Rafael Nadal: "Un uomo è fatto dei propri obiettivi"

Interviste

Rafael Nadal: “Un uomo è fatto dei propri obiettivi”

Il re della terra battuta ha vissuto la sua traversata nel deserto, ma nonostante gli infortuni e l’ansia sta risorgendo giorno dopo giorno. Rafael Nadal comprende chi dice di lui che è in declino, anche se il suo piano è diverso: “Ho deciso di continuare a lottare e a competere. Se ci riuscirò o meno non lo so”

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Il modesto camerino che attende l’artista ha uno specchio rettangolare e una luce tenue e blanda. Non c’è traccia della iconica fila di lampadine che tutto il mondo immagina. L’artista si chiama Rafael Nadal e la sua luce rifulge scintillante se paragonato al resto della stagione che si è conclusa poche settimane fa a Londra, e nella quale, mostrando miglioramenti, ha raggiunto la semifinale di un torneo che ancora oggi gli resiste. A tratti, il tennis di un campione di cui non è necessario ricordare il palmares, ha brillato proprio come la luce nel camerino, tenue e blando, niente a che vedere con la sicurezza e il vigore accecante, marchio di fabbrica. In poche occasioni qualche scintilla, soccombendo però a rivali molto inferiori nel ranking. Ma ci sono stati anche blackout e cortocircuiti. Alla fine dell’anno, tuttavia, ha irradiato speranza con un gioco robusto e lucido anche sul veloce indoor, quella che accusa di più fisicamente. Il tennista maiorchino, che poco prima dell’intervista ha presentato all’auditorio di Palma un messaggio pubblicitario di Banc Sabadell in cui è protagonista con lo zio Miquel Ángel e al quale hanno assistito centinaia di persone (inclusa quasi tutta la sua famiglia), confessa che il peggiore infortunio che ha subito quest’anno è stata l’ansia.

Parla di ansia, di non riuscire a controllare il proprio corpo come avrebbe voluto, della lenta “lotta contro se stesso”. “Per la prima volta nella mia carriera, non sono stato padrone delle mie emozioni”, riconosce. Adesso è riuscito a riprendere le redini in mano e ad impugnare la racchetta come sempre, con lo sguardo rivolto alla prossima stagione nella quale cercherà ancora una volta di raggiungere semifinali e finali e di tornare a mordere trofei. Lo stesso anno in cui verrà inaugurata l’Accademia che porta il suo nome. Nadal lotta, poi vive; ha una meta, e dopo vive. E lo dice lui stesso con una frase che potrebbe essere un motto o un vincente sulla linea: “Un uomo è fatto dei propri obiettivi”.

Lei dice: “Sono tornato a lottare”. Durante questi mesi si sforzava ma non le riusciva?
Non ci riuscivo perché lottavo contro me stesso. E ho passato dei mesi così, e nelle ultime settimane sono tornato, ma a lottare contro gli avversari, che è poi l’idea del tennis. Alla fine non si può perdere tempo litigando con se stesso. Nelle partite devi affrontare chi hai di fronte, se questo non avviene, se devi prima affrontare te stesso è evidente che perdi a strada.

E in questo labirinto c’è voluto tempo ed è stato difficile trovare l’uscita?
Lungo o corto dipende dal valore che dai al tempo, per qualcuno può essere un cammino lungo per qualcun altro breve. Se è stato complicato? No, le cose complicate della vita sono altre. A volte si vogliono drammatizzare troppo certe situazioni, e non c’è stato alcun dramma. Nel 2015 non ho avuto il controllo che ho avuto negli anni passati poi è tutto finito, senza drammi o problemi. L’unica cosa è che bisogna risolvere i problemi personali e che le cose vadano per il meglio perché alla fine è ciò di cui ci si occupa. Quando ci si concentra sul proprio lavoro, anche se io non lo considero tale, speri che le cose vadano bene. So che quest’anno le cose non sono andate bene e che non ho avuto molto controlla ma la cosa importante è che ho lavorato e lavoro ancora molto per risolverle.

È vero che la tua carriera si può definire anche in funzione dei rivali…
Beh, la carriera non si definisce semplicemente con le vittorie e le sconfitte, ma anche sul come riesci a superare te stesso. Alla fine riuscire a battere un rivale è il risultato del lavoro che fai con te stesso, è il prodotto di un’evoluzione, di una crescita. I rivali ti mettono di fronte ad un’esigenza, e questo è molto importante, ma a partire da lì, una persona è definita dai propri obiettivi e dallo spirito di sacrificio, dalla voglia di superarti.

Negli ultimi mesi hai detto di esserti sforzato molto e di aver dato tutto il possibile.
Sì, ho lavorato di più perché il fisico me lo ha permesso, non perché non ho voluto lavorare per un certo periodo. Ho avuto in passato problemi con gli infortuni e ho dovuto misurare gli sforzi, perché ho avuto sempre qualche problema. Adesso fisicamente mi sento bene e questo mi permette di allenarmi, e se questo è possibile tutto ha più senso.

