La stampa italiana celebra i padroni del Foro: Djokovic imperatore della terra di Roma. La Sharapova regina

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La stampa italiana celebra i padroni del Foro: Djokovic imperatore della terra di Roma. La Sharapova regina

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Djokovic imperatore della terra di Roma La Sharapova regina

Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport del 18.05.2015 

Dicono che il destino ce lo scriviamo noi. Dicono che la fortuna non esiste. Dicono che le sliding-doors della vita, gli incroci, sono un dettaglio, perché volere è potere, e bisogna lavorare duro per trovarsi pronti a cogliere l’occasione. Ma non è proprio così. Lo sa bene anche un super-atleta come NovakDjokovic, uno che s’è guadagnato con allenamenti e dedizione ferrea tutti i suoi successi, come l’ultima imbatti-bilità da 21 partite su tutti i campi da tennis di questo 2015 da invincibile, «la stagione migliore «Ho avuto una discussione con lo champagne, perché non lo bevo e non lo amo» della mia vita, insieme al 2011», coi successi nei tornei più importanti, dagli Australian Open a Indian Wells, da Miami a Montecarlo, a Roma. «Con la miglior partita del torneo», aveva appena demolito Roger Federer in due set dopo 75 minuti, bocciandolo alla quarta finale su quattro al Foro, rubandogli il tempo col suo asfissiante, profondissimo, palleggio da fondocampo, ed impedendogli qualsiasi balletto sotto rete, qualsiasi prova d’illusionismo: «Sul 4-4 mi aveva messo tanta pressione sul servizio, ho tenuto, poi l’ho mosso per il campo, gli ho fatto io il break e mi sono preso anche il primo set». Con la sua linea Maginot, aveva soffocato non solo la classe del re dei re, ma anche il pubblico. «Sempre al 90% con Roger », come sottolineava Nicola Pietrangeli, la bandiera del tennis italiano agli Internazionali. Per poi blandirlo disegnando un gran cuore sulla telecamera, con dedica: «Grazie ancora Roma», a suggello del quarto urrà in sei finali. Che poi è il titolo 53 della carriera, il numero 5 dell’anno, il 24 Masters 1000, per accorciare le distanze nei testa a testa con il Magnifico a 19-20. «Qui provo sensazioni troppo belle sul campo, grazie a voi questo torneo è speciale, questa è casa mia, è uno dei miei tornei preferiti», diceva in perfetto italiano al microfono in campo. «Non so come andrà al Roland Garros e negli altri tornei, ma in questo momento ho molta fiducia e concentrazione, spero di continuare cosa. Ci vediamo il prossimo anno». Insomma, aveva stravinto, come spesso gli accade da quando i grandi rivali, Roger e Rafa hanno cominciato a balbettare. Ma, poi, nello stappare lo champagne, ecco il colpo a sorpresa del destino: il tappo è fuoriuscito di botto e ha rischiato di prendergli un occhio, menomandolo magari proprio a una settimana da Parigi: «Ho avuto una discussione con lo champagne, perché non lo bevo e non lo amo. Il tappo mi ha colpito al naso e ci ho messo subito il ghiaccio. Per fortuna ho ancora l’occhio…». FIDUCIA La verità è che, oggi come oggi, sembra proprio che Djoker possa battersi soltanto da solo, tanto è superiore, mentalmente e fisicamente, a tutti gli avversari. Tanto è capace di accelerare in qualsiasi momento e di ingranare una marcia che gli altri non possiedono. Come fa alla prima palla-break del match contro Federer, dopo mezz’ora, quando il ponentino attenua un po’ i 30 gradi della mattina assolata, rubando poi il tempo al re dei re, e facendogli sbagliare di rovescio dopo un batti e ribatti di 20 colpi. Poi si prende il decisivo primo set, toglie tanta fiducia all’avversario, vola in quindici minuti sul 4-1 anche nel secondo set, sposta la contesa tutta da fondocampo ed allunga quindi la maledizione di Roma di Federer, infliggendogli la quarta bocciatura in quattro finali.

