pronto a ricevere i campioni del terzo millennio.

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Rassegna stampa

Sinner: “Devo crescere e l’accetto” (Giammò). Sinner studia, Alcaraz vince (Azzolini). Furia Berrettini: “Toglietemi dal campo” (Martucci)

La rassegna stampa di lunedì 20 marzo 2023

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Sinner: “Devo crescere e l’accetto” (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni. Quelle che portano all’eccellenza, disseminate di piccoli dettagli. Sei mesi, tanti ne son passati dall’epico quarto di finale giocato a New York, hanno portato a Jannik Sinner nuovi muscoli e maggiore consapevolezza ma non son bastati per limare quei dettagli e quelle sfumature capaci di fare la differenza in sfide da sempre equilibrate come quelle giocate sin qui contro Carlos Alcaraz. Se agli US Open l’azzurro aveva sciupato un match point, l’altra notte a Indian Wells è invece inciampato su un set point che se trasformato avrebbe portato l’incontro su binari diversi da quelli su cui poi si è avviato. «Ci sono stati dei punti chiave. Alcuni li ha presi lui, altri io», disse lo scorso settembre Sinner al termine di una partita durata più di cinque ore. E onesto è stato ieri il numero uno italiano nell’ammettere di «non essere riuscito a cogliere alcune occasioni, soprattutto nel primo set». A complicargli le cose, va detto, ci si è messa anche un po’ di sfortuna. Il momento, andato in scena in pieno tie-break dopo un’ora di gioco ad altissima intensità, è stato identico a quello ritratto da Woody Allen nel film “Match Point”: una discesa a rete di Sinner; il tentativo di passante dello spagnolo che va a sbattere sul nastro spiazzandolo per poi costringerlo a un goffo recupero su cui Alcaraz non ha avuto difficoltà a chiudere il punto, bissato infine dal servizio e da un tracciante che gli son valsi il primo set. Il contraccolpo c’è stato, e Sinner l’ha scontato poco dopo cedendo subito il servizio in apertura di secondo set senza più riuscire a ribaltare l’inerzia di un match che Alcaraz ha continuato a interpretare a cento all’ora e senza alcuna sbavatura. A parte la sfortuna, «una delle differenze l’ha fatta il servizio, non sono riuscito a servire come potrei. E’ dura vincere una partita così importante senza l’aiuto del servizio», ha riflettuto in conferenza stampa Sinner. Tuttavia, lati positivi con cui salutare il primo Masters 1000 della stagione non sono mancati. Il primo più evidente è un ranking che da domani vedrà Sinner salire in 13^ posizione. Un altro è la condizione fisica: è un Sinner più robusto, più veloce, più strutturato quello visto all’opera in California. In serata la Rybakina, moscovita naturalizzata kazaka, si e aggiudicata il torneo battendo la bielorussa Sabalenka in due set: il primo con un tie break lunghissimo. Per Rybakina è la rivincita dopo la finale dell’Australian Open e il quarto trofeo della carriera.

Sinner studia, Alcaraz vince. La differenza? Nella velocità (Daniele Azzolini, Tuttosport)

 

Un passo avanti, anzi un saltello. Verso una palla che deve ancora arrivare. Non si vedeva da un po’, ma nel tennis di qualche anno fa era un gesto comune e anche una strategia consolidata per chi volesse rispondere al servizio proponendosi subito in una posizione di vantaggio, con i piedi dentro il campo. Federer ne aveva tratto ispirazione per un attacco a rete sul servizio avversario. Lo chiamò Sneak Attack By Roger l’attacco furtivo, Sabr nell’acronimo poi divenuto di uso corrente. Lo preparava senza darlo a vedere; e si slanciava verso la palla, intenzionato a giocarla d’istinto, nell’unico modo possibile gli fosse dato dalla traiettoria della stessa. La sorpresa, e la volée successiva, avrebbero chiuso il cerchio, determinando il punto (quasi sempre) o l’inevitabile figuraccia. Qualcosa di simile ha pensato Carlos Alcaraz, o chi per lui, per sottrarre a Sinner le certezze costruite interno al servizio messo a punto in un anno di studi. Sulla seconda di Jannik l’ordine era di muoversi in avanti, mostrando apertamente le proprie intenzioni, quindi colpire duro e guadagnare preziosi centimetri di campo. Sinner ne sarebbe rimasto confuso, avrebbe tentato una seconda più violenta rischiando il doppio fallo per poi attestarsi su una prima di servizio più contenuta, e meno rischiosa. Così è stato. E intorno a quel piccolo, per quanto subdolo stratagemma tattico, Alcaraz ha costruito la propria vittoria. Lo ammette, Jannik. «La differenza fra me e Carlos, in questo quinto confronto, è tutta nel servizio. Avevo avvertito già nel riscaldamento che non era giornata di grande feeling con questo colpo. In questi casi l’unica soluzione è continuare a lottare con ciò che si ha a disposizione. Ma nel secondo set sono rimasto troppo sotto le percentuali che servono, e lui ne ha approfittato. Alla fine, però, i punti a suo favore sono stati appena quattro (74-70, ndr), dunque la differenza non è stata così clamorosa». È vero, ma almeno un’altra diversità è emersa tra i due, a spiegare come sia stato possibile passare dalle faticose e intricate sfide dell’anno scorso, i 5 set di Wimbledon e degli US Open (qui con un match point a favore di Jannik, prima dei sorpasso di Carlos) a una sfida che non ha mai dato l’impressione di poter essere ribaltata. Alcaraz migliora in modo rapido, efficiente, inserendo con pochi aggiustamenti le novità tecniche e tattiche che coach Ferrero prepara per lui. Le prova, le assimila, le fa proprie in un batter di ciglia, assistito com’è dal suo straordinario talento. […] Sinner è un lavoratore, e ha bisogno di tempi diversi. Deve provare i cambiamenti, sperimentarne i confini, verificarli nelle diverse occasioni. Ha grande forza d’animo, ma un pizzico di talento in meno. Avrebbe potuto vincere più rapidamente, Alcaraz, e a nessuno sarebbe parso strano. Aveva in mano il primo set già dal quinto game, grazie a un break confezionato sui doppi falli di Sinner; ma ha peccato di presunzione e ha dato per scontato che il suo servizio avrebbe retto a qualsiasi assalto. Sinner è rimasto sul pezzo e ha operato l’aggancio (4-4) ripulendo le righe laterali con le proprie traiettorie a uscire. E’ stato il suo momento migliore, però nel tie break non ha saputo dare continuità alle iniziative e ha sbandata sull’efficiente incalzare di Alcaraz, che da lì si è nuovamente distaccato. Addirittura fino al 3-0 del secondo set, che di fatto ha chiuso la disputa. C’è ancora una finale da giocare, tra Alcaraz e Medvedev. Ma Carlos ha ribadito di valere il numero uno, e può riprenderselo vincendo il Masters d’inizio stagione. […]

