ATP Roma, Fognini: "In top 100 entro Wimbledon, ma non giocherò sull'erba. L'obiettivo sono i Masters 1000 americani e lo US Open"

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ATP Roma, Fognini: “In top 100 entro Wimbledon, ma non giocherò sull’erba. L’obiettivo sono i Masters 1000 americani e lo US Open”

Fabio e il connubio speciale con il Pietrangeli: “Mi dà sempre emozioni particolari, è un campo speciale”. Sul tennis italiano del futuro: “Sinner andrà oltre l’essere stabile in Top 10, Musetti ci arriverà. Sono orgoglioso di aver aperto le porte a questa nuova generazione”

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Fabio Fognini – ATP Roma 2023 (foto Francesca Micheli, Ubitennis)
 

E’ un Fabio Fognini raggiante quello che si presenta in sala stampa dopo la netta e sublime affermazione sul serbo Miomir Kecmanovic, ancora una volta – come già accaduto all’esordio sul Centrale al cospetto di Sir Andy – risultato del solito tennis brillante che soltanto Fabio e pochi altri adepti della racchetta sono in grado di sciorinare con una tale completezza di soluzioni tecniche. Un tennis che infiamma, emoziona e scuote qualsiasi animo sia anche un minimo connesso con le bellezza del giuoco e la concretezza del mero e semplice concetto di fare le cose giuste esprimendo il massimo di quello che un tennista può su di un mattone tritato. Il tutto detonato nella meravigliosa cornice dello Stadio dei marmi più iconico: il “Nicola Pietrangeli“, sul quale e con il quale Fabio ha disegnato un legame speciale.

Ora ai sedicesimi la montagna da scalare è decisamente più ripida, un certo Holger Rune. Ma Fogna non vuole finire di stupire, o meglio di regalarci “solamente” una volta in più il suo tennis: il solito che ci dona costantemente da 15 anni a questa parte.

Tanti i temi affrontati con i giornalisti, tra gli obbiettivi a breve e medio periodo passando per il cambio coach con il ritorno sulla panchina del taggiasco di Corrado Barazzutti – per tanti anni suo Capitano di Davis e poi allenatore con cui ha condiviso la conquista dell’alloro più luccicante della sua carriera – fino al Rinascimento del tennis azzurro a cui il 35enne ligure ha fatto da apripista.

D: Ciao Fabio, complimenti. Ti chiedo se da papà c’è un trofeo che possa avere un valore superiore alla soddisfazione di vincere davanti a tuo figlio Federico

Fabio Fognini: “Sono molto contento, ovviamente. Vincere davanti ai miei figli vale doppio perché chiaramente non possono venire sempre con me in giro per il Tour. E in queste ultime settimane, nelle quali sono venuti a fare il tifo per me, mi hanno fatto capire che continuare a viaggiare ancora per molto sarà impossibile. Dipenderà da quando vorrò ancora giocare e stare lontano da casa“.

D: Ciao Fabio, complimenti. Noi ci eravamo sentiti a Montecarlo, quando eri praticamente sotto un treno. Eri reduce dall’infortunio e non ancora a conoscenza degli effettivi tempi di recupero che avresti dovuto impiegare per rimetterti in sesto. Ti chiedo quindi se, aldilà della qualità del gioco sei sorpreso della tua reazione mentale. Contro Murray, ad esempio, nel secondo set avresti potuto lasciarlo andare e dare tutto nel terzo; invece sei voluto rimanere dentro la partita. Mentre oggi nel tie-break che si era complicato con i tre match point non concretizzati, sei poi riuscito a montare nuovamente sopra l’avversario. Cosa è scattato?

