Donati, buona la prima All'esordio fa fuori (Crivelli, Grilli, Clerici, Palizzotto, Semeraro, Pikler, Rossi), Murray conquista la terra di Rafa (Martucci)

Rassegna stampa

Donati, buona la prima All’esordio fa fuori (Crivelli, Grilli, Clerici, Palizzotto, Semeraro, Pikler, Rossi), Murray conquista la terra di Rafa (Martucci)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Donati, buona la prima All’esordio fa fuori

 

Riccardo Crivelli, la Gazzetta dello sport del 11.05.2015

 

La domenica degli italiani. Dei ragazzi e degli uomini fatti, dei sospiri che diventano sogni e della fatica di una vita nascosta dietro le luci del grande tennis. Una bella aria di festa, con il Centrale, una tantum, apparecchiato non per i big ma per chi spera e per chi morde il pane duro: Donati, Gaio e Vanni, uno dietro l’altro, eroi per un giorno prima della calata dei divi. LA SORPRESA Anzi no. Perché se il bolognese Federico Gaio, numero 260 del mondo, si incarta dopo il 3-1 a favore nel primo set contro il 27 Leonardo Mayer e Lucone Vanni, l’eroe di San Paolo, fa i conti con le voglie di risalita dell’hidalgo Almagro, uno che ha vinto 12 tornei sulla terra, l’alessandrino Donati, wild card, 275 al mondo, per la prima partita di sempre nel circuito Atp si regala un mezzogiorno di fuoco e prolunga il piacere della presenza. Cosi, pronti via, dopo i prevedibili balbettii del primo set contro Giraldo, colombiano di stanza in Florida, numero 49 ma già 28 otto mesi fa,incanala aggressività e senso tattico per una vittoria di straordinario prestigio, tanto sorprendente quanto placidamente accolta: «lo sono fatto così, cerco sempre di rimanere calmo, di controllare le emozioni senza farmi prendere dall’ansia da prestazione». CAMBIAMENTI Forse perché è nato i1 28 febbraio del 1995, stesso giorno di Dino Zoff, anche se il calcio non l’ha mai sfiorato, se non da tifoso, blando, del Milan: «A tre anni volevo già giocare a tennis, seguendo l’esempio di mio fratello Marco che stava iniziando, ma fino a cinque non mi hanno dato la racchetta in mano. Poi lui ha smesso per studiare, ed io sono andato avanti». Il suo primo circolo, gli Orti di Alessandria, oggi addirittura non esiste più e la svolta arriva a 16 anni, quando si affida a Massimo Pucci e si trasferisce a Bra, nello stesso club del kazako d’Italia Golubev: «Il coach mi ha cambiato l’impostazione del servizio – confessa – anche se all’inizio non è stato facile e mi sembrava soltanto di perdere del tempo». Benedetta quella scelta, perché adesso Donati è il classico giocatore ultramoderno, che fa male in battuta e poi si apre il campo con il dritto, «anche se il rovescio è il mio colpo più naturale. Mi piace imporre il gioco, muovere la palla, mi piace Murray e vorrei ispirarmi a lui nella gestione dei punti». IL QUARTO INCOMODO Nella nidiata dei ventenni d’assalto che dovrebbero garantire nuova linfa al movimento azzurro, Matteo si è sempre mosso un passo indietro, da quarto incomodo, con tutte le attenzioni a illuminare invece il percorso di Quinzi, Baldi e Napolitano. Poi, d’improvviso, t’accorgi che fin qui il meglio è venuto da lui: «Forse perché io non ho pressioni e tutto quello che si dice al di fuori non mi influenza». Al secondo turno andrà probabilmente al massacro contro Tomas Berdych, pert, con l’approccio dello studente che si applica e dunque darà soddisfazioni: «Sarà comunque un’esperienza meravigliosa, che mi formerà e mi farà capire quanto sono ancora lontano da quel livello. Come colpi, sto dimostrando di poter stare nel circuito, ma devo crescere molto fisicamente. Oggi il tennista è un atleta vero, e io sto lavorando per reggere il confronto. E devo molto alla Federazione, i miei sono impiegati, mi hanno sempre supportato, ma non avevano montagne di soldi da investire su di me»….

 

Donati impresa da sogno al debutto in un torneo Atp

 

Massimo Grilli, il corriere dello sport del 11.05.2015

 

«Avevo vent’anni, non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita». Ci perdoni la buonanima di Paul Nizan, ma provate a ripetere questa frase a Matteo Donati, classe 1995, numero 275 del ranking, partito qui a Roma dalle prequalificazioni e vincitore in rimonta – al primo match Atp – sul campo centrale del Foro Italico sul 490 giocatore del mondo, l’insidioso mestierante della terra battuta Santiago Giraldo. Il pubblico che urla il suo nome, lui che porta le mani all’altezza delle orecchie per godersi il ritornello, un dito puntato verso l’alto a dedicare il successo alla nonna Dina («mi aiuta sempre nei momenti buoni e in quelli meno…»), quante volte il ragazzo di Alessandria avrà sognato una giornata simile? «Che posso dire, sono felicissimo – le sue parole – tifoso del Milan, legge libri gialli, ora sfiderà Berdych. La svolta a sedici anni, quando mi sono spostato a Bra, dove ho iniziato a lavorare con Massimo Pulci e i suoi collaboratori». Appassionato di gialli, tifoso depresso del Milan, Donati ora andrà a sbattere su Tomas Berdych, testa di serie numero 6, che vinse il primo torneo Master della carriera quando Donati aveva dieci anni… «Spero di fare un’altra bella partita, e di divertirmi. Sono contentissimo di potermi confrontare con un giocatore che è nei primi 10. Posso soltanto imparare e capire cosa mi manca per giocare i tornei più importanti. Sono curioso di mettermi alla prova di fronte ad uno dei più forti di questo sport». Alessandria ha dato i natali a campioni come Barazzutti e Lombardi, il nostro Matteo si ispira a Murray ma sa dove deve lavorare per migliorare ancora. «Sul piano fisico so di dover progredire ancora molto, il tennis ormai è uno sport per atleti veri. Per il resto baso il mio gioco sul servizio, su cui ho lavorato molto negli ultimi tempi, e il dritto», senza dimenticare una smorzata malandrina che Donati ha sfoggiato senza pudore in un paio di momenti difficili del terzo set. GLI ALTRI. Altri due italiani ieri in campo nel primo turno. Poco da fare per Federico Gaio, che è apparso ancora troppo tenero contro l’argentino Leonardo Mayer, fuori anche Luca Vanni (curiosamente con lo stesso punteggio di Gaio, anche se a set invertiti) buttato fuori dall’esperto Almagro, capace a sorpresa di collezionare più ace (7 contro 5) del nostro. Sarà così Almagro a incrociare Djokovic in secondo turno. Due buone notizie invece dalle qualificazioni: Thomas Fabbiano – che ha smontato solo al nono match ball le velleità del diciassettenne russo Andrey Rublev – e Andrea Arnaboldi, che ha fatto suo in due set il derby con Stefano Napolitano, si sono guadagnati il tabellone principale, cosa che invece non è riuscita a Gianluca Mager battuto in due set lottati dal turco Marsel Illian. Ora Fabbiano, pugliese di Grottaglie, sfiderà il rovescio magico di Gasquet, mente il milanese Arnaboldi se la vedrà con un altro giocatore ricco di talento, il belga Goffin

 

Rovescio e auguri alla nonna, è arrivato Donati

 

Gianni Clerici, la repubblica del 11.05.2015

 

