Rafa Nadal saprà imitare Roger Federer?

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Rafa Nadal saprà imitare Roger Federer?

Una stagione senza vittorie negli Slam, con una sola finale nei tornei Master 1000 e diverse sconfitte contro avversari ben lontani da lui nel ranking ATP: il 2015 di Rafa Nadal assomiglia molto al 2013 di Roger Federer. A questo punto della carriera, a cosa può ambire lo spagnolo e con quali armi a disposizione? Molto dipenderà da lui, ma anche dal rendimento di Novak Djokovic.

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Per Roger Federer, la stagione 2013 è stata senza dubbio la peggiore. Dopo un buon Australian Open (sconfitto in semifinale da Murray solo al quinto set, dopo aver rimontato due volte un set di svantaggio), al Roland Garros aveva davanti a sé un tabellone favorevole che gli garantiva buone probabilità di arrivare in finale, ma dopo un ottavo di finale soffertissimo contro Gilles Simon (battuto dopo aver recuperato uno svantaggio di 2 set a 1) venne spazzato via in tre set da Jo-Wilfried Tsonga ai quarti. A Wimbledon tutti si aspettavano un torneo da protagonista, tanto più che l’anno prima aveva conquistato il settimo successo ai Championships eguagliando Pete Sampras, invece arrivò l’incredibile prematura sconfitta al secondo turno dal n. 116 del mondo, l’ucraino Sergiy Stakhovsky. A Flushing Meadows, nell’ultimo Slam stagionale, la sua corsa s’interruppe agli ottavi di finale contro Tommy Robredo, col quale perse in tre set dopo una striscia di 10 vittorie su altrettante sfide. Quell’anno Roger conquistò un solo titolo, sull’erba di Halle. Nei “Master 1000” non andò tanto meglio. Lo svizzero raccolse una sola finale (a Roma dove perse di netto con Nadal, raccogliendo solo 4 game) e una semifinale a Parigi-Bercy (battuto da Djokovic in 3 set), qualificandosi a fatica alle Finals di Londra da n.7 del mondo. In mezzo, diversi tornei chiusi anzitempo, con alcune sconfitte shock contro avversari ben lontani dalla top ten, come il n.39 Benneteau a Rotterdam, il n.42 Monfils a Shanghai, ma soprattutto, oltre a Stakhovsky a Wimbledon, il n.114 Federico Delbonis ad Amburgo e il n. 55 Daniel Brands a Gstaad. In tutto sono state 6 le sconfitte contro giocatori fuori dai primi dieci, considerando anche il secondo turno di Madrid contro Nishikori, allora n.16 ATP, e il già ricordato ottavo di finale a Flushing Meadows contro il n.22 Robredo.

Prima dell’ottimo Australian Open 2014 Roger sembrava avviato a un tramonto molto malinconico. Qualcuno magari sperava in una resurrezione ma in molti lo esortavano a ritirarsi, temendo una lunga sequenza di batoste. Poi tutte le soluzioni finalizzate ad accorciare lo scambio, come la definitiva attitudine a prendere la rete ogni volta che fosse possibile, il famoso SABR (la risposta sulla seconda di servizio dell’avversario da una posizione avanzatissima, tra la riga di fondo e quella del servizio) e un consolidamento del servizio hanno permesso allo svizzero di disputare due ottime stagioni, culminate con le due ultime finali a Wimbledon e la finale degli ultimi US Open.

