Swiatek scatenata verso il bis (Cocchi). La mano fatata di Muchova contro la regina (Bertellino). Carlos il demolitore sfida il monumento (Azzolini). Alcaraz-Djokovic, Parigi punta il sole (Giammò)

Rassegna stampa

Swiatek scatenata verso il bis (Cocchi). La mano fatata di Muchova contro la regina (Bertellino). Carlos il demolitore sfida il monumento (Azzolini). Alcaraz-Djokovic, Parigi punta il sole (Giammò)

La rassegna stampa di venerdì 9 giugno 2023

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Swiatek scatenata verso il bis (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Il tennis totale di Muchova, la follia totale di Aryna Sabalenka. La conferma di Swiatek e i rimpianti di Haddad Maia. Cose che succedono a Parigi, nelle semifinali femminili del Roland Garros. Ti aspetti una finale nobilissima, tra la numero 1 e la numero 2 al mondo e invece ti trovi una protagonista a sorpresa, Karolina Muchova, che ti incanta col suo tennis champagne un po’ alla Ashleigh Barty, e riesce a resistere, nonostante le gambe la stessero abbandonando, alle bordate della bielorussa. Una storia che, in parte, ricorda quella di Sascha Zverev. Lo scorso anno, sempre a Parigi, la ceca numero 43 al mondo usciva dal campo in lacrime dopo una distorsione alla caviglia destra mentre giocava il terzo turno contro Amanda Anisimova. Ieri è uscita dal campo ma le lacrime avevano un sapore molto più dolce, quello della rinascita. Una giocatrice perseguitata dagli infortuni per tutta la carriera e che finalmente, dando spettacolo, è riuscita a prendersi la ribalta che desiderava, la prima finale di un torneo Slam. «Ci sono stati momenti molto difficili – ha raccontato subito dopo la partita -. Da un infortunio all’altro, tanto che alcuni dottori mi hanno detto che forse non sarei più tornata a fare sport. Sono stata brava a non lasciarmi abbattere. Ho sempre voluto pensare positivo, lavorare duro per tornare a fare quello che amo». E che le riesce molto bene: «Lo scorso anno, quando il mio ranking è precipitato ho giocato tanti tornei piccoli per non sprecare il ranking protetto. E alla fine posso finalmente festeggiare, ora voglio solo parlare di cose belle». Aryna Sabalenka ci ha messo anche del suo a rilanciare la carriera di Muchova. Ha bruciato un match point sul 5-2 nel terzo set, tornando alla quantità di gratuiti che l’avevano spedita sul lettino dello psicologo: 53 contro i 27 della rivale. Dopo il match Aryna, che per alcuni giorni aveva saltato le conferenze stampa per preservare la sua “salute mentale” messa a dura prova dalle domande sulla sua vicinanza a Lukashenko, non ha voluto accampare scuse: «Io ho sbagliato mentre servivo per il match e lei ha iniziato a essere più aggressiva, mi ha interrotto il ritmo e io sono andata in difficoltà. No, non è colpa dello stress dei giorni scorsi, anche se è vero che è stato un periodo emotivamente impegnativo con tutte queste domande sulla politica». […] Con la sconfitta della numero 2 al mondo, Iga Swiatek è sicura di mantenere il primo posto del ranking mondiale. La polacca, che ha superato in due set lottati la brasiliana Beatriz Haddad Maia, 14 al mondo, raggiunge cosi la terza finale al Roland Garros. Muchova riuscirà a fermare anche lei?

La mano fatata di Muchova contro la regina (Roberto Bertellino, Tuttosport)

Una certezza, Iga Swiatek, e una sorpresa, Karolina Muchova, sono salite in finale nello Slam parigino. La mano potente e la mano fatata, confronto che esalta i valori del gioco. Ha caratterizzato la prima semifinale del Roland Garros 2023 al femminile, sul regale Philippe Chatrier. Ha vinto la seconda, quella della ceca Karolina Muchova, attuale n°43 WTA con best rankng di n° 19 nel maggio del 2021. La differenza l’ha fatta con l’arte e con la testa, diventata essenziale quando sul 2-5 del terzo set ha annullato un match point alla n. 2 del ranking, infilando una serie di 12 punti a 1 che ha cambiato il volto della sfida. La mano potente di Aryna è diventata fallosa, quella fatata di Karolina ha trovato nuova espressione con la palla corta e la volée vincente dopo una discesa a rete. Pura magia per chi non era mai arrivata in una finale Slam e l’ha centrata a 26 anni dopo diversi stop per problemi fisici che l’avevano anche condotta fuori dalle top 200. Risalita sul 5-5 la Muchova ha strappato il servizio alla Sabalenka, tornata tremante come più volte in carriera, ed ha chiuso al 12° gioco dopo tre ore e 13 minuti, con le gambe dure per la fatica ma l’animo colmo di gioia per l’impresa appena realizzata. «Grazie mille a tutti—ha detto al termine— non so cosa sia successo, l’atmosfera e la gente mi hanno spinto fino alla fine, e ha funzionato. Sono felice. Non voglio essere presuntuosa, voglio giocare “solo” il mio tennis. Con il mio team abbiamo lavorato per questo. Quando sento chiamare il mio nome tra un punto e l’altro tutto diventa più agevole». Spazio poi alla seconda semifinale tra Iga Swiatek, campionessa in carica, e l’inedita brasiliana Beatriz Haddad Maia, mai prima d’ora più avanti di un secondo turno in un torneo “major”. […] La tennista verdeoro è partita con un break, dimostrando di non voler fare la comparsa. Immediata la risposta di Swiatek che ha incamerato la prima frazione con tre break nonostante la resistenza di Beatriz. È stata proprio lei a partire bene nel secondo set (3-1), grazie allo schema servizio e diritto. Reazione della numero 1 del mondo e parità (4-4). Haddad sempre in partita, con alcune occasioni per portarsi 5-4 e servizio. Non le ha sfruttate ma è rimasta con freddezza nella contesa issandosi al tie-break. Ha avuto anche un set point ma alla fine è stata Iga Swiatek a chiudere: «Il fatto che sia mancina — ha detto la polacca — mi ha dato fastidio. E’ una gran lottatrice e sapevo di dover essere pronta. Sono felice di aver dato il massimo nel tie-break». […]

Carlos il demolitore sfida il monumento per scrivere la storia (Daniele Azzolini, Tuttosport)

«Ricorda uno che conoscevo», dice accennando un sorriso che gli esce solo di lato, a denti stretti. «Spagnolo anche lui, stesso modo di stare in campo…». Se una battuta può essere utile a mettere le mani avanti, Novak Djokovic conduce il gioco con l’arte dell’intrattenitore esperto, evita nome e cognome ché tanto lo conoscono tutti, ma non reprime la voglia di far sapere che lui è lì per batterlo. Quella gli sale da dentro, pulsa nelle tempie, preme sul cuore. Impossibile tenerla a freno. La storia con Nadal è lunga 59 confronti e cominciò con un quarto di finale al Roland Garros. Era il 2006. A Parigi il Djoker l’ha battuto due volte appena (su otto), e mai in finale. E ora che Rafa gli ha lasciato campo libero, ce n’è subito un altro che bussa alla porta. Un altro Nadal… E un’altra Storia che comincia. Premiata impresa demolizioni. Alte competenze ingegneristiche organizzative e operative, esperto di bonifiche ambientali. Demolition Man ha l’identico curriculum di Rafa Nadal alla sua età, ma fa più danni. La pallata da tremila giri al minuto è rimasta di proprietà della vecchia azienda, il nuovo profilo dello smantellatore di avversari è costruito su progetti che fanno da compendio a venti anni di tennis da campioni. Il dritto è più simile a quello di Federer, gli impatti risultano privi di spin e vanno dritti al punto. Il rovescio non rinuncia a qualche rotazione, ma sa inseguire traiettorie strette verso angoli impossibili. Il giovanotto conosce lo slice, lo utilizza in approccio e non disdegna i raid verso la rete. Smash e servizio sgommano vorticosi lasciando tracce sulla superficie di gioco. Carlos Alcaraz è la Storia che si ripete, ma anche la Storia che progredisce dai suoi stessi presupposti. E Demolition Man è “il ragazzo del futuro”, diciotto anni dopo che il conio venne utilizzato per descrivere il tennis “mai visto prima” di Rafa Nadal. Se il confronto fosse tra titoli di film, Demolition Man potrebbe vedersela per un Oscar da terra rossa con Monuments Men, visto che Novak Djokovic nel cast degli uomini che salvarono migliaia di opere d’arte dalle mani dei tedeschi, e per questo divenuti anch’essi dei Monumenti di coraggio e qualità strategiche, ci sarebbe stato come un topolino in una forma di parmigiano. Il punto è quali rischi possa correre, oggi, il miglior giovane esponente della Demolition Era, animato da energie infinite, contro l’ultimo Monumento dei Big Three, apparso fin qui non così in forma né troppo preciso nella costruzione delle proprie raffinate strategie difensive. Credo la risposta sia una soltanto: Carlitos corre tanti più rischi quante sono le possibilità che Nole non accetti di impostare il match solo sulla difesa a oltranza, ma operi da subito per costruire le proprie repliche e spostare la sfida sul confronto aperto, sul faccia a faccia più diretto. […] Il match di oggi pone la domanda definitiva: Carlos è già in grado di superare Nole “tre set su cinque”, quando la vittoria del torneo è a un passo e fa sentire i propri seducenti richiami? […]

