Classe e sbadigli, Federer passa. Chi lo vuole in semifinale? (Clerici). Chiamatelo Brunello Federer, più invecchia e più è spettacolare (Valesio). Djokovic avanti ma senza brillare. Federer imbattuto (Gazzetta). Andy contro Stan, dentro o fuori (Cocchi)

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Classe e sbadigli, Federer passa. Chi lo vuole in semifinale? (Clerici). Chiamatelo Brunello Federer, più invecchia e più è spettacolare (Valesio). Djokovic avanti ma senza brillare. Federer imbattuto (Gazzetta). Andy contro Stan, dentro o fuori (Cocchi)

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Classe e sbadigli, Federer passa. Chi lo vuole in semifinale? (Gianni Clerici, La Repubblica)

Da vecchissimo amante del Tennis, mi domando se questo sia un torneo, o non piuttosto un’esibizione agonistica, un termine che suggerii a Carlo Della Vida, il massimo organizzatore italiano, la persona che resuscitò, nel 1950, i Campionati Internazionali di un’Italia squalificata per il suo comportamento in guerra. Oggi, sulla pubblicità consegnata al pubblico, erano iscritte le varie possibilità dei due gruppi, intitolati a Smith e Nastase, il primo dei quali disputava le sue ultime partite. Le possibili varianti erano solo sette, nel caso in cui Federer e Djokovic, sin qui il primo e il secondo – al pari con Nishikori – avessero perduto i loro match. Risparmio le 7 eventualità, ma vi assicuro di aver visto raramente un Federer così indifferente, se non verso la fine del set decisivo. Se avesse infatti perduto, Federer si sarebbe egualmente qualificato, probabilmente contro Nadal o contro il vincitore del gironcino chiamato Nastase, e cioè Wawrinka o Murray, in gara oggi. Simili possibilità, nel passato, hanno addirittura spinto qualcuno dei campioni a perdere volontariamente la propria partita, scegliendosi così, di fatto, l’avversario delle semifinali. II ricordo più vivo è quello di Lendl, che si fece battere apposta da Connors, al Madison Squadre Garden 1980, per incontrare in semi il mediocre Gene Mayer, e accedere così alla finale contro Borg. Fu in quella circostanza che appresi che gli americani chiamano un coniglio col nome del pollo, chicken, perché questa fu l’offesa che Connors gettò pubblicamente a Lendl. Per continuare con le citazioni negative di una vicenda dissimile dalle regole del Tennis con la T maiuscola, ricordo che 21 volte su 45 il Masters è stato vinto da un giocatore sconfitto nelle eliminatorie. Per continuare con Federer, nel 2007 rimasi incredulo nel vederlo battuto da Ferdinando Gonzales, che affermò in seguito «Per una volta su 13 che riesco a battere Federer, questo mi vincerà il torneo», come puntualmente avvenne. Non vorrei che il lettore occasionale ricavasse da simili aneddoti l’opinione che il tennis sia ormai un gioco sporco. È questa oscena formula, è la macchina da dollari del Masters, che produce incontri poco attendibili. Dopo che si saranno correttamente qualificati Federer e Djokovic, quale avversario potrebbe scegliere Nadal per la semifinale? Vincendo o perdendo contro Ferrer? Per ritornare al tennis giocato, contro il giapponesino Nishikori ancora speranzoso di qualificarsi, in caso di un Djokovic battuto in serata, Federer è stato a tratti addormentato, a tratti sublime, soprattutto alla fine. Tantoché meriterebbe probabilmente il titolo di questo Masters, se non si giungesse per la ottava volta su quindici a un tennista battuto nelle eliminatorie che ribatte il suo vincitore. Che sia il caso di Djokovic?

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Chiamatelo Brunello Federer, più invecchia e più è spettacolare (Piero Valesio, Tuttosport)

Quando pensi che si sia detto o scritto tutto su Federer, ecco che il buon Roger continua a offrirci spunti per dire o scrivere qualcosa di nuovo. Prendete il Masters, ad esempio. Roger sta giocando in un modo sublime. E il fatto è che sembra stia giocando in modo ancor più sublime di sempre. Ha 34 anni, un’età in cui lui si potrebbe pure dedicare a fare il padre dei gemelli, a spostare i suoi investimenti bancari oppure a sorvegliare l’andamento delle iniziative umanitarie che finanzia in Africa. Invece scende in campo contro Nishikori in una partita che conta giusto per chiudere il girone al primo posto e per più di un’ora gioca un tennis assolutamente spaziale. Lasciate perdere che dopo quell’ora il nostro si sia annoiato da solo della sua superiorità e abbia deciso di tirare i remi in barca perdendo il secondo set in modo assurdo: poi però, il 34enne, è tornato più o meno quello di prima e la partita l’ha vinta. Ma è il come, che conta: al mondo non c’è un altro come lui. Fuori lui, quanto varrà il tennis maschile? Sarà anche per questo che Roger in veste barbuta sta continuando a migliorare se stesso: a fare cioè qualcosa che nessuno dei suoi avversari è mai riuscito a realizzare in questi anni: inserire nuovo materiale nel repertorio. E non parliamo solo dell’ormai famoso Sabr, la risposta al servizio spostandosi in avanti fin quasi sulla linea del servizio stesso ma anche l’utilizzo ripetuto e letale della palla corta, ad esempio. E dietro a tutto questo ci sono due gambe che sono molle d’acciaio che arrivano prima nell’angolo in cui arriverà la palla. Godendo dunque del privilegio di poter scegliere a quale supplizio sottoporre l’avversario. Che dite? Che da qui a vincere il Masters ora e un titolo Slam ce ne passa? Certo, ce ne passa. Ma tutto sommato al movimento tennistico importa molto poco. Se c’è lui gli stadi si riempiono, gli ascolti s’impennano: che poi vinca o perda si sta rivelando sempre più come un finale più o meno riuscito di un film capolavoro. Anche qualora dovesse arrivare un momento in cui vorrà smettere c’è da scommetterci: lo costringeranno a ripensarci. Cambieranno le regole, se sarà il caso. E non si potrà dar loro torto, per una volta.

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Djokovic avanti ma senza brillare. Federer imbattuto (La Gazzetta dello Sport).

Un Djokovic con lo sguardo insolitamente poco assatanato e scarsamente reattivo batte il ceco Thomas Berdych e si qualifica come secondo del girone alla semifinale del Masters di domani. Troverà Rafa Nadal nel 46° incontro tra i due (i precedenti sono 23-22 per lo spagnolo). Nel pomeriggio, Kei Nishikori aveva costretto Roger Federer a un super lavoro. Il giapponese, dopo un set perso in avvio, ha saputo reagire conquistando il secondo e rischiando anche di portarsi a casa il match, il che avrebbe reso un po’ più elettrizzante il finale della giornata. Federer era avanti 4-1 nel terzo, quando ha subito la rimonta del giapponese. Quando però ha recuperato due break e si è portato sul 4 pari, Federer ha innestato la marcia «Roger» e ha conquistato set e match senza grosse difficoltà. Lo svizzero resta così imbattuto nella strada che porta alla semifinale e può ancora ambire, come Rafa Nadal, al superpremio di quasi due milioni di euro che spetta a chi arriva al titolo senza sconfitte nei round robin. «Probabilmente il fatto di essere già qualificato mi ha un po’ distratto — ha raccontato lo svizzero al termine del match — forse inconsciamente mi sono rilassato. La prima volta che mi sono qualificato, nel 2002, ero già in semifinale dopo due partite perché Agassi si era ritirato ed era entrato Johansson, e io ero tesissimo e avevo paura di perdere punti. Dopo 13 anni è ovvio che sia più disteso». Se dovesse vincere, potrebbe portare via il numero 2 a Murray: «Non mi interessa molto la classifica a questo punto, lo ammetto. Sto giocando questo torneo come se non ci fossero in ballo punti. In questa fase do più importanza ai titoli che ai punti». Per un Murray che si taglia i capelli in campo, c’è un Federer che si presenta con barba incolta: «Sì, mi piace. Forse la terrò fino a Natale. Mirka è d’accordo? Me la lascia tenere, per ora. Sapete, a volte posso prendere decisioni anche da solo…»

