Sara Errani fa 27, età "maledettamente" difficile

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Sara Errani fa 27, età “maledettamente” difficile

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COMPLEANNI – Sara Erranni compie oggi 27 anni, un’ età simbolica. Se nel doppio continua a far bene in coppia con la Vinci, in singolare subisce ancora la pressione: riuscirà a tornare la stessa, sorprendente giocatrice del 2012?

Ventisette anni è un’età “maledettamente” difficile: dieci rock star (cito Jim Morrison, Jimi Hendrix e Kurt Cobain per puro gusto personale) si sono arenate proprio in quel punto. Oggi Sara Errani entra nel club: avrà la torta, la festa, numerose sorprese (annunciate via twitter) e una candelina da spegnere come base dei desideri futuri. Pur senza il “maledettamente”, 27 anni è un’età difficile anche per lei. Nel 2014, alle soglie della maturità, non è riuscita a confermare in singolare i risultati delle ultime stagioni (ad eccezione dell’Australian Open conquistato in doppio con la Vinci) ed è scivolata fuori dalla top 10. Con le lacrime versate a Charleston contro la Bencic ha espresso emotivamente quello che aveva già spiegato razionalmente in conferenza stampa all’ultimo Us Open: “Il mio problema non è aver perso ma trovare il modo di stare in campo e lottare. Il punto è che questo non accade, non sono tranquilla, sento troppo la pressione del ranking, di quello che ci si aspetta da me”.

Nell’ultima gara a Stoccarda, Maria Sharapova non l’ha certo aiutata a superare il momento negativo battendola 6-1, 6-2. Risultato molto simile (6-0, 6-1) a quello che la russa dodicenne, con le treccine e l’apparecchio ai denti, le aveva rifilato anni prima all’Accademia di Nick Bollettieri, durante uno stage. Proprio quel giorno, dopo quella sconfitta, Sarita ha iniziato a ribellarsi ai limiti del suo fisico e a chi la giudicava troppo piccola per avere delle chance.

Lo ha fatto concretamente, la prima volta, a Palermo, quando si è regalata la vittoria del suo primo torneo WTA, nell’ormai lontano 2008, contro Marija Korytceva. Poi, si è ripetuta appena due settimane dopo, inanellando il suo secondo successo nella cittadina slovena di Portorose, dove ha avuto la meglio sull’iberica Medina Garrigues, navigata veterana ai vertici delle classifiche mondiali: “Dedico questo torneo a tutti gli italiani che hanno sempre detto che ero solo una ‘pallettara’, una che non sarebbe potuta andare da nessuna parte”.

La diplomazia, si sa , non è mai stata il suo forte. “Odio l’Inter e Mario Balotelli non è l’emblema dell’etica sportiva” ha dichiarato senza mezzi termini ai giornali nazionali intervenendo a gamba tesa nel sacro mondo del calcio. Ma ne ha avute anche per il suo sport, il tennis, e in particolare per i “fighetti” dei circoli che disprezzano la fatica e tentano di imitare Roger Federer, pur non avendo un briciolo del suo talento. Lei, invece, insudicia la maglia con corse perdifiato alla Nadal, anche se il paragone più giusto mi sembra quello con David Ferrer.

Sara non ha mai avuto doti tennistiche eccelse (dritto troppo artigianale, slice da rivedere) ma grazie all’allenamento, al sacrificio e alla convinzione ha raggiunto la finale del Roland Garros (seconda italiana dopo Francesca Schiavone), la semifinale allo Us Open, la qualificazione al Masters di Istanbul (insieme alle migliori del circuito) e quattro titoli Slam (2 Aus Open, Roland Garros e Us Open) in coppia con Roberta Vinci. L’altra metà delle Chichi l’ ha completata, regalandole l’esperienza, la sicurezza e il tocco a rete che le mancano. Insieme, hanno proseguito la felice tradizione azzurra in Fed Cup e pian piano sono entrate nei cuori dei tifosi italiani sostituendo Schiavone e Pennetta. Correre per il campo sventolando il tricolore è stata la rivincita più bella della Errani che per far carriera ha dovuto abbandonare il suo Paese ed emigrare in Spagna sotto l’ala del coach e amico Pablo Lozano.

“Sto vivendo un sogno” sembravano dire allora quegli occhioni azzurri, incastonati in un volto paffuto, con i capelli sempre legati, “perché sono ricci e indomabili”. Lei, figlia di un fruttivendolo e di una farmacista con un fratello appassionato di calcio (che ora le fa da manager  e segue anche Roberta Vinci e Karin Knapp) è arrivata molto più in alto di quanto si aspettasse da bambina, quando giocava contro il muro cercando di ricalcare i prodigiosi anticipi di Agassi. Può non entusiasmare per il suo tennis (mano vario e spettacolare di quello di una Schiavone), può risultare antipatica per la sua schiettezza (parecchi tifosi nerazzurri che non l’hanno più sostenuta dopo certe frasi…), ma va indicata alle giovani come un esempio positivo da seguire.

E allora Auguri, Sara. I 27 sono un’età difficile, ma verso i 30 si migliora. Una regola che, in questo momento, vale soprattutto per chi gioca a tennis.

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