Swiatek, terzo trionfo a Parigi (Bertellino, Martucci). Nole a Parigi vede triplo (Cocchi). Djoker, c'è la Storia ma l'eterno secondo è stanco di perdere (Azzolini)

Rassegna stampa

Swiatek, terzo trionfo a Parigi (Bertellino, Martucci). Nole a Parigi vede triplo (Cocchi). Djoker, c’è la Storia ma l’eterno secondo è stanco di perdere (Azzolini)

La rassegna stampa di domenica 11 giugno 2023

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Swiatek regina, Muchova però la sfiderà ancora (Roberto Bertellino, Tuttosport)

La regina resta sul trono. Iga Swiatek ha conquistato per la terza volta negli ultimi 4 anni il Roland Garros. La polacca Iga Swiatek, n. 1 del mondo e da poco 22enne fatto poker di Slam in bacheca, vincendo la quarta finale sulle sue prime 4 come soltanto Monica Seles, Roger Federer e Naomi Osaka nella storia. Il soldato Iga, meccanica nei gesti, quanto efficace e produttiva soprattutto se gioca con il vento in poppa, ha battuto al termine di un confronto emozionante e alla fine anche pazzo la 26enne ceca Karolina Muchova. Dopo un avvio sul velluto (6-2 3-0) la polacca è stata brava a reagire alla ritrovata vena della rivale, che pareggiato il conto dei set, si è anche portata due volte in vantaggio di un break nella frazione decisiva, prima 2-0 poi 4-3 e servizio. La ceca dalla mano educata e dalle molte soluzioni tecniche ha però tentennato sul più bello e ha consegnato la finale alla n. 1, chiudendo con un doppio fallo. Brutta condusione, ma applausi a scena aperta per lei che era partita da 43 del ranking e sarà domani numero 16 (best ranking). Ha dato spettacolo nel corso dell’intero torneo battendo colleghe meglio classificate. Iga Swiatek si è sciolta al termine raggiungendo il suo angolo e abbracciando tutti i familiari e i componenti dello staff. Per la prima volta ha perso un set in una finale Slam, la più ostica tra quelle conquistate, ma ha confermato la posizione di dominatrice del circuito, complice la caduta in semifinale di Aryna Sabalenka. La polacca, dopo aver litigato con il coperchio della coppa in premiazione, ha ascoltato l’inno del suo Paese e si è concessa alla platea: «Per prima cosa brava Carolina. Ero sicura che ci saremmo ritrovate in una partita come questa prima poi, mi ha sempre impressionato la varietà del tuo gioco. Non è facile resistere due settimane no stop come questa e sopportarmi — ha detto rivolgendosi al suo staff -. Grazie alle tante persone che sono arrivate dalla Polonia. Parigi è il mio posto preferito sul tour ed è sempre un piacere tornare. Una grande atmosfera fatta dal pubblico che ci trasferisce forza». Boato in premiazione anche per la sconfitta, che ha pianto prima di raccontarsi: «Grazie, il momento è molto emozionante. Settimane straordinarie per me e il mio team. Ci sono andata vicina ma succede quando incontri una delle più forti. Il pubblico mi ha dato tanta energia, fondamentale per salire così in alto. Infine grazie al mio box, ai miei genitori, agli amici. Dobbiamo continuare così e concederci un’altra occasione». La merita perché dopo aver messo da parte tanti infortuni (l’anno scorso aveva lasciato Parigi con la caviglia fuori uso), Karolina ha dimostrato di possedere un gioco da top ten. […]

Swiatek regina, terzo trionfo a Parigi (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