Djokovic è legge anche a Roma

Gianni Clerici, la Repubblica del 18.05.2015

Tra gli innumerevoli fedeli di Federer non l’avesse capito, Novak Djokovic, nel suo accettabile italiano, ha comunicato che è, questa, la migliore stagione della sua vita di tennista. Qualcuno mi stava domandando, microfono in mano se, nella mia cinquantennale esperienza, pensassi che potesse raggiungere il Grande Slam, quando, d’improvviso, sturando una bottiglia di champagne, Nole si è ferito il naso. Come rispondere, quindi, alla domanda che mi è stata rivolta, quando si verificano fenomeni tanto inattesi? Un amico enologo provvedeva ad informarmi che il pericoloso strumento era di una marca sponsorizzata da Federer, accrescendo i miei dubbi. Ma quel che lascia più perplesso è che Noie ha vinto il suo quarto Internazionale d’Italia giocando piuttosto male, relativamente, si capisce, in rapporto alle sue possibilità. Nei giorni scorsi, costretto ogni turno al terzo set da giocatori che parevano d’improvviso ispirati, avevo notato sul suo viso, non ancora vittima di rughe, apparire d’un tratto una sorta di rictus, una contrazione che gli tagliava le guance. Oggi, simile simbolo facciale di autocritica era comparso una sola volta, in uno dei primi games, il quarto, che si sarebbe rivelato il II serbo gioca la sua miglior partita del torneo e si aggiudica il quarto Master 1000 dell’anno. Ancora una delusione per lo svizzero più lungo della partita, con i suoi dodici punti. Un game salvato comunque da Federer, che per altro aveva palesato difficoltà non ancora affiorate in un torneo in cui si era esibito in una sorta di ripetuto monologo. Oggi, con Djokovic, la vicenda era diversa. D’incanto il Nola incredibilmente falloso dei primi turni, dai colpi spesso troppo corti o troppo lunghi, dalla battuta poco penetrante, dagli schemi quasi banali, era ritornato al meglio di se stesso. E, nel nono game, alla prima palla break in suo favore, dopo un palleggio di quindici tiri, il rovescio di Federer, che rimane il suo colpo meno efficiente, si sarebbe infranto. Iniziava, da II, un match in cui non era più in dubbio, se mai lo era stato, il nome del vincitore. Una partita che ci avrebbe comunque avvinto per la sua qualità, non per il suo punteggio. Un break nel secondo game del secondo preannunciava il nome del vincitore, che l’avrebbe conservato, andando addirittura vicino ad un vantaggio di quattro a zero. Ci sarà sicuramente chi inizierà a parlare di Parigi e di Slam. II maggior ostacolo, su quelle spiagge, si è sempre dimostrato Nadal, che qui mi è parso un’imitazione di sé stesso. Rimane il fatto che il due su tre e il best of five set siano due sport dissimili, ma questo non dovrebbe turbare Djokovic più di quanto faranno i molti impegni extrasportivi, che iniziano a Milano con la presentazione della sua linea detta Djokolife. La finale degli uomini è stata certo più univoca di quella delle donne, se non per la curiosità dell’inattesa presenza della canarina, se cosi si definisce una ragazza nata alle Canarie. Una ragazza quale Carla Suarez Navarro che ci ha dimostrato come si possa esser campionesse nonostante un fisico addirittura meno atletico della sua antenata Arancia Sanchez, e con un rovescio che non usa più, soprattutto tra le donne, quello mono-mano.