Erano un po’ di anni che non sentivo più parlare piemontese in sala stampa. Non dico dagli anni Trenta del dimenticatissimo Emanuele Sertorio, che mi tenne a battesimo in doppio, ma dai tempi di Corrado Barazzutti e del mio povero amico Robertino Lombardi. Ho sempre considerato importante conoscere la propria lingua, chiamata erroneamente dialetto, soprattutto per chi ne ha studiato la variante dei panni in Arno, che tutti abbiamo indossato. Si è fatto ancor peggio, in questi bassi tempi, passando al televisese, ma non è questo l’oggetto di un pezzo di tennis. Il piemontese, o almeno una viva inflessione piemontese, ci è giunto oggi dalla bocca di Matteo Donati, che dalle informazioni della scheda ATP (Association Tennis Players ) appariva nato a Bra. Di Bra avevo già sentito parlare dal grande esperto di vini Veronelli, ma la mia sorpresa era stata ancor più viva nel sentirlo nominare da un russo, Andrey Golubev, che, nel giorno di una sua vittoria su Wawrinka in Davis, mi aveva vantato le qualità, non solo dei vini, ma del club di tennis, e di un maestro chiamato Massimo Puci, lo stesso coach, guarda caso, di Matteo Donati. Prima di essere acquistato al mercato tennistico di Mosca dal dittatore del Kazakhstan Nazarbaev, Golubev era stato infatti ospite dello stesso club di Donati, ma la nostra squadra di Davis era ritenuta tanto agguerrita da non richiederne i servigi, così come quelli del N.3 mondiale Ljubicic, al contrario di un australiano, Martin Mulligan, tre volte vittorioso a Roma negli Anni Sessanta. Ritorno a Matteo Donati, per confessare che l’avevo ammirato per un ottimo diritto e un rovescio bimane molto stretto contro il colombiano Santiago Giraldo, mica mal classificato al N.28 lo scorso settembre, ma sceso ora al 49. Non credevo tuttavia che, mentre ero vittima di una leggera insolazione dopo il primo set perduto dal nostro eroe, questi trovasse la determinazione e gli strumenti per riprendere una vicenda che pareva compromessa, non meno della mia nella tribuna ribollente di sole. Al di fuori dei colpi che ho ammirato e citato, dell’ assistenza di un coach qualificato come Puci, Matteo ha fatto sapere di non discendere da lombi tennistici, di avere un fratello che aveva invano tentato la sua stessa strada preferendo gli studi, e di dedicare il suo successo… ad una nonna, piuttosto che a qualche star televisiva. Proprio la sua semplicità e la sua modestia in una vicenda forse inattesa ma esaltante, mi hanno fatto sperare in un futuro che gli auguro felice.

 

Roma scopre il Murray italiano

 

Daniele Palizzotto, il tempo del 11.05.2015

 

Un lampo al Foro Italico. Accecante, perché da troppo tempo l’Italia del tennis aspettava un nuovo campione. Matteo Donati ancora non lo è, ma la strada è quella giusta. Ieri il ragazzo nato venti anni fa ad Alessandria l’ha dimostrato sul campo Centrale degli Internazionali Bnl d’Italia, di fronte ad almeno quattromila tifosi, Omaggio Il tweet di Flavia Pennetta «Grande Matteo! Bravissimo» battendo al primo turno il colombiano Santiago Giraldo, numero 49 del ranking Atp. Una grande vittoria, non una sorpresa per chi conosce Donati. I progressi fatti dal giovane piemontese negli ultimi anni sono enormi. Buon servizio, gran diritto e ottimo senso tattico, Matteo si ispira ad Andy Murray e ieri se n’è accorto anche Giraldo, sorpreso dalla solidità dell’azzurro dopo un primo set dominato dall’emozione. Ma Donati, passato con autorità attraverso le prequalificazioni, ormai è «grande» e ha superato in fretta l’impatto col Centrale, cominciando a macinare il suo gioco e chiudendo 2-6 6-1 6-4 con le braccia al cielo, tra gli applausi del pubblico romano. «È una sensazione indescrivibile – ha ammesso Donati sto lavorando tanto e questi risultati ripagano dei sacrifici. Sono contento, ho comandato il gioco creandomi le occasioni già col servizio. E nel finale ho gestito bene i punti importanti. La dedica al cielo? È per mia nonna Pina, che mi guarda in ogni momento, bello o brutto che sia». Questo è davvero splendido per Matteo, cresciuto all’ombra del più noto Gianluigi Quinzi (eliminato sabato nel primo turno delle qualificazioni) ma ora davanti al marchigiano in classifica (275 contro 331) e nel gioco. Con questo 2° turno Donati mette in cassaforte 21.500 euro fondamentali per programmare la stagione sull’erba: la vittoria su Giraldo scaraventerà infatti il piemontese vicino alla 200ª posizione in classifica, dunque nelle qualificazioni di Wimbledon. E domani, o forse dopodomani, Matteo potrà misurare la sua crescita contro il numero 7 del mondo Tomas Berdych. «Non vedo l’ora – ha ammesso Donati – non avrò nulla da perdere, lui è un modello e per me sarà un banco di prova per capire a che punto sono. Di sicuro servizio e diritto sono i miei colpi migliori, ma devo lavorare ancora tanto, soprattutto sulla prestanza fisica». Aspettando Donati, stasera Fabio Fognini proverà ad invertire il trend negativo al Forpo, dove non è mai andato oltre il secondo turno. L’imbarazzante sconfitta dello scorso anno contro Rosol – un ko senza reagire, incomprensibile per il pubblico del Centrale va cancellata contro l’americano Johnson. Già fuori Gaio (6-3 6-4 da Leonardo Mayer) e Vanni (6-4 6-3 da Almagro), oggi tocca anche a Simone Bolelli (ricevuto ieri, insieme a Fognini, dal premier Renzi per la vittoria agli Australian Open) contro Thiem, mentre Paolo Lorenzi sfida Cuevas e Thomas Fabbiano – bravo a qualificarsi come Arnaboldi portando a 15 il numero degli azzurri in tabellone – se la vedrà con Gasquet. Ri conos cim ento Bolelli e Fognini da Renzi per il trionfo all’Australian Open Gioia Sensazione indescrivibile. Lavoro tantissimo e questi risultati ripagano i miei sacrifici Futuro Ora non ho nulla da perdere: la partita contro il ceco sarà un banco di prova importante….

 

Futuro Italia

 

Stefano Semeraro, la stampa del 11.05.2015

 

L’indice e gli occhi al cielo per salutare nonna Dina ma i piedi ben piantati in terra, anche se in giornate così è facile decollare. Matteo Donati, 20 anni, da Alessandria, n. 275 del mondo, alla sua prima partita in un torneo Atp Tour, per giunta sul centrale di Roma, ha battuto un marpione del rosso come Santiago Giraldo, n. 49. In tabellone Matteo è entrato con la wild card in palio nelle pre-qualificazioni. Da lui ci si aspettava un esordio decoroso, è arrivato un bang. «All’inizio la tensione l’ho sentita. Poi mi sono sciolto e sono stato bravo a tenere mentalmente». Racchetta in mano a 5 anni, per imitare suo fratello Marco. Poi? «Poi a 17 anni ho trovato la soluzione giusta al Match Ball di Se si lavora bene, in Italia un giovane pub emergere: i maestri e le strutture ci sono Matteo Donati Tennista alessandrino n 275 del mondo 59 Bra, dove mi alleno con Massimo Puci. Per un periodo avevo pensato anche di andare all’estero, in Francia o in Spagna, ma Il sto benissimo». La dedica a nonna Dina? «E mancata 10 anni fa, era una seconda mamma. La faccio sempre, in tv si vede di più». Dicono che in Italia per i giovani sia dura emergere: vero? «Si può fare, se si lavora bene. I maestri e le strutture ci sono». La famiglia quanto conta? «Tantissimo. Mia madre Marina è molto appassionata, è a Roma con mio padre Danilo e questo mi ha forza e tranquillità». Lei ha centimetri (187), potenza (servizio e dritto), mente fredda. Modelli? «Andy Murray. Per come gestisce le partite, per il fisico che si è a costruito. D salto di qualità è frutto anche della preparazione che sto facendo. Andy l’ho conosciuto a Napoli, quando ero aggregato al team di Davis. Abbiamo lo stesso manager (Ugo Colombini, ndr), è cordiale». Torneo preferito? «Roma: il Foro è fantastico. Fra gli Slam il Roland Garros. Da Under 18 sono arrivato in finale in doppio a Wimbledon, ma in singolare ho fatto più strada a Parigi. Ma mi trovo bene anche sul veloce». Il nome Rivera le dice qualcosa? «Si, lo so che è nato ad Alessandria. Simpatizzo anche per il Milan. Però amo più il basket». Jordan, Bryant, LeBron… «LeBron, ma la verità è che più che la Nba in tv preferisco guardare la Serie C dal vivo». Al prossimo turno c’è il signor Tomas Berdych, n. 7 del mondo. Idee? «Dura, eh? D primo top 10 che incontro. Farò la mia partita e cercherò di godermela». Matteo sta sereno. Sul serio.