Le sue sfide devono sempre essere al limite, anche con tennisti che non sono molto alti in classifica.
Tutti si spingono al limite, è questa la logica: ogni giocatore ci prova perché ad un certo livello devi cercare di imporre quelle piccole differenze che alla fine ti fanno vincere, e soprattutto nel tennis, dove le partite vengono decise da piccole cose. In campo possono essere tre o quattro i punti che decidono un risultato.

Durante una conferenza stampa a Wimbledon, lei ha ripreso i giornalisti dicendo: “Non sotterrate ancora Federer, che lo avete già fatto molte volte ed è ancora vivo”. Lei durante questa stagione ha sentito queste voci sul fatto che non sarebbe più tornato quello che era?
Sì, le ho sentite, ma sinceramente non è un tema per il quale mi sono sentito offeso e nemmeno posso dire di comprenderlo. Io lo capisco completamente. Alla fine succede una, due, tre volte e lo sport e la vita passano, la ruota gira. E quando passa del tempo senza che tu riesca ad emergere come in passato, è logico che la gente pensi: “Questo qui è finito”. Però, se uno sa cosa fare, ciò di cui ha bisogno per poter andare avanti, allora prosegue per la sua strada e ci sono solo due possibilità: o riesci a superarti e ti reinventi e continui ad avere la voglia di andare avanti, o al contrario, ti lasci andare dopo tutto quello che hai raggiunto, che è molto, e te lo godi e passi ad altro. Io ho deciso già da tempo che continuerò a lottare e ad avere l’obiettivo di competere e di essere motivato. Se ci riuscirò o meno, non lo so. Ma in questo momento voglio provarci.

Quello che è certo ad oggi è che nella sua carriera ci sono stati dei momenti in cui si è dovuto adattare, per esempio a giocare sull’erba, o sul cemento veloce… e per un certo periodo ha dovuto adeguarsi a molti e diversi infortuni.
Credo di essere una persona che ha accettato bene queste cose, anche i contrattempi. Ho accettato di non essere sufficientemente bravo in alcuni aspetti del mio gioco e che avrei dovuto migliorarli, quindi alla fine si tratta di fare autocritica e di essere umili. Cerco di non lasciarmi andare quando arrivano critiche personali o quando le cose vanno male, né per le lusinghe quando le cose vanno bene. Quando ricevi tanti complimenti, ti dici: “Sì, molto bene, ho vinto”, però per continuare a vincere non mi basta quello che ho raggiunto, ma devo invece vedere cosa mi serve per poter vincere ancora.

Con il tempo Nadal ha accettato anche che il suo servizio non era buono come altri aspetti del suo gioco, come la velocità di reazione, lo scambio, la capacità di recupero. “È difficile avere tutto, e ha ragione chi dice che il mio servizio non è all’altezza del mio gioco, però ho la motivazione per migliorarlo. Dal 2005 ad oggi il mio servizio è migliorato e ha subito un’evoluzione, non mi sono adagiato su quello che avevo.

È felice quando riceve tante dimostrazioni di ammirazione?
In realtà non mi è mai importato molto, né ho sempre creduto a tutto quello che mi hanno detto, nel bene e nel male. Io ho proseguito per il mio cammino, e ho sempre mantenuto una via stabile. Direi di essere stato sempre qui (mette una mano sotto il viso) piuttosto che qui ( sopra la testa). Non mi sono mai considerato speciale. Ovviamente non sono così stupido da non sapere quello che ho fatto e quello che ho raggiunto. Non voglio dare l’idea di essere un falso modesto, perché so bene quanto sia difficile fare quello che ho fatto. Per tutta la mia vita ho sempre saputo che per raggiungere gli obiettivi che mi ero posto avrei dovuto lavorare molto, ed è quello che ho fatto.

Al suo allenatore sì che lo hanno voluto far ritirare. Lei è la sua squadra? Siete un unico corpo?
No, no, no. Nel mio team ognuno è indipendente, e molte volte, a dire la verità, non abbiamo agito nemmeno da squadra. Ognuno ha il suo salario e continua a fare quello che ha voluto. Non abbiamo fatto un gran lavoro come squadra. Non è che l’allenatore e il preparatore fisico hanno lavorato assieme, no. Ognuno ha fatto quello che credeva. Siamo una squadra, credo in tutto questo ma il legame sono io. E non m i sembra che la soluzione sia cambiare allenatore. Potete credere che una nuova squadra possa cambiare le cose…

…Che allo stesso tempo non ti riportano come prima.
L’importante è trovare un equilibrio, nel quale stai bene e io l’ho trovato. Cercare un nuovo team sarebbe una facile scusa, il problema è sempre stato mio. Ed io solo devo risolverlo.

Lei è un esempio, come lo è Federer. Crede che anche Djokovic lo sia diventato?
Per me più che un esempio, sono due dei migliori tennisti della storia, e ho avuto la fortuna e la sfortuna di condividere la mia carriera con loro. Stiamo parlando di uno (Federer) che in teoria è considerato il migliore della storia, e l’altro è sulla buona strada ed è già fra i primi sei o sette del mondo e punta ad arrivare ancora più in alto.

