Nadal, nuova vita «Ora sono felice anche se perdo» (Martucci), Un altro stop in finale per la Giorgi (Viggiani), L’occasione di Djokovic (Clerici), Flavia e Roberta divise in Fed Cup a Brindisi “Insieme” al Foro Italico (Pikler)

Rassegna stampa

Nadal, nuova vita «Ora sono felice anche se perdo» (Martucci), Un altro stop in finale per la Giorgi (Viggiani), L’occasione di Djokovic (Clerici), Flavia e Roberta divise in Fed Cup a Brindisi “Insieme” al Foro Italico (Pikler)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Nadal, nuova vita «Ora sono felice anche se perdo»

 

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 13.04.2015

 

Bentornato, Principe della terra rossa. Bentornato a Montecarlo, dove hai vinto 8 volte di fila dal 2005 al 2012. Anche se oggi il passato glorioso sembra lontano anni luce, mentre le cicatrici del brutto inizio di stagione bruciano, sulla scia di altri 6 mesi di guai fisici del 2014. Bentornato al Country Club, Rafa, anche se la faccia del campione è scura, sia in campo, dove sbaglia dritti e rovesci clamorosi anche nell’esibizione di beneficienza voluta da Marin Cilic, sia fuori. Certo, col sole e il mare, Nadal sta sempre bene: «Amo essere qui a Montecarlo». E l’atleta dall’attitudine ideale è in pace con se stesso: «Mi sono allenato molto bene, ho ancora due giorni per prepararmi al meglio per il primo match, spero di essere pronto». Ma anche l’autoironia non gli apre appieno il sorriso: «E’ già la seconda volta che torno qui non da campione uscente, direi che ormai sono molto abituato». Molto? PAUSE Del resto, scherza, ma non troppo. Vorrebbe proprio essere sicuro di essersi lasciato il peggio dietro le spalle: «Sono contento di essere tornato sulla terra rossa, questa è la parte della stagione che preferisco». Vorrebbe avere il coraggio per dribblare ancora una volta gli sgambetti del destino, e i troppi infortuni: « So bene che devo giocare meglio di quanto ho fatto finora, e farti il massimo per riuscirci. Proverò a farcela, vorrei riuscirci prima possibile. Se non ne fossi intimamente convinto non sarei qui né avrei potuto raggiungere i grandi risultati della mia carriera. Io so che ho la motivazione e la passione per giocare le partite. E questa è la cosa che più mi spinge a lavorare, e a migliorare. Lo sto facendo, di settimana in settimana, a parte Miami, dove ho chiaramente ho giocato male. Ora che sono di nuovo sulla mia superficie preferita, devo recuperare il mio livello di fiducia e di tennis». Ma la mascella è serrata, il sorriso è stirato, l’espressione è cupa. La paura che la terra rossa gli frani addosso travolgendolo, con tutti i punti che difende, è forte, fortissima. Ma, almeno per una volta, il più grande campione di sempre della terra rossa pub recitare legittimamente il ruolo di outsider: «Non sono favorito per nessun torneo, sto giocando peggio dei miei rivali. E quindi non ho pressioni. Non sento di dover vincere per forza, devo solo fare meglio di quanto ho fatto finora». E il Roland Garros, il sogno della stella, il decimo titolo in undici anni? «E’ lontano, non è il momento di parlarne». Rafa conosce se stesso: «Devo essere più solido, più continuo, non posso giocare bene mezza partita e poi fare quattro errori di fila come a Miami. Devo avere un timing migliore. Ma so anche che tra giocare male e giocare ai miei livelli, non c’è grande differenza». La ricerca della forma è un po’ come il cane che si morde la coda: «La testa funziona meglio se giochi meglio. E, nello stesso tempo, se sei più calmo e hai più fiducia, diventa più facile giocare meglio». PASSATO Da qui a Parigi ci sono ancora 40 giorni, ma stavolta il ritornello dei tennisti «che perdono più spesso di quanto vincano» vale meno. «Il tennis è sport di vittorie, chi si ricorda le sconfitte? Infatti parliamo dei miei successi a Parigi, 8 volte su 9, ma non di quando ho perso con Soderling. Parliamo dell’8 su 10 che ho negli ultimi anni a Montecarlo, ma non della prima volta che ci ho giocato nel 2003, e ho perso con Coria, o degli ultimi due anni, quando ho perso con Djokovic e Ferrer. Parliamo del 7 su 10 a Roma, non di quando ho perso subito con Ferrero. Quando perdo non ci sto granché, certo, ma non mi abbatto….