 

A Roma il «pugliese» va sempre più di moda Anche Fabbiano in pista con Vinci e Pennetta

 

Tiziana Pikler, la gazzetta del mezzogiorno del 11.05.2015

 

Un Foro per tre. In attesa che la 72ª edizione degli Internazionali BNL d’Italia entri nel vivo, i protagonisti al Parco del Foro Italico, in campo e fuori, sono i tennisti pugliesi. In campo maschile, Thomas Fabbiano ha conquistato, per la seconda volta in carriera, il main draw romano dopo setti anni, battendo in due set il russo Andrey Rublev. «La partita poteva finire più facilmente», ha ammesso il 25enne di San Giorgio Jonico, n. 206 Atp, «nel primo set ho avuto per primo la chance di brekkarlo, nel secondo ogni matchpoint ho cercato una soluzione diversa. Le ho tentate tutte, ma non arrivava mai quello giusto. Prima di scendere in campo ho pensato: è giovane, ha poca esperienza. Ma questa è l’immaginazione. Poi quando te lo trovi di fronte scopri che ha le idee chiare, a volte ti lascia fermo e lotta, dimentica in fretta il punto precedente e, forse, si lamenta un po’ troppo. D’altronde, tutti ne parlano come di un futuro top-10». Alla fine il matchpoint giusto è arrivato. «Appena messa l’ultima palla a terra, il primo pensiero è andato al pubblico. Tanta gente mi segue e mi è sempre molto vicina, ma dopo una sconfitta non può fare altro che darmi una pacca sulla spalla. Questa volta invece sono riuscito a regalargli una bella vittoria». Sulle tribune c’erano anche il papà Stefano, il fratello Roberto e la fidanzata Linda, fresca di Laurea in Political Economy TIZIANA PIKLER a Londra. Un nuovo main draw a Roma, quindi, dopo quello conquistato nel 2008. Quella volta perse all’esordio contro il francese Mahut. «L’obiettivo è continuare a giocare bene e, ovviamente, a vincere. In questi ultimi tempi ogni settimana, in ogni torneo, ho le mie possibilità. È una bella sensazione. Devo solo continuare a esprimere il mio tennis». Il salto di qualità è arrivato alla fine dello scorso anno. «Ho raggiunto quella maturità che ora mi permette di giocare senza pensare troppo, adesso ho le idee più chiare su quello che devo fare quando sono in campo. Le buone partite degli ultimi mesi ovviamente danno fiducia. Come preparerò il prossimo match? Come al solito, con Vanni». E scappa sul Centrale a vedere l’amico e compagno di allenamenti contro lo spagnolo Almagro. Fabbiano in campo, Flavia Pennetta fuori dal campo il successo è assicurato. La brindisina è stata impegnata soprattutto con i media. Tra un’intervista televisiva e una conferenza stampa, una macchina elettrica l’ha portata in giro per l’impianto. A seguirla, instancabili, decine di tifosi a caccia di un autografo o di un selfie. «A Roma il tabellone è sempre molto duro. Io non guardo mai più avanti del primo turno. Con la Svitolina non ho mai giocato, ma le buone sensazioni delle settimane scorse mi fanno essere fiduciosa». Il doppio. «Io qui giocherò con la Hsieh, siamo testa di serie n. 2. I Giochi di Rio sono tra un anno, c’è tempo per pensare a un eventuale doppio azzurro». Mentre Flavia è impegnata con la stampa, il fidanzato Fabio Fognini è con Simone Bolelli in visita privata dal presidente del consiglio Matteo Renzi. “Siamo entrambi molto sereni. Io ovviamente sono concentrata su me stessa, ma vederlo tranquillo mi fa stare bene. Stasera? Fabio andrà sicuramente a vedere la partita Lazio-Inter allo stadio Olimpico. Io? Non sono una grande appassionata di calcio». Grande pubblico anche per l’allenamento di Roberta Vinci. La tarantina si è allenata sotto gli occhi di mister Cinà in vista della sfida di primo turno con l’inglese Watson. «Il doppio? Giocherò con Karin Knapp». Rio è ancora lontana.

