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Wimbledon: sarà Djokovic-Wawrinka, per Sinner al terzo turno c’è Halys

Prestazione convincente di Shapovalov che ora non troverà Ruud, Rublev si aggiudica in quattro set il derby russo con Karatsev. Zverev in cruise control nell’esordio, decide il match sugli allunghi finali

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Stan Wawrinka - Roland Garros 2023 (Twitter @rolandgarros)
Roland Garros 2023 (Twitter @rolandgarros)
 

[7] A. Rublev b. A. Karatsev (4)6-7 6-3 6-4 7-5

Il derby russo da consumarsi nel palcoscenico che nel 2022 li ha esclusi per le arcinote motivazioni belliche, si presentava alla vigilia della sfida come un match interessante tra due tennisti che l’erba la masticano eccome anche se probabilmente entrambi propenderebbero per il cemento come teatro di scontro per la partita della vita, forse Andrey non se la caverebbe male neppure sulla terra – anzi, considerando che quest’anno proprio sul mattone tritato ha trionfato nel Principato Monegasco. Due stili di gioco in sostanza quasi speculari ma che evidenziano una serie marcata di differenziazioni nello spartito esecutivo: sia Rublev che Aslan fondano il loro tennis sulla pressione forsennata ad alto ritmo, senza freni o riduzioni di velocità e potenza generata, con però una sostanziosa diversità a livello tecnico. La tds n. 7 va inserita in quel comparto di giocatori che prendono letteralmente a cazzotti la palla, violentandola con le proprie sbracciate a tutto gas. Il problema verso cui si può incorrere nel giocare in questo modo, oltre all’andare sopra la linea di frequenza richiesta e dunque fuori giri, e intestardirsi nell’accelerare verso il centro del campo mancando di ricercare di tanto in tanto più l’angolo di restituzione del colpo che la mera soluzione a tutto braccio. Karatsev, invece, è decisamente più unico nelle peculiarità del suo tennis: ce ne sono pochi come il n. 50 ATP in grado di generare un tale livello di robustezza di colpi con un’apertura così ridotta nella preparazione esecutiva. Aldilà della straordinaria rapidità di braccio che consente solamente a questi fenomeni del Tour di esprimersi al meglio delle loro potenzialità pur con un margine così ridotto; anche tennisti che giocano così in anticipo come Aslan devono semplicemente essere perfetti nel timing per dimostrarsi competitivi nello scambio. Per cui, è veramente un tennis ad alto coefficiente di difficoltà perché per riuscire ad ottemperare alle richieste essenziali di cui necessita è imprescindibile uno stato di forma fisica pressoché a limiti della perfezione affinché si arrivi sempre puntuali all’impatto; altrimenti basta anche solamente un nano secondo di ritardo per mandare tutto in frantumi. Al contrario pur espresso sempre e comunque a tutta birra con soli fulmicotoni da fondo, il gioco di Rublev paradossalmente ha più margini ed è soprattutto più semplice riprodurlo con costanza. Non a caso infatti, Karatsev dopo il grande exploit della semifinale in Australia nel 2019 come si suol dire in gergo “non l’ha cacciata oltre” nell’ultimo anno e mezzo, salvo riprendersi proprio nella stagione su terra del 2023 dove da lucky loser ha raggiunto un’incredibile semifinale a Madrid ritornando così prepotentemente in Top 50. Mentre il suo connazionale, nello stesso periodo di tempo preso in esame, si è mantenuto sempre nell’élite del tennis mondiale – la Top 10 o al massimo nei dintorni – spingendosi in tre finali 1000 ma latitando sempre nell’acuto Slam: (non è mai riuscito a scavalcare il muro dei quarti, 7 volte raggiunti ha sempre perso) cosa che invece è riuscita ad Aslan, proprio perché quando il suo tennis funziona in tutti i ranghi – ed è questo il grande impedimento di complessissima risoluzione – a livelli massimi è più pericoloso da contrastare al contrario di quello maggiormente “ordinario” e prevedibile nella sua esplicazione tennistica del 25enne di Mosca.

Alla fine comunque la sfida è andata come ci si aspettava, Aslan ha dato del filo da torcere creando più di qualche grattacapo ad Andrey che tuttavia – come si pensava – sulla lunga distanza ha fatto valere la sua maggiore consistenza e tenuta atletica.

