Wimbledon, Djokovic e il siparietto sull'erba del Centrale: "In queste situazioni bisogna cercare di divertirsi"

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Wimbledon, Djokovic e il siparietto sull’erba del Centrale: “In queste situazioni bisogna cercare di divertirsi”

Il campione serbo sigilla l’esordio a Wimbledon senza problemi, se non con la pioggia: il match del primo turno tra ritardi e asciugamani sull’erba

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Un debutto in discesa quello di Novak Djokovic al primo turno di Wimbledon contro l’argentino Pedro Cachin, battuto in tre set con un punteggio finale di 6-3 6-3 7-6(4). In discesa e a rischio scivolata, va aggiunto: la pioggia si è insinuata non poco nello svolgimento del match, creando ritardi e dubbi sulla possibilità di portarlo a termine. Una vittoria doppiamente meritata quella del campione serbo, che stavolta oltre a concentrarsi sulla partita è riuscito ad alleggerire l’attesa al pubblico sugli spalti con uno spettacolo più unico che raro. Ne parla lui stesso nell’intervista post partita, eccone di seguito un estratto.

D. Novak, bello tornare sul campo centrale?

Djokovic: “Certo. Come anche lo è stato riuscire a finire la partita. Ci sono state un po’ di circostanze strane e aver ritardato la partita di quasi un’ora e mezza è una di queste, ma mi sono sentito come in nessun altro torneo al mondo uscendo sul campo Centrale di Wimbledon come campione in carica, sull’erba fresca. È bellissimo tornare in un torneo da sogno ed essere in grado di aggiudicarsi – perché avevamo dubbi?, ndr – la prima partita. È stata una prestazione solida. Avrei potuto giocare meglio ma, dopo una lunga stagione sulla terra, arrivando a Wimbledon senza alcun torneo di preparazione ufficiale era prevedibile che non sarei stato ancora al 100%. Mi sono già trovato in queste situazioni in passato, spero che con l’avanzare del torneo avanzerà anche il mio livello”.

D. Nel primo set down, hai avuto un minuto per respirare nell’asciugamano. Cosa ti è passato per la mente?

Djokovic: “Stavo cercando di liberarmi dell’ombra del sole che avevo negli occhi per averlo guardato un paio di volte mentre lanciavo la pallina. Tutto qui”.

D. Nervi?

Djokovic: “Quelli ci sono sempre, ovviamente. Giocare davanti al pubblico in uno dei campi da tennis più importanti del mondo mette sempre un po’ di tensione, nonostante la tanta esperienza. L’importante è adattarsi e riuscire a concentrarsi sul proprio gioco”.

D. Mi è sembrato che poco prima dell’interruzione per pioggia tu abbia chiamato l’arbitro perché sembravi preoccupato per lo stato del campo. Pensi che abbiano aspettato troppo per fermare la partita e che questo possa aver causato problemi all’erba?

Djokovic: “Stavo comunicando parecchio fuori dal campo con il supervisore e l’arbitro, dopo anche il presidente è venuto giù. Erano tutti un po’ confusi perché era qualcosa che non avevano mai sperimentato da quando è stato installato il tetto sul campo centrale. Normalmente occorrono dai dieci ai venti minuti da quando il tetto viene chiuso perché l’aria condizionata faccia il suo lavoro e l’erba torni a essere pronta per giocare. […] Noi volevamo dimostrare al pubblico di essere lì per giocare, ma c’erano zone del campo troppo scivolose e umide. Per più di un’ora la situazione non è migliorata, […] l’erba è una superficie così sensibile per la manutenzione. Il giudice di sedia voleva proseguire ma non è stato possibile: gli addetti alla manutenzione del personale del campo sono entrati e hanno coperto il campo. Non penso che si sia bagnata troppo in quel minuto e mezzo in più, credo piuttosto che il problema abbia a che fare con qualcos’altro. Ma non sono io la persona adatta a rispondere a una domanda simile”.

D. Non sembravi preoccupato, anzi ti sei divertito insieme al pubblico. Saresti stato così rilassato in una situazione simile anche in un altro momento della tua carriera?

Djokovic: “Ho sempre cercato di divertirmi in circostanze particolari in cui non si possano controllare le cose. E l’ho fatto anche oggi. Ho gestito in modo scherzoso ritardi dovuti alla pioggia anche a Parigi e New York. Quando siamo usciti dal campo ci hanno detto ‘Rientrerete tra dieci o quindici minuti’. Ma dopo dieci minuti ce lo hanno ripetuto. E poi di nuovo dopo altri dieci. Dopo aver controllato il campo per la terza volta, l’arbitro ha detto che non era fattibile e che non voleva rischiare facendoci tornare in campo. Poi siamo andati anche noi (giocatori, ndr) a controllare. Ci siamo divertiti. Dopo è arrivata la buona notizia che avrebbero aperto il tetto e il vento ha dato una mano asciugando il campo. Quando siamo entrati in campo io ho provato a fare qualcosa con l’asciugamano, intrattenendo la folla e suscitando qualche risata”.

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