Il percorso di Andrey Rublev nelle parole del suo allenatore: “Mai un giorno in cui non sia al 100%”

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Il percorso di Andrey Rublev nelle parole del suo allenatore: “Mai un giorno in cui non sia al 100%”

“A volte perde la testa come un bambino che ha perso il giocattolo, ma deve capire che non può sempre vincere” così Fernando Vicente, coach del russo

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Andrey Rublev e Fernando Vicente - US Open 2020 (via Twitter, @usopen)
 

Intervista di Cédric Rouquette al coach Fernando Vicente, pubblicato da Tennis Majors il 24 dicembre 2023

Sei l’allenatore di Andrey fin dal 2016. Come vi siete conosciuti e come hai deciso di diventare il suo allenatore a tempo pieno?

Ho conosciuto Andrey per la prima volta nel 2016, dopo il torneo di Miami. Era un giovane giocatore. Io e Galo Blanco abbiamo un’accademia a Barcellona. Dopo cinque anni, ho deciso di interrompere la collaborazione con Marcel Granollers, perché ero davvero stanco. Avevo problemi a casa con la mia famiglia e sentivo che avevo bisogno di restare a casa per un po’. Così ho fatto una pausa di sei mesi. Galo venne un giorno – stava viaggiando e lavorando con [Karen] Khachanov – e Khachanov e Andrey sono molto legati fra loro.
Un giorno, Rublev si stava appena trasferendo dall’America, cercando un allenatore, e in quel momento si sentiva un po’ perso. Così ne parlarono con Galo.

Questo è successo quando era ancora uno junior?

No, stava già giocando nei tornei Challenger.
Galo mi chiamò dall’America. Mi disse: “Guarda, c’è un ragazzo russo che sembra molto bravo. Sarà numero 1 o numero 2 al mondo. Ha finito al numero 1 tra i junior. Sta cercando qualcuno che lo segua e penso che tu possa essere l’allenatore perfetto per lui. Cosa ne pensi?”
Inizialmente ero un po’ scettico riguardo al fatto che egli fosse russo ed io spagnolo, l’idea di dover viaggiare tutto l’anno parlando inglese… e risposi a Galo “Non penso che funzionerà.”
Galo, da parte sua, mi pressava: “No, guarda, questo ragazzo è un lavoratore instancabile, ti piacerà.”
Quindi abbiamo fatto una proposta e abbiamo deciso…ok, verrà ad allenarsi per tre settimane con Karen: “Allenati con lui e poi vediamo cosa succede, lo incontri e potete parlare e vediamo come va.” In quel periodo mi trovavo nella mia accademia, occupandomi della gestione e facendo l’allenatore, seguendo altri ragazzi.
Questo è il nostro lavoro, gli investitori in questa accademia eravamo Galo, io e un altro partner.


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Avevi sentito parlare di Andrey prima di vederlo?

No, lo conoscevo solo dai racconti di Galo. Poi ho iniziato a guardare alcuni tornei Challenger sul computer, prestando attenzione a chi mi sarei trovato davanti.
Così (Rublev) è arrivato a Barcellona dopo Miami.
Abbiamo iniziato ad allenarci sulla terra battuta. Sono passate due, tre settimane e subito dopo c’era il torneo di Marrakech.
Mi son detto: “Ok, è a un’ora, due ore da Barcellona, andiamo e vediamo che succede.” E poi in qualche modo ho iniziato a capire che era un ragazzo speciale, un ragazzo che meritava. Voleva diventare un vero giocatore, per lui non era un problema stare in campo molte ore. Anche a me piace stare in campo per molto tempo. Quindi ho iniziato ad essere motivato dopo due, tre settimane, e alla fine ho detto, “Ok, proviamo fino alla fine dell’anno e vediamo come va.” E abbiamo iniziato a lavorare in questo modo.

Hai detto che hai visto che era un giocatore speciale. Cosa te l’ha fatto pensare?

