Federer senza testa preso a pallate dal favoloso Djokovic (Clerici). Di Fab ormai c’è solo Djokovic (Semeraro). Serena, finale con la Kerber per eguagliare la Graf (Cocchi). Nole mette la sesta, Roger a terra (Giorni). Raonic Bum Bum sfida Murray. Non solo servizio contro risposta (Crivelli)

Rassegna stampa

Federer senza testa preso a pallate dal favoloso Djokovic (Clerici). Di Fab ormai c’è solo Djokovic (Semeraro). Serena, finale con la Kerber per eguagliare la Graf (Cocchi). Nole mette la sesta, Roger a terra (Giorni). Raonic Bum Bum sfida Murray. Non solo servizio contro risposta (Crivelli)

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Federer senza testa preso a pallate dal favoloso Djokovic (Gianni Clerici, La Repubblica)

Mi sorge il dubbio se a Roger Federer possa esser capitata tra le mani una copia di questo giornale, magari mostratagli da Ivan Ljubicic, che mi conosce piuttosto bene. Sarà un anno che, guardando Federer, non faccio che ripetere che potrebbe rimanere N.1 del mondo, con i suoi 34 anni, se giocasse su 3 set, e non su 5. Best of Three e Best of Five sono due modi diversi di affrontare il tennis, come i 400 e i 1500 in atletica. I 3 sets su cinque, in uno Slam, si soffrono non solo il giorno nel quale li si gioca, ma anche al turno successivo, che a volte cade nelle 24 ore seguenti. Questo non è avvenuto, ma io mi domando chi, dei suoi strateghi, abbia mai suggerito a Roger una partenza come quella di ieri, contro un tipo come Nole. Roger è partito, sin dal primo 15, quasi il match fosse un best of three da chiudere in due set. Contro un tipo che serve regolare, che spesso cerca il centro, con una percentuale di battuta iniziale all’80%, Roger ha forzato sin dalla prima palla, ha seguito a rete senza gran preparazione, ha commesso in 3 games 8 errori, si è fatto passare 2 volte, ha raccattato 2 punti contro 12. Il risultato non gli ha suggerito di provare a palleggiare, di alzare le traiettorie, insomma di scaldarsi. Dopo aver annesso il quarto gioco, ha continuato in quella tattica affrettatissima non meno che cieca, per ottenere un altro parziale di 12 a 5. Dopo un tale risultato, Federer ha continuato in questa tattica scellerata di abbreviare gli scambi, subendo un nuovo parziale di 20 punti a 4, con 10 gratuiti. Giunto a questo punto, quasi uscisse da uno sventurato palleggio iniziale, ha iniziato a giocare come l’autentico Federer, per vincere alfine più di uno scambio lungo, trovare le rete, e insomma far partita eguale, annettere il terzo e smarrire dignitosamente il quarto. II suo commento, sollecitato dagli specialisti delle conferenze stampa, è stato di affermare che non è la prima volta che vedo Novak giocare in questo modo. Risponde come Agassi. E così i set finiscono alla svelta. A un certo punto un altro segugio gli ha richiesto un’opinione sul punteggio dei primi set, ed ecco Roger rispondere. Non mi preoccupa perdere 6-1 invece che 7-5, mi pare che perdere un set non sia una buona cosa. Dopo aver letto simili trascrizioni, mi sono sentito io stesso a disagio per Federer, per i 52 punti a 29 subiti nei primi 2 set, e quasi felicemente riequilibrati nel terzo set vittorioso, e nel dignitoso quarto. Ma conservo qualche dubbio su altre sue affermazioni, quali “Posso continuare a correre per 4 o 5 ore. Avrei voluto giocare un pochino meglio e chissà cosa sarebbe accaduto”. Già. Chissà.

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Di Fab ormai c’è solo Djokovic (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