È Djokovic il re del Foro 

Daniele Palizzotto, Il Tempo del 18.05.2015 

Novak Djokovic è ancora il re del Foro Italico. Per la quarta volta – 2008, 2011 e 2014 le precedenti – il numero uno al mondo ha conquistato gli Internazionali Bnl d’Italia. E lo ha fatto con merito, dominando in 75 minuti (6-4 6-3 il punteggio) la finale dei sogni contro il numero due Roger Federer, arrivato a Roma dopo tanti dubbi e comunque soddisfatto per il buon torneo giocato malgrado un tabù impossibile da sfatare agli Internazionali. Battere il cannibale Djokovic sulla scivolosa e pericolosa terra battuta del Foro («Nel rifare il sottofondo del Centrale abbiamo avuto un problema a causa della pioggia – ha spiegato il presidente della Federtennis Angelo Binaghi – Il prossimo anno faremo meglio») è in questo momento impresa impossibile fors’anche per il miglior Federer. Dopo aver dominato i primi quattro match del torneo lasciando le briciole ad avversari non semplici come Cuevas, Anderson, Berdych e Wawrinka, lo svizzero nulla ha potuto contro la regolarità del numero uno al mondo. Troppo forte Djokovic nel duello da fondocampo, troppo superiore sulla diagonale di rovescio, troppo bravo a respingere gli attacchi di re Roger, giustamente in spinta appena possibile. Il dato sui punti raccolti in risposta dai due finalisti – 24 il serbo, appena 11 Federer – fotografa al meglio l’andamento del match, che solo nel nono game del primo set poteva prendere una direzione diversa, quantunque non definitiva. Lì, sul 4-4, Federer si è procurato l’unica palla break della partita grazie agli errori dell’avversario (un doppio fallo e tre diritti imprecisi), ma Djokovic l’ha prontamente annullata con un devastante forcing da fondocampo. Nel game successivo il serbo ha poi ingranato la quinta marcia in risposta, specialità della casa, conquistando il primo set e poi scappando via subito anche nel secondo parziale, nel quale Federer ha raccolto appena quattro punti nei cinque game di risposta. «È stata una settimana molto emozionante – ha gioito Djokovic dopo aver ricevuto il trofeo dal ministro Maria Elena Boschi, aver preso con un sorriso la gaffe degli organizzatori che hanno diffuso la vecchia versione dell’inno serbo, essersi per sbaglio sparato il tappo dello champagne sul naso e infine aver scritto sulla telecamera un “Grazie ancora Roma” Il pubblico rende questo torneo speciale per me, è come vincere a casa. Contro Roger ho giocato la partita migliore: questo successo è per la mia famiglia, mio figlio, mia moglie e mio fratello». «Oggi Nole è stato solido come una roccia – ha ammesso Federer – ma in fondo per me è stato un buon torneo. Ho deciso di venire al Foro Italico solo all’ultimo momento: se uno sapesse in anticipo di giocare la finale scenderebbe in campo ogni settimana. Ora, però, ho buone sensazioni per Parigi». Al Roland Garros, secondo Slam stagionale e ragione principale dei ritiri anticipati di Andy Murray e Serena Williams dal torneo romano, mancano solo sei giorni. E Djokovic, assoluto dominatore della stagione (Australian Open, Indian Wells, Miami, Montecarlo e ora Roma in bacheca, mentre a Madrid non ha giocato), partirà nuovamente coi favori del pronostico malgrado una tradizione sfavorevole sulla terra di Parigi, dove non ha ancora vinto. «Battere Nadal sui cinque set è sempre difficile», ha osservato Federer. Ma battere questo Djokovic sembra impossibile. «Questa è la stagione migliore della mia vita ha ammesso il numero uno, reduce da 23 vittorie consecutive – Non so come andrà al Roland Garros, ma ho molta fiducia».