Fabio Fognini: “Nulla di particolare. Sono consapevole che in quella situazione, tutti si sarebbero aspettati uno sclero (sorridendo, ndr). Credo che negli ultimi due anni, i più difficili e duri della mia carriera, senza aver ottenuto risultati, subendo diversi infortuni, a 35 anni ho fatto molta fatica ad accettare la situazione perché quando non si hanno più vent’anni si fa fatica sotto tutti i punti di vista. Quindi l’unica soluzione è provare a guardare gli aspetti positivi. Ora, inoltre, è diventato anche un tennis più veloce, è tutto più rapido perciò hai meno tempo per pensare e ti deve adattare di più. Di conseguenza, a quest’età è tutto più complicato. Come vi dicevo l’altro giorno, arrivavo da un periodo in cui sentivo qualcosa dentro ma che però non si è tramutata in risultati. Così con German [Gaich, ex coach del ligure] abbiamo deciso di fermarci. Gli ho parlato, con lui c’è un rapporto che va oltre quello che si istaura tra allenatore e giocatore. E’ diventato più un amico, sotto tutti i punti di vista e difatti ha capito la mia scelta. Mi sono poi voluto affidare a Corrado [Barazzutti, ndr] perché mi conosce meglio di chiunque altro: prima che tornassimo a lavorare assieme, la prima cosa che gli ho chiesto è di dirmi senza peli sulla lingua se credesse che il mio tennis potesse dare e fare ancora qualcosa, e lui mi ha risposto di sì. Così abbiamo iniziato a lavorare da dopo Miami e purtroppo è successo quello che è successo. Ma già a Estoril, chi mi ha visto da casa vedeva che era rispuntato quel qualcosina in più aldilà del risultato al primo turno con Giannessi che era giunto al match stanco per via delle quali, con Marco [Cecchinato, ndr] sono partito molto bene subito avanti 4-0. Difficilmente l’avrei persa per come stavo giocando, poi è normale che durante la partita sarebbero potute accadere tante cose ma prima che mi facessi male stavo giocando ad un livello a cui non lui riusciva a stare. Purtroppo, però, mi sono fatto male proprio nel periodo della stagione a cui tengo maggiormente, dove devo dimostrare sempre qualcosa e quindi quel qualcosa l’ho dimostrato facendo il papà: alzandomi alle sette, accompagnando i bambini all’asilo per poi rientrare e fare fisioterapia. E’ stato un cambio di lavoro, netto, importante e duro però sicuramente se dovessi rispondere alla tua domanda col senno di poi, con il quale chiaramente non si va da nessuna parte, arrivare qui al primo torneo e raggiungere il terzo turno; se me l’avessero detto una settimana fa mi sarei messo a ridere perché non ci avrei mai creduto. Stiamo vedendo un po’ di sole, finalmente, e questa è la cosa più bella perché solo chi è vicino a me sa quanto io abbia sofferto, quanto ci tenga. Poi, come ho già detto, ho perso il ranking ma il mio tennis non vale questa classifica, l’ho dimostrato oggi battendo un Top 30 che l’aspetto del ranking è secondario. Bisogna solo toccare ferro, essere competitivi il più a lungo possibile e a quel punto sicuramente da qui a fine anno un torneo potrà cambiarmi la stagione in modo positivo. Ovviamente, un altro infortunio mi farebbe riflettere molto“.

D: Ciao Fabio, c’è già una petizione per farti giocare anche il terzo turno sul Pietrangeli. Che rapporto hai con quello stadio e se potessi decidere tu giocheresti ancora lì?

Fabio Fognini: “Io ho sempre detto, e ormai sono 15 anni che gioco questo torneo, che [il Pietrangeli, ndr] mi dà sempre emozioni particolari. Poi ci sono stati anni in cui non mi hanno ascoltato (sorridendo), altri anni di testa a testa e forse questa volta hanno premiato la vecchiaia (sorridendo). Io sì, l’altro giorno l’ho detto all’organizzazione; d’altra parte bisogna essere sinceri: oggi esordiva Novak [Djokovic, ndr], giocava Swiatek, c’era il match Badosa-Jabeur e quindi ho detto a Sergio [Palmieri, Direttore del torneo] mettimi sul Pietrangeli e non sul Grand Stand, il quale ha più pubblico però è un campo che non dà emozioni. E così è successo, questo è sicuramente un campo speciale“.

D: Senti, ho contato i tuoi vincenti: 42. Che significato ha questo numero per te, considerando anche l’ottimo 88% di precisione con la prima di servizio. Non so se tale percentuale con la prima, l’avevi mai ottenuta in passato: può essere dipeso da un senso quasi di disperazione per evitare che lo scambio si allungasse eccessivamente?

Fabio Fognini: “Ma i vincenti quando sono in giornata gli ho sempre fatti, poi magari bisogna vedere la differenza tra vincenti ed errori (26) però secondo me ho fatto innanzitutto un primo set molto solido dove non ho concesso chances. Poi nel secondo, ho visto che anche il suo angolo gli diceva di giocare più aggressivo. Io, da parte mia, avevo la mia tattica che era quella di farlo muovere dalla parte del dritto dove faceva più fatica a colpire in corsa. Devo essere sincero, fossimo andati al terzo avrei sicuramente lottato ma se avessi perso mi sarei suicidato (sorridendo) perché non meritavo di andare al terzo. In tutto il secondo set, a parte un game che ha vinto facilmente, ho sempre avuto palle break. Poi anche al tie-break ero avanti 6-3, e ci siamo ritrovati 6-6. Ma queste cose fanno parte del nostro sport”.

D: Tornando al tema dei vincenti, se sommiamo ai 42 di oggi quelli con Murray siamo quasi a 90 in due partite. Venivi da un mese complicato, arrivare al 3°T di Roma con questo tipo di tennis che cosa ti lascia per il prossimo turno ma più in generale per il resto della stagione?

