Fognini un anno dopo Per riprendere il filo (Martucci), Fognini batte un colpo: «Sto lavorando molto» (Semeraro), L'asso Coric l'incosciente Dolgopolov (Bertolucci)

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Fognini un anno dopo Per riprendere il filo (Martucci), Fognini batte un colpo: «Sto lavorando molto» (Semeraro), L’asso Coric l’incosciente Dolgopolov (Bertolucci)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Fognini un anno dopo, per riprendere il filo

 

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 14.04.2015

 

Dimenticare il passato e non pensare al futuro». Fabio Fognini se lo ripete come in training autogeno. Povero ragazzo baciato dal talento, tennistico e fisico: s’è smarrito proprio un anno fa, qui a Montecarlo, mentre volava verso i «top ten», la frontiera negata agli italiani post «magnifici 4», Panatta-Barazzutti-Bertolucci-Zugarelli. E’ caduto all’improvviso, mentre aveva fra le mani Jo Wilfred Tsonga, e non s’è più risollevato, folgorato da un sortilegio: oggi non getta più racchette per terra e parolacce al vento ma, come un novello Sansone, insieme ai capelli, ha perso anche la forza, cioé il filo del gioco, la fiducia, la presunzione, la forma. Insomma, le armi migliori del campione. Addirittura, una volta superato a fatica Jerzy Janowicz – con occhiali da sole per non farsi riconoscere dietro i 5 doppi falli e il 48% di punti con la prima di servizio? -, rinnega il «Grande Fogna»: «Grazie per la fiducia, ma il numero 10 del mondo era soltanto un sogno, che in realtà rimaneva lì. L’anno scorso è l’anno scorso, quest’anno, in singolare, faccio più fatica, i risultati parlano da soli». AFFETTO Povero, quant’ha sofferto, l’anno scorso, e quant’ha sofferto, quest’anno, nel vortice di cinque sconfitte consecutive, da quel torneo di Rio dove pure era arrivato in finale, dopo aver stoppato niente po’ di meno che Rafa Nadal dopo 52 semifinali consecutive sulla terra rossa. «Del passato voglio ricordare solo quella vittoria contro il più forte di sempre sulla superficie che più mi piace». Da allora ha perso con Ferrer (in finale), con Berlocq a Baires, con Nedovyesov in coppa Davis, con Mannarino a Indian Wells e con Sock a Miami. Tutte sconfitte con gli stessi, clamorosi, alti e bassi evidenziati contro lo sciagurato gigante polacco Janowicz (2.03). Col quale, sotto il bel sole della Costa Azzurra, si scambia cinque break consecutivi. Poi, liberato all’improvviso da quell’angoscia – terrore di risalire e rifarsi male? -, spara qualche dritto, spolverando le righe e a spiazzando clamorosamente l’avversario, strappa il primo set e si prende anche il secondo con un 6-1 bugiardo. Perché, sotto gli occhi del costernato coach José Perlas e della propria, bellissima, famiglia, schierata al suo capezzale, si auto-punisce rischiando una palla break nel primo game e un’altra anche più clamorosa nel quinto. Quando butta via una volée di dritto a campo aperto che fa gemere di dolore la tribuna di italianissimi seguaci. Molti della vicina Arma di Taggia, dov’è nato. CONVALESCENTE Insomma, Fognini non è guarito. Anzi, non s’è ancora alzato dal letto di dolore. «Sono molto contento di aver vinto questa partita. All’inizio ero teso, devo essere più solido e più continuo, devo migliorare. Perciò mi sto allenando molto e bene, due sessioni ci 1 giorno. Mi sto sforzando molto, sto lavorando su certe cose», dice e non dice. «Volutamente». Criptico. Come quando scrive sulla telecamera in campo: «#52 #io 13». Un messaggio cifrato per la sua bella, Flavia Pen-netta, affaccendata a Brindisi in Fed Cup. Con quel «io 13» che può stare per la propria miglior classifica, appunto 13, del 31 marzo 2014, mentre il «52» potrebbe ricordare le settimane trascorse e anche quelle della coppia «Fabio e Flavia». Ma non doveva dimenticare il passato? Gli diamo altri numeri su cui pensare: oggi il match Dimitro – Verdasco decide il suo avversario di domani, 11 e 40 del mondo.