Quando vedi un giocatore, la prima cosa che vedi sono i margini di miglioramento. Bisogna sviluppare molte cose. Quando hai un giocatore con potenziale, pensi sempre di poterlo migliorare; stavo già lavorando con Granollers e con altri giocatori dell’accademia. Credevo di poter sviluppare anche lui, nel momento in cui ho iniziato a lavorare con Andrey. Eravamo io e Galo insieme a Khachanov, in quel momento eravamo più come una famiglia, viaggiando da un torneo all’altro.
Karen spingeva Andrey, Andrey spingeva Karen. Abbiamo iniziato davvero a divertirci e a lavorare ogni giorno a pieno ritmo, senza sosta.
Mi faceva specie anche il modo in cui guardava la palla. Un ragazzo che può stare in campo tutto il giorno, e che continua a ripetere: ‘Solo un’altra, ancora una’ – è abbastanza raro.
Mi faceva restare sempre carico. Penso che, quando devi costringere un giocatore a stare in campo, allora hai un problema. Con Andrey è così facile, è sempre pronto, non si prende mai un giorno libero. Devi costringerlo a fermarsi perché a volte si fissa e ripete: ‘Voglio migliorare, voglio migliorare.’
Non appena ha iniziato a lavorare, potevi sentire mese dopo mese che effettivamente diventava un po’ più forte.

Tornando indietro nel tempo, qual è stata la tua prima impressione nel vederlo giocare? Se dovessi descrivere il suo carattere a uno sceneggiatore, com’era Andrey a 19/20 anni? Ad esempio, in termini di obiettivi, di traguardi?

All’inizio, per tutti, il sogno è diventare top 100, e in seguito diventare top 50, passo dopo passo. Ma quando parli con uno come Andrey, abituato ad essere numero 1 del mondo fin da giovane, e con in mente quel tipo di ranking da junior, come a dire ho raggiunto le semifinali qui, ho vinto il Roland-Garros juniores… l’obiettivo per questi ragazzi è cercare di raggiungere o vincere i tornei più importanti. Come allenatore, puoi sentire che effettivamente questo obiettivo è troppo lontano e non sarà facile, ci vorrà tempo e magari ti fanno fare queste cose pazze, come essere costretti a dir loro: ‘C***, non sarà possibile.’

Guardando il modo in cui ragiona, alla fine, ci credi davvero.
Ma in quel momento, quando si inizia a lavorare, un allenatore sa che ci vogliono due anni per essere a un buon livello… è arrivato a Barcellona con molte lacune nel suo gioco, molte in termini di mobilità, il suo corpo non era pronto, il diritto era fenomenale, ma si sentiva che non era completo. Ora colpisce molto meglio con il rovescio, può giocarsela con chiunque; in quel momento non era possibile.
La mobilità non era da professionista, direi, e non capiva nemmeno perché si giocano certi colpi in certe direzioni. Tutte queste cose erano completamente sbagliate, prendeva decisioni sbagliate. Era facile lavorare con lui perché secondo me, era sempre aggressivo con il diritto e fondamentalmente vinceva grazie a questo colpo. Ma non era pronto a vincere molte partite nel circuito ATP.
E poi appena ha iniziato a lavorare, potevi sentire mese dopo mese che diventava un po’ migliore, un po’ migliore, un po’ migliore. Capiva di più. Voglio dire, ci è voluto tempo, ma abbiamo migliorato molto il suo gioco. Ora è un giocatore diverso. Direi che ha ancora margini di miglioramento.
Ma in quei primi due, tre anni ho avuto molte soddisfazioni. Avevo tutta questa energia da spendere in campo e per me, la mia priorità in quel momento ha iniziato a essere Andrey e ho iniziato a seguire i suoi pensieri folli, il suo desiderio di raggiungere grandi obiettivi.

Dicevi che quando era junior pensava solo a colpire più forte e nient’altro?

