Addio suole lisce e poa pratensis l'erba sta finendo (Clerici), Bolelli è già oltre Nishikori! (Crivelli), II segreto di Bolelli? Un coach per amico (Semeraro), l’anno nero di Serena (Mancuso)

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Addio suole lisce e poa pratensis l’erba sta finendo (Clerici), Bolelli è già oltre Nishikori! (Crivelli), II segreto di Bolelli? Un coach per amico (Semeraro), l’anno nero di Serena (Mancuso)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

 

Addio suole lisce e poa pratensis l’erba sta finendo

 

Gianni Clerici, la repubblica del 30.06.2014

 

I campi sui quali si gioca il torneo sono vuoti, l’erba vittima delle suolacce contemporanee viene amorosamente accudita dai ragazzi del groundsman, che chiamerei capo giardiniere, il Signor NeilStubley, succeduto al mio amico Alan Tichmarsch. Ai miei tempi era vietato scendere in campo con suole men che lisce, da mostrare negli spogliatoi prima di accedere ai court termine rinascimentale che ricorda le Corti, in cui si giocava prima che i britanni riscoprissero il Giuoco di Rachetta e lo ribattezzassero Tennis, dal francese Tenez. Poi vennero le suolacce, che tracciavano una T di erba battuta, ingiallita, tipica di chi serviva e correva a rete. Oggi non esiste più la T, ma soltanto un’isola simile a un grande occhio, lungo la linea della battuta, territorio di proprietà dei fondisti bimani, la maggioranza contemporanea. Come mai si continua a giocare sull’erba solo a Wimbledon, terreno quasi abbandonato negli exDominions, quelli che diedero decine di campioni: Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica? Ma perché costa troppo mantenere un campo. Ricordo di aver visto a Bombay – altro ex dominion – venti poveri giardinieri indiani che strappavano l’erba cattiva in cambio di un piatto di riso. Cosi siamo ridotti a tre settimane di tornei, l’anno prossimo quattro, rinserrati tra il Roland Garros ( che mangerà anch’esso un vicino giardino), e le Regate di Henley, e la Gold Cup di Ascot, avvenimenti che non possono cambiare data, non più di Natale e Pasqua. Un simile attacco, e cioè inizio di articolo, mi è venuto in mente ricordando i disastri dello scorso anno, quando, nel terzo giorno del Torneo, ci furono sette giocatori ritirati per infortuni, e sette precedenti numeri uno sorprendentemente battuti. Tra gli altri, quella star della Sharapova, ci fece sapere che scivolare sull’erbetta era troppo pericoloso, e Victoria Azarenka, la n. 2, confermò con uno stiramento a una gamba. Quest ‘anno pare che le cose vadano meglio, tanto che il capo giardiniere non si sente più sotto accusa, ma ha detto a me e a un collega di «Esser stato complimentato da più di un tennista» ( trai quali non includerei Fabio Fognini ) pur ricordando che, all’avvio, si scivola maggiormente, soprattutto privi dell’ abitudine ad un tipo di equilibrio tanto insolito. Non aveva fatto in tempo ad autolodarsi, o ad autoassolversi, il giardiniere, che venerdi Djokovic si sarebbe involontariamente esibito in tuffo da calciatore, che poteva svitargli un omero. Qualcuno afferma che l’abituale taglio, all’altezza di un terzo di inch, e cioè di otto millimetri, è stato un tantino allungato, e che all’abituale poa pratensis è stata mescolata e aumentata la percentuale di rye grass, che nelle mie conoscenze di mediocre orti-cultore chiamerei gramigna La velocizzazione del gioco, secondo lo scriba, che ci ha provato, è certamente relativa anche alle palle, le indigene Slazenger, più leggere delle sorelle della Atp (Associa-tion Tennis Players) usate a Parigi. Un visitatore italiano mi ha domandato ieri se ci siano campi d’erba in Italia. Ho risposto che ce n’è tuttora più d’uno, come ci informò il mensile Tennis Italiano in una ricerca di qualche anno fa. I due meglio accuditi si trovano nel Parco del conte Sigurtà, vicino a Peschiera del Garda, magnifico giardino botanico aperto al pubblico. A conferma della loro qualità, ricorderò che l’attuale Contessina già aveva qualche dimestichezza con l’erba, ai tempi in cui evoluiva a Wimbledon con il nome di Emanuela Gagliardi. Ma, giunto a questo punto della mia storiella, ritengo di dovermi fermare. Anche perché, la domenica, mi aspetta una partitella, di doppio, in un altro storico club, il Queens, e cioè della Regina. Una domenica sull’erba, cos’altro chiedere alla vita?

