Famiglia di hockeisti e magie alla Hingis. Fenomeno Bencic (Clerici), Francesca e Caroline: donne sull'orlo di una crisi di nervi (Piccardi), Riecco Mecir, il tennis non ama i figli d'arte (Semeraro), Parigi mischia le carte adesso è Nole il favorito (Mancuso)

Rassegna stampa

Famiglia di hockeisti e magie alla Hingis. Fenomeno Bencic (Clerici), Francesca e Caroline: donne sull’orlo di una crisi di nervi (Piccardi), Riecco Mecir, il tennis non ama i figli d’arte (Semeraro), Parigi mischia le carte adesso è Nole il favorito (Mancuso)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

 

Famiglia di hockeisti e magie alla Hingis. Fenomeno Bencic

 

Gianni Clerici, la repubblica del 26.05.2014

 

Ero seduto un giorno, dopo il doppietto, sulle panchine del Tennis Club Lugano, di cui mi onoro essere socio. Ero li col mio amico e collega Pier Baroni, massimo esperto di italiese, inteso come italo-ticinese, la lingua della quale tiene rubrica sul Corriere del Ticino. Nello scorrere la cronaca di un torneo, mi balze) agli occhi il nome di Bencic, Belinda Bencic, seguita dalle iniziali Ch, e da un commento laudativo. «Ma di dove viene questa?» mi incuriosii. «Ma dai» rispose lui, «Ti ricordi com’era famoso suo nonno Ivan, che giocava nel Bratislava di hockey?». Rimmemorai. Ivan era un difensore arcigno, tanto arcigno—mi dice ora il mio amico Voegel dello Zuercher Zeitung — che anche suo figlio Ivan, presa dimora in Svizzera, non aveva tardato a trasferire la sua severità alla piccola Belinda, ogni volta che non giocava bene, o perdeva. Dopo di lui, della bimba si era occupata quella grande allenatrice in incognito chiamata Melanie Molitor, la mamma della Hingis, già destinata dal battesimo e dal nome Martina a divenire Number One. Nell’ammirare il gioco e soprattutto l’intelligenza di Belinda contro una rinata Venus Williams, mi era tornato in mente il pezzetto che scrissi nel lontano 1992, sempre dal Roland Garros, presentandomi ad una spettatrice, il cui nome era Melanie Molitor. La mamma di Martina, si seppe poi, che un volonteroso Herr Hingis aveva trasportato in Svizzera, e dotata di conforte di un court privato. Ricordo, per averle parlato, che Melanie non era stata solo la mamma della Hingis, ma anche il n.3 di un paese che si chiamava Cecoslovacchia. Per comprensibili analogie si sarebbe offerta ad allenare Belinda, sinché l’intervento del l’ hockeysta, della multinazionale Octagon, edi altro che non posso citare, l’avrebbero rinviata al ruolo di casalinga. Martina era tuttavia presente al match perduto dalla piccola contro una Venus ritornata se stessa, e c’è quindi da augurarsi che i colori rossocrociati non si limitino, presto, ai successi di Federer e Wawrinka, e alla prossima vittoria in Davis. Mi sono dilungato, nella mia colonnetta, e attendo giustificatissime critiche da chi vorrà sapere degli italiani, e addirittura chi vincerà il torneo. Degli italiani, mi è ritornato in mente il tempo felice, il 2004, in cui Potito Starace ebbe due match point contro Safin, che si salvò mostrando fiacche alla mano, e interrompendo un match quasi perso. L’avversario di oggi, Tursunov, era un po’ meno terribile, ma il buonPotito, ormai come Starace, sembra pronto per una meritata pensione. Per il torneo, dopo soltanto ottantadue vittorie e una sconfitta a Parigi, ma ben tre negli ultimi tornei, temo che Nadal sarà vittima della dieta antiglutine di Djokovic. E la smetto con le profezie, passate e presenti.

Francesca e Caroline: donne sull’orlo di una crisi di nervi 

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 26.05.2014

 