Djokovic domina al Foro Italico

Paolo Rossi, La Nuova Venezia del 18.05.2015

Un saluto in grande stile. Così gli Internazionali Bnl hanno chiuso l’edizione 2015: che domenica è stata. Sorrisi per Maria Sharapova e Novak Djokovic, ma applausi a scena aperta per Carla Suarez Navarro e Roger Federer. Certo, Roma non sarà uno Slam, ma in quanto a fascino ed emozione non è davvero seconda a nessuno. Altrimenti una tipa come Maria Sharapova mica si spingerebbe a dire (non parla mai a caso): «Questo paese è molto speciale per me. Questo torneo mi riporta indietro nei ricordi perché sognavo di giocarlo fin da bambina quando muovevo i primi passi nel tennis», giusto dopo averlo vinto per la terza volta dopo una battaglia feroce contro la spagnola, che l’ha costretta a rimontare furiosamente, a prenderla per sfinimento fisico. E, tanto per continuare, non si sarebbero dati le botte che si son dati il numero uno e due del mondo Djokovic e Federer a suon di dritti e di rovesci (ma anche servizi, smash e volèe), pur di conquistare il trofeo tra gli sguardi increduli e ammirati di chi ha visto il match, dal vivo o in tv. Semplicemente Roma, insomma. Una domenica e dieci giorni di grande tennis, nonostante i disservizi dei mezzi pubblici (vedi lo sciopero di venerdì) o le micro dimensioni del Centrale (10mila posti invece dei 15mila del progetto originario) e le incomprensioni delle istituzioni (vedi Comune di Roma) che non aiutano un torneo che non potrebbe essere più internazionale (mondiale è più corretto?) di così, tanto da far pronunciare a Binaghi, presidente della Federtennis odiato dagli amanti dei biglietti omaggio, la parola “trasferimento”. A Fiumicino, dove vorrebbe (potrebbe) portare tutta la casa del tennis italiano (trenta campi, centro federale, uffici e altri accessori). Peccato che certe istituzioni non capiscano. Perché lo spettacolo di sport, non solo di tennis, offerto ieri da Maria Sharapova e Carla Suarez Navarro prima, e da Djokovic e Federer dopo, hanno posto un “The End” magico, una firma indelebile. Uno spot per l’Italia, un messaggio positivo al mondo. Chi sa di tennis, chi ama il tennis, ha seguito con passione questo evento, gustandosi – come finale – prima la lotta tra le due ragazze e poi quella tra i grandi rivali. Qui ha prevalso la legge del numero uno, quella di Djokovic. Che ha un segreto: farsi trovare preparato al momento giusto, sempre. Alcuni si sono stupiti del fatto che ieri abbia giocato perfettamente, segno che non hanno mai fatto caso, storicamente, alle prestazioni del serbo. Djokovic si è confermato re di Roma, ma anche re del mondo. 

Che Nole, numero uno per distacco 

Ubaldo Scanagatta, La Nazione del 18.05.2015 

Novak Djokovic è il n.1 del mondo. Ma per distacco. In dieci turni di servizio contro Roger Federer, il n.2, battuto 6-4 6-3 in 75 minuti, ha ceduto la miseria di 10 punti. Un punto a game! E Roger non ha giocato male. A Novak è bastato strappare il servizio allo svizzero sul 5-4 del primo set e sull’1-0 del secondo, per non correre veri rischi. Solo sul 4 pari del primo set Roger aveva saputo conquistarsi un breakpoint: un dritto dei tanti messi a segno da Djokovic ha sbrigato la pratica. Quest’anno il serbo sembra ancora più in forma che nel suo magico 2011, quando vinse i primi 42 incontri dell’anno. “Questa è con quella la miglior stagione della mia carriera” ha detto Djokovic, feritosi al naso nello stappare la bottiglia di champagne: “Non bevo, non sono abituato!” ha riso da sotto al gran bonzo. E’ però abituato a vincere. Ora vanta una striscia di 22 vittorie di fila. Ha vinto per la quarta volta gli Internazionali d’Italia (dal 2005 vinti solo da lui e Nadal, sette trionfi) e sogna di vincere il suo primo Roland Garros dove Nadal, campione per 9 volte, è molto meno favorito che in passato. Djokovic, al quinto torneo vinto nell’anno (53 in tutto, 24 Masters 1000, uno più di Federer, 3 meno di Nadal) ha vinto su Federer grazie anche ad alcune magistrali palle corte, alla maggior freschezza atletica, alle straordinarie capacità di recupero che gli hanno consentito di riprendere affondi impressionanti di Federer che pure aveva dalla sua parte 8.000 dei 10.000 spettatori. In precedenza Maria Sharapova, bella e sexy, canottierina rasa ben attillata, in rimonta aveva felicemente conquistato il suo 35mo torneo e il terzo titolo al Foro Italico a dispetto d’un clima tutt’altro che siberiano, battendo 4-6 7-5 6-1 (2h 32m) la ragazza delle Canarie Carla Suarez Navann., n.10 WTA ma n.1 del mondo fra le tenniste con il rovescio ad una mano, specie in estinzione