Al finalista del Masters 1000 di Cincinnati 2021 è stata richiesta una rimonta per firmare il passaggio al terzo turno, vista la perdita del primo set. Eppure Andrey era partito alla grande come nel primo turno contro Purcell, annichilito in appena un’ora e mezza in prima giornata e sicuramente tra i Top Players il moscovita era stato colui che aveva offerto la prova più convincente tra nell’esordio, breakkando a freddo per il 2-0 in avvio. Tuttavia, e non è la prima volta che mostra tratti di fragilità psicologica in attimi dove la spinta della pressione è più insistente, proprio sul 5-4 al servizio per chiudere il set Andrey si scompone e subisce il contro-break che prolunga ulteriormente la frazione. Al tie-break, Rublev avverte il peso specifico della ghiotta chance mancata e lascia strada sguarnita al 29enne di Vladikavkaz, il quale non si fa pregare e si porta rapidamente sul 5-1 prenotando di fatto il parziale che per l’appunto non viene messo in discussione dalla piccola ricucitura dello svantaggio del rivale. Sul 6-4, al secondo set point, Aslan va avanti dopo 49 minuti di gioco.

Sib prosegue con un secondo set estremamente equilibrato, i servizi la fanno da padrone: quando è così, basta un solo spiraglio per far sì che si inietti il fardello de break. Arrivati all’ultima manche della gara, quando bisogna scoprire le carte il n. 50 ATP si incarta sul 4-3 concedendo un’altra occasione al connazionale per incamerare una frazione. Questa volta, Andrey sotterra la magnanimità e a 15 sigilla il 6-3 in 33 minuti che rimette tutto in discussione. Il quarto set, invece, si dispiega sulla ricerca del cinismo: anche in questa situazione è un solo break a far la differenza, nei primi due giochi della frazione entrambi si guadagnano un paio di break point a testa. Fra l’altro turni di servizio dall’andamento chiastico, prima Karatsev e poi Rublev in battuta, con Andrey che in primis in risposta e in secundis al servizio sale 15-30 e 30-15; in ambedue le circostanze Aslan si rifà sotto ribaltando per il 30-40 e il 40-30: morale della favola, però, dopo 22 punti e nonostante i vantaggi affrontati siano stati superiori sul proprio game di servizio è il russo più giovane in campo a convertire la seconda delle due palle break avute. 1-0 e subito consolidamento per il 2-0 con la frantumazione della doppia opportunità costruita da Karatsev.

Non ci sono più scossoni, se si esclude un game di servizio a testa tenuto ai vantaggi ma senza affanni eccessivi, e si ritorna sempre lì. Rublev serve per il set, si irrigidisce un pochettino ma – per la seconda volta in fila – l’oltranza gli è ancora amica: 6-4 in 49 minuti. Aslan rischia di alzare già bandiera bianca in apertura di quarto set, ai vantaggi si salva senza offrire chances così come nel quinto game stavolta rimontando un possibile deleterio 0-40. Tuttavia a furia di concedere talmente inopinatamente, non si può che finire per soccombere: il break per Rublev, il quarto nel match – uno per set – giunge puntuale sul 3-3 salvo poi distrarsi pensando di averla già portata in porto e subire il contro-break per il 5-5.

Ritrova però immediatamente il focus che serve Andrey, breakka ancora e chiude ogni discorso con il 7-5 finale al termine di 2h54′ di gioco. Per il russo che va avanti, doccia cifra di aces (12 contro gli 8 rivali), un affidabile 76% di punti vinti con la prima, 34 vincenti a fronte di 32 non forzati. Pesano eccome, invece, nell’economia statistica i 52 non forzati di Aslan che ha perfino messo a referto addirittura meno winners del connazionale (32, quanti sono stati i gratuiti di Rublev). C’era un solo precedente tra i due, semifinale nel 2021 del ‘500’ di Dubai con successo in tre set per lo sconfitto odierno.