Più forte, più forte, sempre forte, senza pensare. Non lo faceva correttamente. Mi diceva che il suo gioco non stava funzionando e non capiva perché stavamo facendo certe cose in allenamento, e con quali finalità le stessimo facendo. All’inizio si trattava solo di colpire di più, colpire di più, colpire di più, non faceva gli esercizi giusti, non si parlava di tattica. Si trattava più di giocare con libertà, sai, tirare la palla. Fino a un certo livello, è più che sufficiente, perché aveva il potenziale e con quel diritto faceva male a molti giocatori. Ma poi devi migliorare. Se no, alla fine quando incontri giocatori più forti, non hai le armi per venirne fuori.

In quel momento, se ti avessi detto che questo ragazzo sarebbe diventato un habitué dei top 10 tra qualche anno, ci avresti creduto?

All’inizio non ero convinto, perché il suo corpo non era pronto. La velocità che serve per posizionarti opportunamente quando vuoi colpire forte e superare i tuoi avversari, in quel momento non c’era. Quindi se non riesci a occupare la posizione giusta, la potenza che riesci a scaricare non è la stessa. Abbiamo puntato molto sulla preparazione fisica, la mobilità doveva ancora migliorare. Se confronti (Carlos) Alcaraz o altri giocatori, il modo in cui si muovono, con cui si mettono in posizione, diciamo che ci sono molti giocatori che si muovono velocissimi. Lui [Rublev] è migliorato molto, in quel senso. E poi abbiamo messo equilibrio nel suo gioco. Ha migliorato anche il servizio. Anno dopo anno sta facendo cose migliori. Ma per vincere titoli dello Slam, devi essere più, non so, forte in tutte gli aspetti fondamentali del gioco.

C’erano così tante cose da fare. Come hai lavorato? Qual è stato il primo passo, il secondo passo?

Beh, la prima cosa è stata tipo, ‘Ok, hai questo diritto, quindi devi capire che devi cercare di ottenere il massimo con il colpo migliore che hai.’ Quindi all’inizio cercavamo di fare sessionii con il cesto per cercare di girare intorno alle palle, (ad esempio); quando ti trovi al centro del campo, dicevo, devi sempre colpire di diritto.
E poi in seguito un sacco di cesti, ore e ore migliorando il rovescio perché non sentiva la palla, giocava molti slice. Credo che alla fine del primo anno in cui abbiamo iniziato a lavorare, giocava solo slice, e non aveva davvero un buono slice, ma non riusciva a giocare con due mani.

Quindi abbiamo iniziato a lavorare sul rovescio. Crei una base, inizi dalla linea di fondo e cerchi di andare a rete. Quindi abbiamo iniziato con un po’ meno potenza. Voglio dire, all’inizio, meno potenza e più controllo, esercizi con la mobilità, cercando sempre di capire gli effetti dei cambiamenti. Quindi tutti esercizi che in generale si dovrebbero fare per ottenere alla fine tutta la potenza, e come si dice in Spagna – ed è per questo che penso siamo bravi – essere sempre consistenti dalla linea di fondo da entrambi i lati senza sbagliare. E ovviamente non volevo che Andrey giocasse palle alte [si riferisce all’uso del top spin]. Tutti pensano che sia divertente (in Spagna) giocare solo in top spin e non colpire palle piatte. Non è vero. Quindi abbiamo creato una base dalla linea di fondo per poi migliorarla in tutti gli aspetti.
In quel periodo ha vinto alcune partite che non mi aspettavo e ho pensato, wow, questo ragazzo è davvero bravo.

Quando hai capito che era uno che imparava subito e che poteva migliorare in maniera significativa?