Le donne vincono sempre. Ancora e ancora. Ci sono anche sprazzi di gran tennis nella finale che incorona per la terza volta al Roland Garros la numero 1 del mondo Iga Swiatek. C’è il solito su e giù di punteggio e via vai di emozioni nella partita che sembra chiusa dopo un’ora, sul 6-2 3-0 per la polacca, che sembra cambiare rotta sul 7-5 4-3 40-30 a favore della quinta, inedita, finalista Slam consecutiva di Parigi, la ceca Karolina Muchova (appena 46 WTA). E c’è l’epilogo a sorpresa, il voltafaccia del destino, il doppio fallo che sigla il 6-4 dopo 2 ore e 3 quarti. C’è di più. La sconfitta s’inserisce nel filone delle tante ceche di qualità tecnica e di nervi fragili, l’ultimo braccio d’oro recuperato da troppi infortuni che fa vedere i sorci verdi alla favorita col suo tennis classico, fatto di cambi di ritmo, volée e smorzate, ma crolla vicino alla meta. E piange. Proprio come la sfortunata Jana Novotna dopo aver buttato via la finale di Wimbledon 1993. Piange non sulla spalla della duchessa di Kent ma su quella di Chris Evert, la signora del tennis, 7 volte regina del Roland Garros che premia sul palco del Philippe Chatrier. Che s’emoziona anche lei. «Scusatemi, è andata così. Anche se quando vi guardo mi sento come se avessi vinto io, spero sia la prima di nuove occasioni», dice Carolina al suo team. «Allenandomi con te ho ammirato la tua varietà e sapevo che avremmo giocato prima o poi partite di questa importanza», l’applaude la regina. Oggi nell’ultimo atto degli uomini perché mai, dopo averlo battuto 4 volte su 4 senza lasciargli un set Novak Djokovic dovrebbe perdere con Casper Ruud in una tappa così importante con in palio il record maschile in solitario di 23 urrà, staccando il padrone della terra rossa, Rafa Nadal, rilanciandosi verso il Grande Slam che nel 2021 ha mancato all’ultimo ostacolo? A New York, stremato dal surplus olimpico, inciampò contro Daniil Medvedev, ma il 5-3 nei precedenti lasciava qualche spiraglio alla piovra di Mosca. Mentre, al di là della specificità sul rosso, delle ripetizioni alla Rafa Academy di Maiorca da zio Toni e della finale-replica di 12 mesi fa a Porte d’Auteuil, come trovare un asso nella manica dell’intelligente norvegese? Come potrebbe scardinare l’impeccabile Nole I di Serbia del primo sete mezzo contro Alcaraz che, vincendo Parigi, tornerebbe anche numero 1 del mondo? Peraltro, il norvegese ogni superficie (meno l’erba), finalista l’anno scorso anche agli US Open e al Masters, non ha potenza e varietà per impensierire “La Macchina”. Definizione dell’ex pro Jo Wilfried Tsonga. […]

Nole a Parigi vede triplo (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Non soffre di vertigini Novak Djokovic, che oggi nella finale del Roland Garros, la 34′ finale Slam della carriera, si affaccia al balcone della leggenda. Se dovesse battere Casper Ruud, alla seconda finale parigina consecutiva, il serbo non solo tornerà numero 1 al mondo allungando la sua incredibile striscia record di 387 settimane, ma diventerà l’uomo con più titoli Slam nella storia a quota 23. E così il dibattito sul «Goat», su chi sarà il più grande di sempre nel tennis, si riapre, si alimenta. Con Roger Federer ritirato ormai da un anno e Rafa Nadal ancora ai box per l’operazione al muscolo ileopsoas, l’occasione di staccare gli altri due supereroi della racchetta è davvero ghiotta. Per non parlare del sogno Grande Slam, una porta che resterebbe aperta. Nole è riuscito ad annientare, anche fisicamente, Carlos Alcaraz nel giorno più importante: quello in cui lo spagnolo avrebbe potuto strappargli il testimone della storia. Una partita pesantissima, per il corpo e la mente. Alla fine il cannibale ha imposto la sua legge e oggi, contro il norvegese , scenderà in campo molto più che favorito. «Se dovessi scommettere non credo che lo farei su Casper Ruud. Anche se è un ottimo giocatore», ha sibilato Sascha Zverev dopo essere stato travolto in semifinale dallo scandinavo. E può essere che non abbia tutti i torti. Ruud ha giocato due finali Slam lo scorso anno e non ha potuto nulla né contro Nadal a Parigi né contro Alcaraz a New York Nole ha vinto 22 Slam giocando 33 finali. Sulla strada per la finale a Parigi Nole ha lasciato sul terreno appena due set. Djokovic, conosciuto per le sue straordinarie doti di difensore, dovrà usare con Ruud la stessa cura riservata al ventenne Carlitos: potenza e precisione con una spolverata di drop shot qualora si rendesse necessario. La forza del campione è proprio questa: adattare, plasmare il suo gioco per mettere in difficoltà l’avversario portandolo sul proprio campo. Anche Ruud ha regalato pochissimo durante il torneo: appena tre set e contro Zverev, sebbene il tedesco non fosse al cento per cento, ha mostrato grande freschezza atletica e peso di palla capace di fare danni. Il suo carattere pacato potrebbe aiutarlo nell’affrontare il Titano serbo: «Non voglio mettermi tanta pressione, gioco il mio tennis migliore quando non penso troppo», ha detto il norvegese che ieri si dice abbia avuto qualche problema a un ginocchio durante l’allenamento: «Sarà dura, Novak vuole vincere íl suo 23° Slam ed entrare nella storia, io cerco il primo. Cercherò di giocare senza pressione e di godermi il momento. Era questa la mia mentalità anche l’anno scorso, ma non andò bene. Vediamo se ho imparato qualcosa dalle due finali Slam che ho perso»[…] «Comunque vada sono consapevole di aver giocato un ottimo torneo. Contro Nole cercherò di dare il meglio, ma non voglio pensarci troppo. A volte giochi il tuo tennis migliore quando non pensi troppo. Se invece stai sempre a pensare che sei vicino a vincere o che stai per raggiungere un grande traguardo la tensione aumenta. Magari è questo che è successo ad Alcaraz». […]

