Australian Open, Vagnozzi: "Jannik deve capire che è una finale importantissima, ma non decisiva"

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Australian Open, Vagnozzi: “Jannik deve capire che è una finale importantissima, ma non decisiva”

Simone Vagnozzi, coach di Jannik Sinner, ha raccontato le emozioni e le aspettative per lo scontro con Medvedev

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Simone Vagnozzi - Roland Garros 2023 (foto Roberto dell'Olivo)
 

Il seguito del video è presente sulla sezione dedicata all’Australian Open 2024 del sito di Intesa Sanpaolo, partner di Ubitennis.

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L’attesa è ormai quasi terminata. L’orologio è pronto a scoccare le 9.30, momento in cui Jannik Sinner e Daniil Medvedev scenderanno in campo per la prima finale Slam stagionale. Mai nessun italiano era giunto fin qui nel Major inaugurale, ma i record battuti dall’altoatesino non sono riassumibili in cosi poco.

Il traguardo raggiunto, è più che un sogno. C’è chi potrebbe ringraziare il destino, ma la verità è diversa. L’italiano è la massima espressione di dedizione al lavoro, di concentrazione, di vita dedicata unicamente alla crescita sportiva. È giunto fin qua per meriti di lavoro, prima di tutto. Meriti non solamente suoi. Jannik ha sempre dedicato diversa gratitudine alla propria squadra, includendola in ogni proprio successo, parlando di un “noi”, prima che dell’”io”.

Uno dei due coach della “squadra Sinner” c’è Simone Vagnozzi, mentore tattico e umano di Jannik. Per lui è la prima finale a livello Slam, una delle tante prime volte vissute con Sinner.

È una bellissima emozione essere qui, ma cerchiamo di viverla serenamente. L’importante è che Jannik capisca che quella di domani sarà una partita importantissima ma non sarà la partita decisiva della sua carriera. Sarà la sua prima finale Slam, ma non sarà l’ultima”. Questo, il concetto che coach Vagnozzi vuole mettere in chiaro come prima cosa in una intervista ai microfoni di Supertennis. Ogni momento importante nella carriera di un giocatore, non sarà mai decisivo. Nessuna vittoria, o sconfitta, scriveranno a priori il futuro. Gli obiettivi già raggiunti sono infiniti, le critiche “annientate”, ancor di più. Jannik Sinner è già nella storia, il risultato di domani non condizionerà in alcun modo i capitoli successivi.

A 48 ore al successo con Novak Djokovic, non è ancora chiaro cos’abbia portato il serbo a mettere in campo un livello cosi basso. Il tennis di Sinner, è sicuramente la causa principale. Come da lui stesso affermato, è stato cancellato dal campo per gran parte della partita. “Da Djokovic ti aspetti sempre che possa innestare un’altra marcia, per cui dopo i primi due set non mi ero illuso che fosse finita – racconta Simone Vagnozzi -. Jannik è stato bravo a farsi trovare preparato quando Nole è entrato in partita e poi è stato bravissimo a non farsi abbattere quando non ha convertito il match point e la partita si è allungata al quarto set”.

Il match point del quarto set è di certo fra quei momenti definibili “decisivi”, ma Jannik ha nuovamente spiegato che a decidere è solamente la sua racchetta. La concentrazione non cala, qualsiasi cosa accada. Resta li, fino alla fine, su ogni punto. Questo, fa la differenza.

Come fanno la differenza gli incredibili miglioramenti degli ultimi mesi, visibili anche dai meno esperti. Tecnica, tattica e forza fisica, in continua e progressiva crescita, per un giocatore che pare non aver ancora minimamente sfiorato i propri limiti. “Quando a dicembre siamo andati ad Alicante, ci siamo concentrati sull’aspetto fisico, sui carichi di lavoro pesante, e anche per questo abbia preferito non giocare altri tornei prima degli Australian Open. Per quanto riguarda il campo, ci siamo invece concentrati sul consolidamento del servizio, sulla variazione delle traiettorie durante i punti, sull’aggiunta di qualche slice, sulle discese a rete. Quando in questo torneo ha fatto tutto ciò, lo ha fatto bene. Il percorso è a buon punto, ma siamo dentro un processo nel quale Jannik è il primo ad essere consapevole che si può ancora migliorare molto”. Consapevolezza nelle proprie difficoltà, nelle possibilità di migliorare.

“Premetto che Jannik certe cose ce le ha dentro, nel senso che riesce a vivere bene i momenti di pressione, che a lui piace vivere e affrontare certe tensioni. D’altra parte è vero che è progredito anche nella gestione dei vari momenti degli incontri, nel senso che un tempo era un diesel, partiva piano, per poi recuperare. Adesso invece ha imparato che l’intensità deve essere sempre alta, anche se questo non significa che tutti i punti vadano giocati allo stesso modo”.

La gestione dei momenti di pressione è sempre stata un fattore nella carriera del campione italiano, spesso criticato proprio sotto questo aspetto. Jan ha sempre descritto la pressione, come un privilegio assoluto. Parole che lasciano trasparire un’enorme maturità di pensiero. Ciò non toglie che è capitato che la tensione limitasse il braccio, come è normale che sia. Quando la testa limita la racchetta, c’è del lavoro da fare. Avere qualcosa su cui lavorare, equivale a qualcosa in cui si può migliorare: questo è il concetto fondamentale.

È molto facile lavorare con Jannik tecnicamente, sul singolo colpo… sulla smorzata, sulla volée, sul servizio eccetera. Forse è stato meno facile farlo pensare in campo, perché lui è un giocatore molto istintivo, che amava giocare seguendo l’istinto. Ma per farlo arrivare tatticamente al livello dei Djokovic e dei Medvedev bisognava portarlo a fare cose più studiate e scelte più pensate. Il passaggio non è stato del tutto indolore, ma lui ha comunque capito l’importanza di questo cambiamento. I risultati si sono visti e ci hanno dato ragione”, dice Simone Vagnozzi, proseguendo nel suo elogio.

Analizza, poi, concretamente la sfida di domani. La più importante della carriera, almeno fin qui: “Sappiamo che campione è Medvedev – dice Simone –. Qui sembrava morto tantissime volte, ma alla fine ce l’ha sempre fatta, tirandosi fuori da situazioni estremamente difficili. Sarà un match complicatissimo, nel quale il fatto che Jannik sia rimasto in campo meno di lui è un piccolo vantaggio. Viceversa, il fatto che Sinner abbia vinto le ultime 3 volte non è fondamentale, ma può dargli la spinta per scendere in campo con la stessa fiducia con la quale ha affrontato Djokovic. La finale di qualsiasi torneo è diversa dalle altre partite e domani in particolare ci saranno tante emozioni. Vediamo chi riuscirà a gestirle meglio”.

Ridimensionare le statistiche e i precedenti è importantissimo, una finale slam è qualcosa che va oltre i numeri. È l’evento più importante, ciò ogni ragazzo inizia a dedicare ogni minuto della propria vita al tennis. Trionfare nel 3 su 5, è la massima aspirazione.

Roman Bongiorno

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