Roland Garros interviste, Bacsinszky: "Quando scendo in campo non penso a chi sia o meno il favorito"

Interviste

Roland Garros interviste, Bacsinszky: “Quando scendo in campo non penso a chi sia o meno il favorito”

Roland Garros, quarti di finale: T. Bacsinszky b. A. Van Uytvanck A. 64, 75. L’intervista del dopo partita a Timea Bacsinszky

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Sembrava che gestissi abbastanza bene la situazione di essere la favorita in un quarto di finale del Grande Slam. La sentivi del tutto come una nuova esperienza per te o come qualcosa per la quale eri pronta?
Intendi essere la favorita?

In un quarto di finale del Grand Slam.
Sai, quando scendo in campo non penso a chi è o meno il favorito. Piuttosto penso a come trovare il ritmo per fare il break sul servizio dell’avversario o su come giocare il mio turno di battuta. Dipende. Ma capisco che alla gente piace scrivere su chi è il favorito e chi subisce la pressione e chi non la subisce. Orbene, non che io non senta la pressione o altro, ma sto tranquilla, alla fine, siamo uguali quando scendiamo in campo. Lei meritava quel posto nei quarti di finale. Lei gioca molto bene, per questo non mi sentivo la favorita oggi. Ecco perché io provo soltanto a fare il mio gioco e a trovare una soluzione come ho fatto in passato. È stata una grande esperienza. Sono felice di aver trovato la soluzione buona oggi contro di lei.

Sei in una semifinale del Grande Slam – e per di più contro Serena -, cosa ti aspetti da questa situazione? Pensi di rispondere con qualche palla corta?
Divertente (sorride). Come ho detto in questi 10 giorni, non ti capita ogni giorno di giocare una semifinale del Grande Slam per cui mi godo soltanto il momento per quello che ho fatto oggi, e questa sera lentamente inizio a pensare al match di domani. Lei è assolutamente una grande campionessa. 19 titoli del Grande Slam sono la conferma che gioca abbastanza bene (sorride), forse anche qualcosa in più. Ma ogni volta che scendo in campo è uguale, ogni volta cerco di arrivare a vincere l’ultimo punto. A me non importa contro di chi sto andando a giocare. Voglio soltanto avere due o tre strategie e cercare di metterle in atto. Se poi funziona, allora sono davvero felice. Se no è facile: torni indietro e lavori e cerchi di essere più forte per la prossimo partita.

E le palle corte?
E le palle corte, sai, io sono una istintiva, per cui vedremo in campo quanto mi verranno spontanee o no o quanto sarò ispirata. Sono consapevole che non vincerò il match facendo palle corte sulla sua seconda di servizio. Di sicuro devo fare altre cose.

Come è stato quando hai abbandonato il tour e ti sei dedicata al settore alberghiero e lavoravi in ristoranti e simili? Cosa hai imparato da quell’esperienza che riesci a riportare in come stai giocando adesso?
Non so se mi aiuti davvero col mio dritto o col mio rovescio, ma ti dà tanta umiltà perché ci sono in questa realtà molte persone che lavorano in ristoranti, hotel, in cucina, o che preparano i nostri letti. Forse quando sei un tennista e hai tutto attorno a te, che ti viene già dato e sei “assistito” – non so se assistito è la parola giusta -, allora non ti accorgi di tutte le persone che lavorano per te, tipo per pulire le stanze, per preparare una buona colazione o…. Insomma, non sto parlando solo da tennista ma ci sono molti giocatori che non realizzano quanto siano fortunati anche ad avere i soldi per andare a ristorante. E io quindi ho imparato a stare anche dall’altra parte. I miei colleghi non sapevano che allora giocassi a tennis. Scoprirono che avevo giocato in passato, ma allora non giocavo. Lo scoprirono tre o quattro settimane dopo il mio arrivo lì. E mi dicevano “Cosa ci fai qui? Perchè lavori qui?” Ma io continuavo a chiedere al mio direttore di non farmi particolari favori e di trattarmi come qualsiasi altro impiegato. Sai, era per essere trattata per una volta come una persona qualsiasi, non avere sempre quei pass da VIP e avere la fortuna di essere, per esempio, in prima fila. E adesso penso anche di essere una persona migliore con tutte quelle persone che lavorano dietro le quinte. Per esempio mi arrabbio meno con i raccattapalle o con gli arbitri o con gli assistenti degli spogliatoi. Sono davvero persone carine e credo che solo alcuni giocatori dicano grazie. L’altro giorno ho portato la Raclette ai fisioterapisti. Ad inizio anno a Shenzen avevo promesso ad una di loro che avrei portato della Raclette svizzera all’Open di Francia. Me ne sono ricordata e sono andata a comprare del formaggio Raclette. Non so, ho dato loro qualcosa perché, anche se sono già forniti dalla WTA, alla fine sono esseri umani. Fare un regalo a qualcuno una volta o dire grazie non vuol dire uccidere qualcuno. E questo è qualcosa che ho imparato quando ho lavorato.

