RG 2014: (s)punti tecnici, day 13-14, la grinta di Maria, la classe di Rafa

(S)punti Tecnici

RG 2014: (s)punti tecnici, day 13-14, la grinta di Maria, la classe di Rafa

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TENNIS-Ecco il consueto appuntamento con la nostra lavagna tattica: oggi l’analisi delle vittorie di Sharapova e Nadal

Due belve. Nè più, nè meno. Questo sono stati i vincitori dei singolari femminile e maschile del Roland Garros 2014 Maria Sharapova e Rafael Nadal. Con una differenza, piccola ma a mio avviso interessante: Masha ha semplicemente (se vi pare poco) messo in campo, dall’inizio alla fine della sua partita contro l’ottima Simona Halep, le sue caratteristiche migliori e più distintive in termini di incredibile attitudine mentale, che già le avevano permesso di arrivare all’atto conclusivo del torneo, senza variazioni particolari a livello di scelte dei colpi o piano tattico. Rafa, invece, quando gli è servito per salire definitivamente sopra a un grande Novak Djokovic (apparso certamente stanco, ma lo era anche Nadal, però lo spagnolo è sempre stato capace di mascherare meglio con il linguaggio del corpo le sue difficoltà di tenuta atletica), oltre alla “presenza agonistica” come sempre esemplare, ha saputo variare in modo notevole ed efficacissimo anche il suo colpo migliore, ovvero il dritto. Ma andiamo con ordine.

Sharapova si è trovata davanti quella che a mio parere è la campionessa emergente (emergente, insomma, numero tre del mondo, credo si possa dire che sia già emersa eccome) più in forma vista a Parigi quest’anno, Simona Halep, seconda come qualità pura del tennis solo alla magnifica Muguruza (che alla fin fine è stata quella più vicina a battere Maria, se avesse tenuto appena un minimo di più nel secondo set dei quarti, anche rispetto alla Bouchard superata in semifinale) ma ben più matura a livello caratteriale.

Ebbene, la siberiana, forte della sua incrollabile fiducia nei propri mezzi, ha accettato senza scomporsi le ormai sedimentate difficoltà al servizio (maledetto l’infortunio alla spalla di sei anni fa), subendo a tratti nei game di risposta, e ha impostato l’intero match in modo ferocemente percentuale, rifiutandosi di variare la sua tattica fatta di botte a tutto braccio con entrambi i fondamentali, concedendo 52 (!) errori gratuiti, ma stampando giù 46 vincenti: che sono di meno, certo, ma se li piazzi con scientifica precisione (o meglio, con classe) su ogni palla importante, game dopo game, bastano e avanzano. E così è andata, esattamente come a Madrid sempre contro la Halep. Che è stata fantastica anche lei, e a mio avviso uno Slam se lo meriterà molto presto, ma la macchina da tennis che Maria riesce a essere quando il livello lo richiede è ancora un (piccolo) gradino sopra a tutte le altre, a parte Serena.

Una strepitosa macchina da tennis su terra battuta, anzi “LA” macchina da tennis su terra battuta, lo è anche Rafael Nadal, ma come accennavo, rispetto alla Sharapova lo spagnolo è sato in grado di cambiare marcia non solo a livello di determinazione, capacità di soffrire, grinta agonistica, e chi più ne ha più ne metta, caratteristiche che ha da sempre, ma anche con variazioni di tipo squisitamente tecnico.

Nel momento “caldo”, decisivo della partita, ovvero tra la fine del secondo set e l’inizio del terzo, dopo aver perso il primo parziale da un Nole Djokovic ottimo ma meno esplosivo fisicamente del solito, e come Rafa stesso ha ammesso è stato quello il giro di boa della finale, Nadal, resosi conto che di sola pressione con il top-spin non sarebbe riuscito a fare la differenza, cosa ha combinato? Si è semplicemente (e qui un “se vi pare poco” non basta) messo a fare il Federer. Il miglior Federer, intendo. Accettando di prendersi rischi a lui non abituali soprattutto sulla terra battuta, ma quando hai di là Djokovic – appannato finchè si vuole, ma sempre di Djokovic in una finale Slam stiamo parlando – qualcosa di più la devi fare anche se ti chiami Rafael Nadal, il maiorchino ha avanzato la posizione in campo di almeno due metri.

Non sempre, ma solo nei punti davvero decisivi: in particolare sul suo servizio, sapendo perfettamente di rischiare le profondissime pallate in risposta del serbo, e mettendosi a colpire ripetutamente in controbalzo per non lasciare campo, soprattutto con il primo colpo in uscita dalla battuta, senza perdere profondità, di pura classe e timing, le botte nelle caviglie che gli tornavano da Nole. Roba che per l’appunto si vede fare di solito solo a Roger in forma.

5 pari nel secondo set, 30-0, servizio Nadal: risposta di Nole a una spanna dalla riga di fondo, Rafa demi-volée liftata con il dritto, tenuta profondissima di polso, Nole sorpreso che gli fosse tornata una palla del genere sbaglia un dritto indietreggiando. 40-0, prima esterna, Nole altra castagna nei piedi in risposta, Rafa di nuovo dentro il campo che molla il dritto in controbalzo stavolta tirato in avanzamento, lungolinea, violenza pazzesca, controllo incredibile. Rispondendo in quel modo, Djokovic avrebbe brekkato chiunque, e invece game Nadal, e poco dopo secondo parziale incamerato 7-5.

1-0 Nadal nel terzo set, 30-30, servizio Djokovic: Rafa gira lo scambio, che lo vedeva sballottato a destra e a sinistra da Nole, entrando in controbalzo da fondo con il dritto lungolinea, potentissimo, prende il centro del campo, e tre palle dopo chiude. 30-40, incassa l’errore di sfinimento di Nole a rete dopo il super-punto precedente, break.

Game successivo, 2-0 Nadal, 15-0: esattamente come sul 5 pari 40-0 nel secondo, prima esterna, rispostona diagonale di Nole, altro dritto assurdo in demi-volée da fondo, lungolinea, Nole a metri dalla palla applaude esterrefatto. 30-0, prima centrale, risposta pesante di Nole, Rafa stavolta dal centro del campo, sempre in controbalzo col dritto a uscire, vincente. Poi ace, e 3 a 0. Partita “andata” per Djokovic.

 

Cinque dritti in demi-volée da fondocampo, a tutto braccio, quattro vincenti diretti in controbalzo come fosse niente, e uno che ha portato al punto pochi scambi dopo: l’intero match è finito lì, e da quel momento in poi, nonostante i tentativi di reazione del serbo, è partito il conto alla rovescia verso l’inevitabile conclusione, e il body-language di Novak evidenziava chiaramente che lo sapeva benissimo anche lui. Cinque dritti pazzeschi che, lo ripeto, per il modo e i momenti in cui sono stati tirati, e per il modo in cui sono stati decisivi, sono stati degli autentici prodigi di classe pura, dei “Federer moments” assoluti, come avrebbe scritto Foster Wallace.

Favoloso Rafa.

 

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