Sposarsi fa bene Murray nel club dei mariti vincenti (Crivelli), Un figlio e Murray numero 2 Tennis, il meraviglioso mondo di mamma Amelie (Semeraro)

Rassegna stampa

Sposarsi fa bene Murray nel club dei mariti vincenti (Crivelli), Un figlio e Murray numero 2 Tennis, il meraviglioso mondo di mamma Amelie (Semeraro)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Sposarsi fa bene Murray nel club dei mariti vincenti

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 18.08.2015

 

Sul web, si sono già scatenati i wedding planner improvvisati che offrono i loro servigi a Rafa Nadal, l’unico dei Fab Four a non essere ancora convolato a nozze e dunque al momento non coinvolto mentalmente da una probabile paternità. Il consiglio che sgorga dai social, in pratica, è che si sbrighi, perché a Federer, Djokovic e Murray il matrimonio, la nascita dei figli o entrambi hanno funzionato da balsamo per i risultati e il rendimento. Roger, dodici mesi dopo l’arrivo dei gemelli maschi, è per sua stessa ammissione «un giocatore e un uomo migliore rispetto a dieci anni fa»; Novak, da quando la moglie Jelena gli ha regalato Stefan (ad ottobre), sta compilando i migliori numeri della carriera ed è saldissimo al numero uno; Andy, sposato da aprile, ha saputo prima del Masters 1000 canadese che la signora Kim è in dolce attesa (bebè a febbraio) e ha giocato il miglior torneo e la miglior partita da quando, a fine 2013, si è fatto operare alla schiena. LA DEDICA Lo scozzese, dunque, è l’ultimo arrivato nella felice compagnia di chi ha scoperto la serenità nella vita di coppia ed anzi prima della finale con Djokovic a Montreal ha trovato una forte motivazione extra dall’sms della Mauresmo che gli comunicava di essere diventata mamma di un maschietto: «Per questo è la prima persona a cui ho pensato dopo la vittoria, immagino non avesse in mente me e i miei risultati, la comprendo, però sono contento che tutto sia andato bene». Solo un anno fa, Murray pencolava ai bordi della top ten, quasi l’ombra del campione che aveva riportato un suddito di Sua Maestà sul trono di Wimbledon dopo 77 anni, insicuro tecnicamente e con molti dubbi sulla possibilità di recuperare realmente dagli eterni problemi lombari: «Quando sono tornato dall’infortunio non sono stato capace di competere con i migliori, per fortuna la mia schiena sta molto meglio ora. Se affrontassi il Murray di due anni fa, lo batterei sicuramente. La stagione scorsa è stata difficile per me, sono successe molte cose, sono uscito dalla top ten e le persone si facevano molte domande su di me. Molta gente aveva perso fiducia in me. Sono molto felice di aver recuperato il mio livello e di giocare così bene». L’ULTIMO STEP Nella finale canadese, Andy ha spolverato armi del repertorio che non gli si conoscevano o almeno erano nascoste da tempo. Innanzitutto, aggressività in risposta e nei colpi da fondo fin dai primi scambi, supportata da un eccellente rendimento al servizio e da un uso intelligente del gioco vicino a rete. E poi l’idea, molto interessante tatticamente, di togliere Nole dalla riga di fondo, dove è padrone, chiamandolo spesso nei paraggi del net. Infine, la solidità mentale, specialmente a metà del terzo set, sui tanti break point che potevano resuscitare il serbo. Evidentemente Bjorkman, che stante la maternità della Mauresmo sarà coach unico fino a dicembre, sta riuscendo a plasmare lo scozzese per provare a fargli compiere l’ultimo passo, quello degli Slam. Andy ne ha vinti due, ma ne ha persi sei e di solito, nei Major, negli appuntamenti che scottano, tende sempre a stare sulla difensiva, abbandonando il disegno di gioco propositivo che invece è stato così brillante a Montreal. Saranno gli Us Open a conferire il passaporto al nuovo Murray, se ci sarà: intanto, arrivarci da numero due del mondo gli consentirà di evitare Djokovic fino alla finale….

 

Un figlio e Murray numero 2 Tennis, il meraviglioso mondo di mamma Amelie

 

Stefano Semeraro, la Stampa del 18.08.2015

 

Viva Amelie Mauresmo, ovvero la donna che ha vissuto (almeno) quattro volte, trasformandosi da campionessa fragile a numero 1 del mondo, da ragazza-coraggio capace di rivelare pubblicamente la sua omosessualità a donna-allenatrice di un fuoriclasse maschio, in un mondo di maschi a volte troppo machi. E ora finalmente in madre: due giorni fa ha dato alla luce un bebè, e lo scoop stavolta non lo hanno fatto i suoi connazionali de L’Equipe ma il suo tennista preferito, Andy Murray. «Dedico questa vittoria ad Amelie – ha detto il n. 2 del mondo alzando la coppa dopo aver battuto Novak Djokovic nella finale di Montreal – non so se è rimasta alzata per vedermi, perché sarà stata un po’ stanca, e poi è normale che in questo momento io non sia in cima ai suoi pensieri. Ma sono tanto contento che tutto sia andato bene e che lei e il bambino siano okay». Dedica speciale a Montreal Sembra ieri che la dolce Amelie, gli occhi di un azzurro bretone spalancati su un mondo complesso, si affacciava al tennis. Alle spalle un rapporto duro con il padre, davanti un avvenire che aveva iniziato a pesare quando, poco più che bambina, i francesi cominciarono a paragonarla all’imbattibile Suzanne Lenglen. Rovescio a una mano, tocco, fantasia. Sensibilità, non solo in campo. Alla fine è stata proprio lei la prima francese a vincere Wimbledon, 81 anni dopo la divina Suzanne, nello stesso anno, il 2006, del suo primo Slam in Australia, quando prima della finale con la grande rivale Henin si presentò in campo con una t-shirt che urlava I’am what I’am, sono quello che sono e al diavolo se non vi piaccio. Ma in mezzo quanti dolori e amarezze, a partire dalle parole inutili, cattive e false di Martina Hingis e Lindsay Davenport («È un mezzo uomo»). Una vita contro i pregiudizi Le due se ne sono pentite, Amelie è cresciuta. Attaccando i suoi demoni, liberandosi l’anima «perché bisogna essere in pace con se stessi per ottenere grandi successi». Come bisogna essere grandi per cambiare le idee sbagliate che ti girano attorno. Amelie lo ha fatto, anche quando ha smesso di giocare e ha iniziato ad allenare….

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