 

Fognini batte un colpo: «Sto lavorando molto»

 

Stefano Semeraro, il corriere dello sport del 14.04.2015

 

Dopo quattro flop al 1 turno, supera Janowicz a Montecarlo. «È vero, non ho brillato, ma non è tutto negativo» Fed Cup: a Brindisi oggi arrivano gli Usa ma è in dubbio la partecipatone di Venus Williams di Stefano Semeraro L’importante era vincer, non come vincere. Dopo quattro flop consecutivi al 1 turno per Fabio Fognini contava interrompere la serie maledetta e mettersi in tasca un gruzzoletto di fiducia. Quindi poco importa se nei 57 minuti che ha impiegato per sbattere fuori dal Country Club di Montecarlo con un secco 6-3 6-1 Jerry Janowicz, ex n.14 del mondo scivolato in basso (n.47) per colpa di troppi infortuni e troppe mattane, di bel tennis se ne è visto poco. Quasi nulla. Cinque break nei primi cinque game, poi lo scatto di Fabio che anche nel 2 set, tranne un brivido nel 5 game, ha liquidato senza eccessivi patemi (ma con tanti errori da entrambe le parti, 28 a 24 per J.J) il polacco, ciondolante e nullo al servizio. «Janowicz aveva un piccolo problema, ma non è un problema mio», ha sorriso alla fine Fabio. «E se proprio devo dirlo, dei suoi errori non me ne frega niente. Devo ancora migliorare, ma ho fatto un match solido sulla terra rossa che è la mia superficie preferita». DEDICA. La dedica scritta sulla telecamera – #56#io13 – non ha voluta spiegarla («non era per voi») ma è inevitabile legare il 13 alla classifica con cui nel 2014 si era presentato qui. Nel 2013 a Montecarlo aveva raggiunto la semifinale, l’anno scorso invece proprio nel Principato, in quel maledetto 3 turno perso contro Tsonga, arrivò la crisi di nervi condita da insulti al suo box, l’incipit di un lungo periodo di crisi. Nel 2015 per ora il Fogna si è acceso solo a Rio (vittoria su Nadal e finale), poi sono arrivate le delusioni a Buenos Aires e sul cemento Usa «E’ vero, nelle ultime settimane non ho brillato molto, ma sto lavorando, e a Rio ho battuto il migliore del mondo sulla terra….

 

L’asso Coric l’incosciente Dolgopolov

 

Paolo Bertolucci, la gazzetta dello sport del 14.04.2015

 

Nella partita tecnicamente più interessante di ieri con Alexandr Dolgopolov, Borna Coric ha fatto vedere di aver bisogno di tempo e qualche ripetizione per replicare sulla terra le ottime partite fatte su altre superfici. Alla mancanza di esperienza ha aggiunto una seconda di servizio penetrante ma ballerina e una acerba lettura nel recupero della smorzata. Da rimarcare il livello raggiunto con il dritto a ventaglio, grazie alla notevole mobilità del polso, e il rovescio bimane, che offre valide alternative allo scambio con il decisivo supporto dell’elegante back. Il linguaggio del corpo, la gestione degli intervalli e la saldezza di nervi fanno intravedere con una certa chiarezza un futuro almeno da primi dieci del mondo. II discontinuo Dolgopolov ha attinto a piene mani ai tagli, ai cambi di ritmo e alle palle corte. Non ha chiuso in due set per alcune decisioni improvvide: il suo è un tennis al limite dell’incoscienza, pieno di rischi e di traiettorie complesse…..

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