Nole e Maria, dei di Roma. E della fatica

Marco Lombardo, Il Giornale del 18.05.2015

Djokovic su Federer, Sharapova sulla Suarez. Hanno vinto tutto, ma sanno soffrire Marco Lombardo È stato iltrionfo della fatica, davvero tanta. Perché diciamolo: Maria Sharapova e Novak Djokovic qui a Roma non hanno giocato il loro miglior tennis. Però hanno vinto, e hanno vinto da campioni veri. Roma insomma si consegna ai vincitori che probabilmente voleva, numeri uno che non hanno ancora trovato rivali nella sofferenza. Perché a volte andare avanti non è facile, ma è qui che sta il confine tra il giocatore e il fuoriclasse. DIVINA MARIA Metti la Sharapova: ha vinto praticamente tutto, ha messo da parte quello che le può servire da qui all’eternità, ha un fidanzato che piace (anche alle altre), è glamour e fa affari anche al di fuori del tennis, tipo la sua linea di caramelle. Eppure a 28 anni è ancora lì, a sudare su ogni pallina, dopo aver perfino smussato qualche angolo di troppo del suo carattere. Insomma è quasi più adulta, negli atteggiamenti e nelle riposte, anche quando ricorda «che una volta sulla terra rossa mi muovevo come una mucca sul ghiaccio». E invece ecco il suo terzo titolo agli Internazionali, l’undicesimo totale sulla superficie che meno ama: «Mi piacciono queste statistiche, neanche me lo ricorda- vo questo. Che dire: sono proprio migliorata. E non è una cosa che nasce improvvisa: c’è dietro un sacco di lavoro, fisico e mentale». Come ieri, contro la sorpresa Carla Suarez Navarro, arrivata all’ottava finale persa su nove disputate: ci ha messo 2 ore e 35 minuti per batterla 4-6, 7-5, 6-1, «e ho dovuto aggiustare il mio gioco colpo dopo colpo. Così quello che ne primo set usciva di pochissimo, dopo rimaneva sempre dentro». Sublime Maria, non chiamatela mai più bambola. FANTASTICO NOLE Visto giocare Roger Federer in settimana il pronostico era per lui. Anche perché visto giocare Novak Djokovic, c’erano troppi problemi. Invece, come spesso capita, non si è numeri 1 per caso: dopo aver lottato più volte sulla strada della finale, nel giorno decisivo Nole ha trovato il suo tennis migliore e il quarto trionfo in Italia. «Davvero, sono felicissimo, ho giocato la mia partita più bella nel giorno giusto e qui a Roma sono come a casa». L’ha scritto a pennarello anche sulla telecamera dopo l’ultimo punto («Grazie ancora Roma») e prima di ritirare il trofeo dalle mani della ministra Boschi, con un pensiero al piccolo Stefan che da qualche mese ha cambiato la sua vita: «Da quando c’è mio figlio il tennis è passato in secondo piano: lui e mia moglie sono le cose più importanti che ho e ringrazio Jelena per il supporto che mi dà per stare concentrato». Oggi Novak sarà a Milano per presentare la sua linea di prodotti alimentari e scambiare qualche colpo con dei bambini. Poi si vola a Parigi, missione Roland Garros. Non pensate che non sia il favorito. ECCEZIONALE ROMA Numeri record, incassi oltre i 10 milioni, successo bestiale. Tanto che il presidente della Federtennis Binaghi fa bum: «Il Foro Italico è diventato stretto, potremmo spostarci a Fiumicino dove il Coni ha previsto il possibile sito olimpico. Lì avremmo un posto moderno e aperto tutto l’anno». La Sharapova si dispiace: «Questo impianto è mitico, mi auguro non succeda». E Pietrangeli scuote la testa sconsolato: «Almeno portate là il mio stadio». Statue comprese, intendeva….