Fin dall’inizio. Abbiamo iniziato a lavorare e nei primi mesi non stava vincendo così tanto. Ma penso che a metà dell’estate qualcosa si sia sbloccato, ha iniziato a vincere alcuni Challenger. Penso che abbia vinto Umag già nel 2017. Poi ha cominciato a battere giocatori di livello, il processo non è stato così lungo. Mi aspettavo che avrebbe impiegato più tempo, invece ha raggiunto i quarti agli US Open nel 2017. Ero davvero impressionato perché ha vinto alcune partite che non mi aspettavo e come dicevo, mi son detto, ‘Cavolo, questo ragazzo è davvero bravo, mannaggia’, senza avere ancora un fisico costruito, e parecchi aspetti deboli in termini di mobilità, in termini di mentalità, ha comunque raggiunto i quarti, questo era già un ottimo traguardo.
Ma personalmente, pensavo che fossimo davvero lontani dall’ottimo, perché affrontando Rafa (Nadal) non c’era partita, non riusciva a muoversi, era ancora lontano da quel livello. Quindi nella mia mente pensavo, ‘Ok, questi quarti di finale non sono reali.’
Non era stato “fortunato” nel raggiungerli, non si puè dire si trattasse di fortuna, ma il sorteggio era stato più o meno buono, e comunque ha battuto (David) Goffin e (Grigor) Dimitrov, erano buone vittorie per lui. Ma sentivo nella mia mente che non era pronto a giocare a quel livello

Per diventare un campione, è necessario avere la mentalità di un campione, è qualcosa su cui è necessario lavorare?

Stiamo ancora lavorando su questo, non finisce mai per nessun giocatore. Mai. Devi essere sempre pronto. Se non hai equilibrio, non importa. A questo livello, ogni singolo dettaglio conta molto, soprattutto quando perdi la concentrazione. Guarda cosa è successo alle ATP Finals. Ha giocato davvero bene all’inizio, ma appena abbassi il livello, sei fuori. Questo gli è successo in alcune parti della stagione. Puoi vedere Novak (Djokovic), Daniil (Medvedev), Rafa… vincono o perdono, ma hanno questo equilibrio, sai, a volte sembrano perdere la bussola, ma mantengono comunque lo stesso livello. Il livello di Andrey, appena comincia a incastrarsi con pensieri inutili, cala. È questo che deve capire. Quindi stiamo lavorando per fargli capire che questo non deve succedere se vuole raggiungere certi traguardi. Non sto parlando dei colpi, il suo diritto è uno dei migliori, il suo rovescio… non saprei come fare una classifica sui colpi singoli, il suo servizio è buono. Dobbiamo continuare a migliorare il secondo servizio, dobbiamo lavorare sulla discesa a rete per chiudere i punti. Tutte queste cose. Ma onestamente, in questo periodo non c’è molto tempo per fare una pausa, per sistemare queste cose.
Quando abbiamo dovuto smettere di giocare, nel periodo della pandemia, Andrey ed io abbiamo avuto tre mesi di pratica intensa.

E cosa diresti che stai migliorando in modo decisivo in questo momento?

Cose specifiche, come la mobilità, abbiamo fatto un lavoro enorme, direi, e devo dire che mi è piaciuto molto. Ecco perché dico che migliorare ora con questo calendario non è facile. Mentalmente, sì. Dal momento che sei sempre impegnato nei tornei, contando tutto ciò che accade durante il gioco, allora ok, puoi migliorare anche durante le partite.

Diresti che la pandemia è stata in un certo senso utile per farlo passare al livello successivo?

Abbiamo migliorato molto. Abbiamo lavorato molto.

E ha avuto risultati dopo. Non è mai davvero calato in termini di risultati dopo quel periodo. Non così tanto.

Ora è più consistente, sì. Ma vogliamo passare al livello superiore.

Mentalità è un concetto che si declina in diversi elementi. È la concentrazione di cui hai parlato, e la concentrazione è la convinzione interiore che tu stesso sia in grado di fare qualcosa. Come descriveresti la mentalità di Andrey sulla strada per il livello più alto? Cosa è buono, e su cosa invece è necessario lavorare?

Deve continuare a lavorarci. È davvero umile fuori dal campo. È davvero una brava persona.

