Re Djokovic contro tutti. L'ora di Fognini (Valenti). Ombre di Spagna, Conquistador contro la crisi (Martucci). Murray sogna anche in rosso, con Nishikori occhio a Ferrer (Crivelli). Gli eroi per caso che hanno fatto sognare il Foro (Marianantoni). Fognini e Bolelli per un sogno (Corsport)

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Re Djokovic contro tutti. L’ora di Fognini (Valenti). Ombre di Spagna, Conquistador contro la crisi (Martucci). Murray sogna anche in rosso, con Nishikori occhio a Ferrer (Crivelli). Gli eroi per caso che hanno fatto sognare il Foro (Marianantoni). Fognini e Bolelli per un sogno (Corsport)

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Re Djokovic contro tutti, l’ora di Fognini (Gianni Valenti, la Gazzetta dello Sport)

A Madrid non l’hanno visto. S’è riposato e allenato lontano dai riflettori. Serviva un pit stop dopo aver vinto nell’ordine lo Slam d’Australia, i due Master 1000 americani di Indian Wells e Miami e la prima terra rossa dell’anno a Montecarlo. Ora è pronto a scendere nel Foro, conquistare Roma per la quarta volta e marciare poi su Parigi. Novak Djokovic sa bene che questo potrebbe essere l’anno della sua apoteosi e non ha nessuna intenzione di fare regali agli altri. La condizione è al top, matrimonio e paternità hanno messo ancor più benzina nel motore di un campione assoluto che spesso disarma gli avversari solo con l’intensità fisica che riesce a esprimere sul campo. Il serbo è in fuga, da solo. Dietro di lui inseguono vecchi e nuovi protagonisti del circuito. Che a volte danno la sensazione di andarlo a prendere, salvo poi essere ricacciati indietro nel breve lasso di tempo di qualche game. Il primo della lista è naturalmente Rafa Nadal, ammirevole per il modo in cui sta cercando di tornare in sella dopo i guai fisici che lo stanno ostacolando con sempre maggior frequenza. Gli Internazionali d’Italia che cominciano domani sono una delle piazze del tennis dove è maggiormente a suo agio. Qui a Roma, infatti, ha vinto sette volte, incassando dal 2005 a oggi solamente tre sconfitte: due di queste proprio da Djokovic. Lo spagnolo sembra l’unico con Andy Murray ad avere qualche chance di fare lo sgambetto al numero 1 del mondo. Federer è un’ incognita. Non per la partecipazione a questo punto sicura dopo l’inserimento in tabellone, quanto per il rendimento. Roger non sta certo brillando ma un aiuto allo spettacolo potrebbe venire dalla sua ferrea volontà di mettersi in palla velocemente in vista del Roland Garros. Discorso a parte meritano gli azzurri. O meglio Fognini e Bolelli, visto che l’infortunio di Seppi ci priva della terza punta. Ci piacerebbe vedere Fabio dare una volta per tutte prova di maturità, lasciando negli spogliatoi imprecazioni e racchette da frantumare. Alla soglia dei 28 anni è scoccata l’ora di gettare tutto il talento sul campo e farsi applaudire dal proprio pubblico. Che non aspetta altro. Poi vada come vada. Per un tennista italiano Roma è più di uno Slam e va onorata di conseguenza. Cosa che da anni riesce abbastanza bene alle nostre ragazze. Il sorteggio di ieri ha però tracciato per loro un cammino piuttosto difficile: Sara Errani già agli ottavi potrebbe giocare la rivincita della sfortunata finale 2014 contro Serena Williams. Flavia Pennetta dovrà superare se stessa per approdare al terzo turno. Sarà Camila Giorgi stavolta a sorprenderci?