Alcaraz-Djokovic, Parigi punta il sole (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Il massimo. Si sono evitati per un anno, e in quell’anno si sono superati a vicenda in testa al ranking più volte. Oggi finalmente scopriremo se sul mondo del tennis sorgerà quel nuovo sole da tutti annunciato e destinato ad illuminarlo negli anni a venire, o se invece il tramonto che ne accompagna il declino da un paio di stagioni continuerà a regalarci ancora stupendi panorami. Carlos Alcaraz e Novak Djokovic si affronteranno nel primo pomeriggio nella prima semifinale del Roland Garros con in palio una posta ben più ricca della qualificazione per l’ultimo atto dello Slam parigino. Ritiratosi (quasi) Nadal, e svanita con lui la suggestione di una sfida che evocava in sé quel passaggio di consegne tra il vecchio re della terra rossa e il suo designato erede, il match contro il serbo, per contenuti, circostanze e cornice, era quello che tutti attendevano e in cui tutti speravano una volta conclusa la cerimonia del sorteggio. Inutile aggrapparsi all’unico precedente disputatosi tra i due ormai un anno fa a Madrid e vinto dallo spagnolo in tre set: una semifinale Slam ha ben altro fascino e, soprattutto, espone a tutt’altre pressioni. Né aiutano a eleggere un favorito le indicazioni seminate dai due lungo i rispettivi percorsi che li hanno portati sino al bivio odierno. La lotta, quella vera, sarà ancora tra esperienza e gioventù. «L’esperienza non è garanzia di efficienza», sussurrava Q., il genio delle invenzioni, a un James Bond perplesso dalla sua giovane età in uno degli ultimi film della saga. Se Djokovic, a 36 anni e dopo aver divorato quasi due generazioni di avversari, sta dimostrando di saper ancora abbinare efficienza ed esperienza, il tutto all’insegna della fame e lontano da qualsiasi economia gestionale, l’avvento di Alcaraz sul circuito – ventenne da un mese – è stato simile a uno tsunami passato il quale ci si ritrova ad osservare un nuovo paesaggio facendo la conta di ciò che è stato portato via dalla corrente ingegnandosi su quale sia la strategia migliore per avviare la ricostruzione. Nessuno pare averla ancora trovata. L’ultimo a provarci, Stefano Tsitsipas, suo rivale ai quarti, è stato spazzato via con travolgente semplicità, cosi come gli sparring partner sin qui affrontati dallo spagnolo n.1 del mondo. Nole, una volta terminato un rodaggio quest’anno più farraginoso del solito, è riuscito ancora una volta a presentarsi al grande appuntamento in condizione ottimale, asfissiando i suoi rivali un set alla volta. […]

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