Italia già nel futuro (Crivelli). Nardi e Cobolli si eliminano (Bertellino). Sinner story (Azzolini)

Rassegna stampa

Italia già nel futuro (Crivelli). Nardi e Cobolli si eliminano (Bertellino). Sinner story (Azzolini)

La rassegna stampa di venerdì 1 dicembre 2023

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Italia già nel futuro. Siamo i più giovani tra i migliori 50 (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Sono passati vent’anni, e con II cuore ancora ebbro di felicità dopo il trionfo di Malaga, sembrano davvero un’eternità. Il 20 settembre 2003, con lo 0-3 dopo le prime due giornate contro lo Zimbabwe (ebbene si), l’Italia retrocedeva nell’allora serie C della Coppa Davis. In quelle ore, la caduta fragorosa pareva un viaggio senza ritorno nell’abisso, per un Paese che aveva definitivamente scoperto il tennis con l’Insalatiera del 1976 e che si ritrovava con pochissimi giocatori di livello e un movimento incapace di produrne. Fu in quei giorni di disperazione agonistica che vennero gettati i primi semi della rivoluzione: rifondazione della formazione dei maestri, recupero del rapporto tra allenatori federali e coach privati, riforma del settore tecnico con la creazione di centri intermedi che gli aspiranti tennisti possono cominciare a frequentare fin da bambini. I risultati ora sono davanti agli occhi di tutti: fra tutti, Berrettini primo finalista italiano a Wimbledon della storia e Sinner primo azzurro a chiudere la stagione in top 4 nell’Era Open e finalista al Masters, con l’ambizione neanche troppo nascosta di vincere uno Slam e puntare al numero uno già nel 2024. La Coppa Davis riconquistata dopo 47 anni grazie a cinque vittorie su cinque di Jannik, tra cui quella su Re Djokovic , e alla compattezza e alla solidità di una squadra di amici, è dunque lo zenit di una parabola che ha preso il via da lontano e che può davvero rappresentare il primo mattone della costruzione di una dinastia in grado di marchiare per lungo tempo la più antico evento per team del tennis. Perché i tre singolaristi impiegati dal c.t. Volandri nella vittoriosa finale contro l’Australia sono tutti under 23 e certamente Sonego e Berrettini (punto fermo del gruppo quando rientrerà), a 28 e 27 anni, non possono certo definirsi vecchi. Insomma, l’Italia adesso e una superpotenza e, dalla sua, ha pure il vento magico della gioventù. Delle sette nazioni con almeno tre giocatori in top 50 la nostra infatti è quella con l’età media più bassa. I quattro azzurri (Musetti 21, Sinner e Arnaldi 22, Sonego 28) sommano 93 anni, che fa 23,2. Dietro di noi, con una media di 23,6, c’è l’Argentina, ma Etcheverry, Cerundolo e Baez non possiedono certamente la nostra qualità media. Fuori dal podio gli Stati Uniti, media 25,1, ma con ben sette giocatori tra i primi 50, una fioritura del gigante dopo anni di magra, cui manca tuttavia il campionissimo da Slam, in attesa di capire dove possa arrivare un potenziale fenomeno come Shelton. […]

Nardi e Cobolli si eliminano (Roberto Bertellino, Tuttosport)