 

Bolelli è già oltre Nishikori!

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta del 30.06.2014

 

Di lui un certo Roger Federer parlò così: «Gran servizio e gran dritto, arriverà molto in alto». Era il 2008 e Simone Bolelli stava per giocare la prima (e finora unica) finale, a Monaco di Baviera. Sembrava solo la tappa iniziale di un percorso da predestinato, perché il Bole da Budrio a tennis sa giocare davvero. Fortune merltata E invece, tra cambi di allenatori, infortuni in serie e l’eterna fama di bello e perdente, Simo ha dovuto scorrazzare nel mare pericoloso dei Challenger per ricostruirsi una carriera e una classifica tutte nuove. Ecco perché il colpo di fortuna di Wimbledon , il ripescaggio dopo aver perso all’ultimo turno delle qualificazioni contro Groth, ha finito per mettergli le ali: «Ho pensato che era già successo nel 2011 e che allora avevo battuto Wawrinka, l’ho preso come un buon auspicio e mi sono detto “Forza, meritati questa chance”». E così, ha già eguagliato il miglior risultato sull’erba londinese (2008 e 2011) con il terzo turno, ma oggi nella prosecuzione ‘ Nishikori del match interrotto sabato (si riparte dal 6-3 3- 6-4 6-7 3-3 del quinto set, serve il giapponese) può coltivare il sogno degli ottavi. Sarebbe una grande ripartenza, nonché l’ingresso in pompa magna nuovamente nella top 100 (è 132, se perde sarà 107). Soprattutto, un caldo alla malasorte, alla pubalgia che lo tenne fermo un anno e mezzo a 18 anni, ai due interventi al polso del 2005 e dell’anno scorso: «Risalire non è facile, servono tanta pazienza e calma, è inutile sentirsi troppo sotto pressione». Ieri la vigilia di un match dimezzato che sarà per forza particolare è trascorsa serena, con allenamento all’una: «Sto lavorando molto sulla risposta e gli spostamenti, da sempre i miei punti deboli». Futuro Comunque vada, sarà un successo, un salutare rimettersi in moto verso lidi che il talento di Simone merita: « Credo di avere ancora 4-5 anni ad alto livello. So di poter dare tanto, il tennis è la mia passione e credo che 28 anni sia un’età in cui inseguire la classifica migliore, non certo da pensione. L’età media dei migliori ormai si è spostata in avanti, e io mi sento più maturo fisicamente e mentalmente». Banzai, Bole

 

II segreto di Bolelli? Un coach per amico

 

Stefano Semeraro, il corriere dello sport del 30.06.2014

 