 

Ombre di Spagna, Conquistador contro la crisi (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport)

A. A.A. cercasi disperatamente Rafa. Mai il gigante della terra aveva avuto i piedi d’argilla come in quest’inizio di stagione. Mai era apparso così nudo, così debole di energie psicofisiche, così a intermittenza. Mai aveva fatto ritirate clamorose come il cambio di racchetta, a Montecarlo, e repentino ritorno alle origini, a Barcellona. Mai Nadal era stato così lontano dal formidabile Rafa: dal nono Roland Garros conquistato negli ultimi dieci anni, il mancino di Maiorca si è aggiudicato appena un torneo; nel 2015, arrivando a Madrid, ha accusato già 7 sconfitte in 26 partite, è stato escluso dai primi tre del mondo ed è stato umiliato anche nel suo feudo rosso da Super8, Montecarlo e Barcellona. Cioè il tradizionale viatico di forma e fiducia per i piatti forti, Madrid-Roma-Roland Garros. Roba da lettino da psicanalista, cioé da lunghi allenamenti e discussioni con zio Toni, guida sicura di sempre. Perché l’arma paralizzante, il famoso dritto a uncino dal top-spin massacrante s’inceppa, come le gambe a molla, come la velocità di palla, come l’attitudine, troppo difensiva, laggiù, due metri fuori dal campo. Mentre i rivali rialzano la testa, dal dominatore del momento, il campione elastico, Novak Djokovic (campione a Montecarlo), ai più fantasiosi, Federer (vincitore a Istanbul) e Murray (re a Monaco), che stanno seguendo la via della rete per mano dei messia svedesi, Edberg e Bjorkman. PERSONALITA’ Rafa è arrivato un po’ spaesato, a Madrid, come quegli studenti rimandati a settembre: doveva superare l’esame nel modo migliore, ma in condizioni particolari (in altura) e senza il riscontro-Djoker (in vacanza). Proprio come il suo adorato Real Madrid del calcio, da campione immacolato, senza macchia e senza paura, s’è specchiato in un’immagine sbiadita del campione che fu. Dentro e fuori del campo. Come sottolinea, crudo, Patrick Mouratoglou, coach di Serena Williams: «Non vedo come possa vincere i grandi tornei sulla terra, Djokovic è praticamente intoccabile. Rafa dovrebbe prima recuperare un po’ di fiducia in se stesso, ma certo la soluzione non è parlarne troppo, pubblicamente, mettendo a nudo le proprie debolezze. Serena non lo farebbe mai. Perché riconoscere che è così fuori forma? Prima, contro di lui, sulla terra, gli avversari entravano in campo già perdenti. Ora le cose cambieranno». BANDERILLAS Forse il clan Nadal, che s’impernia sull’ex pro Carlos Costa, storico manager del maiorchino, sta cercando di alleggerire di pressioni Rafa e di trasferirle sulle spalle di Djokovic. Negli ultimi tre anni la strategia è stata vincente, una volta a Porte d’Auteuil Nole ha visto sempre rosso, e s’è ritrovato infilzato dalle banderillas della sua stessa mente, mancando l’obiettivo quando sembrava ormai vicinissimo. Mentre lo spagnolo ha ritrovato d’incanto la forma e la fiducia. Segreti semplici, non complicati come le infusioni di sangue alle ginocchia, le raddrizzate alla schiena e l’acqua del mare che Nadal berrebbe, filtrata a freddo e purificata presso i laboratori Quinton ad Alicante, per evitare altre crisi di disidratazione a causa di quel suo gioco così dispendioso. Segreti che evaporano davanti all’impossibilità di tenere i suoi ritmi, a quasi 29 anni, di cui 11 di durissime battaglie, con in più la spada di Damocle dei 3600 punti in classifica del 2014 da