Fed Cup, Italia-Usa: Brunico, la crisi di identità della pantera e la festa finale

Fed Cup

Fed Cup, Italia-Usa: Brunico, la crisi di identità della pantera e la festa finale

Pubblicato

il

 

Racconto della seconda giornata di Fed Cup, attraverso gli occhi del nostro inviato a Brindisi. Tutto quel che non potete vedere dal divano di casa vostra

Per la prima volta nella storia, un incontro di Fed Cup si è disputato in due sedi diverse. Ieri, sabato, eravamo a Brindisi con 30° e abbronzatura garantita. Oggi, domenica, ci siamo svegliati a Brunico: temperatura pressoché dimezzata, cielo in prevalenza grigio e, anche quando è tornato a far capolino il sole, folate di vento semi-siberiano, probabilmente in onore di Maria Sharapova che in questo 19 aprile spegne 28 candeline.

Il primo pensiero del mattino, trovandomi catapultato in Alto Adige, è stato che Barazzutti avesse deciso di rimescolare le carte e gettare nella mischia Karin Knapp. Poi sono uscito dall’hotel e la vista delle imbarcazioni nel porto mi ha rassicurato. Nonostante tutto ero ancora in Puglia. I dubbi però, sulle scelte del capitano azzurro, mi erano rimasti. Perché nel gioco delle tre carte azzurre (Errani, Giorgi e Pennetta), ancora non sapevo chi fosse stata scelta come vittima sacrificale dell’invincibile Serena.

Io, che di tennis ci capisco poco e di strategie ancora meno, ipotizzavo Pennetta sospinta dai suoi 42 mila concittadini convenuti allo stadio. Come? Sono solo quattromiladuecento? No, vi posso garantire che, grazie alla moltiplicazione dei pani e dei biglietti, sono dieci volte di più. Almeno così sembra. Invece il nostro direttore, che di questo sport “ne sa a pacchi” (come si usa dire dalle mie parti), si era scomodato a guardare dentro la sua infallibile sfera di cristallo e aveva previsto le scelte del Barazza: Errani nel primo singolare, Pennetta nel secondo a prescindere dall’avversaria. Che però non poteva che essere Christina McHale, nonostante non vinca due partite in fila dallo scorso settembre.

Da buona sardina, prendo posizione nella porzione di tribuna riservata ai giornalisti consapevole che da quel metro cubo di plastica, metallo e aria gelida mi muoverò solo al termine dell’incontro. Non sono preoccupato: Serena, ahimè, dovrebbe fare polpette di Sarita. Invece… Invece alla romagnola, ritenuta troppo leggera per la numero uno del mondo, riesce al secondo tentativo ciò che il giorno prima non era mai riuscito a Camila: fare il break.

Anche se l’acconciatura, stile Mami di “Via col vento”, è rimasta tale quale a quella del giorno prima, Serena ha cambiato completino e la gonna svolazza ad ogni alito di vento. Cioè sempre. Sugli spalti l’entusiasmo per la prestazione dell’italiana è tale che lei stessa deve chiedere al giudice di sedia di tenere a freno gli spettatori. Naturalmente, trattandosi di Fed Cup, l’applauso dopo l’errore dell’avversario non è solo consentito; è praticamente sistematico. Ma Sara strappa ovazioni a più riprese con una gara tatticamente impeccabile, almeno finché la statunitense non inizia a infierire sul suo servizio.

Tra il pubblico, accorso in massa ma non necessariamente espertissimo, si sentono a volte considerazioni strane se non del tutto fuori luogo ma c’è anche chi pone interrogativi inquietanti. Del tipo: perché nel conteggio dei punti dopo il 15 e il 30 c’è il 40 e non il 45? A quel punto noi della tribuna stampa, che dovremmo saperlo, facciamo orecchie da mercante e cambiamo discorso. Intanto, tra una difesa e l’altra, Sara arriva a “due piccoli quindici” dall’impresa (come diceva Lea Pericoli, che vedo in lontananza nella tribuna vip, nelle sue telecronache su TMC) quando serve per il match e si trova avanti 30-15.

Serena, ieri pantera, ha una crisi d’identità e il suo ruggito si è trasformato in una sorta di nitrito prolungato. Però si tratta pur sempre di una purosangue e nella volata finale del tie-break è lei a passare per prima davanti all’orologio del secondo set. Intanto il vento, alleato della Errani nell’infastidire la Williams, talvolta diventa un nemico. Come quando una raffica contraria respinge una seconda palla della nostra costringendo il tabellone della velocità a segnalare un sorprendente -17 km/h.

Alla fine vince Serena ma Sarita l’ha fatta stare in campo una vita e nell’economia fisica e mentale della sfida la missione è compiuta. Non importano le battaglie; è la guerra che bisogna vincere. Così Flavia Pennetta, eroina locale, ha l’onere e l’onore di pareggiare e rimandare ogni decisione al doppio. Che era poi l’obiettivo di partenza. La McHale, come Lauren Davis ieri, ci capisce poco o nulla e in un amen si va sul 2-2. Doppio doveva essere e doppio sarà.

Pochi dubbi sulle formazioni. Mary Joe Fernandez, che quando ha saputo della Hingis in Polonia ha chiesto se avrebbe potuto giocare lei in coppia con Serena, si affida ad Alison Riske ma la biondina di Pittsburgh concentra tutti i suoi punti nei primi due giochi del secondo set, dopo che Errani e Pennetta hanno già fatto il primo uovo (6-0). Le nostre sono più doppiste e il destino è scritto. Il purgatorio può attendere; l’Italia resta nel paradiso della Fed Cup e la soddisfazione è tanta. Finisce a gavettoni (la prima a iniziare è Sara con Flavia poi la situazione degenera), giri di campo con tanto di tricolore sventolato e “Gimme Five” agli spettatori di prima fila. La festa è finita, andate in pace.

 

Fed Cup: Errani e Pennetta doppio da sogno, Serena e gli USA si inchinano!

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement