TENNIS ROLAND GARROS INTERVISTE – Finale, M. Sharapova b. S. Halep 6-4 7-6(5) 6-4. L’intervista del dopopartita.
Congratulazioni, Maria!
Grazie!
Come riesci a trovare la giusta chiave di gioco durante i momenti difficili? Ci riesci sempre.
Durante il match ci sono state diverse letture di gioco e anche numerosi alti e bassi per me. Appena ho capito di poter veramente vincere, ho perso addirittura quattro punti di fila e il match si è equilibrato. Senti che devi ricominciare da capo ed è sempre una condizione difficile. Mi son fermata a riflettere a mente fredda su quali fossero i colpi che la mettevano in crisi, gli schemi di gioco che mi potevano dare un vantaggio. Sapevo che stava giocando bene e nonostante questo, nonostante fosse un match molto fisico, ho continuato a provare gli stessi schemi che l’avevano messa in difficoltà, anche se ho perso il secondo set. Ne sono uscita bene, ci siamo breakkate alcune volte come hai visto: questo è il succo.
Che sollievo alla fine del match! Come ti sentivi? Cosa hai pensato nella tua testa? Come sentivi il tuo corpo, il tuo cuore in quel momento?
E’ stata una vittoria molto sofferta ed emotiva come ogni finale slam che ho vinto, ne ho giocate alcune ed ognuna mi ha dato sentimenti diversi. Sento che più divento grande, più apprezzo queste situazioni, sempre di più. Quando è finita, dopo un match così sentito, mi sento veramente libera. Avevo appena realizzato di aver vinto un altro titolo slam, il secondo Roland Garros.
Hai dovuto aspettare per vincere questo torneo, l’ultimo slam che ti mancava. Ora lo hai vinto per due volte. Come credi sia possibile?
Non avrei mai pensato, mai, che qualcuno potesse dirmi ad un certo punto della mia carriera che avrei vinto più Roland Garros di ogni altro slam. Sarei probabilmente andata ad ubriacarmi (risata) oppure lo avrei consigliato. O una o l’altra! E’ stato davvero incredibile, ho lavorato molto per raggiungere questo traguardo. Nulla può sostituire questi titoli. Non puoi andare in campo senza dare sempre il massimo, cercando di oltrepassare i tuoi limiti. Non sono nata come una giocatrice da terra rossa; certo se fossi Nadal… ma non lo sono. Non è stata la superficie dove son cresciuta, non ci giocavo molto, quindi ho dovuto lavorare duramente per raggiungere questo traguardo, nessuno lo ha fatto per me, ci ho pensato io.
Hai parlato molto del tuo team nelle scorse due settimane. Hai provato grandi sensazioni in campo. Ti sei occupata molto per formare la tua squadra… ci puoi dire come ti hanno aiutato in questa vittoria?
Assolutamente sì, ogni singolo membro del mio team ha fatto un lavoro incredibile. Alcuni di loro sono nuovi, altri ci sono da diverso tempo. Mi hanno sempre incoraggiata. Nella mia carriera ho lavorato con diverse persone: alcuni coach, alcuni fisioterapisti e preparatori atletici. L’avevo già detto, ancor prima che iniziasse la stagione, che son sempre stata molto felice del modo in cui ho lavorato con ogni collaboratore. Non importava quanto fosse dura la situazione… (squilla un cellulare) Carina la suoneria! (risate). Comunque abbiamo avuto momenti molto difficili e diversi problemi. Durante la fine dell’anno passato, ero in Europa per cercare una soluzione ai problemi alla spalla, al tempo non avevo un allenatore. Quando abbiamo iniziato a lavorare tutti insieme, ho sentito un’ energia molto positiva. Era come se ognuno lavorasse ad ogni singolo pezzo di un puzzle per formare un’atleta professionista. Sei tu a scendere in campo, ma l’atmosfera nel team è decisamente importante. Sai, Sven (Groeneveld, ndt) era già con me un paio di anni fa, come sparring partner. Il mio preparatore atletico è con me da diversi anni e mi ha aiutato tantissimo per l’approccio alle superfici in terra. Il mio fisioterapista, non appena è entrato nel gruppo, ha lavorato duramente per rinforzare la mia spalla. Rispetto moltissimo il loro lavoro.
Dopo Indian Wells (Sharapova difendeva il titolo ma venne sconfitta al terzo turno da Camila Giorgi, ndt), hai detto che stavi riorganizzando il tuo team cercando di capire gli errori commessi precedentemente. Dopo la prematura uscita di scena in California, vincere il Roland Garros era un tuo obiettivo?
Sinceramente no, non avevo ci avevo più pensato. E’ stato un momento molto difficile, non tanto perché ho perso il match, è una cosa normale, quanto perché sentivo di perdere male, nel modo sbagliato. Non stavo giocando come avrei voluto. Avevo brutte sensazioni in campo. Avevo un team che lavorava così duramente per me e io non riuscivo ad ottenere risultati, ero molto abbattuta. Sapevo comunque che questa cattiva attitudine sarebbe cambiata, perché mi conosco. Non era tra i miei obiettivi, volevo solo cercare di giocare bene, meglio, perché era la cosa che mancava.
Sei la prima russa, tra maschi e femmine, a vincere due volte lo stesso slam. Mi piacerebbe sapere cosa ti rende orgogliosa e cosa ti ricordi degli altri slam. Wimbledon fu il primo, ma questa è stata una vera battaglia. Hai vinto tutte le altre finali slam in due set. Questa è l’unica in tre ed è inoltre la ventesima vittoria di fila sulla terra quando giochi il terzo set.
È la vittoria più emotiva. La finale più dura fisicamente, soprattutto in uno slam, soprattutto perché è durata oltre tre ore. Non ce ne sono state molte altre. Ci sono così tante differenze e sono veramente orgogliosa per come ho affrontato le diverse situazioni… così ho finito con questo (ride indicando la coppa).
Sembra che tu stia abbracciando la coppa, è molto importante per te. Cosa provi quando la guardi?
E’ bella, ma non è quella che ti porti a casa. Quella che ti danno è solo un po’ più piccola, certo vorrei tenere questa versione, ma evidentemente ha troppo valore (risata). Però potrei anche rubarla! (ride)
Ovviamente è stato un grande trionfo, molto emozionante… ma già dieci anni fa hai fatto il tuo ingresso tra le grandi del tennis sconfiggendo Serena a Wimbledon sul Centre Court. Parliamo delle due vittorie, è difficile, lo so, però ad esempio puoi fare un paragone tra la giocatrice alle prime armi e la campionessa matura?
E’ incredibile poterne parlare, dieci anni dopo il mio primo titolo dello slam e pensare che ne ho vinti cinque. Non so quasi cosa dire. Cercate di capirmi, a quel tempo avevo diciassette anni e ovviamente avevo pensato a quanto avevo giocato bene. Avrei potuto farlo ancora? Avrei potuto vincere altri slam? Queste erano le domande che mi ponevo. Così essere qui dopo dieci anni con ben cinque slam in bacheca, è davvero emozionante. Per la vittoria di oggi ancora non so cosa dire.
Sul match point, quando hai colpito di diritto ed il rovescio della Halep è andato alto, eri sicura che la palla sarebbe uscita? A cosa stavi pensando mentre aspettavi che la palla cadesse fuori?
Se non fosse uscita, sarei dovuta alzarmi molto velocemente e fingere una caduta improvvisa! (ride). Sì comunque pensavo che fosse abbastanza larga, avevo ragione. Ho sentito un accumularsi di emozioni, non hai tempo per pensare. Ti lasci andare, completamente, hai sulle spalle tre ore di match. Pensi solo che sia finita e anche molto bene.
Hai dichiarato subito a fine match che è stata la finale slam più dura fisicamente. Cosa ne pensi della tua avversaria oggi?
Credo che tutti abbiano notato il livello di tennis che ha espresso nel torneo, durante la stagione. Se lo merita veramente, oggi mi ha spinto oltre il limite. Ha un gioco molto consistente e da oggi sarà numero tre del mondo. I risultati parlano chiaro, aveva grandi possibilità di vincere il torneo.
Hai ricevuto warning nel secondo set. Sapevi che stavi impiegando troppo tempo a servire? Sentivi la pressione di Simona?
Credo che le regole siano un po’ più rigide negli slam, sentivo come se dovessi far più velocemente rispetto ad altri tornei.
Hai tenuto il trofeo come se fosse un figlio, una cosa molto preziosa. Con tutto quello che hai visto a Parigi, è la cosa che desideri di più?
Quando sono a Parigi, sì (ride). Quando sono a Londra no, ma a Parigi assolutamente sì. C’è una ragione perché non sono mai andata a fare shopping nemmeno una volta…perché volevo il trofeo. Non ho nemmeno mangiato tanti amaretti! Perché volevo vincere il torneo.
Credo che questo sia stato uno dei tornei femminili più duri degli ultimi tempi, con alcuni match veramente combattuti. Ci puoi dire qualcosa riguardo lo stato del tennis femminile e a che livello pensi che sia ora?
E’ sempre interessante quando c’è un tabellone difficile, ci sono tutte le più forti. E’ un mix di vecchie e nuove generazioni, con alcune giocatrici che stanno un po’ nel mezzo, come me. Ci sono sempre le favorite e le outsider. Ci son sempre le nuove leve che mostrano un bel tennis e che potrebbero diventare grandi e credo che questo torneo lo abbia dimostrato. Ci sono stati sconvolgimenti all’inizio, sapevo che ognuno di voi poteva venire in conferenza stampa e chiedermi come avrei affrontato Serena già ai quarti di finale. Che tabellone sfortunato, non abbiamo mai nemmeno giocato al primo turno se è per questo. Quindi se una giocatrice ha un tabellone sfortunato e poi vince il Roland Garros… è una piacevole sensazione allora! Per questo dico che quando esce un tabellone nulla è già scritto. Bisogna ancora scendere in campo e giocare la partita. Hai visto tu stesso tanti match differenti, per me questo slam è stato fisicamente tra i più duri.
Anche nel terzo set hai spinto molto forte, mostrando il tuo desiderio di vittoria. Con il diritto eri molto aggressiva. Pensi che ci possano essere ancora partite giocate a rete, a Parigi, nel torneo femminile? In questa finale quasi non avete giocato voleè. Pensi che giocare così ti possa aiutare?
In effetti non sono una giocatrice che ama giocare tre, quattro o cinque voleè. Di solito mi trovo bene quando approccio a rete con un attacco o quando colpisco forte con uno schiaffo al volo o ancora a volte quando chiudo il punto da fondo. Oggi tutto ciò non è successo spesso, perché la mia avversaria arrivava su tutte le palle prendendo bene il ritmo, giocando sempre profondo. Non ha regalato nulla, dovevi crearti le occasioni e su una superficie come questa non è mai facile.
Diversi giocatori hanno deciso di non giocare su superfici dove ottengono scarsi risultati, tenendo conto dell’intera stagione. Cosa ne pensi? Hai fatto l’esatto contrario, hai lavorato duramente per raggiungere questo traguardo invece di gettare la spugna.
Ho fatto tutto molto seriamente, anche perché mio padre non avrebbe visto bene la mia rinuncia ad un torneo così importante! Diciamo solo che non sono cresciuta su questa superficie, ma non significa che non mi piaccia. Ho imparato qui a costruire bene il punto, a lavorare lo scambio. Non sempre facevo correttamente il mio lavoro e all’inizio non mi sentivo molto a mio agio. Credo perché volessi sempre passare i primi turni il più velocemente possibile. Non perché volessi dedicarmi ad altro ma perché sapevo che se non passavo velocemente, il torneo diventava molto più duro. Il lavoro e la pazienza comunque mi hanno aiutato a cambiare la mia mentalità.