Un coach per amico. O un amico per coach. Le vite dei tennisti sono spesso brade, incostanti, dilaniate da mille trasferte. Riscaldate dalle vittorie, raffreddate da sconfitte che ti entrano sottopelle e mordono come ghiaccio. Per migliorare rovescio o servizio hai bisogno di un coach, per estrarti dalla malinconia e difenderti dal freddo serve soprattutto un amico. Le due figure a volte coincidono, nel tennis gli esempi si sprecano: Andreas Seppi e Max Sartori, Novak Djokovic e Marian Vajda, Mikhail Youzhny e Boris Sobkin. Simone Bolelli, l’ultimo azzurro in tabellone nei Championships che oggi (dalle 11.30) nel prolungamento del match interrotto sabato per oscurità contro Key Nishikori, il giapponese n.12 del mondo, cercherà di diventare il quinto italiano nella storia capace di entrare negli ottavi a Wimbledon, di “spalle” ne ha tante. Umberto Rianna, il coach vero e proprio, che però è anche responsabile under 14 della federazione e italiana e dopo il primo turno è dovuto scappare in Belgio per seguire la Copa del Sol. Giancarlo Petrazzuolo, che di Rianna è il vice ed era a Wimbledon per i primi due turni di qualificazione. E poi Dionigi Tucci, anni 60, detto “Dion’,’ o ancora meglio “paparino: «Perché paparino? – risponde il Bole esibendo uno dei suoi sorrisi disarmanti – perche è uno che risolve tutti i problemi: se sei nella m.. c’è lui a darti una mano. Ci siamo incontrati quando mi allenavo a Roma con Riccardo Piatti, fra il Villa Aurelia e il Forum. Il mio preparatore di allora, Marco Panichi, era amico di Dionigi, che è “malato” di tennis. L’amicizia è nata così». Poi si è trasformata. Nel 2011 Bolelli ha avuto bisogno di qualcuno che lo raggiungesse al torneo Zagabria: è stato paparino a montare sull’aereo rischiando la trasferta all’ultimo minuto, con un metro di neve. «E scambiando Dubrovnik per Zagabria – se la ride con gli occhi chiarissimi Tucci, 60 anni, di professione agente assicuratore delle Generali, nato a Cosenza dove giocava nelle giovanili del calcio – perché io mica sapevo che c’era uno scalo, e l’inglese non lo parlo». Il paparino il tennis lo ha scoperto tardi, a 30 anni, guardando giocare l’ex pro e coach italiano Vittorio Magnelli, adesso esibisce orgoglioso passione e classifica («Sono un 3,5, lo scriva, lo scriva»). Con Bolelli e la moglie Ximena il feeling è scattato naturale, fra generosità calabrese e bonomia bolognese. «Li vedevo lì al circolo, freschi sposini un po’spaesati, è stato naturale scambiare due parole, invitarli a mangiare un’amatriciana cucinata da mia moglie Linda. E così è iniziata la mia rovina…. Eh sì, perché adesso Tucci è diventato il quarto uomo dello staff di Bolelli insieme con Rianna, Petrazzuolo e il preparatore atletico Giancarlo Ragazzi. Bergamo, Vercelli, Tunisi, Roma, persino gli allenamenti a Tirrena: il paparino è stato presenza fissa nel cammino di rinascita che in meno di sei mesi ha riportato Simone dal n.367 del ranking a ridosso nei primi 100. Tanto che a Wimbledon la BBC lo ha persino inquadrato e scambiato per Rianna, e Simone due giorni fa mostrava esilarato l’immagine tv che gli hanno spedito sul telefonino. Del coach Tucci non ha la preparazione tecnica («naaa, il suo dritto proprio non si guarda…», scherza il Bole). Dell’amico invece possiede la stoffa vera. Quella che sa cucire gli strappi dell’anima. «Simone ha vissuto un momento veramente difficile – spiega – i risultati non venivano, forse ha pensato anche di lasciar stare. Poi le cose sono girate, ed eccoci qua», dice stringendosi nella tuta bianca sotto l’acquerugiola di Londra. «Anche per venire a Wimbledon sono partito all’ultimo momento con due robe in valigia, persino questa tuta è di Simone. Ma con lui c’è un rapporto di amicizia vera, disinteressata, perché Simone è un ragazzo d’oro. Lo dico sempre Fognini: sei un grande ma il numero uno è il Bole non scherniamo». Quando ci vuole un amico.