A guardare il tennis di adesso, viene in mente il romanzo di Agatha Christie “Dieci piccoli indiani”: e poi non rimase più nessuno. Come nel libro, gli avversari di Djokovic stanno svanendo uno dopo l’altro. Dopo un 2015 annichilente (per gli altri), era lecito aspettarsi che il numero 1 del mondo rifiatasse, si concedesse un attimo di pausa. Neanche a pensarci. Ieri nella semifinale più attesa degli Australian Open il serbo ha battuto in quattro set Roger Federer (6-1 6-2 3-6 6-3), guadagnandosi la sesta finale a Melbourne, dove ha vinto già cinque volte, e portandosi in vantaggio 23-22 nei precedenti con l’ex n. 1. Ora per la prima volta in carriera ha un bilancio favorevole nei confronti di tutti gli altri tre Fab Four (o forse sarebbe meglio dire “ex” Fab Four). Con Murray, possibile avversario domani in finale se stamattina lo scozzese riuscirà ad annullare il serve e volley di Milos Raonic, Novak è avanti 21-9. Contro Nadal siamo sul 24-23, e con Wawrinka, un altro Fab che l’ano scorso gli ha negato il Grande Slam, le cifre sono anche più severe: 19-4. I primi due set contro Federer sono stati quasi umilianti per lo svizzero, che solo in un’altra occasione aveva rimediato un 6-1 da Djokovic, e che stavolta ha rischiato di beccarne due di fila. Forse solo nella finale 2008 del Roland Garros contro Nadal si era visto un Federer così in balia dell’avversario. Alla fine dei primi due set le statistiche erano impietose. Nel terzo set, mentre Novak sollevava un filo il piede, Roger ha reagito di puro orgoglio; nel quarto, dopo l’interruzione necessaria a chiudere il tetto (era prevista pioggia), ha provato a rimanere in scia, vincendo anche uno scambio dei suoi, capace di sollevare la Rod Laver Arena in un boato di ammirazione e speranza. Ma subito dopo ha dovuto cedere di nuovo il servizio. Non è stato il miglior Federer, è vero, non all’altezza di quello visto nelle ultime due finali di Wimbledon. A 34 anni e mezzo il Federer dei bei tempi però è probabilmente un ricordo. Il presente, di sicuro, è tutto di Djokovic. E il futuro? «I primi due set di oggi sono stati probabilmente i migliori della mia carriera», ha riconosciuto Novak, che insegue il record assoluto di sei successi in Australia che appartiene a Roy Emerson, e l’11° Slam in totale. «Se continuerò a dominare così nei prossimi anni non so dirlo, il futuro non è nelle nostre mani. C’è una nuova generazione di giocatori che sta crescendo, gente come Kyrgios o Zverev. La qualità del loro tennis è già simile a quella dei migliori, ma per resistere a lungo al vertice giocare bene a tennis non basta. Io cercherò di restarci il più a lungo possibile, è tutto quello che posso fare». Federer, da parte sua, giura che continuerà a provarci. «Lo so che voi mi considerate vecchio, ma per me non è un problema. Posso stare in campo quattro o cinque ore, non ho paura di battermi con chi adesso è al meglio. Sono contento di questo inizio di stagione e non vedo l’ora che inizi il prossimo torneo». Ma la speranza non è più quella di un tempo.

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Serena, finale con la Kerber per eguagliare la Graf (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

L’ostacolo Radwanska è stato superato facilmente da Serena Williams. Riparte da Melbourne la caccia al Grande Slam della numero 1 al mondo che domani in finale trova la tedesca Kerber. Lo scorso settembre Serena era stata fermata sul più bello nella semifinale di New York per mano della nostra Roberta Vinci. E’ stata quella sconfitta ad aver ispirato Serena che ha avuto bisogno di uno stop di qualche mese per riprendersi. «Fisicamente sto molto bene — ha detto dopo la partita —, ma mentalmente avevo bisogno di staccare, di riprendermi da quella delusione. Ammetto che non avrei mai immaginato di tornare così in fretta ad alto livello». E invece è di nuovo lì, a giocarsi la finale numero 26 di uno Slam e a un passo dal titolo numero 22, proprio come Steffi Graf, al secondo posto tra le plurivincitrici dietro i 24 Slam di Margaret Smith Court. Una superiorità schiacciante quella della numero 1 al mondo contro la Radwanska, attuale numero 3, tanto da lasciare stupita la polacca che ha perso il primo set in 20 minuti: «Lei va in campo per uccidere — ha detto Aga — se gioca a quel livello è impossibile riuscire a contrastarla. Non ha fatto errori, al servizio era incredibile. Non c’era davvero nulla che io potessi fare». A provare l’ebbrezza di ritrovarsi di fronte Serena e il suo istinto killer sarà la tedesca Angelique Kerber che, dopo aver battuto la Azarenka nei quarti, si è liberata in semifinale anche di Johanna Konta, prima britannica a centrare le semifinali dell’Australian Open dopo 33 anni. La Kerber, da parte sua, è la prima riportare la Germania in finale a Melbourne da quando Anke Huber ci riuscì nel 1996. Ma Angelique ha una mentore ben più blasonata: Steffi Graf. E’ stata lei che le ha detto di insistere e cercare di realizzare i suoi sogni in campo. Proprio Steffi le ha scritto per congratularsi: «Sì mi ha scritto un sms, penso che abbia saputo che è anche grazie a lei che sono qui». A questo punto tocca alla Kerber cercare di mantenere intatto il record della Graf: «Non sarà facile, ma credo che anche lei sappia che dovrà mettere in campo il suo miglior tennis».

