Roberta Vinci: così l’ho vista dentro e fuori dal campo - Pagina 2 di 3

Editoriali del Direttore

Roberta Vinci: così l’ho vista dentro e fuori dal campo

Tosta, divertente e cazzuta, con perseveranza è riuscita a smentire le mie più intime previsioni. Roberta Vinci saluterà a Roma: un altro pezzo da novanta della gloriosa epoca del tennis italiano dice addio

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ROBERTA VINCI DOPPISTA – È LA VERA N.1 FRA LE NOSTRE

Il secondo esempio riguarda Roberta Vinci doppista. Qui invece ho riconosciuto fin dall’inizio le sue straordinarie qualità. E se è un leit-motiv sostenere che il doppio si vince sempre in due, beh secondo me nel career Grande Slam conquistato da Roberta e Sara – è un’opinione certo discutibile – il ruolo di Roberta è stato in genere più determinante di quello di Sara. Di doppiste capaci di interpretare il doppio come Roberta ce n’erano poche. Ce ne sono sempre state poche, soprattutto negli ultimi 20 anni quando il tennis serve&volley è scomparso – di Navratilova e Novotna non se ne sono quasi più viste – mentre di brillanti interpreti simil Errani, tutta risposta (più che servizio eh…) e pressing sostenuto da fondocampo, ce ne sono state diverse. Anche Flavia Pennetta, n.1 del mondo con Gisela Dulko, apparteneva più al genere Errani che non al genere Vinci.

Il doppio femminile ha una valenza superiore a quello maschile: nessuno dei top-player lo gioca più, altro che in Coppa Davis, per obblighi patriottici. La gara di doppio è purtroppo diventata – e quel purtroppo mi sgorga dal cuore perché io il doppio l’ho invece sempre amato alla follia. Mi dava perfino più soddisfazione che una vittoria in singolare, e non solo perché lo giocavo meglio, ma perché era così bello condividere le emozioni, le gioie, e al limite perfino le delusioni – una sorta di gara di consolazione (oggi ben retribuita) per i singolaristi falliti. Fra le donne capita più spesso che lo giochino anche tenniste di buon ranking, a volte in certi Slam le sorelle Williams, le russe Makarova e Vesnina, Garcia e Mladenovic, oltre a Hingis (fino a poco fa, quando ha annunciato il ritiro) con questa o quella compagna, Safarova. Roberta, Flavia, Sara, sono state tutte n.1 del mondo di specialità. Ma Roberta è stata la più completa fra le tre. Ha vinto una striscia incredibile di doppi in Fed Cup con compagne diverse. Io ho scritto qualche settimana fa a proposito di Jack Sock che lui era stato molto bravo a tirarsi fuori dai panni del doppista puro per imporsi anche come singolarista. Non è facile, perché quando arrivi sempre in fondo alle gare di doppi, semifinali e finali, se non hai la classifica per entrare nei tabelloni in singolare non riesci neppure a giocare le qualificazioni e a costruirti la classifica.

I SACRIFICI E L’ORGOGLIO DI ROBERTA

Roberta ha faticato abbastanza per entrare nei tabelloni più importanti e a numeri ristretti (a 32, ma per un certo periodo anche a 64) del singolare. Ma non si è mai arresa. Quasi certamente anche i risultati delle altre ragazze, da Schiavone che centrò la vittoria al Roland Garros, a Flavia che fu la prima a entrare tra le top-ten, hanno contribuito a dare spinta, stimolo e fiducia anche a Sara e a lei. Tutte devono aver pensato, conoscendo bene le compagne di squadre e le amiche da anni… “se ce l’ha fatta lei perché non posso farcela anch’io?”.

Fino ai 21 anni compiuti (2004 incluso) Roberta non era riuscita a entrare fra le top 100 in singolare, mentre già a 19 anni si era qualificata con Sandrine Testud (non ancora signora Magnelli) per le finali WTA. Nel 2005 fece il gran balzo fino a chiudere l’anno a n.41. Poi però ebbe problemi di vario tipo, fisico, morale, sentimentale. Tali da chiudere le quattro annate successive (2006-2009) a n.102, 63, 83, 64, classifiche deludenti se comparate a quelle di Schiavone fissa negli stessi anni fra le top 30, 15 nel 2006, 25 nel 2007, 30 nel 2008, 17 nel 2009 prima di irrompere nel 2010 con il Roland Garros fra le prime 10 (best ranking n.4, come Adriano Panatta e nessun altro). E Flavia Pennetta era n.28 a fine 2006, n.13 a fine 2008, n.12 a fine 2009 (dopo essere stata anche n.10, prima top-ten italiana della storia). Era stata superata in tromba anche dalla giovanissima Errani, n.42 nel 2008 a 21 anni, e sempre top 50 fino al 2011.

Punta nell’orgoglio Roberta si è messa lavorare anche sul fisico – ben pungolata da un coach serio come Francesco Cinà – come forse non aveva mai fatto con tanta costanza, perdendo quando necessario qualche chiletto di troppo che ogni tanto affiorava. Con 10 tornei vinti Roberta resta dietro di un torneo rispetto a Flavia, 11, ma è davanti a Schiavone, 8, e a Errani, 9. Terra rossa (outdoor): Barcellona (2), Bogotà, Budapest, Palermo. Terra rossa (indoor): Katowice. Cemento (outdoor): Dallas. Cemento (indoor): Lussemburgo, San Pietroburgo. Erba: ‘s-Hertogenbosch. Si potrebbe dire, anche considerando i suoi 25 titoli in doppio, che è stata la nostra tennista più completa.

Segue a pagina 3

  • IL CARATTERE DI ROBERTA. SIMPATICA MA CAZZUTA
  • LO SCARSO FAIRPLAY E SPIRITO D’AUTOCRITICA DEI TENNISTI ITALIANI
  • IL DIVORZIO DELLE CICHIS
  • A CHI LA WILD CARD A ROMA?

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