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C’era una volta Novak Djokovic

La vita di un fenomeno, dacché si allenava sotto le bombe, alle due persone cui deve tutto. Passo dopo Passo i successi e gli insuccessi, sul campo e fuori. Merita il Grande Slam come Rod Laver? Nessuno più completo di lui

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Novak Djokovic - Roland Garros 2023 (foto Roberto dell'Olivo)
 

DISCIPLINATO, TRASFORMATO, L’ERA DELL’ULTRA-PRO

Nel 2009, giocando fino allo sfinimento (97 partite!), perde quattro finali di Masters 1000 (Miami, Monte-Carlo, Roma, Cincinnati) prima di vincere a Bercy, scottato anche dai tre match point falliti contro Nadal in una titanica battaglia di 4 ore a Madrid. L’anno successivo, nei quarti di finale dell’Open di Francia, si aggiudica i primi due set contro Jürgen Melzer prima di crollare nei tre successivi. Un fallimento memorabile. “Un momento orribile e un punto di svolta nella sua vita”, dice lui. In lacrime nello spogliatoio, si chiedeva se questa missione infernale avesse un senso. “Il periodo peggiore”, ricorda Marian Vajda, il suo allenatore di lunga data, che ha avuto un ruolo così importante in questa saga. Novak voleva progredire così rapidamente che non era più realistico”.

Il serbo decide quindi, all’età di 23 anni, di essere il più perfetto possibile, sia nella gestione delle sue emozioni che nel controllo del suo corpo. Dopo aver padroneggiato tutti gli angoli del campo e il concetto di elasticità, ha allargato le sue aree di competenza alla consapevolezza di se stesso e all’alimentazione, senza esitare a rivolgersi a una cerchia più ampia di persone, non tutte referenziate. Il professionista che era all’età di 6 anni, è diventato l’ultra-pro. Viene lanciato il “Djocosmismo”. Si libera dalla tutela della famiglia, cita Platone sull’altruismo, si circonda di alberi per fare il pieno di energia, fa costanti prelievi  di urina per assicurarsi di essere sufficentemente idratato. E quando si concede un quadratino di cioccolato, lo fa dopo aver battuto Nadal in una battaglia senza respiro di sei ore a Melbourne.

Novak Djokovic – Roma 2023 (foto Francesca Micheli, Ubitennis)

È difficile immaginare i sacrifici compiuti quotidianamente per questa continua dedizione alla causa. Il simbolo di questa metamorfosi è la dieta senza glutine, introdotta nell’estate del 2010 da uno strano signore dal pizzetto bianco con residenza a Cipro, nutrizionista, psichiatra e agopunturista: il misterioso Igor Cetojevic, presto scomparso dal clan. Per Cetojevic, i quattro veleni bianchi (zucchero, sale, farina e grassi) devono essere contrastati con un approccio olistico volto ad armonizzare le forze fisiche, mentali, emotive e spirituali del corpo. Cetojevic ha posto delle fette di pane sullo stomaco di Djokovic e ha sentito la resistenza delle sue braccia a rimuoverle, tanto da convincersi che tutto ciò che propaga questa debolezza deve essere eliminato. Il serbo, che perderà quattro chili, guadagnando senza dubbio in esplosività ciò che potrebbe potuto perdere in potenza, rivela a tutti la sua determinazione: non lascerà nulla di intentato per riuscire nella sua missione.

In seguito, sorprenderà le persone con l’amicizia con Pepe Imaz, ex professionista spagnolo e seguace  della dottrina “Amore e Pace”, con il suo desiderio di esplorare un modo di stare in campo con un’emotività controllata, anche se ciò significava fare riferimento alla telepatia. Si addentra così tanto in questo mondo esoterico da concludere che le emozioni possono purificare l’acqua inquinata. Più prosaicamente, incorpora queste idee e  la respirazione consapevole  persino in bicicletta in un parco di Londra con i suoi fratelli durante Wimbledon (“la nostra avventura Avatar in connessione con la natura”, diceva). Insomma, tutti gli strumenti della preparazione mentale, applicati quotidianamente, per crescere nel suo approccio olistico, che sembra essere unico nel mondo del tennis.

L’arte di tutto questo sta nel trovare l’equilibrio attraverso un percorso irto di mille domande. Come evitare di fare della vittoria, che è essenziale, l’unico metro di misura per portare gioia? Come bruciare dall’interno e diffondere ondate di benessere in mezzo a una pressione crescente? Djokovic è un uomo saggio che ribolle dall’interno. Scintille garantite. Le cose hanno iniziato ad accendersi nel dicembre 2010, quando la Serbia, guidata dal “Nole 1”, ha battuto la Francia nella finale di Coppa Davis, conquistando una vittoria liberatoria. “Quando è sceso in campo venerdì contro Monfils, sembrava un imperatore romano. Maestoso”, ha detto l’allenatore francese Lionel Roux.

Traduzione a cura di Bianca Mundo

CONTINUA A PAGINA 5: Un maestro nel mettere a disagio gli altri in campo

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