Djoker, c’è la Storia ma l’eterno secondo è stanco di perdere (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Certe storie ti si appiccicano addosso, e liberarsene è quasi un’impresa. Quella di Casper Ruud è legata alla prima finale importante della carriera e a un avversario che gli ha sempre voluto bene. Roland Garros 2022, cinque giugno, giorno della finale contro Nadal. «Conosco bene la famiglia Ruud», raccontò Rafa alla vigilia, «portarono Casper alla mia Academy. È gente per bene, con la quale sento di condividere molti valori. Hanno lavorato duramente per permettere al figlio di fare strada in questo sport, e credo che nel circuito attuale pochi possano pensare di poter battere agevolmente, sulla terra rossa, uno come Casper». Qualcuno si, però. Lui, per esempio, Rafa. Gli lasciò sei game appena. E anche Alcaraz, nella finale dei successivi US Open. E Novak Djokovic, sul tappeto delle Finals di Torino. Come a ogni “eterno secondo” che si rispetti, il concetto di eternità legato allo sport non sfugge al più piccoletto fra i top ten. Casper sa bene che se non riuscirà mai a coprire la distanza necessaria per completare l’ultimo passo, la propria perpetuità finirà nel girone dei dannati a rincorrere, per sempre, un traguardo che si allontanerà alla stessa velocità dei tentativi che lui farà per avvicinarla. Così, alla vigilia della terza finale Slam (dopo 2 sconfitte) e della quinta sfida a Djokovic (tutte perdute, le altre, e senza mai vincere un set), l’unica domanda possibile é quanto lungo sia questo passo da compiere. […] «Devo trovare un grimaldello tattico efficace per scardinare il gioco di Djokovic e rendergli dura la vita», ha confessato Ruud nella conferenza stampa successiva alla semifinale vinta con Zverev. Parole sensate. Ma a quale espediente, stratagemma o trovata stanno pensando Ruud e il suo coach Christian, il padre del ragazzo che sta imparando dal figlio checosa significa stare ai piani alti del tennis? Se il tennis fosse uno sport che premia solo le qualità fisiche, Ruud in questo Roland Garros si é mostrato superiore a tutti quelli incontrati per la via, riuscirebbe a esserlo anche a paragone di Djokovic. Ha intuito che avrebbe dovuto cambiare tipologia di preparazione […] e ha spostato gli allenamenti a febbraio, dopo gli Australian Open. Ha lavorato duro e atteso un bel po’ prima di ritrovare colpi e scatti del passato. Ce l’ha fatta in tempo per Parigi, che era la sua prima meta. E oggi sembra tornato lo spiritello di un anno fa, con la dinamo sempre accesa e in grado di condurlo ovunque alla massima velocità. Ma non basterà il solo dato fisico. Djokovic sa innalzare muraglie e sortire da quei nascondigli per colpire con raid diretti, veloci, implacabili. Non solo, ogni punto del Djoker inietta veleno nei contendenti, a poco a poco li fiacca, li disorienta, e causa sconquassi nelle loro membra. […] Serve dunque una tattica che imponga al Djoker un lavoro estenuante, tale da condurlo con la lingua penzoloni al termine di ogni scambio, e lo obblighi ad assumere iniziative fuori dal proprio credo tattico. Se Ruud vi riuscisse chissà… Ne uscirebbe un match extra large, lungo ore e ore, forse. Ma potrebbe avere un senso. Djokovic cercherà di prendere il match per la gola. Scuoterlo sin dai primi game. Incutere nell’avversario tutte le apprensioni possibili. […]

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