Fabio Fognini: “Ovviamente ho voglia di giocare, adesso la cosa più importante da qui a Wimbledon è ritornare fra i primi 100 e per farlo devo tornare a fare un tipo di programmazione che non facevo da quando avevo 18 anni. Chiaramente posso fare risultato qui o Parigi se sono in condizione fisica, tuttavia mi toccherà comunque rivedere il calendario e perciò non giocherò la parte di stagione sull’erba perché a 35 anni non posso andare a fare le qualificazioni a Wimbledon con tutto il rispetto: in primis perché non ho voglia e poi non è come sulla terra, ad esempio Parigi dove sicuramente potrei uscire già nelle qualificazioni poiché ormai il livello competitivo di tutti i giocatori è altissimo però lì ho maggiori possibilità concrete di andare più avanti. Probabilmente non è che non lo possa fare anche sull’erba, ma sinceramente non mi va. Dovrò giocare dei Challenger per mettere più partite nelle gambe e fare più punti possibili perché l’obbiettivo è quello di giocare i Masters 1000 di Cincinnati e Montreal, più lo US Open ad agosto/settembre. Però per farlo bisogna vincere le partite, ed è per questo che viaggerò spesso d’ora in poi con il mio preparatore atletico e tenere così alto il mio livello fisico evitando di farmi nuovamente male. Perché con un altro infortunio, bisognerebbe veramente sedersi e in base all’eventuale tipologia di infortunio decidere il da farsi”.

D: Complimenti per la partita, io ho avuto la sensazione che ti stessi proprio divertendo in campo

Fabio Fognini: “Ci si diverte un pò meno quando si perde, scherzi a parte, forse dipende dal fatto che sto cercando di giocare più libero. Sicuramente, poi, arrivare a questo match dopo le tre ore con Murray mi ha conferito più tranquillità fisica sullo stato del piede perché ancora oggi comunque non mi sento al 100%. Sono sceso in campo perché consapevole di poterlo battere avendoci già vinto in passato, lo conoscevo bene anche se lui nell’ultimo anno è cambiato tanto diventando un altro tipo di giocatore. Quindi sì, se continuo così e riesco a divertirmi con questo tennis in cui comando io e non gli altri l’obiettivo primario posso raggiungerlo presto“.

D: Un pò lo hai già anticipato, negli ultimi mesi parlando con i tuoi colleghi tutti hanno detto che Fabio non ha voglia di smettere. Quindi il tuo futuro quanto dipende dagli infortuni e quanto dalla possibilità di giocare i tornei più importanti?

Fabio Fognini: “Il terzo motivo è quello di stare a casa con la famiglia (sorridendo). No sicuramente è importante l’aspetto fisico, come ho detto negli ultimi due anni ho avuto due infortuni, mi sono operato le caviglie durante la pandemia. Quando sono tornato ero 11 o 15 del mondo, ma in quel periodo non stavo bene, non mi sono potuto allenare e di conseguenza ho perso un pò di fiducia. Ma succede, è successo anche ad altri giocatori. C’ero già passato, ma adesso affrontare un infortunio ti fa faticare di più soprattutto a livello mentale e fisico ma anche nella routine quotidiana. Però aldilà di tutto questo, voglio darmi ancora una chance come ha fatto anche Murray; ovviamente senza fare paragoni perché lui è stato un Fab Four mentre io sono stato quello che sono stato“.

Abbiamo ancora la volontà di darci questa opportunità perché la competizione ti tiene vivo e poi perché voglio dare un premio a me stesso. Terminare così non penso di meritarlo. Ora siamo al terzo turno sia io che Jannik [Sinner, ndr], un risultato positivo, e penso che in questi anno ho aperto un pò le porte a questo nuovo ambiente perché nei prossimi dieci anni si parlerà molto di questo sport e credo che ciò sia la cosa più importante visto che secondo me Jannik potrà puntare a fare qualcosa in più dell’essere stabile in Top 10. Inoltre, credo che anche Lorenzo arriverà magari con più calma ma ci arriverà. Matteo in Top Ten c’è già arrivato, lui ha avuto altri problemi di tipo fisico“.

Non posso essere stato un traino, ma credo in minima parte di aver aperto le porte e sono contento di questo perché come in tutte le cose c’è un inizio e c’è una fine. Io non penso di far parte di questa nuova generazione perché mi reputo anziano, tuttavia è bello condividere e vedere che ci sono ragazzi giovani che faranno bene nel nostro sport. Quindi il fatto che si possa parlare di me in questo sport per i prossimi dieci anni avendone fatto il mio lavoro è certamente un motivo d’orgoglio .

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