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Andy contro Stan, dentro o fuori (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Andy Murray e Stan Wawrinka, uomini che amano le donne. Madri, mogli, allenatrici, fidanzate. Andy portato a essere campione da mamma Judy; Andy che da quando si è sposato, e ha trovato il giusto feeling con la coach Amelie Mauresmo, ha iniziato una crescita di gioco e personalità, in grado di lanciarlo fino al numero due del mondo. Stan che, con l’arrivo della fidanzata teenager e tennista Donna Vekic in tribuna, ha sfoderato unghie e grinta da campione ed è riuscito a portarsi a un passo dalla qualificazione alle semi. Oggi a Londra, nel match serale del girone Nastase di queste Finals, già vinto da Rafa Nadal, i due si giocheranno il secondo posto con molte incognite. Nella partita contro Rafa, Andy Murray sembrava perso, stanco, annoiato. E’ arrivato pure a tagliarsi un ciuffo di capelli durante il cambio campo. Un atteggiamento strano per lo scozzese, sembrava quasi che volesse perdere di proposito. «Un atleta non va mai in campo per perdere», ha brontolato Andy dopo la partita a chi insinuava il dubbio che stesse preparando una precoce dipartita dalla 02 Arena, visto che alla fine della settimana prossima c’è un evento storico per la Gran Bretagna, la finale di Coppa Davis a Gand, in Belgio, contro la squadra di Goffin. Un appuntamento imperdibile per Andy, per il fratello Jamie (eliminato ieri in doppio e quindi già pronto a volare in Belgio) e soprattutto per mamma Judy, che in questo modo avrebbe il merito eterno di aver messo al mondo due talenti in grado di riscrivere la storia tennistica britannica. Andy era riuscito nel 2013 a vincere il torneo di Wimbledon 77 anni dopo Fred Perry, che lo aveva vinto nel 1936. Sempre nel ‘36, e sempre Fred Perry, ha sollevato per ultimo l’insalatiera d’argento. «E’ l’appuntamento a cui tengo di più — ha detto Andy — ma non accusatemi di voler perdere, siete ossessionati da questa domanda». Interrogativo che oggi, contro Wawrinka, troverà finalmente una risposta. Un divorzio ad aprile, con tanto di lettera della ex moglie sui giornali, che lo accusava di tradimento con una collega poco più che maggiorenne. Una crisi di pianto a Montecarlo, quando singhiozzava dicendo «non voglio stare in campo, non voglio giocare a tennis», poi Stan si è risollevato. Aiutato dal coach Magnus Norman, e rinfrancato dall’amore per la sua Donna (Vekic), ha conquistato il Roland Garros, l’unico titolo che ancora manca a Djokovic. Stan, che fino a prima della “cura Norman” era considerato un magnifico perdente, ha vinto uno Slam all’anno: Australia nel 2014 e Parigi 2015, ma da lui non si sa mai cosa aspettarsi: «E’ il bello e il brutto di Stan — spiega il coach — tutto dipende dalla sua capacità di acquisire continuità». La vittoria, con rimonta nel primo set contro Ferrer, ha mostrato il suo lato migliore: «Sono partito troppo lento, ho sbagliato tanto, non trovavo il ritmo. Poi c’è stato un “clic” nella mia mente e tutto a ricominciato a girare». Lui e Andy non si incontrano da due anni. Oggi sarà dentro o fuori, come un normale torneo. Chi vince passa, chi perde va a casa: «L’ultima volta che ci siamo affrontati era lo Us Open 2013, nei quarti. I nostri match sono stati molto spesso tirati, tre o quattro set. Molto dipenderà anche dal mio gioco, se riuscirò a mantenere l’atteggiamento positivo». Molto dipenderà anche da Murray, se vorrà giocare la semifinale contro Federer: «Non so cosa passi per la sua testa, certo è molto concentrato sull’obiettivo Davis e se non dovesse essere mentalmente concentrato sul match, io potrei approfittarne». Pensa positivo, Stan.

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