Djokovic il re di Roma si arrende solo allo champagne

Stefano Semeraro, La Stampa del 18.05.2015

Il pericolo più grosso Novak Djokovic l’ha corso alla fine. Anzi, dopo la fine, quando aprendo la bottiglia di champagne (marca Moet & Chandon, storico sponsor di Federer, sia detto per la gioia dei retroscenisti) si è tirato il tappo sul naso. Una sbadataggine che ha rischiato di costargli un occhio della testa. Finale fredda e veloce Un prezzo troppo alto da pagare anche per vincere il quarto titolo romano, scippato in scioltezza a Roger Federer in un’ora e un quarto di una finale freddina (6-4 6-3), poco emozionante, costruita su scambi corti – servizio, risposta, poco altro – peraltro quasi tutti vinti da Nole. Come se, invece che la poca e malmessa terra del centrale, sotto i piedi dei numero 1 e numero 2 del mondo ci fosse solido cemento. «Devo continuare così» È stata fra l’altro la partita meglio giocata e meno faticata della settimana per Nole, che al Foro era arrivato dopo tre settimane di relax e con qualche tossina sparsa nel suo corpo bionico e gluten free. Pian piano è entrato in forma, e in semifinale ha rullato Ferrer; ieri, davanti ad un pubblico da record (193.940 gli spettatori complessivi) che forse si aspettava qualcosina di più, ha dimostrato tutta la distanza che al momento c’è fra lui e il più vicino e nobile degli inseguitori. Il suo è un dominio che non conosce confini, anche per mancanza di autentici antagonisti: sul cemento ha vinto gli Australian Open, poi Miami e Indian Wells, quindi si è divorato altri due Masters 1000 sulla terra di Montecarlo e Roma. E per premiarlo ieri si è disturbata anche la ministra Boschi, a cui forse il piglio monocratico di Novak ricorda un po’ quello di Matteo Renzi. «Questa è la migliore stagione della mia carriera insieme al 2011», ha ammesso il Joker, arringando in perfetto italiano il Centrale. «Non mi sento invincibile, perché nel tennis le situazioni possono cambiare velocemente. La mia priorità ora è Parigi: lì sono già arrivato vicino alla vittoria, ora devo solo continuare su questa strada». Roma in fondo, oltre che il 24° titolo Masters 1000 della carriera (davanti ha solo Nadal con 27), per lui è stato soprattutto un allenamento di lusso, una rifinitura in vista dell’unico Slam che gli manca: al Roland Garros, con Nadal mentalmente sdrucito e Federer per ora sottomesso, si stenta davvero a immaginare chi potrà fermarlo. Foro, nuovi progetti Per Federer, elegante come sempre ma a tratti un po’ fané, il Foro resta stregato: quattro finali giocate negli ultimi 12 anni, quattro sconfitte. «Avrei potuto fare meglio, ma Novak è stato molto bravo», ha spiegato. «Il Roland Garros? Non si possono dimenticare 10 anni di Nadal, poi lì si gioca 3 set su 5». A chi invece gli chiedeva un parere sul progetto di traslocare in futuro gli Internazionali a Fiumicino (secondo il Presidente Fit Binaghi e quello del Coni Malagò «al Foro non ci stiamo più») ha espresso un dubbio meno diplomatico: «non so se questa ricerca del più grande a tutti i costi sia una scelta intelligente per il tennis. Se ne parla anche per Miami e Parigi, al Foro però mi pare che di spazio ce ne sia abbastanza». Risposta vincente. Di quelle che, ahinoi, sul campo gli riescono sempre più di rado. Qui avrei potuto fare meglio.

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