Non è troppo umile?

A volte. Sono un po’ arrabbiato con lui quando a volte… Dice sempre sì a tutti. Deve essere più egoista a volte, penso. Trascorre davvero molte ore con i fan. Non riesce a dire no. Quando dice no, è perché alla fine è davvero troppo stanco. Ma è sempre pronto a fare cose per gli altri. Sai, non importa chi lo chiami, (lui dirà), “Ci vediamo, proviamo.” Sempre. “Ho un amico che”… Sempre pronto ad aiutare.

Ma come campione, quando si tratta del massimo livello… È troppo umile?

Andrey rispetta tutti i giocatori. Ma… non so come dirlo. A volte perde la testa. E deve capire che a questo livello, le partite si possono anche perdere. Quando giochi al top, può anche succedere di perdere. A volte, è come quando un bambino è abituato ad avere un giocattolo. Perdesse il giocattolo, cercherebbe di recuperarlo. E, non riuscendoci, comincerebbe a piangere senza riuscire a smettere. Deve essere umile e capire che hai qualcuno davanti, come ad esempio Daniil, con cui ha giocato 10 volte, e con il quale ha perso otto e ha vinto due volte.

Ed è questo il problema. Perde il primo set e l’idea è: cercare di mantenere lo stesso livello fino alla fine. Stiamo facendo cose con il coach mentale, ma abbiamo alti e bassi. Non puoi cambiare da un giorno all’altro. Abbiamo avuto una conversazione anche prima di giocare contro Daniil, e penso che sia successo di nuovo. Quindi quello che cercheremo è sempre l’equilibrio. Deve capire che si può perdere; si può anche vincere, certo, ma non è solo (una questione di) vincere, vincere, vincere.
Bisogna ammettere anche che proprio a causa di questa mentalità, a tratti vince molto, perché la mentalità è davvero positiva, perché ci crede davvero. Ma come dico, a questo livello, non puoi pensare di rimanere sempre uguali in termini di comportamento, anche il tuo linguaggio del corpo deve essere diverso, non puoi pensare solo a te stesso, devi capire come affrontare questi problemi.
Si fissa su come trovare la soluzione immediatamente, completamente fuori controllo, senza cercare di rilassarsi un po’. Sta facendo un po’ di meditazione, sta facendo cose, ma ancora non comprende completamente questo processo.
Quando sei in campo, perdi il primo set: ok, è come nel calcio, ti fermi un po’ e pensi a cosa fare nella seconda parte della partita. Secondo set, “Cosa posso fare per migliorare ed essere migliore?” Quindi, non impazzire, non lamentarti, non perdere tempo senza focalizzare davvero sul problema.

Però credo che sia stato meglio quest’anno, vero?

Meglio, ma ci sono ancora cose che gli riescono difficili. Questi ragazzi vengono dalla Russia, hanno una mentalità diversa. Pensano che se sei al quarto posto, devi fare meglio… Non importa cosa raggiungeranno, non sarà mai abbastanza. E a volte è bene, perché tutti i migliori giocatori sono un po’ così. Ma devi capire, emotivamente, che tutti i giocatori hanno un gioco mentale di grande livello. Andrey a volte non si diverte davvero. Per lui, il tennis è tutto.

Gli dici “divertiti di più” forse?

Parliamo per ore e ore. A volte non dormiamo. All’inizio, condividevamo una stanza, stavamo giù da basso o seduti per strada, parlavamo di come fosse così strano che… si sentisse deluso di se stesso. E ovviamente parliamo. È facile parlare con lui. Non ha problemi in questo. Deve essere un po’ più maturo in questo senso.
Ora è completamente 24 ore su 24 dedicato al tennis

Ha perso fiducia quando si è infortunato qualche stagione fa, come ci ha detto all’UTS di Francoforte. Gli è già capitato di non poter giocare per un lungo periodo. Quindi al momento ha la possibilità di sentirsi fortunato per il fatto essere in forma…

Ha avuto un infortunio alla schiena. Ne è cosciente. Ora è completamente dedicato al tennis. Con Andrey è quasi impossibile farlo fermare. Dopo le ATP Finals, normalmente tutti si fermano per due o tre settimane, faranno forse delle vacanze. Andrey, avrà una settimana di pausa e ci incontreremo a Dubai per la pre-stagione. Prima con un preparatore atletico.