Caroline, lasciata sull’altare dal fidanzato golfista Roty Mcllroy il week-end scorso («Aver mandato le partecipazioni di nozze mi ha fatto capire che non sono pronto per le responsabilità del matrimonio…»), raccoglie la solidarietà delle colleghe (Serena Williams in testa) via twitter: «E un periodo difficile per me. Grazie per i vostri messaggi. Tifare Liverpool mi dà forza perché so che I’ll never walk alone (il riferimento è all’inno della Kop, la curva degli ultra di Anfield, ndr). È il Roland Garros, ma sembra la posta del cuore. Senza criniera e senza ruggito, Francesca Schiavone esce a testa bassa dal «suo» Slam, quel fidanzato rosso di capelli di cui s’innamorò, ricambiata, nell’estate 2010, regalandoci brividi che soggiornano ancora lungo la schiena. Rigenerata dagli Internazionali d’Italia e della cura-Golarsa, la Schiavo è irriconoscibile contro la croata ventunenne Ajla Tomjanovic, numero 71 della classifica mondiale, e sì che avevamo pensato si trattasse di un buon sorteggio. 6-3, 6-3 e Parigi, al giorno uno, è già una cartolina sbiadita sullo sfondo. Parte male, il Roland Garros, per gli azzurri. Tre scendono subito in campo e finiscono k.o. Oltre a Francesca, ci lasciano le penne Filippo Volandri e Potito Starace. D riscatto, oggi, è affidato a Fognini, chiamato a una prova di maturità dopo il flop della vacanza romana (out al primo turno tra i fischi). «Fabio deve capire quale immensa fortuna ha tra le mani: il suo talento», spiega Nicola Pietrangeli, uno che sui courts del Bois de Boulogne è di casa. E chi può farglielo capire, eterno Nick? «Nessuno. Né il coach né il padre, che d’altronde Fognini manda a quel paese… Il solo che può convincersene Caroline Wozniacki con il cuore in pezzi debutta contro la belga Wickmayer. Era la futura signora Mcllroy, oggi è davanti alla sfida di ritrovare se stessa, e il suo tennis. Non sarebbe nemmeno un ostacolo insormontabile per l’ex numero i del mondo se con un gran finale in 66 colpi (-6) e con il miglior punteggio di giornata, tornato felicemente single, Mcllroy ieri non avesse sbancato il Bmw Pga Championship sul percorso di Virginia Water, in Inghilterra. L’irlandese non vinceva nell’European Tour dal 2012: «Dopo tutte le emozioni con Caroline, non so nemmeno io come diavolo ho fatto…». Solo qualche settimana fa Caroline twittava la foto di una mano fresca di manicure con all’anulare un sontuoso anello di fidanzamento, che avrebbe dovuto accompagnarla fino all’altare. Sfumato il sogno, rimane il desiderio di tonare in vetta al tennis femminile, mai come oggi pieno di donne sull’orlo di una crisi di nervi.

 

Riecco Mecir, il tennis non ama i figli d’arte

 

Stefano Semeraro, il corriere dello sport del 26.05.2014

 

Se avete nostalgia del Gattone, potete consolarvi con il Micetto. Se a cavallo fra anni Ottanta e anni Novanta vi esaltavate per quel bel tipo di Miloslav Mecir, ex numero 4 del mondo e medaglia d’oro alle Olimpiadi nei 1988, finalista agli Open d’Australia e degli Stati Uniti, campione interrotto e soprattutto giocatore cult di una intera generazione di innamorati dell’imprevedibile – beh, oggi il campo n.4 del Roland Garros è il posto giusto per stupirvi e spremere una lacrimuccia: alle 11 ci gioca suo figlio, Miloslav Mecir junior, al suo debutto in un torneo dello Slam contro il tedesco Tobias Kamke. Stupore perché Milo minore è una copia conforme del babbo, vederlo giocare è quasi straniante: stessa facciotta da felino danubiano e sornione, stessa barbetta fulva, stesso fisico, stessi colpi piatti e anticipati. Stessi problemi alla schiena. «E’ vero – ha ammesso lui – di solito la gente che vede me, vede mio padre». La differenza sta nei risultati, visto che a 26 anni papà Mecir era già un pensionato illustre, costretto al ritiro dalle vertebre doloranti che era abituato a stiracchiare pigro sui divani (e per quello Vittorio Selmi, tour manager dell’Atp, gli affibbiò un soprannome italiano, solo dopo tradotto in “Big Cat”: «Sembri proprio un gattone…»). Il figlio, oggi n.211 del mondo, alla stessa età una carriera di vertice deve invece ancora costruirsela. «Fra i 14 e i 17 anni gli infortuni mi hanno praticamente impedito di giocare», spiega. «Ho anche pensato di smettere poi ho capito che i guadagni del tennis mi sarebbero serviti a mantenermi agli studi (in scienze naturali; ndr)». Mica scemo, il micetto. Tenere duro, con l’aiuto del padre che lo segue con affetto ma non come coach ufficiale, ha pagato. A fine 2013 nell Atp di Vienna ha eliminato il n.51 del mondo Pablo Andujar e fatto sudare un po’ il 36enne Tommy Haas, ex numero 2 Atp (oggi è n.18): «Uno che mi ricordavo di aver visto giocare una volta a Perth – ha sorriso Milo – quando avevo nove anni e accompagnavo papá che faceva da coach a Karol Kucera (detto il Gattino; ndr)…». DINASTIE. Nel tennis, a differenza che nell’automobilismo dove, vedi il caso-Rosberg, le dinastie sono spesso vincenti, raramente i successi dei padri ricadono sui figli. Nell’era del computer solo quattro figli d’arte sono stati capaci di entrare fra i Top 100: Sandon Stolle, n.50 (figlio di Fred, vincitore a Parigi nel 1965 e plurifinalista a Wimbledon), Taylor Dent, n.21 (figlio del n.17 Phil), Joachim Johansson, n.9 (Leif, n.51) e l’attuale n.51 Atp Edouard Roger-Vasselin, figlio di Christophe (n.29 e semifinalista a Parigi nell’83), che ieri è stato battuto sul centrale da Jo-Wilfried Tsonga. Alla schiatta dei Krishnan è andata meglio, soprattutto in Coppa Davis – papà Ramanathan, un idolo ai tempi di Nehru e Gandhi, portò l’India in finale nel 1956, il figlio Ramesh, numero 23 Atp, fece lo stesso nel 1987 – mentre quest’anno a Parigi hanno tentato le qualificazioni anche Emilio Gomez, figlio di Andrès, campione al Roland Garros nel 1990, e Sergey Bubka junior: erede non di un tennista ma del re del salto con l’asta che però nell’88 a Seul vinse l’oro proprio come Mecir senior. Corsi e rincorse (alla gloria). Il Micino un po’ ci spera, un po’ fa le fusa. «Debuttare a Parigi è un sogno che inizia a diventare realtà, oggi posso dire di essere orgoglioso di essere un Mecir».