difendere fino al fatidico Roland Garros del 25 maggio. Il traguardo della carriera, con quell’emblematico 10, cioé i trionfi sulla sacra terra, che sa di perfezione e di immortalità sportiva anche per chi, a parole, dribbla da sempre numeri e record. E quindi filosofeggia: «Sono arrivato a un punto della carriera in cui non devo dimostrare niente a nessuno, men che meno a me stesso. La normalità, nel tennis, non è vincere tanto come ho fatto io, ma perdere». Mentre i sussurri fuoricampo lo condannano. «Oggi, nelle giornate-no, Rafa non trova più la soluzione, spesso è troppo lontano dal campo e fa fatica col suo colpo, il dritto», sottolinea il cervello fino Alex Corretja. «Non è come nel 2013, quando era sceso in classifica per motivi fisici, ora è sceso proprio di livello. E quindi non cambieremo le teste di serie per lui, anche se ha vinto il torneo 9 volte», sentenzia Gilbert Ysern, il direttore del Roland Garros. Mentre il fenomeno di Maiorca, a dispetto dei vuoti e dei cali, evita con la semifinale a Madrid di scivolare al numero 7 del mondo. E così marcia un po’ più sicuro su Roma dove, negli ultimi dieci anni, ha perso una volta contro le vesciche e due in finale contro Djokovic. Ma che, mai come adesso, sarà per lui terra di conquista. DA 10 ANNI RA FA E NOLE DOMINANO SENZA RIVALI Roma, da 10 anni a questa parte, è l’unico torneo al mondo di proprietà esclusiva di Nadal e Djokovic. Dal successo del 2004 di Carlos Moya, Rafa e Nole non hanno mai mancato il bersaglio: 7 centri per lo spagnolo, 3 per il serbo. Nadal ha perso solo 3 volte: una con Juan Carlos Ferrero (2008) e 2 con Djokovic. II serbo invece ha perso 5 partite: 3 con Nadal, una con Berdych e una con Verdasco. I NUMERI 1: Rafael Nadal ha vinto 7 volte — record — gli Internazionali d’Italia, nel 2005, 2006, 2007, 2009, 2010, 2012 e 2013. Ha poi perso con Novak Djokovic nelle finali 2011 e 2014. Grazie al titolo conseguito nel 2009, il mancino spagnolo è fra i quattro che si sono aggiudicati il torneo di Roma da n’ 1 del mondo, dopo Ivan Lendl, nel 1986 e 1988, Jim Courier, nel 1992, e Pete Sampras, nel 1994 (lu.mar.) FAVORITI DI PAOLO BERTOLUCCI: NOVAK DJOKOVIC A Roma 3 vittorie e 2 finali, sulla terra 10 successi. Quest’anno il n.1 ha vinto Australian Open, Indian Wells, Miami e Monte Carlo. 35% Saltando Madrid ha ricaricato le pile e ha fatto il tagliando fisico. In questo momento appare insuperabile e sarà il favorito.  NADAL Lo spagnolo n. 4 a Roma conta 7 vittore e 2 finali, 46 successi sulla terra. Nel 2015 vittoria a Buenos Aires, semifinale a Rio e Monte Carlo 20%. Tornando alla vecchia racchetta vuole togliere l’ultimo alibi alla mancanza di controllo di palla. Servono vittorie di spessore. 5% ANDY MURRAY Una settimana fa ha vinto a Monaco il primo titolo sul rosso; quest’anno finale a Melbourne e Miami. A Roma una semifinale. 1o% Riuscirà coach Bjorkman a fargli assumere una posizione più avanzata e a convincerlo che la volée può essere «confort zone»? KEI NISHIKORI Il giapponese a Roma conta una sola presenza (2 turno 2013), sulla terra 2 successi; quest’anno ha vinto a Memphis e Barcellona. 10% Rapido, sicuro sulla diagonale di rovescio, freddo: non è solo da cemento, ma giocatore completo e di affidamento anche sul rosso. Ferrer, Wawrinka, Berdych; gli altri pretendenti hanno evidenti limiti: infortuni, carta d’identità e personalità. E poi c’è Federer: lui è oltre, mai sottovalutarlo.

