Vedi New York e poi smetti. Il gran finale di Pennetta e Vinci (Semeraro). Djokovic perde un set e batte Wawrinka. Che sfida con Murray (Crivelli)

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Vedi New York e poi smetti. Il gran finale di Pennetta e Vinci (Semeraro). Djokovic perde un set e batte Wawrinka. Che sfida con Murray (Crivelli)

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Vedi New York e poi smetti. Il gran finale di Pennetta e Vinci (Stefano Semeraro, La Stampa).

Una finale – quella di New York – che è diventata un finale: di carriera. Flavia Pennetta aveva detto che avrebbe chiuso con il tennis appena alzata la coppa degli US Open, e al Masters di Singapore una settimana fa ha mantenuto la parola, con qualche lacrima nascosta e una lunga lettera aperta via Twitter a quello che per quindici anni è stato il suo mondo. Roberta Vinci, la sconfitta di quel leggendario match tutto azzurro a Flushing Meadows, ci ha pensato un po’ di più ma alla fine è arrivata alla stessa conclusione. Ha un anno meno di Flavia, l’altra ragazza di Puglia con cui ha battagliato fin dai tornei Under 10: «La prossima sarà la mia ultima stagione da tennista», ha detto Roberta in Cina, dopo la sconfitta nell’Elite Trophy di Zuhai, il Master B del circuito. A New York in semifinale aveva ribaltato Serena Williams, dalle parti della Grande Muraglia in semifinale ha perso, per la quinta volta in carriera, contro l’altra Williams, la sorella maggiore. Venus ha 35 anni e dopo anni di tribolazioni anche per via della malattia autoimmune che la fiacca tornerà fra le top-10, in caso di vittoria in Cina addirittura al numero 7. Roberta di anni ne ha 32 ma in campo ieri è sembrata stanca, esaurita. Come prosciugata dall’eco prolungata di una finale immensa e definitiva. Si è concessa però un addio ad orologeria, un count-down di dodici mesi che può servirle a chiudere gli ultimi cassetti prima di traslocare nella vita vera. Magari anche a togliersi un paio di soddisfazioni, come ad esempio vincere una medaglia alle Olimpiadi, il traguardo che le è sempre sfuggito anche quando, in coppia con Sara Errani, da numero 1 del doppio vinceva tornei (25 in totale, 9 quelli in singolare) e Slam a ripetizione (5). L’anno prossimo ci sono i Giochi di Rio. L’addio della Pennetta, che dopo la rottura fra le due «Chichis» aveva sostituito Roberta nella coppia, lascia un posto libero a fianco di Sara. La Vinci nell’ultimo anno ha fatto squadra con Karin Knapp, è vero, ma ricucire lo strappo e dare l’assalto al podio di Rio a Chichis riunite è una tentazione grossa. Poi c’è la classifica in singolare. La Vinci nel 2013 si è arrampicata al n. 11, ora è n. 15 con pochi punti da difendere prima dei prossimi US Open. La top-ten – già raggiunta prima di lei da Pennetta, Schiavone ed Errani – non è lontana. Arrivare a New York, guardarla l’ultima volta da top-ten e poi salutare per davvero, beh, Roberta, quello sì sarebbe un gran finale.

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Djokovic perde un set e batte Wawrinka. Che sfida con Murray (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport).

La notizia del giorno è che finalmente Djokovic ha perso un set, dopo averne conquistati 29 di fila. Ma la vendetta contro Wawrinka, che è riuscito nell’impresa nel secondo parziale della semifinale di Bercy, è stata tremenda: nel terzo, lo svizzero non tocca palla e porta a casa un rotondo 6-0. A Parigi, Stan The Man quest’anno ha già cambiato la storia, impedendo probabilmente al serbo di mettere insieme il Grande Slam con il successo al Roland Garros. Il nuovo episodio della rivincita non può avere ovviamente lo stesso pathos ed anzi si rivela una partita troppo altalenante, ma era ovvio che fosse così: lo svizzero ha finito all’alba contro Nadal e in pratica gioca solo di braccio e mai di gambe, Nole sta avvertendo ora la stanchezza di una stagione sempre e solo in accelerazione, come dimostra il lungo passaggio a vuoto che appunto gli costa il secondo set dopo essere stato avanti di un break. Eppure, al momento non c’è modo di fermarlo: 21 successo consecutivo (non perde dalla finale di Cincinnati ad agosto) e, soprattutto, 14a finale consecutiva in stagione, un record per l’Era Open: l’unico torneo in cui non è riuscito ad arrivare in fondo è stato Doha, addirittura la prima settimana di gennaio, quando perse da Karlovic nei quarti. La finale parigina, tuttavia, gli proporrà un esame ostico: Andy Murray, infatti, Novak escluso, è sicuramente il giocatore più solido e continuo del 2015, a parte gli sprazzi immortali di Federer. Intanto, raggiunge per la prima volta la finale in un torneo in cui non aveva mai lasciato il segno e poi costruisce la piattaforma per garantirsi il numero 2 alla fine dell’anno, un traguardo che non è mai riuscito a raggiungere a fine stagione: significherebbe, agli Australian Open, incrociare Djokovic solo in finale. I suoi 68 successi, poi, sono la miglior performance dietro i 77 del numero uno. Insomma, stimolato dal Masters in casa e soprattutto dall’obiettivo Coppa Davis, il futuro papà Andy sembra rivitalizzato nonostante qualche fastidio alla solita schiena: «Non posso che essere contento del mio gioco». Si preannuncia un pomeriggio di fuoco.

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