 

L’anno nero di Serena

 

Angelo Mancuso, il messaggero del 30.06.2014

 

«Anche Serena è umana». Lo ha candidamente detto Alize Cornet, francesina dal naso all’insù, dopo aver battuto la Williams a Wimbledon: è stata la sorpresa della prima settimana del torneo. La statunitense è apparsa vulnerabile, quasi tremebonda. Il 2014 è il suo annus horribilis: nonostante i successi a Miami e Roma, l’aura di imbattibilità è svanita nel nulla. La scorsa stagione aveva infilato 34 vittorie consecutive: si era fermata proprio sull’erba dei Championships contro il super servizio di una Lisicki in stato di grazia. Nel 2014 ha già perso 6 match, di cui 3 negli Slam: ottavi agli Australian Open sconfitta dalla Ivanovic, secondo turno al Roland Garros travolta dall’emergente Muguruza e infine terzo a Wimbledon. L’estate scorsa, dopo il trionfo agli US Open, il n.17 in un Major, sembrava avviata a superare di slancio i 18 titoli di Chris Evert, per poi puntare ai 22 di Steffi Graf e ai 24 di Margaret Court. Tanto più che al suo fianco, senza nulla togliere a papà Richard, c è un allenatore con i fiocchi, Patrick Mouratoglou. NUOVA LINFA Tralasciando l’aspetto sentimentale mai ufficializzato ma certificato dai paparazzi, il tecnico francese ha dato nuova linfa alla carriera di Serena. E’ stato lui trasmettere all’americana la cultura del lavoro atletico. Nel 2012 fu amore a prima vista, anche professionale, subito dopo un altro clamoroso ko: aveva appena perso al primo turno di Parigi. Da quel momento ha messo in bacheca 4 titoli dello Slam. «Se Serena ha voglia è praticamente imbattibile», ha detto più volte Nick Bollettieri, guru del tennis. C’è un piccolo segreto nelle sue vittorie, un po’ come la racchetta (più lunga) di Sara Errani. II suo storico sparring partner Sasha Bajin l’ha convinta ad abbandonare il budello naturale per un ibrido: budello per le corde verticali e sintetico per quelle orizzontali. Risultato: maggior controllo negli scambi. La numero uno incontrastata, almeno fino a qualche mese fa. Una sua frase dopo lo scivolone con la Cornet fa riflettere: «Non so perché ho perso. Di solito mi rendo conto dei motivi, stavolta proprio no». E poi: «Non mi sembra di aver giocato male, ho fatto le cose giuste. Contro di me indovinano tutte il match della vita». Quasi a scaricare responsabilità: se le altre giocano così bene contro di lei, che ci può fare? IL DECLINO E se fosse invece iniziato il declino della giocatrice che da oltre dieci anni domina il circuito? Serena il prossimo 26 settembre compirà 33 anni ed è professionista da quasi 20. Ha la stessa età di Federer, che però fa vita da atleta spartano. Lo stesso non può dirsi per l’americana, spesso e volentieri “diva” in tv. Nelle scorse settimane con la sorella Venus si è esibita al “Ballando con le Stelle” americano, quindi è stata protagonista in uno shooting pubblicitario in cui in giocava su un campo in terra verde. Era il 13 giugno: appena 10 giorni dall’inizio di Wimbledon. Inoltre, a differenza di Federer, ha avuto durante la carriera diversi problemi fisici, anche gravi. Nel 2003 si è sottoposta a un intervento chirurgico al tendine del ginocchio, poi l’embolia polmonare che nel 2011 ha fatto addirittura temere per la sua vita. Ultima in ordine di tempo, nel dicembre 2012, un’operazione all’alluce. AL MARE Dopo la delusione del Roland Garros è prima andata al mare con l’amica e collega Caroline Wozniacki, abbandonata a un passo dall’altare dal golfista Rory Mcllroy: su twitter ha postato le sue foto in spiaggia con tanto di costume leopardato. Quindi, con Usain Bolt, non si èvoluta perdere le finali Nba tra i Miami Heat, dei quali è grande tifosa, e i San Antonio Spurs. Non proprio il miglior modo per preparare i Championships. Serena ha sdegnosamente negato di aver mai pensato al ritiro. Ma se le sconfitte dovessero continuare a fioccare le sue certezze potrebbero vacillare di fronte alla nouvelle vague del tennis femminile. A cominciare da Eugenie Bouchard, ventenne canadese dai lunghi capelli biondi e sguardodacerbiatta. Dopo le semifinali a Melbourne e Parigi, è protagonista a Wimbledon. Mentre Serena, sguardo basso, terminava la sua veloce conferenza stampa, lei le dava il cambio indossando un kimono.

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