 

Parigi mischia le carte adesso è Nole il favorito

 

Angelo Mancuso, il messaggero del 26.05.2014

 

7 giugno 2013: sul 4-2 del quinto set in suo favore Novak Djokovic, all’epoca n.1 del mondo, frana sulla rete dopo aver colpito uno smash elementare. Il colpo che avrebbe potuto indirizzare dalla sua parte la semifinale, poi vinta per 9-7 da Nadal, lo perseguiterà per mesi. Basta un istante per capovolgere una sfida di 5 ore: Rafa lo coglie al volo. L’invasione di campo è inevitabile, il 15 va a Nadal che 48 ore dopo festeggerà l’ottavo Roland Garros battendo in finale il connazionale Ferrer. Il realtà il torneo l’aveva vinto il venerdì. È passato quasi un anno da quel pomeriggio al Roland Garros e per la prima volta dopo molte stagioni il mancino spagnolo, che oggi esordisce contro l’americano Ginepri, non è il favorito sulla terra rossa parigina. Non gli era mai successo di presentarsi a Bois de Boulogne con tante sconfitte sul rosso. A Montecarlo ha perso da Ferrer, a Madrid è stato miracolato, a Roma ha finito la benzina prima di Djokovic. I suoi numeri a Parigi fanno paura: 8 titoli in 9 partecipazioni, l’unica sconfitta negli ottavi del 2009 contro lo svedese Soderling. Eppure l’impressione è che il regno stia vacillando: il colpo di fortuna del 2013 potrebbe aver soltanto rinviato la fine del dominio. Nole, che oggi debutta affrontando il portoghese Sousa, arriva a Parigi nelle migliori condizioni possibili. Al Foro Italico ha vinto il torneo pur dando l’impressione di essere all’80% dopo lo stop per l’infortunio al polso. Il doppio coach Vajda-Becker funziona bene, senza invidie, e lui è tirato a lucido. Il tennista di Belgrado non conquista uno Slam dagli Australian Open 2013: un’enormità per uno come lui. Il Roland Garros è l’unico major che ancora manca alla sua collezione e quando nascerà il figlio (la sua Jelena è incinta) vorrà accoglierlo con il Career Grand Slam già in bacheca. Sul fronte italiani (13 al via) prima giornata negativa con le sconfitte di Francesca Schiavone, Filippo Volandri e Polito Starace. Infine le previsioni meteo, che destano preoccupazione: su Parigi è annunciata pioggia nella prima settimana e il campo del Philippe Chattier completamente rifatto potrebbe risentirne. «La superficie è più molle degli anni scorsi e gli spostamenti saranno complicati», ha sentenziato Nadal.

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