L’avventura dei due azzurri nelle Next Gen ATP Finals di Gedda, in Arabia Saudita si chiude con un derby in cui si eliminano entrambi. Vince in cinque set Nardi, che centra la prima vittoria nella manifestazione di fine anno tra i migliori otto Under 21 del circuito (defezioni a parte). Nardi batte Cobolli 3-4 (4) 4-2 4-3 (1) 1-4 4-3 (5). «Ci tenevo a far bene, purtroppo non mi sono qualificato ma volevo provare a vincere. E’ stata una partita di alti e bassi, dopo l’infortunio alla coscia ho giocato senza paura, a quel punto sapevo che non sarei passato. Ma sono contento – ha detto il marchigiano – della reazione che ho avuto sul 3-2 della terza frazione. Rimanere attaccato al match è una cosa che un po’ manca nel mio carattere. Se c’è un aspetto positivo che porterò con me da questa esperienza Next Gen è proprio non aver mollato fino all’ultimo». Nardi, classe 2003, ha fatto la differenza negli scambi brevi, chiusi sotto i quattro colpi (66 punti vinti a 56). A successo ottenuto da Nardi le speranze di Cobolli di potersi issare in semifinale erano appese all’esito dell’altra sfida nel Gruppo Verde, tra il francese Fils e lo svizzero Stricker. Se Fils avesse vinto in tre set secchi il romano sarebbe salito in semifinale. Il sogno si è infranto quando l’elvetico, come sempre capace di alternare grandi colpi ad altrettanti vuoti, ha incamerato il secondo set. Un lampo nel match, poi conquistata in 4 set dal francese, numero 36 del mondo e 1 del seeding, che ha chiuso 4-2 3-4 (3) 4-2 4-3 (5). Fils si è pertanto qualificato come primo del raggruppamento e Stricker come secondo: «Sapevo di essere già in semifinale – ha dichiarato Fils al termine – ma voglio vincere ogni incontro. Sono rimasto maggiormente concentrato rispetto ai miei primi due incontri qui a Gedda perché conosco abbastanza bene il mio avversario che mi ha già battuto in stagione. E’ stato un confronto serrato ma sono moho felice per averlo vinto. Ora vediamo cosa succederà in semifinale».[…]

