Gulbis: "Non vorrei che le mie sorelle giocassero a tennis"

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Gulbis: “Non vorrei che le mie sorelle giocassero a tennis”

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ATP ROLAND GARROS – Incontro di terzo turno. E. Gulbis b. R. Stepanek  6-3, 6-2, 7-5. L’intervista del dopo partita.

Questa è la prima volta in 24 Slam che raggiungi la seconda settimana.

La prima volta in sette anni che mi siedo in questa stanza (ride) da partecipante e non da spettatore.

È molto tempo?

Sono tornato. E’ passato del tempo. L’ultima volta ho giocato i quarti. È successo quando avevo 18 anni.

Credo sia cambiato molto da allora.

Tante cose sono cambiate ma alla base è sempre uguale (ride).

Quanto sei contento del modo in cui hai giocato?

Oggi sono molto soddisfatto. Ho servito bene. Lui ha avuto solo una palla break. Servizio, vantaggio, uno su due ace a game. Qualunque avversario avrebbe dei problemi. Mi sorprende che non abbia cambiato un po’ la risposta, ma oggi il mio servizio ha funzionato bene, credo sia stata la chiave della partita.

Ed il fatto che tu abbia giocato un torneo, vincendolo, e poi sia venuto qui, molte persone pensano che la settimana dopo aver vinto un torneo saresti stato stanco. Ma la chiave è avere un giorno di pausa dopo ogni match?

Aiuta molto. Ed in effetti ero un po’ stanco quando sono arrivato qui, ed ho avuto un primo set duro contro Kubot. Lui ha giocato bene ma io non c’ero. È stato un bene vincere il primo turno. Ogni partita poi è andata meglio, mi sono sentito meglio fisicamente e anche dal punto di vista del gioco. Oggi credo sia stato il miglior match del torneo.

Perché pensi ci sia voluto così tanto tempo per sederti di  nuovo si quella sedia?

Tu sai il perché (ride).

Beh, forse potresti ricordarmelo.

Ho preso molte pessime decisioni per la mia carriera. Forse non solo le pessime decisioni, ma anche il fatto di non aver posto attenzione alle cose che dovevo fare, a come trattare il mio corpo, su come allenarmi, su come —  in generale su tutto. Ogni volta che mi allenavo, che ero in campo o in palestra, ho sempre lavorato duramente. Ma tutto quello che c’è attorno, gli alti e bassi, non ho mai fatto un lavoro consistente. Sicuramente negli ultimi due anni ho lavorato in modo più costante. Prima, magari ero costante solo per tre mesi, e poi succedeva qualcosa, mi ammalavo, e tornavo in Lettonia e stavo fermo per 10 stupidi giorni, senza fare completamente nulla. Questo tipo di decisioni, che erano assolutamente sbagliate. E adesso nessuno ha più bisogno di dirmelo. Salto al prossimo allenamento. Ho 25 anni, quindi credo sia la mia ultima opportunità di avere davvero successo, credo, e credo anche di poter fare bene nei prossimi 7, 8 anni giocando ad alto livello.

Recentemente, e specialmente oggi, sei rimasto concentrato dal primo all’ultimo punto, senza nessuna crisi, nessuna racchetta rotta, niente. Hai lavorato su questo, o è arrivato con le vittorie e la fiducia?

È il modo in cui gioco. Voglio dire, se gioco in questo modo quale crisi di nervi ci dovrebbe essere? Oggi ho sentito che tutto andava bene. Mi sentivo bene fisicamente. Non ho sentito la pressione dei primi due turni, perché nei primi due ero chiaramente il favorito. Anche contro Radek, che è un giocatore d’esperienza, ovviamente ero favorito, ma non in modo così chiaro. Questo ha allontanato la pressione. Non ne ho sentita molta. Mi sentivo rilassato. Al prossimo turno, se mi gioco le miei possibilità, se giocherò contro Roger, avrò ancora meno pressione, e credo che sarà ancora più rilassato e potrò giocare meglio. E’ sempre così per me.

C’è qualcosa nell’aria francese o è solo un fattore di fiducia, hai vinto due tornei e hai giocato una prima settimana straordinaria. Hai qualche spiegazione?

Ho vinto un torneo negli Stati Uniti e mi hanno chiesto dell’aria degli USA. È solo la mai condizione mentale. Adesso è ottima (ride). Non c’entra nulla l’aria o almeno,  per me non ha importanza che sia la terra, il cemento, indoor o outdoor, è quando sento le giuste vibrazioni, la striscia vincente, che sto bene.

Quando ripensi a quelle pessime decisioni, ti penti di qualcosa o credi invece che siano cose attraverso le quali dovevi passare?

Non mi pento di nulla, perché in un certo senso sono in una posizione migliore. Forse non come tennista, ma sicuramente come persona. Perché ho attraversato tanti alti e bassi. Molti dei ragazzi che adesso si trovano in alto non hanno passato molti momenti brutti. Non sono usciti ai quarti di uno Slam, non hanno chiesto le wild card per un challenger senza riceverla, e non hanno giocato la qualificazioni per un torneo. Questo ti fa cambiare atteggiamento nei riguardi di tutti, nel lavoro, per il torneo, nei riguardi degli arbitri, su tutto. E io lo vedo. Adesso niente può davvero offuscare la mia mente e la mia visione. Non sarò più improvvisamente amico di tutti.  Adesso vedo il quadro intero. Alle persone piace il successo. Adesso capisco tutto. Quindi credo di essere migliorato come persona.

Hai due sorelle più piccole che giocano a tennis. Diventeranno brave come te? Quando è stata l’ultima volta che hai giocato con loro?

Spero che non seguiranno la carriera tennistica professionale. Lo spero. Perché per una donna è dura. Non vorrei che le mie sorelle diventassero delle tenniste professioniste. È una decisione di vita difficile. Una donna dovrebbe godersi la vita un po’ di più. Ha bisogno di pensare alla famiglia, ai bambini. A quali bambini puoi pensare fino a 27 anni se hai una carriera da professionista? In questo caso è dura per una donna.

L’altro giorno hai detto che quando eri più giovane e ti allenavi in Germania, vedevi come Novak si allenasse in modo professionale anche se era molto giovane. Quindi notando questo, perché non eri altrettanto professionale?

(sorride). Perché? Non ne ho idea. Come avrei potuto spingere me stesso ad allenarmi quando c’erano così tante opportunità? Avevo la PlayStation. Avevo la TV (ride). No, faceva parte del mio carattere. Forse anche il fatto di crescere in un certo modo. I miei genitori non mi hanno mai spinto. Mi hanno sempre detto, Ok, ti divertirai a giocare a tennis fino ad 11 anni. Mi allenavo tre, quattro volte alla settimana, per un’ora e mezza, due ore al massimo. Mia madre mi portava via dal campo. Io volevo allenarmi di più, ma lei diceva, no, no, no, devi andare a scuola, devi fare altre cose. Arrivavo ad ogni allenamento con gioia, con il fuoco negli occhi. Non è giusto. Voi avete parlato di uno come Novak che può dirvi che i suoi genitori lo hanno supportato, ma molte persone non lo fanno. È per questo che lui adesso si trova dov’è. Io l’ho fatto in modo diverso.

Se Roger dovesse vincere, qual è il piano per affrontarlo?

L’ho affrontato un po’ di tempo fa. Piano? Non voglio mostrare tutte le mie carte. Ma ho un piano. So come dovrò giocare. Ma non voglio parlarne prima della partita. Non bisogna avere paura di fare certe cose contro di lui, perché molti vanno in campo e perdono ancora prima di iniziare a giocare. Posso dirti che questo non sarà il mio caso.

Se dovessi affrontare Roger, giocherai sullo Chatrier, questo tipo di teatro, questo campo, fa scorrere l’adrenalina più di altri?

Ho già abbastanza adrenalina in ogni campo (ride). Ho giocato a Nizza, contro Tursunov. Pioveva. Sul campo c’erano circa 30 spettatori e l’adrenalina era la stessa, tutto uguale, stesso desiderio di vincere. Forse all’inizio della mia carriera sarebbe stato importante. Adesso non più.

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