Furia Berrettini: “Toglietemi dal campo” (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

C’è sconfitta e sconfitta. Quelle di Jannik Sinner e Matteo Berrettini, nella semifinale di Indian Wells in California contro Carlos Alcaraz per il 21enne altoatesino e nei quarti di Phoenix in Arizona contro Alexander Shevchenko per il 26enne romano sono lontanissime. Più dei 400 chilometri fra le due città, più della classifica mondiale dei vincitori (numero 2 e 132 del mondo), più della caratura di un super-Masters 1000 con oltre 8 milioni di dollari di premi rispetto a un Challenger da 175 mila. «La più grande differenza è stato il rendimento del servizio, ma molti dei miei miglioramenti li dovrò proprio ad Alcaraz», ha commentato pur deluso Jannik dopo il 7-6 6-3. «Toglietemi dal campo, vi prego, sono inguardabile», ha urlato invece disperato Matteo al suo clan. Berrettini, che è sempre ripartito alla grande dopo i molti infortuni, dopo il ko all’esordio di Indian Wells contro Taro Daniel, con grande umiltà e volontà, è tornato a Phoenix al Challenger “250” vinto nel 2019. Da numero 23 del mondo, 1 del torneo, ha battuto di misura il lucky loser il 21enne Mattia Bellucci (150 ATP) per 6-4 6-4 e l’australiano Vukic (n.186), preveniente dalla qualificazioni per 7-5 7-6, e ha perso 6-4 3-6 6-3 col russo Shevchenko, n.132, altro qualificato. Senza ritmo ed energia, senza servizio e fiducia, commettendo errori grossolani. Dopo il ko d’acchito agli Australian Open, fallendo il match point della clamorosa rimonta al quinto set contro Murray, Matteo è rientrato in gara ad Acapulco, ma al terzo turno si è ritirato per paura di un nuovo infortunio e in California ha perso al primo turno. Sicuramente non vede i frutti della lunga sosta d’allenamenti, da cui le facili e dolorose provocazioni social. «Non è colpa di Melissa (Satta)», ha protestato. Ma la love story da copertina lo tormenta insieme alle voci dell’innesto di un super-coach accanto a Vincenzo Santopadre. Anche se a Phoenix sono uscite tutte le prime 8 teste di serie, le aspettative dell’ex 6 del mondo sono molto superiori. E da mercoledì gioca a Miami, ancora senza il numero 1 del tennis e dei No Vax, Djokovic, che non può entrare negli Usa. A Indian Wells, Sinner, dopo il successo sul 5 del mondo, il campione uscente Taylor Fritz, sognava la rivincita su Carlos Alcaraz dopo il match point fallito nei quarti degli US Open di settembre. E’ andato sotto 2-4, ha recuperato, s’è caricato ma ha mancato un set point sul 6-5: «Ho sbagliato scelta, dovevo giocare incrociato, sono andato sul lungolinea» E poi, al tie-break, insieme al servizio, ha perso coraggio, fiducia e fantasia, e non s’è più ripreso. «Sono comunque ottimista, mi accorgo di essere molto vicino a Carlos, nonostante mi auguro di spostarmi presto più rapidamente in campo. Negli ultimi mesi sono migliorato molto, fra un anno devo essere un giocatore ancora diverso, ma ho bisogno di 2-3 per arrivare al top fisicamente».

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