 

Un altro stop in finale per la Giorgi

 

Mario Viggiani, il corriere dello sport del 13.04.2015

 

Chissà se Camila Giorgi conosce il proverbio del “non c’è due senza tre: O comunque se le piacciono, i proverbi. L’unica cosa certa è che la 23enne marchigiana ha appunto perso la terza finale Wta su altrettante disputate fin qui in carriera La prime due risalgono all’anno scarso, in aprile a Katowice contro la francese Alize Cornet e in ottobre a Linz contro la ceca Karolina Pliskova, sempre dopo tre set tiratissimi. La terza è andata storta ancora a Katowice, in Polonia, dove questa volta si è consegnata in due set alla slovacca Anna Karolina, 20enne di belle speranze, al primo successo in un torneo Wta, grazie al quale oggi passerà da n. 67 a 46 del mondo, suo best ranking (l’anno scorso aveva vinto la sua prima partita di main draw Wta proprio a Katowice!). Si pensava che finalmente Camila in questa occasione ce l’avrebbe fatta. E invece, dopo aver superato sabato in semifinale una Top Ten (“Aga” Radwanska) per la 6′ volta in carriera, s’è fermata sul più bello, pur essendo stata in vantaggio di un break all’inizio di ognuno dei due set. Peccato, tuttavia arriverà in gran forma a Brindisi, dove oggi l’ Italia di Fed Cup si ritroverà a Brindisi per il play off di sabato e domenica contra Stati Uniti per evitare la retrocessione in Serie B nella Davis al femminile…..

 

L’occasione di Djokovic

 

Gianni Clerici, la repubblica del 13.04.2015

 

Le palle colpite dalle racchette iniziarono a rimbalzare nel 1300 su pavimenti di pietra di case principesche, e non meno aristocratici monasteri. Erano in cuoio, ripiene di capelli, e tosi continuarono sinché dal Sudamerica un carico di gomma raggiunse la Gran Bretagna, e, intorno al 1870, Henry Gem e lo spagnolo Augusto Pereira disputarono, forse, la prima partita sull’erbetta. Questa idea venne sfruttata dal Maggiore Wingfield, che depositò il copyright di un gioco altrui, e iniziò la vendita di una cassa contenente racchette palle e la rete. Queste casse presero a viaggiare, e, ancor prima che in America, raggiunsero le coste francesi della Manica, se devo credere alle immagini di stampe in cui il tennis, che ormai si chiamava tosi, viene raffigurato quale amabile passatempo di spiaggia. In Gran Bretagna, dove l’erba è addirittura ovvia superficie, non si pensò, come in Europa, a un campo che, dapprima in arena, divenne presto in mattoni tritati, dal fondamentale colore rossastro. Negli Stati Uniti, le temperature ele piogge della Costa Atlantica consentirono l’imitazione della Gran Bretagna, mentre la Costa Orientale fu cementificata…. Un luogo meraviglioso, digradante sul Mediterraneo come lo sono tutti gli uliveti liguri, felicemente immune dall’atroce cementificazione monegasca, evitata forse da quella fortuita presenza. Mi sono consentito una simile divagazione, anche perché le tre diverse superfici dominanti, e dico tre nonostante la progressiva scomparsa dell’erba, consentono un tennis diverso, un adattamento anche gestuale diverso. I diversi tennis sono effetto dell’attrito della palla, oltreché della sua pressione. II mattone macinato è causa di maggiori attriti, anche perché le ricerche di laboratorio mostrano una minima trincea, scavata dalla palla durante il rimbalzo. II perfezionamento delle racchette, tale ormai che il futuro strumento pensante renderà quasi sconosciuto l’errore, farà sì che i match monegaschi, al meglio di tre set, anticipino la scomparsa dello storic o bes t of five match, che sta per limitare a quattro games ( giochi ) i set già accorciati nel 1970 dal mio amico Jimmy Van Alen, antico residente proprio in Costa Azzurra, inventore del tie-break. Simile lungo (troppo?) prologo spinge lo scriba a chiedersi in che modo si adatteranno al rosso i campioni contemporanei, e soprattutto l’unico tra loro che potrebbe forse ripetere una irripetibile prodezza, quella che il mio collega americano Allison Danzig chiamò, sul Brooklyn Eagle, Grand Slam, ad imitazione di una situazione bridgistica: e cioè la quadruplice vittoria nei tornei detti Grande Slam: Australia, Roland Garros, Wimbledon e US Open Per essere ancora più veritiero (noioso?) devo ricordare che i primi dei due Slam, 1938 dell’americano Donald Budge e 1962 dell’australiano Rod Laver, furono causati anche dalla forzata assenza di grandi tennisti che iniziarono a monetizzare le proprie esibizioni tra i professionisti, ai quali era negata da una giurisdizione asociale la partecipazione agli Slam. Rimane tuttavia la seconda prodezza di Rod Laver nel 1969, e per qualche storico del tennis, ristretto club di cui faccio parte, unico autentico successo nei Quattro Grandi Tornei….

