Rublev batte Dimitrov con qualche rimorso (Bertellino). «Volevo essere Phelps. L'ascesa silenziosa nella scia di Sinner» (Piccardi)

Rassegna stampa

Rublev batte Dimitrov con qualche rimorso (Bertellino). «Volevo essere Phelps. L’ascesa silenziosa nella scia di Sinner» (Piccardi)

La rassegna stampa di domenica 15 ottobre 2023

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Rublev batte Dimitrov con qualche rimorso (Roberto Bertellino, Tuttosport)

Amici fuori dal campo, per la settima volta in carriera “costretti” a confrontarsi sul terreno di gioco. Nobile, come il centrale dell’impianto che sta ospitando il Masters 1000 di Shanghai, penultimo appuntamento stagionale di questo livello. I soggetti sono stati Andrey Rublev, numero 7 del mondo e 5 del seeding, ed il bulgaro Grigor Dimitrov, numero 19 del ranking ATP e 18 del tabellone. Il bilancio dei confronti diretti era in perfetta parità (3-3) ed è stato Rublev a portarsi in vantaggio al termine del testa a testa, vinto grazie alla potenza dei colpi e al cinismo dimostrato nel tie-break del primo set (9-7) dopo aver annullato al bulgaro anche un set point con un ace. Dimitrov era stato bravo a rimediare immediatamente al break subito all’11° gioco, strappare il servizio al 25enne russo nel successivo e portare la frazione al tie-break con un tennis come sempre ispirato fatto di tocchi e magie. La seconda parte del confronto ha visto invece Rublev andare a segno con maggior facilità, pur dopo aver recuperato l’iniziale svantaggio di 0-2. Sigillo al nono gioco e passaggio in finale, dove alle 10,30 italiane incontrerà il polacco Hubert Hurkacz vittorioso nell’altra semifinale con l’americano Sebastian Korda. Rublev contento a fine match, ma dibattuto: «Quando dalla parte opposta della rete c’è un tuo amico non è mai facile – ha detto a caldo – anche se si entra sempre in campo per vincere. Molte le sensazioni che in questi casi si accavallano». Sarà per Andrey la quarta sfida per un titolo 1000 in carriera, dopo aver vinto proprio in stagione la prima a Montecarlo. In palio punti preziosi in ottica ATP Finals, per entrambi. In caso di successo il risso scavalcherebbe nella graduatoria ATP Janník Sinner agguantando la quarta piazza, e metterebbe una grossa ipoteca sulla sua partecipazione alle Finals. Dovesse vincere il polacco anche per lui le porte di Torino tornerebbero a farsi più vicine. Tra Rublev e Hurkacz i precedenti dicono 2-2. […]

«Volevo essere Phelps. L’ascesa silenziosa nella scia di Sinner» (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

Se gli dici che l’abbiamo scoperto all’Us Open, terza partecipazione Slam della carriera, quando da n. 65 del mondo (lunedì sarà n. 43) si è arrampicato fino agli ottavi di finale persi con onore da Carlos Alcaraz, non si offende («Ah non un po’ prima, quando ho battuto Ruud al Master 1000 di Madrid…?»), ma quasi. E ha ragione, Matteo Arnaldi da Sanremo, classe 2001 come Jannik Sinner, testa sulle spalle e gioco moderno, nessuna paura dei sacrifici (famosa quella volta che a 16 anni partì da solo per un torneo in Georgia, senza parlare una parola d’inglese: tornò con la coppa), avviato al tennis dal nonno a 5 anni palleggiando contro il muro del circolo e poi indeciso tra nuoto e calcio prima di scegliere di scindere il suo destino da quello di papà Fabrizio, ex nuotatore: «A me piace la socialità che si crea in campo, sott’acqua ce n’era poca…».

Matteo, è corretto dire che ha potuto lavorare tranquillo nel cono d’ombra della triade apripista Sinner-Berrettini-Musetti?

Ho sempre fatto la mia strada, non è che mi sia mai interessato tanto degli altri. Certo da numero 150 del mondo vedere che gli italiani scalano la classifica fa bene, nel senso che ti ispira, ti fa pensare: beh, allora posso farcela anch’io. Con Passaro, Cobolli, Gigante e tutti gli altri ci siamo sempre spinti a vicenda. È partito tutto così. Poi in due anni sono passato da n. 900 a n. 50, crescendo moltissimo. E’ arrivato tutto insieme, facendo gli step giusti, con i miei tempi, il mio team, lavorando bene. Ed eccomi qui.

Ricorderà il 2023 come la stagione delle prime volte. Prima vittoria challenger (Tenerife), primo scalpo di un top 10 (Ruud), prima volta nei top 100, primi ottavi Slam (New York), prima maglia azzurra (girone di Coppa Davis a Bologna).

E’ la crescita di cui parlavamo. Un piacere enorme. Non vedevo l’ora di giocare un match come quello con Alcaraz all’Open Usa, sul centrale, contro uno dei più forti. Ho cercato di essere me stesso sin dai primi game. […] Mi ha aiutato conoscere già Carlos, abbiamo la stessa età, non come Djokovic che ho visto solo alla tv. Non mi considero così lontano però ancora un po’ di differenza con i top players c’è e si è visto nei momenti più importanti. Ci sta, è anche questione di esperienza. E Alcaraz ne ha approfittato, come accade a me quando affronto giocatori di classifica più bassa.

E l’emozione della Davis? II punto della qualificazione alle finali di Malaga, con Borg junior, in un girone iniziato in salita con il k.o. col Canada, l’ha portato lei.

Una settimana indimenticabile, ho sentito il peso della maglia azzurra: io sono uno che parte sempre un po’ lento però in Davis mi sono piaciuto, ho dato il mio contributo, ho capito cosa significa scendere in campo per l’Italia. […]

Idoli da ragazzino?

Con papà seguivamo Michael Phelps alla tv, un tifo sfegatato, di lui sul divano abbiamo parlato tantissimo. […]

Come cambiano gli obiettivi da top 50?

Quest’anno sono cambiati spesso! L’idea a inizio stagione era provare a entrare nei primi 100 e a settembre mi sono ritrovato nei migliori 50. Era un mio sogno personale, che non avevo condiviso con nessuno: pensavamo che fosse una meta lontana. Ma io sentivo di potercela fare. […] Anche essere testa di serie all’Australian Open non sarebbe male. Ma non mi piace tanto parlare di quello che potrei ottenere. Preferisco i fatti. 

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