[19] A. Zverev b. [Q] G. Brouwer 6-4 7-6(4) 7-6(5)

Non vedeva l’ora di scendere in campo, mentre gli altri Top – Djokovic, Alcaraz, Sinner – nella giornata di giovedì sono già beatamente al 3°T il signor Alexander Zverev nel Day 4 di Wimbledon 2023 ha fatto solamente il suo esordio nel torneo. Parecchie, e decisamente pesanti, critiche sono state mosse in particolare dalla stampa tedesca verso l’All England Club reo di aver compiuto scelte programmatiche a dir poco discutibili. Va bene lo sciovinismo, anche se Londra non è Parigi, però l’incontro sul Centrale tra Medvedev e il carneade di casa Fery – quasi fuori dai primi 400 del mondo – poteva fare spazio a Sascha che è pur sempre un finalista Slam, medaglia d’oro olimpica in carica, due volte Maestro delle Finals ed ex n. 2 del ranking.

Fatto sta che i Championships di Alexander sono cominciati con largo ritardo, ed è per questo che il 26enne di Amburgo ha voluto sbrigare la pratica il più rapidamente possibile partendo già con il piede pigiato sull’acceleratore. Il match, tuttavia, non è stato tutto rose e fiori: qualche spinosità lungo il cammino si è fatta presente. L’avversario del finalista allo US Open 2020, per dare inizio alla propria campagna verde in un torneo dove come miglior traguardo può vantare due ottavi (2017 e 2021), era infatti un olandese – i quali notoriamente ben si disimpegnano su erba – di origini texane: stiamo parlando del 27enne nativo di Houston Gijs Brouwer (n. 153 ATP). Giocatore prettamente da Challenger, che però non avendo niente da perdere ha potuto esibirsi continuamente a braccio sciolto essendo interamente sul teutonico la pressione per il risultato finale. Ma Sascha ha gestito bene la vicenda, in modalità cruise control marcando il territorio e facendo emergere l’opposta cilindrata di livello nei momenti culminanti dei set come è d’uso comuno su questa superficie ma mostrando anche nei frangenti di punteggio più livellati un alone di netta e limpida superiorità a tutto tondo.

Frazione d’apertura ben amministrata, cancellando d’autorità i primi due break point del match nel secondo game per poi affondare i denti nella preda tremebonda alla prima chance utile: sul 3-3, alla seconda opportunità del gioco. Sascha a questo punto non si volta più indietro ed è 6-4 dopo appena 38 minuti. Dopoché, i servizi diventano impossibili da valicare: in 12 game regolari, solamente un unico turno di servizio fa palesare qualche ombra di palla break ed incredibilmente ancora una volta è la battuta di Zverev: sul 5-6 del secondo set, il tedesco ne concede un primo break point sul 30-40 ed un secondo ai vantaggi. Ma il servizio teutonico è imperioso quando “serve” a togliere le castagne dal fuoco. Nei tie-break, poi, non ce n’è per nessuno: troppo ampio il divario a favore del n. 21 ATP, che in quello del secondo parziale dopo uno scambio di mini-break cala l’asso sul 4-3. Mentre in quello finale si fa riprendere inizialmente per un eccesso di sicurezza, poi si riappropria del comando ed infine necessita del terzo set ball per il 7-5 conclusivo in quasi due ore e venti di gara. Ai trentaduesimi per Alexander ci sarà il ripescato giapponese Yosuke Watanuki (n. 116 ATP) che ha sconfitto il mancino svizzero Marc-Andrea Huesler – esponente del serve&volley che per caratteristiche tecniche e pedigree tattico con annesse traiettorie non da destrimano si dovrebbe trovare a proprio agio sull’erba e difatti è stato così – al termine di una battaglia senza mezze misure e cancellando due match point (non consecutivi) nell’undicesimo game del quarto set. Un Rimontone pazzesco del nipponico, che era andato sotto 0-2 a causa di un doppio 7-5 ma che successivamente ha ripreso i fili del discorso vincendo due eccezionali tie-break in fila – 7-6(5) e 7-6(3) – per sublimare il tutto con il 6-3 del quinto set: l’unica frazione non lottata, conseguenza del fatto che lo svizzero non avesse più energie da spendere. Ostacolo, quello asiatico, che già sulla carta era sicuramente alla portata di Zverev: ora dopo oltre 4 ore di scontro furibondo, sarà certamente ancora meno improbo e Sascha dovrebbe raggiungere agilmente le altre teste di serie al 3°T.

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