A Camila Giorgi serve un cambio di staff per crescere, a Nadal per rimanere al top

Rubriche

A Camila Giorgi serve un cambio di staff per crescere, a Nadal per rimanere al top

Pubblicato

il

 

Nel tennis vincere un torneo è sempre la cosa più difficile da realizzare. Ben più difficile che vincere partite contro pronostico. Questo è un fatto noto a tutti gli appassionati di tennis. Pertanto, scomodare la scienza del gioco per argomentare ulteriormente il tema non è affatto necessario

Dunque, onore al merito alla tedesca Angelique Kerber classe 1988 vincitrice del torneo americano di Charleston e alla slovacca Anna Schmieldova classe 1994 vincitrice del torneo di Katowice in Polonia. Complimenti sinceri anche alle due finaliste, la statunitense Madison Keys classe 1995 e all’italiana Camila Giorgi classe 1991.

Per la cronaca le due finali hanno avuto storie diverse. Quella di Charleston ha visto la Keys tentare di raddrizzare una giornata storta, perché nel primo set non riusciva a mettere in campo che poche palle. Ciononostante Madison è riuscita con mestiere a fare partita evitando una rottura prolungata, contendendo fino all’ultima palla il titolo alla più esperta Kerber. Invece, nella finale perduta dalla Giorgi, l’incontro è stato quasi a senso unico. Camila purtroppo non è riuscita a mescolare le carte alla più giovane e inesperta avversaria che ha tagliato il traguardo senza particolari problemi.

Da evidenziare come entrambe le finali siano state giocate su superfici e condizioni ambientali diverse, ma sono comunque riconducibili a un fattore comune che ne ha caratterizzato l’andamento. Questo fattore è stato l’errore. A tal proposito, ricerche, studi e dati, confermano come i giochi sportivi con la palla, tennis ovviamente incluso, si contraddistinguano per l’elemento errore, perché è quello che si manifesta con maggior frequenza. Gli errori, è arcinoto, si classificano poi in due categorie: quelli procurati all’avversario, i più nobili, perché quasi parenti dei vincenti, e in ultimo quelli gratuiti. Nelle due finali in oggetto, ahimè, è andato in scena l’errore gratuito.

Tuttavia, anche i campioni non sono immuni da errori, neanche da quelli gratuiti. Però, al contrario degli altri giocatori, i grandi tennisti sanno come contenerli, come limitare l’emorragia quando si presenta. Ciò accade perché anche i campioni, come le persone comuni, non sono esenti da limiti. Limiti che sono in grado di riconoscere, accettare, domare. Un vero campione è raramente ostaggio dei propri limiti perché sa imparare e crescere traducendoli in risorsa, piuttosto che in handicap. Dunque, l’arte nel trattare i limiti è parte della grandezza del campione. A mio avviso ne tratteggia in modo significativo la bellezza, forse ancor più delle straordinarie abilità tecniche che invece son fin troppo ovvie.

Tornando a bomba sulla fenomenologia Giorgi è possibile rilevare che la bellezza dell’arte gestionale dei limiti, che ho tentato di illustrare poc’anzi, pare al momento completamente assente. La bombardiera Camila possiede certo evidenti qualità, oltre a visibili barriere. Sul piano coordinativo e motorio è un autentico prodigio, quanto sprovveduta sul piano strategico tattico. Circa la condotta di gara poi, sembra che l’azzurra giochi ogni partita come una finale. Dunque può battere una top 10 come perdere dalla numero 50 senza batter ciglio. Inoltre, va considerato che per vincere un torneo occorrono almeno cinque vittorie filate, quindi per Camila cinque finali consecutive. Materia che probabilmente supera i limiti di Serena Williams in stato di grazia. Pertanto, pare evidente che il problema per la Giorgi appartenga all’area cognitiva. Urge un cambiamento repentino che supporti lo staff di Camila. Staff che in molti ritengono inadeguato, e che però allo stesso tempo, ha creato dal nulla la giocatrice professionista Camila Giorgi. Un fatto che bisogna sempre tenere ben presente.

Ad altri livelli e in ben altro pianeta, va in onda una vicenda in parte assimilabile a quella di Camila. In particolare, mi riferisco al momento difficile che sta vivendo Rafael Nadal, campione di psicofisicità. Attualmente il maiorchino si trova in riserva proprio nella risorsa che lo ha reso celebre sui campi di tutto il mondo. Ebbene, anche in questo caso alcuni addetti ai lavori hanno suggerito a Rafa di cambiare staff. Un suggerimento determinato dal fatto che una crisi, per quanto profonda, non può rendere lo spagnolo vulnerabile a giocatori che non siano almeno di primissima fascia. Dunque, un gruppo di lavoro di comprovata esperienza dovrebbe aiutare l’atleta a rientrare, perlomeno, in un binario che sia più consono al suo lignaggio. Senza dubbio, si tratta di considerazioni tutt’altro che campate in aria, che generano riflessioni.

Tuttavia, la considerazione che per prima può balzare alla mente di chiunque potrebbe riguardare, sempre nel caso di Nadal, se esistano questioni di competenze all’interno del suo staff. Competenze che forse rimanevano nell’ombra, nascoste dalle vittorie folgoranti del fenomeno maiorchino. Contemporaneamente però, si potrebbe anche pensare che il tennis sia sprovvisto di competenze presenti in altre discipline sportive come ad esempio nel basket NBA, dove competono e vengono gestiti super atleti. Oppure come nel nuoto e nell’atletica, dove si limano i centesimi di secondo per vincere. Tutti sport in cui, salvo eccezioni, amici e parenti non presidiano l’angolo degli atleti. Anche se nel tennis pare che i familiari abbiano prodotto più numeri uno del mondo rispetto ai tecnici, in particolare in quello femminile. Infine, si potrebbe anche pensare che uno sport individuale e complesso come il tennis abbia equilibri delicatissimi che si adagiano più sul rapporto fiduciario che professionale. Equilibri che sconfinano addirittura nell’etologia.

L’etologia è un termine coniato dal Premio Nobel (1973) Konrad Lorenz. Si tratta di una branca della scienza moderna che si occupa dello studio del comportamento animale, specie umana inclusa. Ebbene, nella storia dello sport è significativa la vicenda del figlio del vento, il leggendario Ribot, il cavallo invincibile. Per giunta Ribot, come molti grandi campioni, aveva un carattere egocentrico. Sapeva di essere un fuoriclasse, una star e come tale voleva essere trattato. Quando Ribot viveva stati d’ansia, insicurezze, insuccessi, non c’era allenatore al mondo che riuscisse a riportarlo in pista. Solo la rassicurante compagnia del fidato Magistris lo recuperava alla calma e ai risultati. Chi era Magistris? Un altro cavallo, il suo amico.

 

Luca Bottazzi

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement