Le protagoniste della finale: Petra Kvitova

Fed Cup

Le protagoniste della finale: Petra Kvitova

In attesa della finale di Federation Cup, ripubblichiamo il profilo di Petra Kvitova

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Quando si parla di Petra Kvitova si fa riferimento ad un talento cristallino che nel 2011, a soli 21 anni, sembra avviata a diventare una regina del tennis, al pari dell’iconica Martina, leggendaria connazionale e idolo di gioventù. Quell’anno trionfa con sorpresa a Wimbledon, chiudendo la stagione da numero 2 con la ciliegina del successo nelle WTA Finals.

Solo a sedici anni Petra, che gioca ancora per diletto nel paesino ceco d’origine, viene notata dai tecnici federali che intuiscono il gioiello che hanno per le mani. Il corpo giunonico, una potenza devastante al servizio, seconda sola alla brutalità di Serena, la mano mancina ben educata, impugnatura insolitamente aperta, i colpi piatti portati con incisività pari alla varietà, il tempo sulla palla sembrano le stimmate delle grandi campionesse. Oggi, 4 stagioni dopo quell’anno da incorniciare, Petra pare un’opera incompiuta. L’incoronazione a regina tarda ad arrivare, mentre i difetti di mobilità, a tratti la lentezza, e la propensione ad un eccesso di gratuiti, sembrano avere il sopravvento. Certo, è arrivato un altro Wimbledon, 2 Premier Mandatory sulla terra veloce di Madrid, 17 titoli WTA complessivi, ma l’idea di predestinazione è sbiadita, se non addirittura svanita. Non vi è dubbio che non ha mai abbandonato l’elite del tennis femminile, può vantare semifinali in Australia e a Parigi, ha una collezione di 3 Fed Cup, ma le premesse erano ben diverse, al punto che il simulacro di Martina appare sempre più un miraggio irraggiungibile.

Il 2015 non contempla alcun ritorno alle origini ed anzi è assai povero di soddisfazioni per Kvitova. Tre tornei all’attivo (Sidney, New Heaven e, appunto, Madrid, dove dimostra comunque di essere una delle rarissime giocatrici capaci di far male a Serena Williams con le sue stesse armi), ma anche eliminazioni premature nei primi tre Slam, solo i quarti con la futura vincitrice Pennetta a New York e una trasferta orientale da incubo: a Wuhan fuori al terzo turno con Vinci, a Pechino è sufficiente il primo con Errani. In mezzo poi, il malanno della mononucleosi a pregiudicare parzialmente l’estate e a condizionare il prosieguo della stagione, nella mente prima ancora che nel corpo. E ancora una crisi emotiva, quasi un rifiuto del tennis giocato e dei suoi ritmi forsennati, che la spinge ad una pausa di oltre due mesi. Un qualcosa di decisamente anomalo a questi livelli di professionismo. Il cammino di avvicinamento alle Finals, che Petra affronta per la quinta volta in carriera, non può quindi che suscitare innumerevoli perplessità sulla condizione attuale e sulle reali possibilità di successo. Le statistiche confermano oggettive difficoltà con le avversarie più quotate, specie se si tratta di Sharapova e Halep, ma non va dimenticato che i colpi ci sono, e anche pesanti, e che la ragazza sa come si fa a vincere. Nel regno lasciato incustodito dalla regina Serena, anche Petra si può ritagliare il suo spazio, sempre che recuperi salute e aggressività e sia capace di limitare gli errori gratuiti di cui è spesso preda.

(Riccardo Urbani)

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