Ti racconto questa: se vieni da un altro torneo, atterri venerdì, normalmente direi a un giocatore ‘Sabato e domenica non alleniamoci’.
Nel caso di Andrey, lui direbbe, ‘Cosa vuol dire, non allenarci?’ Vuole essere in campo.

Non pensi che giochi troppo più degli altri?

Non guardo molto il calendario degli altri. Ovviamente se confronti con Novak e con altri top player, può essere. Forse quest’anno, nel 2024, dovremmo saltare alcuni tornei. Ma a volte fai un contratto con un torneo. Dopo Monte-Carlo, tenendo conto anche che aveva vinto il torneo, quindi era arrivato in fondo, gli ho detto: ‘Meglio non giocare.’ Lui, per tutta risposta: ‘No, iniziano mercoledì e fanno uno sforzo, confidano in me, ecco perché mi hanno proposto il contratto per andare.’ Ed è andato a Banja Luka e ha fatto la finale. Non è un ragazzo che mollerà. A volte gioca anche nel doppio. Vuole andare al massimo.

Andrey gioca alla grande. È stato nella top 10 per un sacco di tempo. Ma quando parli di lui con lui, probabilmente si svaluta. Puoi dirgli: “Andrey, sei molto popolare, la gente ti ama”. Lui risponde: “No, no, no, non è vero. Non così tanto.”

Sì. Andrey può essere così. Ma mi piace che sia così. Preferisco un ragazzo umile. Il punto è che quando vai in campo, cosa fai? Non importa se sei umile, rispetto ad altri ragazzi che magari amano fare sessioni fotografiche o altre cose del genere? Secondo me, essere umili è buono, ma devi marcare più il tuo territorio, sai.

Non senti che si mette un limite da solo? Era questo il mio punto.

Sì e no. Penso solo che non sia abbastanza maturo. E ancora non capisce davvero che gli manca l’ultimo passo. Ma penso che nella sua mente, sia pronto a battere chiunque.

E pensi che in quell’aspetto potrebbe essere uno che sboccia tardi. Voglio dire, è molto consistente nel mantenere un livello molto alto. Ma forse ha bisogno di avere 32 anni, di capire tutto ciò che lo porti a migliorare ancora?

Non lo so, penso che il momento debba essere adesso. È già da quattro anni presenza fissa nelle ATP Finals. Gioca già alla pari con i migliori giocatori. Quando arriva una possibilità, devi essere pronto. Non si sa mai quando succederà di nuovo. Nessuno sa. Ma devi essere pronto e cercare di non fallire, o almeno cercare di non fare gli stessi errori di anno in anno.

Cosa gli serve per vincere un Grande Slam? Se potessi prendere tre cose in cui migliorare e di cui ha bisogno, quali sarebbero?

Direi due cose. Come ho detto prima, la mentalità. Dovrebbe essere così: “Sono pronto, lavorerò e sarò pronto a farlo”. Evitare lo stress che è come fissarsi e pensare solo “Voglio vincere”. Tutti vogliono raggiungere quarti di finale, semifinali. Ma se non capisci davvero che devi risparmiare energia… lo stress significa che stai pensando troppo al futuro, no? Significa che vuoi sapere cosa succederà. È necessario controllare queste cose e capire che le cose accadranno perché sto lavorando correttamente, e staremo a vedere. Devi credere e poi essere umile e capire che tutti stanno facendo lo stesso lavoro.

A Francoforte, ci ha detto che nella sua mente, ha bisogno di più velocità in diverse situazioni.