 

Orgoglio azzurro

 

Paolo Rossi, la nuova Venezia del 11.05.2015

 

La domenica doveva essere degli italiani, e degli italiani è stata. Oggi Roma comincerà a intravedere qualche nome di spicco, ma ieri Matteo Donati e Thomas Fabbiano hanno alzato l’orgoglio italiano, regalando al Foro Italico momenti inaspettati. Due promesse, Donati e Fabbiano, attese e non ancora sbocciate. Per la verità, per Fabbiano, molti avevano già recitato il de profundis. Invece il tarantino, dopo aver risolto i problemi fisici che lo hanno attanagliato in questi ultimi due anni, sta cercando di risalire la china. Rifacendo la gavetta che non aveva completato. Questo percorso prevedeva le qualificazioni, trovate inaspettatamente mentre si gustava un gelato al pistacchio nel centro di Roma. E le ha onorate, Fabbiano, liberandosi nel turno decisivo per l’approdo al tabellone, di quel Rublev che tutti dipingono come superstar del futuro. Esattamente come il Borna Coric fatto fuori da Lajovic, altro numero uno del mondo predestinato da certi addetti ai lavori. Stiamo parlando, come avrete intuito, delle qualificazioni. Non del torneo principale: ma i fan numerosi che hanno assistito ad Arnaboldi-Napolitano (vittoria del primo) hanno confermato lo spessore culturale degli spettatori che frequentano il Foro Italico. Fabbiano e Arnaboldi giocheranno il torneo, prendendo idealmente il posto di Federico Gaio e Luca Vanni, ieri eliminati. Per intenderci, la domenica è stato un giorno misto, nel quale si sono giocati match del primo turno e le ultime sfide di qualificazione. Peccato per Luca Vanni che, con un sorteggio più fortunato, avrebbe potuto offrire qualche spunto interessante durante la settimana, ma Nicolas Almagro è un brutto pesce, come avrebbe detto ai suoi tempi Andrea Gaudenzi. Per questo oggi va celebrato senza alcun dubbio Matteo Donati. L’alessandrino, compagno di allenamenti di quel Golubev che l’Italia ha affrontato in tennis ad Astana, ribadisce il suo trend di crescita (già visto al challenger di Napoli) e si toglie il lusso, e lo sfizio, di avere la meglio su Santiago Giraldo, un colombiano mestierante della terra rossa. E così è stato all’inizio, con un primo set vinto tranquillamente dando l’impressione che mai l’inerzia della partita avrebbe potuto cambiare direzione. Solo chi ha creduto fino in fondo all’azzurro è rimasto sugli spalti, ottenendo il premio: Donati ha liberato il suo tennis, compreso di non aver più nulla da perdere, ha cambiato ritmo, aggiustato il tiro, migliorato le percentuali e riportato il match nei giusti binari, ottenendo una vittoria che gli resterà nella memoria e nel cuore. Il vento che si è alzato sul Foro non lo ha infastidito per nulla. «Sono felice di aver fatto questa prestazione contro un top 50. Spero di riuscire a dare il meglio, per capire cosa mi manca per stare costantemente a questi livelli. Sicuramente so di dover lavorare sul fisico, nei grandi tornei sono tutti atleti fenomenali. Ci sto lavorando, e sento di essere sulla giusta strada».

 

Murray conquista la terra di Rafa

 

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 11.05.2015

 