 

Flavia e Roberta divise in Fed Cup a Brindisi “Insieme” al Foro Italico

 

Tiziana Pikler, la gazzetta del mezzogiorno del 13.04.2015

 

 

Fed Cup a Brindisi o Internazionali Bnl d’Italia a Roma, a tenere banco è sempre lui, il doppio. Specialità che al femminile ha regalato tanto all’Italia, soprattutto negli ultimi anni, e proprio grazie alle atlete pugliesi. Flavia Pennetta è stata la prima delle azzurre a raggiungere il vertice della classifica Wta, nel febbraio 2011. Roberta Vinci è l’attuale numero 1 della stessa classifica, insieme a Sara Errani. Flavia e Roberta contano 42 titoli in doppio in due, tra major e tornei Wta: 17 per la brindisina, 25 per la tarantina. Flavia a Brindisi ci sarà, Roberta no. Al Foro Italico invece ci saranno entrambe, in singolare e anche in doppio. La domanda è: in coppia con chi? All’indomani del comunicato con cui Roberta Vinci e Sara Errani hanno reso pubblico il termine del loro sodalizio, le Cichis avevano successivamente rassicurato i tifosi italiani: saremo presenti sia per difendere il Gruppo Mondiale in Fed Cup, sia per provare a vincere le Olimpiadi di Rio. Poi, però, Roberta a Brindisi non è stata convocata. E allora, vedremo ancora in campo il doppio del Career Grand Slam per difendere i colori azzurri oppure no? In prospettiva Rio 2016, il presidente del Coni, Giovanni Malagò, durante la presentazione degli Internazionali Bnl d’Italia, ha scoperto le carte. Il presidente della Fit, Angelo Binaghi, ha promesso tre medaglie per il medagliere azzurro: il doppio maschile, il doppio femminile e il doppio misto, senza specificarne il colore. Dal canto suo, il numero 1 della Federtennis ha ammesso la promessa, confermando però che nei mesi che ancora mancano ai Giochi brasiliani ci saranno delle difficoltà impreviste da affrontare. In questa prima parte di stagione, Flavia appare in ripresa: dopo l’uscita all’esordio a Melbourne ha raggiunto i quarti a Dubai e a Indian Wells, traguardo raggiunto anche due volte a Roma, nel 2006 e nel 2012. Roberta, dopo aver chiuso il 2014 tra le top-50 per il sesto anno di fila, sembra essere più in difficoltà e con la terra del Foro Italico non ha mai avuto un gran feeling, come dimostra l’unico terzo turno raggiunto (2013) in sedici partecipazioni. «A Roma non sono mai riuscita a esprimermi al meglio, non riesco a gestire la pressione e le emozioni del torneo di casa», ha più volte dichiarato la tarantina. Dopo Brindisi, Roma costituirà una nuova tappa verso Rio 2016. Al momento la coppia più solida in chiave Olimpiadi sembra quella del doppio misto, composta da Flavia Pennetta e Fabio Fognini. E non solo sul campo da tennis.

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