La Kerber al numero 1 non sarebbe una meteora (Bertolucci), Vinci, quando i ricordi fanno sognare (Zanni), Corretja: “Djokovic rischia” (Semeraro), Roberta ringiovanita di un anno «Qui si complimentano ancora» (Azzolini)

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La Kerber al numero 1 non sarebbe una meteora (Bertolucci), Vinci, quando i ricordi fanno sognare (Zanni), Corretja: “Djokovic rischia” (Semeraro), Roberta ringiovanita di un anno «Qui si complimentano ancora» (Azzolini)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

La Kerber al numero 1 non sarebbe una meteora

 

Paolo Bertolucci, la gazzetta dello sport del 30.08.2016

 

Al via dell’edizione 2016 dello Us Open, Serena Williams ha solo 190 punti di vantaggio su Angelique Kerber e una semifinale da difendere, mentre l’avversaria dovrà scartare solo i punti del terzo turno. Il guanto di sfida lanciato alla numero uno dalla tedesca fin dalla vittoria a Melbourne e che in quel momento sembrava un gesto al limite della presunzione, poggia invece su solide basi. Angelique è una giocatrice abile nel creare una matassa difficile da sciogliere, è in grado di costruire l’azione attraverso il palleggio da dietro e si esalta nel testare le qualità motorie delle avversarie. Ex nuotatrice, ben strutturata fisicamente, la n. 2 del mondo non dispone di una potenza devastante ma non si tira certo indietro nel corpo a corpo. La corsa, insieme al dritto lungo riga, è il pezzo forte del suo repertorio. Il servizio non raggiunge velocità proibitive ma il taglio mancino unito alla precisione del colpo le consente di aprire il campo e destabilizzare le ribattitrici. II carattere indomito le permette di ribaltare situazioni compromesse e la fiducia, accumulata con le vittorie, la pone al riparo dall’ansia delle stagioni precedenti. Non sarebbe quindi una meteora se riuscisse a sedersi sul trono mondiale. In fondo la Safena la Wozniaclá e la Jankovic sono diventate numero 1 senza aver vinto uno Slam e la carta d’identità di Serena comincia a pesare sempre di più.

 

Vinci, quando i ricordi fanno sognare

 

Roberto Zanni, il corriere dello sport del 30.08.2016

 

Negli Stati Uniti, e a New York in particolare, la gente del tennis si ricorda più di Roberta Vinci che di Flavia Pennetta. Domenica sera “Tennis Channel; il canale americano della racchetta, scaldando i motori per gli U.S. Open che sono cominciati ieri ha mandato in onda la ormai celeberrima partita vinta da Roberta contro Serena Williams, seguita dalla sconfitta con Flavia, in quel derby italiano che non si era mai visto in una finale di uno Slam. OMBRA. Ieri al via della 136a edizione degli U.S. Open, ecco la Vinci che è scesa per prima all’Arthur Ashe Stadium, un esordio per una nuova vittoria contro la tedesca Anna-Lena Friedsam: 6-2, 6-4. La vice campionessa del 2015 ha anche inaugurato il nuovo stadium con il tetto retrattile che, all’ora in cui si è giocato il match, poco dopo le 11 locali, proiettava una lunga ombra su metà del campo. «A volte quell’ombra faceva vedere in ritardo la pallina – ha spiegato Roberta – ma valeva per me come per la mia avversaria». EMOZIONE. Il ritorno a New York di Roberta Vinci è stato come ricordare. Non c’era ieri la gente della partita con Serena, qualche migliaio di persone, ma di lunedì mattina solo i turisti si sono fermati a seguire l’incontro. «Qui è sempre una emozione speciale per me – ha detto l’azzurra appena conquistato l’accesso al secondo turno – sono felice, è sempre bello tornare su questo campo dove ho dei ricordi meravigliosi. L’anno scorso ho fatto qualcosa di straordinario e pure gli americani mi apprezzano, anche se poi ho battuto la loro beniamina. E bello essere riconosciuti)). Poi una domanda sulla Peretta: «E qui, è in giro…» risponde. Infine la partita. «Grandi ricordi qui, ma una volta in campo ho pensato solo all’incontro cercando di tenere tutte le cose positive dell’anno scorso hai vinto una partita dura, difficile giocare il primo match di uno Slam. Ho iniziato bene, ho vinto il primo set, poi nel secondo era un po’ nervosa, c’era un po’ di paura, perché ovviamente ricordavo anche quello che era successo in Australia». IL PRECEDENTE. Prima di ieri la Vinci aveva affrontato la Friedsam solo una volta, agli ultimi Australia Open, nel terzo turno: una sconfitta bruciante perla tarantina, che qui a New York è la testa di serie numero 7 (8 del ranking WTA) con 1200 punti da difendere, eredità della finale 2015 (l’anno scorso era la 43 della classifica mondiale). Un ko arrivato al terzo set dopo che aveva dominato il primo 6-0. Quel copione sembrava riproporsi anche ieri quando dopo aver vinto 6-2, nella seconda frazione, Roberta dal 2-0 si è improvvisamente ritrovata sul 2-3. «Non avevo dimenticato nemmeno quella partita – ha spiegato – dopo un primo set giocato benissimo c’è stato un momento negativo. Ma ho avuto la lucidità di reagire bene, senza correre il rischio di allungare la partita come invece era successo a Melbourne. Qui ho vissuto i momenti più belli della mia carriera sportiva, ho cercato josi di ritrovare le sensazioni dell’anno scorso». UN’ALTRA AMERICANA. Primo turno superato e adesso sulla strada della Vinci c’è un’altra americana, Christina McHale, numero 55 al mondo, e due soli precedenti, favorevoli all’azzurra: 2011 a Brisbane e 2013 a Miami, entrambi sul cementa «Quest’anno sono la numero 7 del tabellone. Naturalmente c’è tanta pressione – ha concluso Roberta – Semifinali? Quarti di finale? No, un passo dopo l’alt% penso solo alla prossima partita»…

 

Corretja: “Djokovic rischia”

 

Stefano Semeraro, il corriere dello sport del 30.08.2016

 

Alex Corretja è stato n.2 del mondo, due volte finalista al Roland Garros. Oggi è una delle punte del team di Eurosport e anche da New York tutti i giorni commenterà in presa diretta gli Us Open. «Sarà un torneo meno prevedibile di quanto pensavamo», spiega  Alex. «Andy Murray ha vinto a Wimbledon e a Rio, ed è vero che ancora oggi se non ha problemi Djokovic resta il favorite ma non è più dominante. Nishikori, Wawrinka, Raonic, Cilic, Dimitrov che è tornato a giocare bene: ora sono più vicini ai primi due». Nadal può fare il colpaccio? «Le Olimpiadi gli hanno fatto molto bene. Ha preso fiducia ritmo, è stato due otre punti da una medaglia, l’oro in doppio gli ha restituito il buonumore. Al meglio dei cinque set, se non ha problemi fisici, sarà difficile da battere. Lo capiremo meglio nella prima settimana». LaSpagna dietro  Ferrer per la prima volta non sembra avere grandi ricambi. Come mai? «Bautista e Carreno stanno giocando bene, e possono farlo su tutte le superfici, ma è vero che una volta finita un’ondata c’erano subito 2-3 rincalzi pronti, o: no. E’ difficile ripetere una generazione con Nadal e Ferrer». In compenso siete tornati fortissimi fra le ragazze con Garbine Muguruza e Carla Suarez Navarro: il segreto? «Abbiamo grandi strutture e buoni preparatori Ma la chiave è che i giocatori sono super-professionali e hanno l’umiltà di saper ascoltare i coach senza pretendere di sapere tutto. Garbine diventerà numero 1 del mondo, è solo questione di tempo». Fabio Fognini è allenato da uno spagnolo, Pep Perlas… «Perlas è un mio amico e un grande allenatore. Conosco bene Fabio, ha un tennis esplosivo che mi piace molto. Credo che non abbia ancora dato tutto, può vincere ancora qualcosa di importante». Lei ha allenato Murray fra 112008 e 112011, quali sino i suoi punti di forza? «E’ un tennista completo, che ha trovato la giusta maturità. Possiede un gioco vario, cosa non facile. Si è sempre difeso bene, adesso sa anche attaccare. Ha migliorato la seconda palladi servizio, è più aggressivo con il diritto e si muove alla perfezione. E’ bravissimo nel contrattacco, e ora che mentalmente è più stabile fargli un punto è un’impresa». Nel ’96 A New York lei perse 7-6 al quinto set un match rimasto nella leggenda contro Pete Sampras: che ricordi ha? «Ancora oggi la gente mi ferma per strada parlandomi di quella partita: eppure sono passati vent’anni! Ma non mi illudo: la ricordano perché Perchè vomitò in campo…».