Che Andy Murray potesse giocare bene ed essere vincente sulla terra rossa lo pensavano in tanti, primo fra tutti lui, che, da ragazzo, era andato a scuola Barcellona per imitare il coetaneo Rafa Nadal, anche se poi s’è specializzato sui campi duri. Che potesse dominare col netto 6-3 6-2 proprio il più forte di sempre sulla superficie anti-pigrizia, e riuscirci in una finale, peraltro la sua prima Masters 1000, e nella capitale dell’asso spagnolo, a Madrid, ci credevano in molti meno. Ma lo scozzese firma la miglior prova di sempre sul rosso, una settimana dopo aver sfatato, a Monaco di Baviera, il decennale tabù sulla terra, gioca profondo ed aggressivo sin dalla risposta ed inchioda lontanissimo dal campo il re di nove degli ultimi dieci Roland Garros con micidiali lungolinea e continui cambiamenti di fronte. Così, mantiene sempre il comando delle operazioni, rischiando, ma sbagliando pochissimo, come fotografa il 11 (vincenti) – 14 (errori) finale, dopo appena un’ora 28 minuti. Bravo il numero 3 del mondo, bravissimo, anzi, con la doppia guida Jonas Bjorkman ( a Monaco)-Amelie Mauresmo (a Madrid). Troppo falloso (26 gratuiti) il numero 4 che oggi torna per la prima volta al numero 7 del mondo addirittura dal maggio 2005, quando per?) era in ascesa, non in caduta libera come adesso. Come dice la sua faccia disgu26 • Le finali di tornei Masters 1000 sulla terra giocate in carriera da Rafa Nadal: il bilancio per lo spagnolo è di 19 vittorie e 7 sconfitte. CRISI DI FISICO Dopo la semifinale di Montecarlo (k.o. con Djokovic) e il secondo turno di Barcellona (battuto da Fogni-ni), dopo aver cambiato e subito recuperato nel giro di una settimana la vecchia racchetta, Rafa è arrivato tremebondo a Madrid. Tanto che sabato, rinfrancato da quattro successi, ha ammesso: «Se mi avessero detto che sarei arrivato in finale ci avrei messo la firma, anche se avessi saputo che l’avrei persa». Ahilui, Johnson, Bolelli, Dimitrov e Berdych non sono del livello di Murray, e quindi la finale non rappresenta un passo indietro, dopo l’ennesima lezione a Tomas, bello e impossibile, quanto la conferma di una crisi fisica e mentale importante, peraltro a seguito dei sei mesi di difficoltà del 2014. A Nadal non basta che il famoso dritto gli ridia i classici vincenti, perché non è continuo, oppresso com’è dal micidiale rovescio a due mani di Murray. Anzi, proprio la sua arma paralizzante, non fornendogli le munizioni, costringe il fenomeno di Spagna a cercare spesso la via della rete, snaturando le caratteristiche della sfida. Che Rafa aveva fatto sua 15 volte su 20, con l’impressionante 6-0 sulla terra rossa. Anche se, dodici mesi fa, proprio a Roma – dove Murray marcherà probabilmente visita per riposarsi prima del Roland Garros -, era arrivato 4-2 al terzo set per poi crollare….PROGRESSI DI TESTA Stavolta, Andy approfitta del brutto secondo game dell’avversario e si prende il primo set, resistendo a tre palle-break del maiorchino. Che, a quota 46 titoli minaccia il record assoluto di 49 Guillermo Vilas sulla terra. I1 3-0 della prima frazione è un bell’aiuto per la fiducia dell’eroe scozzese che ha riportato un britannico nell’albo d’oro di Wimbledon dopo 77 anni; il 4-0 del secondo set, dopo essersi aggiudicato tutti gli scambi lunghi da fondo e dopo aver mancato un rigore a rete con lo schiaffo di dritto, gli dà ulteriore sicurezza e gli consegna le chiavi del match. A dispetto del pubblico di casa, calcistico, che spera nel miracolo di Rafa, ma deve alla fine accettare, in silenzio, la crisi di un campione in confusione. «Affrontare Rafa in Spagna è dura ma questa è la ragione per cui giochiamo a tennis, per match così», sorride Murray dopo aver ricevuto il trofeo dalle mani della regina di Spagna, Sofia. «Una delle cose più difficili è batterlo sulla terra». Con Rafa a far buon viso a cattivo gioco: «Ovviamente, non era il match che avrei voluto. Ma, anche se non è stato bello finirla così, è stata una settimana molto importante e molto positiva, perché ho riscoperto sensazioni che non provavo da tanto tempo». Chissà, la sensazione è che il malato sia ancora lontano dalla convalescenza: basterà Roma a resuscitarlo?

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