 

Murray sogna anche in rosso, con Nishikori occhio a Ferrer (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

A Roma, rione Trevi, sorge da quasi cinque secoli la chiesa degli Scozzesi. Nella navata centrale, i visitatori sono accolti da un affresco che ritrae Sant’Andrea in Gloria. A quei tempi, Wimbledon non esisteva ancora, altrimenti l’apostolo avrebbe avuto probabilmente le fattezze di un altro Andrea, quel Murray che dopo i due Slam finalmente offerti alla Regina (Us Open 2012 e appunto The Championships nel 2013) è diventato l’orgoglio di una nazione. PRIMA VOLTA Al Foro, peraltro, Andy di gloria se ne è sempre guadagnata poca, esclusa una semifinale (persa) al tie-break contro Djokovic nel 2011. Stavolta, però, l’approccio con il Masters 1000 della capitale avrà un sapore diverso, perché lo scozzese ci arriverà con il primo successo di sempre sulla terra, quello di Monaco di Baviera. Non è mai troppo tardi, quindi, per provare a infrangere il dominio ormai cristallizzato di Nadal e Djokovic, che dal 2005 si spartiscono la torta romana senza lasciare le briciole agli altri: «Non sapete quanto abbia significato quella vittoria, quanto sia stata importante. Era la mia prima finale sul rosso, in carriera ho giocato tante semifinali, a Montecarlo, a Parigi, a Roma, ma essere arrivato fino in fondo è molto eccitante. Credo — prosegue — che l’aspetto più soddisfacente del trionfo a Monaco sia stata la mia costanza di rendimento su una superficie in cui occorre avere molta pazienza. Adesso che ho spezzato un incantesimo, spero di viverne un altro al più presto». OUTSIDER Proprio l’incapacità di rimanere dentro gli scambi prolungati con mostri terraioli come Rafa e Nole ha sempre impedito a Murray di prendersi grandi soddisfazioni contro di loro sulla terra, ma la finale maratona con Kohlschreiber in Baviera può segnare un decisivo cambio di passo. Lo stesso che probabilmente è richiesto a Kei Nishikori, il samurai cresciuto alla scuola di Bollettieri che ha appena vinto a Barcellona e dunque conosce molto bene la materia, ma deve imparare a gestire le situazioni favorevoli per evitare inutili e stressanti fatiche supplementari. Spesso, infatti, il giapponese riesce a complicare partite di cui ha il controllo, una mancanza di killer instinct che su una superficie dura e di grande sacrificio come la terra può trasformarsi in un pericoloso anemico. FINALISTI Nel decennio della diarchia Nadal-Djokovic, con il vano tentativo di inserimento di Federer, altri due iscritti al tabellone 2015 si sono allungati fino alla finale: David Ferrer (2010, battuto da Nadal) e Stan Wawrinka (2008, sconfitto da Djokovic). Quando si gioca sul rosso, il robottino Ferru, straordinario esempio di applicazione, costanza e resistenza fisica, è sempre uomo che merita attenzioni. Malgrado i 33 anni già scoccati, lo spagnolo quest’anno ha già apposto il sigillo a Rio de Janeiro e anche sul cemento di Doha e Acapulco. Più alterna la stagione di Stanimal dopo un avvio con due tornei vinti (Chennai e Rotterdam): sulla terra ha perso due volte da Dimitrov, a Montecarlo (dove era campione in carica) e questa settimana a Madrid, senza mai dare l’impressione di poter garantire continuità alle enormi qualità del braccio. Altri nomi? Berdych, la cui solidità ad alto livello non è mai da sottovalutare e forse Isner, anche se il suo gioco bum bum poco si addice al rosso. Ma il ponentino magari porterà sorprese. Nadal e Djokovic si sono affrontati già 43 volte con un bilancio di 23-20 Kei Nishikori è il nome su cui puntare per uscire dall’asse Nadal-Djokovic. Quest’anno il giapponese, dopo la terza vittoria di fila nel torneo indoor di Memphis, ha trionfato per la seconda volta sulla terra di Barcellona dimostrando qualità da vendere. A Roma una sola esperienza: nel 2013 perse al 2 turno contro Jeremy Chardy. Andy Murray, numero 3 del mondo, festeggerà il compleanno a Roma: è nato il 15 maggio 1987