La mobilità è davvero importante. Il tennis è una questione di posizione. Quando sei in una buona posizione, puoi colpire in modi diversi. Quando la palla ti arriva veloce e non sei già in posizione, cerchi di abbozzare, ma se hai già una buona posizione, puoi colpire forte ovunque.
Quindi tutti questi giocatori che, secondo me, sono i buoni giocatori, sono anche i migliori difensori – e sono in grado di rimandare palle anche quando sono posizionati male. Che siano Andy Murray, Rafa, Alcaraz – tutti con stili diversi – per batterli ci vogliono tre, quattro vincenti.
Con Daniil, devi rompere il suo muro difensivo colpendo da un lato all’altro, o andare a rete o fare palle corte, comunque hai bisogno di colpi diversi.
Se non hai questo alla fine, devi essere davvero stabile per giocare duro e stabile per due ore. Se no, in qualche modo perderai o ti stancherai, per stare dietro al loro gioco.
Con Daniil cosa fare, e come? Ok, scambiamo 20 palle, e poi in qualche modo devi attaccare. Hai bisogno di questa energia per due ore, non solo un set.

Usi le statistiche che hai oggi? Ad esempio, puoi sapere quanto spesso sei in posizione di attacco, quanto spesso sei nella tua posizione naturale, quanto spesso in posizione difensiva e qual è la tua percentuale di conversione.

Non proprio. Se parliamo in termini di numeri, tutti conoscono tutti. Non puoi essere come una macchina. [Analizzare dati] aiuta. Ma tutti i giocatori hanno le stesse informazioni. Se ti mostro un foglio dicendoti, ok, il ragazzo ti servirà l’80% delle prime sul tuo rovescio, abbiamo una stima. Ma quando arriva il momento, puoi andare a consultare i numeri e puoi dire ok, nei punti break questo giocatore serve largo, ma sai che anche l’avversario ha queste informazioni.
Non puoi essere una macchina, voglio dire, se giochi con uno come (Ivo) Karlovic, o con i ragazzi che hanno un servizio che non riesci nemmeno a ribattere, sai che amano servire in un certo modo sulle palle break. L’avversario sa che tu lo sai. Quindi se giochi con questi colpi percentuali, a volte succede, a volte no. Quindi alla fine, il giocatore deve prendere comunque una decisione. Se lo fai diventare come una macchina, a volte lo limiti. Non funziona davvero.

È facile lavorare con un lavoratore così instancabile? O è difficile?

È globalmente facile perché non devi motivare Andrey. Ci sono ragazzi che dicono di voler essere giocatori di tennis e non fanno lo sforzo che devi fare. Questo non succede mai con Andrey. Lavora con intensità. Non c’è nemmeno un giorno in cui vedi dal campo di allenamento sensazioni del tipo “Accidenti, Andrey, cosa è successo, sono già due giorni che non sei su di giri, non hai voglia di lavorare?” Mai, mai. Ascoltami: mai, neanche un singolo giorno. Dopo una partita, colpirà la palla per un’altra ora. Stasera, chiederà quando iniziamo a lavorare.

Qual è stato il miglior Rublev che hai mai visto in campo, quando è successo?

A Wimbledon contro Novak. Ha perso ma è stata la linea che ha tenuto durante la partita. Direi anche contro Novak al Paris Masters, ma a Parigi era veramente stanco, perché si era addormentato alle tre o alle quattro del mattino e hanno giocato alle 4 del pomeriggio dopo. Ha avuto veramente vittorie sorprendentemente buone, ha vinto alcuni tornei in finale e ha distrutto gli avversari. Ma volevo confrontarlo con quelli di alto livello. Ha battuto (Roger) Federer, ha battuto tutti i migliori giocatori. Ma per me il livello migliore è quando puoi dire: “Accidenti, questa è una buona partita”, anche se hai perso.

Traduzione di Michele Brusadelli

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