Nadal, che compirà 30 anni il prossimo 3 giugno, nel giorno delle semifinali del Roland Garros, riflette su come sia cambiato l’aspetto ‘robotico’ del tennista professionale e di come il circuito si sia riempito di ‘bombardieri’. “Si gioca con maggiore aggressività di prima e si pensa meno di prima, anche se – ironizza – con la velocità a cui viaggia la palla non si quasi nemmeno il tempo di pensare. Il maiorchino crede che con il tempo, “si andrà perdendo l’aspetto tattico e mentale” durante le partite.

In che modo pensa che il suo gioco e i suoi trionfi siano stati importanti in Spagna?
No, non sarei in grado di sentirmi così importante o arrogante, da pensare che sono il barometro dello sport in Spagna. Qui tutti hanno i propri momenti buoni e brutti. Non sono il barometro di nulla, se sono riuscito a rallegrare la serata di qualcuno in Spagna ne sono soddisfatto, e so che dall’appoggio di tante persone, sono io quello che deve ringraziare gli altri per tutto quello che mi hanno dato. E questo mi da molto. Quando ci si sente amati è perché ci si è comportati bene e non solo per i trionfi.

È ‘contento senza vantarsi’, come diceva Luis Aragonés, per i progressi fati sui campi veloci, che non sono nella sua natura?
Concludere bene l’anno mi aiuterà per il prossimo. Le ultime settimane sono state un’iniezione di fiducia. Se sono contento? Sì. Se sono appagato? No. So che devo continuare a migliorare e devo lavorare per farlo.

Con l’età ci sono cose nel gioco che si vedono in maniera più chiara in campo?
No, quando sei più giovane tutto è più semplice perché hai più incoscienza.

Dopo di te, di Ferrer, di Feliciano e qualche altro tennista, come vede il futuro del tennis spagnolo?
La federazione deve aiutare questo sport, perché più ragazzi giocano e maggiore è la possibilità che venga fuori un professionista. La prossima generazione? Sicuramente attraversiamo un momento difficile. Per molti anni abbiamo visto nuove generazioni sempre più forti delle precedenti, ma adesso. È da qualche anno che non escono nuovi tennisti. Non so cosa accadrà, ma le previsioni non sono fantastiche.

Nel suo club ha tempo per allenare i giovani? Lo farà nell’Accademia in futuro?
Nel piccolo club che abbiamo non ho tempo, mi occupo delle mie cose, e poi deve insegnare chi ha la capacità di farlo. Sono contento per l’inaugurazione dell’Accademia. Quando sarà completa sarò un punto di riferimento.

In poco tempo si sono mosse molte cose in Spagna, più casi di corruzione, il processo in Catalogna, gli effetti della crisi.. Che idea si è fatto della Spagna nel breve e nel lungo periodo?
Credo che una cosa sia chiara: come paese non possiamo dare un messaggio negativo. Viviamo in un modo in cui si dipende dalla promozione, quello che vendiamo è la percezione che gli altri hanno di noi. Se ciò che trasmettiamo è instabilità politica, se vendiamo crisi ogni giorno, se quello che arriva è che il paese è diviso da diverse ideologie, i messaggi negativi che mandiamo sono troppi. E tutti questi messaggi fanno sì che non si abbia più fiducia nel nostro paese. Non voglio ovviamente che la Spagna venga vista male. È vero che poi una cosa è riuscire a mettere in atto realmente quello che si vuole fare, ma la nostra immagine non può essere così negativa. Abbiamo banche ed imprese che sono d’esempio, nel turismo siamo leader mondiali me diamo un’immagine di pessimismo. E questo mi fa arrabbiare.

E i cambiamenti politici?
Siamo una democrazia e quindi ognuno ha il diritto di avere un’opinione, di presentarsi, di votare e quello che vuole il popolo è quello che verrà. Il paese ha bisogno di essere guidato da gente preparata: le migliori imprese devono assumere i migliori dirigenti, e la più importante impresa che abbiamo è la Spagna. Questo dovrebbe succedere. Ed è evidente che la corruzione è un male e che produce sfiducia, deve essere estirpata e deve esserci chiarezza.

E sul processo in Catalogna?
Ho il massimo rispetto per il sentimento nazionalista che vive in alcune regioni. Se mi chiede la mia opinione come maiorchino che si sente totalmente vicino alla Catologna e ancora di più alla Spagna, mi riesce difficile pensare ad una Catalogna lontana dalla Spagna. Non mi piacerebbe. In tutto questo c’è una legge che deve essere applicata ma anche un’idea che deve essere rispettata. Il mondo deve essere libero di poter avere un’opinione nel rispetto degli altri e in maniera tollerante. Vedremo come si svilupperanno gli eventi. Dal mio punto di vista, spero che continueremo ad essere uniti, è ciò che vorrei.

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