Il 2015 di Rafael Nadal, almeno in termini di risultati, è molto simile al 2013 di Federer.
Nei tornei dello Slam, agli Australian Open è stato eliminato ai quarti in tre set da Tomas Berdych, col quale non perdeva dall’Ottobre 2006 (al Master 1000 allora indoor di Madrid) dopo ben 18 vittorie consecutive. Al Roland Garros è arrivato senza titoli sulla terra e per la prima volta dal 2005 da sfavorito, cedendo senza opporre grande resistenza ai quarti di finale a Novak Djokovic in tre set. A Wimbledon si è fermato subito al secondo turno perdendo da Dustin Brown, talentuoso ed estroso finché si vuole ma pur sempre fuori dai primi cento (era n.102 ATP). A New York è uscito di scena al terzo turno contro la versione più bella di sempre di Fabio Fognini, capace di rimontare due set di svantaggio al campione iberico. Nadal non aveva mai perso avanti 2 set a 0 negli Slam e prima di quella partita aveva poi vinto il match ben 151 volte nei Major!
In termini di classifica, Nadal è sceso fino al n.10, posizione che ha occupato nei mesi di Giugno e Luglio.
Il vincitore di 14 Slam è riuscito comunque a vincere 3 titoli, gli ATP 250 sulla terra di Buenos Aires e sull’erba di Stoccarda e l’ATP 500 sulla terra di Amburgo, nella prima delle due vittorie del 2015 di Rafa contro Fognini su 5 sfide (la seconda è la semifinale di Pechino, mentre Fabio ha fatto sue la semifinale di Rio de Janeiro e gli ottavi di Barcellona, oltre al sopra citato terzo turno a Flushing Meadows). Nei Masters 1000 ha raggiunto una sola finale a Madrid (sconfitto nettamente da Andy Murray in due set, racimolando solo 5 giochi) e due semifinali (a Montecarlo, battuto da Djokovic in due set e a Shanghai, sconfitto da Tsonga in 3). In stagione ha perso 9 volte contro un giocatore fuori dai primi dieci: oltre alle 3 sconfitte contro Fognini e quella con Brown a Church Road, il primo turno a Doha contro il tedesco Michael Berrer, n.127 del ranking, il secondo turno di Miami contro Verdasco, allora n.34, il primo turno del Queen’s in tre set contro Dolgopolov, n.79 del mondo, il terzo turno in tre set tirati a Cincinnati contro Feliciano Lopez, ai tempi n.23 e la semifinale di Shanghai contro Tsonga, n.15 del mondo).

Alla fine di questo pessimo 2015, può risorgere anche Nadal come è stato in grado di fare Federer dopo il 2013? Anche Rafa, come Roger, è stato capace di grandi ritorni (sia nel 2010 che nel 2013 tornava da due infortuni seri, ma riuscì in entrambi casi a portare a casa 3 quarti di Slam e a riprendersi la vetta del ranking), ma questa volta sarebbe la prima dopo una stagione giocata (male) per intero e non dopo un importante infortunio. Lo spagnolo arriva da 11 stagioni massacranti. Ma se la fatica può averne logorato il fisico, a livello mentale la sua determinazione continua a sembrare inscalfibile. Il suo problema è rappresentato da Djokovic dal quale sembra separarlo un enorme divario. Nadal deve fare i conti non solo con se stesso, come fece invece Federer – che all’inizio del 2014 non aveva davanti a sé uno schiacciasassi come il serbo quest’anno – ma con un n.1 che sembra di un altro pianeta. Anche riuscisse a scrollarsi di dosso tutte le scorie di una stagione pessima e tornasse competitivo a grandi livelli, accetterebbe l’idea di essere al massimo il n.2, non tanto in termini di ranking quanto riguardo alle reali possibilità di vincere un altro titolo dello Slam? Avesse trovato Federer, Rafa magari avrebbe potuto appoggiarsi ad alcuni elementi psicologici e tattici. Ma il serbo non ha sulle spalle il peso di un confronto nelle sfide dirette fortemente sbilanciato a favore dell’avversario, e soprattutto il dritto di Nadal, esplosivo e dal rimbalzo alto, crea ben pochi grattacapi al rovescio a due mani di Novak, persino sulla terra. Ma è a Parigi lo snodo della rivalità. Nadal vuole la decima Coppa dei Moschettieri per entrare ancora di più nella leggenda e Djokovic la prima per completare il Career Grand Slam. Ecco, attorno al Roland Garros ruota la maggior parte delle motivazioni dello spagnolo, essendo naturalmente quello il Major con le maggiori probabilità di vittoria.

Un 2016 segnato dal decimo sigillo a Parigi e da un rendimento costante per tornare tra i primi 3 o 4 del mondo, magari condito da una medaglia olimpica a Rio de Janeiro sarebbe sicuramente una stagione eccellente per Nadal, al punto che dopo potrebbe prendere in seria considerazione anche l’ipotesi del ritiro. Come fare per ottenere tutto questo? Di nuovo le differenze con Federer sono evidenti. Se Roger ha ampliato il suo bagaglio tecnico, Rafa farebbe bene a consolidare i suoi punti di forza, come il dritto e la risposta, e recuperare un buon rendimento sulla seconda di servizio. Un’attenta selezione dei tornei cui partecipare, centellinando le energie per non logorare ulteriormente il suo fisico, farebbe il resto, permettendo al maiorchino di riprendere fiducia nei suoi colpi e nelle sue doti fisiche. A quel punto partirebbe alla pari contro tutti, ma non – come detto – contro il Djokovic attuale.