Questo ti ha anche fatto dire “Guarda, devo approfittarne, posso giocare a tennis e magari riprovarci?” e magari riesci anche a dare meglio le mance quando sei in albergo?
No, non è stato il lavoro a farmi tornare al tennis. È stato un altro processo. Mi piaceva tantissimo il lavoro che facevo. Anche se qualche volta si rivolgevano a me molto male, io pensavo “ok, tutto a posto. Io non ho fatto nulla di sbagliato ma, va bene”. Ogni volta chiedevo che almeno non riversassero su di me la loro rabbia solo perché erano stressati. Perché psicologicamente, immagino, se sei stressato, qualche volta ti comporti in un certo modo con gli altri perchè non realizzi quanto sei stressato. Questo è quello che ho realizzato mentre lavoravo lì. Erano stressati e quindi cercavano di allontanare lo stress da se stessi. Non so se erano rigidi o cosa altro. Ma sono tornata al tennis perché ho lavorato su me stessa e sulla mia infanzia. Nel frattempo avevo realizzato che anche se adoravo il lavoro che stavo facendo lì, magari era qualcosa che avrei anche potuto fare in futuro, cosa che non potevo fare per le competizioni. Cercavo anche di lavare i piatti o sbrigare altre faccende più veloce dei miei colleghi. La competizione è qualcosa che in qualche modo ho nel sangue (sorride). E la fine della domanda? Quale era?

Con tutto questo processo di crescita e apprendimento che hai fatto su te stessa mentre eri lontana dal tennis, quando sei tornata, avevi la sensazione che sarebbe stato sufficiente per farti migliorare fino ad una semifinale del Grande Slam? Avevi idea che saresti stata adesso una tennista di gran lunga migliore o ne sei sorpresa?
Non ho mai lavorato su me stessa per il mio tennis. Ho lavorato su me stessa perché penso che avere più tranquillità dentro di te ti renda la vita più facile. Ti arrabbi meno volte in un giorno. E quindi perdi meno energia. Ti senti meglio quando vai a dormire. Semplicemente ti godi di più la tua vita e la tua vita è più divertente ogni giorno. Per cui non vedi l’ora di addormentarti e di svegliarti al mattino. Ma non ho mai pensato potesse aiutare il mio tennis fino a questo punto. Non mi aspettavo nulla di speciale per il mio tennis . Ma alla fine sembra che aiuti. Fa bene. Per cui, sì, ne sono orgogliosa.

Stavi parlando delle giocatrici, del fatto che non eri tra le favorite, ma ora devi giocare contro una giocatrice con 19 titoli del Grande Slam. Siamo nella stessa posizione?
Sapevo che mi avreste fatto questa domanda. In questo caso, lei è la favorita. Serena è la favorita. Ha vinto tanti titoli. Può essere una fonte di ispirazione per molte persone, non solo tennisti, ma allo stesso tempo deve fare il suo compito. Ed il mio compito è fare lo stesso: trovare i punti deboli della mia avversaria, trovare una soluzione. Se non riesco a trovare una soluzione, non va bene. La mia vita non dipende da questo incontro. Qualsiasi cosa accada, so che farò del mio meglio. Darò tutta me stessa. Spero di metterla in situazioni di difficoltà. Spero di avere la chiave del match. Tirerò fuori tutte le possibilità per vincerlo.