Sinner story. Sinner diventa il Next Gen e fa i record di gioventù (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Il mare cambia la prospettiva. Ne discussi con Riccardo Piatti proprio nel giorni in cui Jannik Sinner, l’ex Peccatore, ora il Riflessivo, mostrò per la prima volta di essere un tennista che sapeva vincere. Il maestro mi dava ragione con il suo modo curioso di stare a sentire, prendendo appunti su un taccuino nascosto in qualche parte dei suoi pensieri. «Il mare e l’infinito sono connessi in modo inscindibile», argomentavo, «hai preso un giovane dalle montagne, dove le dimensioni appaiono più ristrette, a meno che tu non abbia una casa sulla vetta più alta del mondo, e l’hai portato dove la vista perde ogni punto di riferimento. Se Jannik quella linea lontana l’ha riempita, come fanno in tanti, di desideri e speranze, di curiosità e nuove conquiste, hai fatto un affare. Avrà di sicuro capito che la strada non è misteriosa, ce l’ha davanti agli occhi, ma lunga, resa talvolta aleatoria, spesso pericolosa, da venti e tempeste. Così tra questa immensità s’annega il pensier mio, e il naufragar m’è dolce in questo mare. Uno più bravo di noi l’ha scritto in versi, più di un secolo fa». Piatti è il più grande conoscitore di Jannik, l’ha preso, l’ha cresciuto e amava farsi stupire dal piccoletto smilzo dai capelli ruggenti. Ne ha mille di storie da raccontare sul giovane Semola, non ancora diventato re Artù. Una è questa: «Lo portai con me e altri ragazzi come lui all’Isola d’Elba, dove da anni facciamo dei corsi. Un giorno li guardavo fare il bagno, tuffarsi, talvolta in modo buffo. Annunciavano lo stile nel quale si sarebbero esibiti, a candela, a palla di cannone… Jannik li sorprese: avrebbe provato il doppio salto mortale, disse, accolto da sberleffi e risate. Si tuffò e non ce la fece, com’era logico, ma lo vidi uscire dall’acqua ancora più convinto di prima. Gli chiesi, scusa Jan, ma perché doppio? Mi rispose così… Perché tentando di farne due, almeno uno avrei dovuto farlo. E infatti ci sono riuscito. È la prima volta». Rispetto a Sesto Pusteria, Bordighera è quasi una città. Anche quello fu un cambiamento grande. Non così grande però come l’organizzazione delle giornate di Jannik. Da due allenamenti settimanali a due giornalieri. Il Piatti Center era nato con quattro campi, due coperti, e Riccardo non ha mai voluto che qualcuno lo considerasse un’Accademia. È stato il primo a proporre un nuovo tipo di supporto per i giocatori di tennis che aspirano al professionismo o sono già nel Tour. Si sente un insegnante, più che un coach, e intorno al tennista ama creare una sorta di università che gli insegni la strada, sempre che l’allievo si dimostri sufficientemente studioso. Ai 4 campi, 5 maestri e un preparatore atletico con cui il Centro si era proposto nel primo anno di vita, il 2013, la festa di compleanno del quinto anno ad aprile 2018 raccolse intorno a Riccardo 19 maestri, 8 preparatori atletici, 4 fisioterapisti e varie altre figure, come gli esperti della video analisi dei colpi, per un totale di quasi 40 persone. Le amicizie di quegli anni Jannik le porta ancora con sé. Molti l’hanno visto crescere, quasi tutti convinti che sotto la zazzera rossa si nascondesse un talento destinato a grandi imprese. Marat Safin, Ivan Ljubicic, lo stesso Djokovic sono giunti, di passaggio o meno, sui campi del Centro, e spesso Jannik ha potuto scambiare qualche colpo con loro. Tra le figure più care, Maria Sharapova, che giunse da Piatti forse troppo tardi, chiedendo una ricetta per uscire dalla mediocrità dalla quale si sentiva soffocare negli ultimi mesi della carriera. Piatti ci provò ma i risultati non furono incoraggianti. La grande Sharapova non ne aveva più, i pensieri erano ormai rivolti alla vita futura. Maria e Jannik divennero però amici, cenavano insieme, parlavano molto, lei nelle vesti di una sorella maggiore. […] I whatsapp di Maria Sharapova, oggi mamma, continuano a inseguirlo, per festeggiare le vittorie, o dargli consigli. Su tutti, il più insistente è quello di aprirsi ai sorrisi. “Hai vinto, mostra tutta la tua felicità, liberati”. È quello che Semola sta tentando di fare. Allenamenti a ogni ora, ma tennis giocato in torneo con il contagocce. Altra regola di Piatti, in campo si va quando la preparazione è completa. Anzi, perfetta. E l’attività juniores non viene nemmeno considerata. […] La prima vittoria arriva nel 2016, in Croazia nelle qualifiche, opposto a Leo Kovacic, ma la strada per il tabellone principale è ancora lunga. Non è ancora pronto, Semola. Occorrono muscoli per il tennis, e appena lui ne mette qualcuno, scope che non bastano ancora. Così, l’anno d’ingresso nella classifica mondiale è il 2018. Nel Future F3 in Egitto a Sharm el-Sheikh Jannik batte l’indiano Goveas e il successivo lunedì legge il proprio nome al numero 1592 È il primo punto Atp. Da lì le cose procedono più velocemente. A fine anno è il numero 551 della classifica e il 2019 è l’anno delle prime vittorie. Tre di seguito a febbraio, con il challenger di Bergamo (batte Marcora ed è il più giovane italiano a vincere un titolo nella categoria), seguito dai Futures di Trento e di Santa Margherita . Ad aprile, ripescato come lucky loser fa il suo esordio nel circuito Atp, a Budapest, e ottiene il primo successo contro l’ungherese Milkusz. Poi Roma, con una wild card e un turno superato: sventa un match point a Steve Johnson e lo piega 7-5 al terzo. I successivi tornei sull’erba lo propongono al numero 130 Atp (è il primo under 18 in classifica). Passa le qualifiche agli US Open e trova la strada per entrare nel tabellone di uno Slam. Perde con Wawrinka, in quattro set e lo fa sudare. Il 28 ottobre è per la prima volta nella Top 100, al 93° posto. Vince il primo titolo internazionale cavanti a tutta la famiglia alle Next Gen milanesi, contro De Minaur; poi il challenger di Ortisei. Chiude l’anno al numero 78, ben 473 posizioni sopra l’anno precedente. […]

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