 

Roberta ringiovanita di un anno «Qui si complimentano ancora»

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 30.08.2016

 

La vittoria su Serena è ancora lì, nell’aria, fra i commenti della gente, nella curiosità dei bimbi che si sbracciano per un autografo, fra le righe di quel campo che non è più lo stesso, sotto quel tetto che non c’era, e ora che c’è fa da ombrellone e taglia lo stadio in due, una zona sempre in ombra l’altra arroventata. Anche Roberta Vinci è ancora Li, e sembra la stessa di un anno fa. Sono passati dodici mesi e quella vittoria in semifinale ha fatto con lei il giro del mondo, mille volte descritta, mille volte riesaminata, rivissuta. «Ê un ricordo che mi riscalda ogni volta che i dubbi mi fanno sentire più fragile». Lo disse a Melbourne, nel gennaio scorso, e lo ha ripetuto lungo i venti tornei giocati «E una coperta nella quale mi avvolgo prima di addormentarmi), l’unica lecita variazione sul tema che si concede. Eppure, sembra proprio la stessa di un anno fa, Roberta, anche se l’avversaria non è Serena, il pubblico c’è e non c’è, l’orario è mattutino e un altro anno è passato, fra tanti dubbi e un po’ di stanchezza in più. E ci sorprende che sia così, perché nel corso di quest’anno quasi tutto giocato in Top Class, lei ha vissuto di molte perplessità, di infinite tensioni, e sono più le volte che ha concluso le sue interviste sottolineando come debba ancora imparare a vivere con gusto ciò che le capita, che quelle in cui ha dato la sensazione di essere disposta a farlo davvero. Una stagione simile a una corsa sulle montagne disse, cento volte su e cento giù. O forse duecento. O trecento. Sempre fra le Top Ten, vittoriosa nell’indoor di San Pietroburgo… E ho scoperto di non sono antipatica agi americani» anche sfastidiata dalle troppe cadute in primo turno (Roma, Parigi, nella Rio Olimpica). E non è andata bene nemmeno nei tornei precedenti questi Us Open che per lei rappresentano un bello spicchio di classifica. C’erano le condizioni per aspettarsi una gara sofferta, complicata, di quelle che se non ci stai con la testa le perdi. Tanto più con la tedesca Friedsam che l’aveva battuta a Melbourne ed è strana il suo perché gioca di potenza, quasi senza sapere che il timing migliore ce l’ha sul back di rovescia. E invece, eccola lì, la Robertina, che dodici mesi dopo ha lo stesso incedere del match con la Williams: stabile negli appoggi sul dritto, veloce di gambe, lucida al punto da accorciare e allungare l’elastico dei colpi, fino a trascinare la tedesca in una sorta di ubriacatura tennistica. Brava anche nel mantenere ben disteso il filo dei pensieri nei minuti più caldi del match, quando sul 2-0 della seconda frazione la Friedsam le ha risucchiato il break e s’è messa a condurre. Là Robertina ha tirato giù uno o due moccoli, ma non ha smarrito le linee del campo. Ha tenuto duro, e si è di nuovo staccata non appena la breve crisi si è spenta, in tempo per chiudere in due sole partite. «Bene, non benissimo», racconta «Bene il match, sono stata in campo con la testa Meno bene il fisico, avrò bisogno di molto ghiaccio per tenere buono il tendine che mi perseguita da un po’….. È uguale la Vinci, forse. Non l’Italia del tennis. Un anno in più, tanti problemi in più, uri infinità di cent in meno per il futuro. Con questo andrà e occorrerà fare i conti, da qui ai prossimi anni. La Errani scivola su Shelby Rogers, o su se stessa, che nel tennis 610 stesso. Serve sempre peggio, e la cosa è quanto meno curiosa: non ci era mai successo di vedere tennisti di questo livello arretrare su uno dei fondamentali. Se ne va pure la Schiavone, ma contro la Kuznetsova le capitava anche quando era al vertice. La russa ha vinto gli Us Open nel 2004, dodici anni fa, ed è sempre fra le prime dieci Francesca ha 36 anni e si diverte ad andare ancora in campo. È il suo elisir di lungo tennis. Alla fine passa Andreas Seppi Niente di che, contro il francese Herbert, ma tiene bene il campo e troverà Nadal. Il giorno della finale sarà comunque il suo giorno: del matrimonio.

 

 

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