 

Gli eroi per caso che hanno fatto sognare il Foro (Luca Marianantoni, La Gazzetta dello Sport)

I numeri consacrano il Foro Italico e Roma come il più importante torneo al mondo su terra battuta dopo l’inarrivabile leggenda del Roland Garros. L’elegante albo d’oro rilega settantuno edizioni che hanno espresso quarantanove campioni, quarantasette campionesse e un’infinità di curiosità. EXPLOIT Da Roma però sono passati anche alcuni eroi per caso che hanno firmato l’impresa della vita per poi sparire. L’exploit azzurro più imprevedibile di sempre ha come protagonista Corrado Borroni, milanese di fede laziale; portava i capelli lunghissimi e aveva un gran bel rovescio. Il 16 maggio 1995, da qualificato e numero 411 Atp, mise ko Yevgeny Kafelnikov, il principe russo numero 6 del torneo e 9 del mondo. «Ero già felice di giocare sul centrale – ricorda Corrado – ma c’era poca gente e questo mi rattristava. L’emozione mi assaliva e persi facile il primo set Poi iniziai a giocare meglio, il pubblico arrivò a riempire le gradinate e mi esaltai. Il break decisivo nel terzo set: 2 rovesci lungolinea sul 4-3 e lo stadio venne giù». Borroni uscì dal campo in trionfo, poi battè anche Roberto Carretero, finendo la corsa contro Stefan Edberg che gli lasciò appena 2 game. Ironia della sorte l’anno dopo il sorteggio ripropose ancora Borroni-Kefelnikov al 1 turno. Quando Yevgeny mi vide al sorteggio esclamo: “ancora tu!”. E per poco non lo ribatto, perdendo di misura 7-5 al terzo set». Un’altra favola è quella di Davide Scala, classe 1972. Una sola partecipazione agli Internazionali, nel 1997 quando era numero 210 del mondo. Dopo il successo nel derby su Daniele Musa, il bolognese si portò a casa lo scalpo di Tim Henman (n 14 del seeding) per poi fallire la prova del 9 sul più modesto Scott Draper. GIOVANI Nel femminile l’impresa più clamorosa è quella di Francesca Bentivoglio, una faentina tutta grinta di appena 16 anni dalle grandissime doti naturali. Si presentò a Roma nel 1993 da numero 329 del mondo; passò le qualificazioni e poi fece boom: sotto le sue angolazioni finirono al tappeto Jana Novotna (9 del ranking) e poi Natasha Zvereva. Arrivò ai quarti e Gabriela Sabatini la stese con un doppio 6-1: fine delle trasmissioni. Più recente l’exploit dell’italo-svizzera Romina Oprandi che nel 2006 impallinò Stosur e Zvonareva per poi mancare un match point nei quarti contro la top 10 Svetlana Kuznetsova. VITTORIA Altri, i più fortunati, si sono trovati per caso al alzare al cielo il trofeo. La più recente è stata la spagnola Maria Josè Martinez Sanchez, outsider che nel 2010 infilò Wozniacki (n 2), Ivanovic e Jankovic in finale. E prima, ancora uno spagnolo, il barbuto catalano Felix Mantilla che sfidò gli dei battendo nella finale del 2003 un Roger Federer 21enne, non ancora maturo per le grandi sfide sulla terra. ITALIANI Nelle ultime 36 edizioni del torneo, ovvero dal 1979 soltanto un tennista italiano è riuscito ad arrampicarsi fino alle semifinali degli internazionali. L’impresa di Filippo Volandri risale al 2007 quando superò Gabashvili, Gasquet, Federer e Berdych per poi arrendersi a Fernando Gonzalez.