La resurrezione di Rafa quindi rimane necessariamente legata anche a un calo, peraltro fisiologico e del tutto umano, di Robonole, specie in termini di continuità durante l’arco di una sfida al meglio dei 5 set: i picchi di rendimento raggiunti dal serbo nella semifinale del Roland Garros 2013 non bastarono per battere il mancino di Manacor, che fece valere la maggiore continuità rispetto all’avversario. Quando Nole sembrava ingiocabile, Nadal resisteva pazientemente, per poi vincere alla distanza, seppure di un soffio (9-7 al quinto), mantenendo alto il livello del suo gioco perché sapeva che Djokovic non si sarebbe mantenuto su quei livelli monstre per tutto il match. Del resto, lo stesso Djokovic dopo lo strepitoso 2011 accusò un calo naturale che permise ai suoi più grandi avversari (Federer, Nadal e Murray, ça va sans dire) di giocarsela alla pari senza dover necessariamente estrarre dal cilindro la partita perfetta (come quella che giocò Federer nella semifinale del Roland Garros 2011 o quella di Wawrinka sempre a Porte d’Auteuil nella finale di quest’anno).

Un altro aspetto da non sottovalutare è il desiderio di raggiungere pazientemente, un allenamento alla volta, una partita alla volta, i livelli di Djokovic, diventato oggi il suo target come lo era Federer negli anni dal 2004 al 2008 (anno in cui Rafa raggiunse la vetta del ranking ATP per la prima volta, a metà Agosto). Roger, allora n.1 incontrastato, rappresentava per Nadal il modello cui tendere, non per stile di gioco ma per continuità di risultati, costringendolo a migliorarsi continuamente, fino a detronizzare colui che sembrava di un altro pianeta. In altri termini, ha senso parlare oggi di “fattore Djokovic” come in quegli anni si parlò di “fattore Federer”?
È chiaro che da allora sono cambiate molte cose, a partire dall’età: il mancino di Manacor a quei tempi aveva dai 19 ai 22 anni, con davanti a sé la parte migliore della carriera, quella della piena maturità fisica e tecnica. Gli infortuni del 2009 e del 2012 lo costrinsero a lungo fuori dal campo, ma le straordinarie stagioni successive del 2010 e del 2013 certificarono il suo primato, prima di cedere definitivamente la cima della classifica ATP a Djokovic.  Nadal si presenta all’inizio del 2016 ben sapendo di aver già superato la fase migliore della carriera. Il “fattore Djokovic” rappresenta quindi per il vincitore di 14 Major una motivazione non per tornare a essere il n.1 del mondo ma per giocarsela alla pari con chiunque soprattutto nel periodo centrale dell’anno, quello che va dall’inizio della stagione sulla terra fino a Wimbledon. Pazienza se non dovesse arrivare al massimo all’appuntamento olimpico, tanto la medaglia d’oro in singolare l’ha già vinta a Pechino 2008.

Un’ultima e ulteriore motivazione potrebbe essere lo stato di forma di Roger Federer. Proprio contro un Federer così ispirato, Nadal potrebbe covare la voglia di non ridurre ma al contrario aumentare il suo grande vantaggio negli scontri diretti contro quello che tra i Fab Four rimane l’avversario migliore per lui, prova ne sia il set vinto a Basilea quest’anno. Ogni volta che incontra “il migliore giocatore della storia”, come lo ha spesso definito, Nadal tira sempre fuori il massimo che può dare. Quest’anno il suo massimo gli ha consentito solo di strappargli un set, ma dovesse ritornare quello del 2014 (ipotesi più realistica di un ritorno ai massimi livelli, ovvero 2010 e 2013) tra i suoi più grandi desideri ritornerebbe inevitabilmente quello di batterlo una volta di più, con l’enorme soddisfazione di alimentare ancora una volta il paradosso del più forte di sempre che ha perso in moltissime occasioni e in tutti i momenti della carriera contro di lui.

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