Hai giocato due volte contro di lei, di cui una a marzo. Puoi parlarci di questi incontri, le impressione e specialmente degli incontri a marzo.
Nel 2010 abbiamo giocato a Roma. Ero avanti nel primo set, poi lei ha alzato il suo livello di gioco. Era davvero difficile batterla. C’è stato un altro incontro a Indian Wells. È stato una match molto tirato ed eravamo vicine. È stata una nuova esperienza. Stavo giocando per la prima volta sul centrale di Indian Wells e avevo giocato 16 partite di fila. Erano tante ed ero meno fresca di oggi. Sapevo che c’erano degli spiragli aperti per me, ma non ho saputo sfruttare le opportunità. Aspettavo qualche occasione in più, qualche altra palla break. Devi trovare le opportunità e coglierle per vincere un set e poi un secondo set. Quando giochi con Serena, devi essere in grado di competere con lei. Le ho creato delle difficoltà quando ho giocato con lei e sperò domani di fare del mio meglio per cercare di batterla e vincere l’ultimo punto.

Oggi hai fatto una bella prova, nonostante la tua avversaria sia tornata sotto. Sei abbastanza serena e calma. Nelle pause tra le partite, cosa fai per restare nel torneo, per restare concentrata sul torneo?
Penso soltanto al prossimo incontro. E basta. Anche se mi fate molte domande. Mi piace questo approccio perché ho le idee chiare. Voglio stare bene il giorno del match. Dopo l’incontro dedico qualche minuto a godermi la vittoria, ad avere sensazioni positive. E dopo devo rispondere alle domande in conferenza stampa e poi mi sottopongo a qualche trattamento col fisioterapista. Poi con il mio coach parliamo del match, di quello che ho appena giocato o di quello che giocherò il giorno dopo. Se ho un giorno libero non parlo del match. Per cui se gioco domani, parlerò del match stasera, ma se ho un giorno di riposo, ne parlerò domani sera. Sempre che il tempo lo consenta. I tennisti hanno delle peculiarità. Ci sappiamo adattare. Sappiamo adattarci a seconda che piova, sia ventoso. Non è un problema. Dobbiamo essere orientate chiaramente a giocare il prossimo punto. Per cui cerchiamo di non parlare del match alle 11:30 di sera. Nel giorno di riposo mi sveglio abbastanza tardi. Faccio colazione. Faccio delle foto della mia colazione (ride). Sono prossima ai 26 anni ma talvolta penso che di testa ho 10 anni. Non sul campo. Ma devi essere in grado di restare bambino. È importante. Dopo mi alleno. Preparo le mie cose per il match. Due o tre cose da bere. Gli abiti pronti. Tutto è pronto come se ci dovesse essere un tifone a Parigi. Per cui sono ben pronta per ogni soluzione e poi ascolto un po’ di musica. Se non gioco, andiamo a ristorante. Nei pressi dell’hotel abbiamo provato tutti i ristoranti, di sushi, francesi, le brasserie. E le persone ci chiedevano se lavorassimo qui, se fossimo tennisti e se avessimo in programma di stare a lungo. E noi diciamo sempre che non lo sappiamo ancora.

Cosa hai scritto sulla telecamera? E la tua famiglia? Verranno?
Ho scritto, “Val, vieni al Roland Garros”. Val significa Valerie. Lei non sa molto di tennis ma le ho detto che dovrebbe venire. Lei è all’Università di Ginevra. È un’interprete per cui lei potrebbe fare l’interprete qui. Aveva un esame questa mattina. Aveva un esame mentre stavo giocando. Mi ha detto che in caso di vittoria verrà domani. Mia mamma verrà. Una delle mie sorelle e mio fratello sono già qui al Roland Garros, Sophia and Daniel. Melinda, l’altra mia sorella, verrà con I miei due nipoti. Ci saranno molte persone della mia famiglia e ne sono felicissima.

Traduzione di Ciro Battifarano

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