 

Fognini e Bolelli attesi per un sogno (Corriere dello Sport)

Roma aspetta Fabio Fognini, condottiero azzurro capace di ripetere due volte un’impresa storica. È diventato il quinto giocatore in grado di battere per due volte Rafa Nadal sulla terra rossa dopo Roger Federer, Novak Djokovic, David Ferrer e Gaston Gaudio. Del successo in rimonta nella semifinale di Rio de Janeiro resta scolpito il match point, il terzo dell’incontro per l’azzurro: rovescio sul nastro del maiorchino, scatto bruciante di Fognini che con uno spettacolare tocco incrociato di polso ha messo il sigillo su una delle sue vittorie più belle. Due mesi dopo, si ritrovano al Banc Open Sabadell di Barcellona e Fognini, che non è Paganini, si ripete. In Brasile, Fabio aveva rimontato da una situazione quasi compromessa, stavolta è stato lui a fare la partita; doppiando il rivale nei vincenti (34 a 17) per dare una gran gioia a papà Fulvio e Flavia Pennetta, a bordo campo con coach Josè Perlas. Nel secondo set ha controllato tutti punti più importanti, le situazioni delicate, da grande campione, come se fosse lui il top player. Ed è proprio di Rafa, alla vigilia del match, la sintesi migliore per raccontare i pregi dell’azzurro: «Fognini fa sembrare facili le cose difficili», anche in uno dei regni del maiorchino, otto volte vincitore del torneo, tanto da far affermare al direttore che Barcellona è wagneriana nella musica e non può che essere nadaliana nel tennis. COPPA STORICA. Un piacere doppio, per Fognini, che fa il paio con la gioia in doppio per lo storico inizio di stagione con Simone Bolelli. Insieme, il 31 gennaio 2015, hanno firmato un’impresa destinata a riscrivere i libri dei record dello sport italiano. Mai, infatti, una coppia tutta italiana aveva conquistato il titolo in un torneo del Grande Slam in doppio. Prima del 6-4 6-4 sui francesi Nicolas Mahut e Pierre-Hugues Herbert, un trionfo tutto azzurro in un major non si vedeva dal 1959, quando a vincere furono Nicola Pietrangeli e Orlando Sirola, che vinsero il Roland Garros battendo in finale gli australiani Roy Emerson e Neale Fraser (6-3 6-2 14-12). Le successive finali nei due tornei Masters 1000 di Indian Wells e Montecarlo ormai consegnano agli azzurri la sostanziale certezza di essere anche al Masters di fine anno a Londra. È il momento migliore, dunque, per rivedere un italiano scaldare il centrale del Foro Italico nell’ultimo fine settimana del torneo. Il momento migliore perché Fabio trovi finalmente un feeling positivo con gli Internazionali BNL d’Italia, dove non ha mai passato più di un turno. Mentre Simone, dopo la vittoria su Luca Vanni, la favola azzurra del 2015 che a 29 anni ha giocato la sua prima finale ATP e debuttato con una vittoria in un Masters 1000, e l’uscita proprio contro Nadal, arriva a Roma con la concreta possibilità di ripetere il suo miglior risultato al Foro Italico, gli ottavi di finale del 2008. LA WILDCARD A LORENZI. Premiato con una wild card anche Paolo Lorenzi, che nel 2011 nel Centrale bollente, anche per la giornata particolarmente calda, del Foro ha quasi sconfitto Rafa Nadal (si è trovato avanti 7-6 4-3 prima di subire la rimonta e cedere in tre set). Dopo aver fatto impazzire Roma, ha continuato a sudare e sognare, ha chiuso il 2013 al numero 72 del mondo e il 2014 da numero 64, e mai era stato così in alto nel ranking a fine anno. Arriva dalla sua miglior stagione in carriera, in cui ha vinto due Challenger ma soprattutto ha giocato la prima finale ATP e vinto la prima partita in uno Slam. E sogna di superare per la prima volta due turni al Foro Italico.

 

 

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