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Nole mette la sesta, Roger a terra (Alberto Giorni, Il Giorno)

Il copione è sempre lo stesso, anche se cambia lo scenario. Per l’ennesima volta Roger Federer ha cercato di sorprendere il suo grande rivale, ma è stato ancora respinto con perdite. Novak Djokovic si è confermato inattaccabile e con un netto 6-1, 6-2, 3-6, 6-3 vola in finale agli Australian Open, dove cercherà di portare a casa il sesto titolo contro il vincente della sfida fra Andy Murray e Milos Raonic. Ora il n.1 del mondo ha superato lo svizzero negli scontri diretti (23-22) ed è in vantaggio con tutti i big: 24-23 su Nadal, 21-9 su Murray, 20-4 su Wawrinka, e la forbice è destinata ad allargarsi. Impressionanti i primi due set: «I migliori della mia carriera contro di lui», ha sentenziato Djokovic. In meno di un’ora, il serbo ha mostrato una superiorità imbarazzante costringendo l’avversario a fare il tergicristallo: un uno-due micidiale che ha ricordato la peggior sconfitta di sempre di Federer, l’umiliante 6-1, 6-3, 6-0 patito con Nadal al Roland Garros 2008. Sotto gli occhi delle leggende australiane Rod Laver e Ken Rosewall, il fuoriclasse di Basilea ha tirato fuori l’orgoglio, riuscendo a portare a casa il terzo set, per la gioia del pubblico schierato come d’abitudine dalla sua parte. Nel quarto, Federer ha vinto il punto più spettacolare con un rovescio da urlo, ma non è bastato e Djokovic ha chiuso con il pilota automatico. «Sono entrato in campo concentrato e aggressivo — ha spiegato il n.1 —. Sono orgoglioso di aver sorpassato Roger negli scontri diretti: i duelli con lui e Nadal mi hanno aiutato a migliorare». Federer, a 34 anni e mezzo, è ancora la prima alternativa allo strapotere di Djokovic e non vuole arrendersi: «Voi pensate che io sia vecchio, ma ho ancora fiducia in me stesso. Non mi piace perdere, però negli Slam arrivo sempre in fondo: ultimamente Novak è l’unico a essere riuscito a fermarmi, oltre al super Wawrinka di Parigi». Già definita la finale femminile di domani. Serena Williams ha travolto 6-0, 6-4 la Radwanska: tra lei e il settimo titolo a Melbourne c’è la tedesca Angelique Kerber, n.7, che ha posto fine (7-5, 6-2) alla favola della britannica Konta. «La finale è un bel risultato dopo essere stata fuori da settembre — ha detto Serena —, avevo proprio bisogno di staccare e ora mi sento in gran forma».

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Raonic Bum Bum sfida Murray. Non solo servizio contro risposta (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Oggi si gioca la semifinale meno nobile, ma che possiede il fascino del confronto tra due modi totalmente opposti di intendere il tennis: il grande battitore (Raonic) e il grande ribattitore (Murray). I precedenti, tre a tre, segnalano che il match non è affatto scontato, tanto che Djokovic, in conferenza stampa, ha pronosticato un esito imprevedibile (dunque, per Milos), salvo poi precisare che stava scherzando. Prima di tutto, sono i numeri che provano a spiegare che partita sarà. Nel torneo, Raonic ha conquistato 1’83% dei punti con la prima palla. Murray, invece, guida le statistiche delle palle break trasformate, addirittura 31. Ma sarebbe riduttivo circoscrivere la semifinale di stamattina a un duello tra cannone e contraerea. Il canadese, ad esempio, ha affinato il rovescio in back, è migliorato nei movimenti laterali e scende a rete con più criterio, dando un senso più compiuto al serve e volley, di cui può diventare il nuovo rappresentante: «Sono un giocatore diverso, adesso — dice Milos — più attento ai particolari, anche perché fisicamente sono cresciuto dopo l’operazione al piede». Andy, del resto, non è più solo difesa e corsa: in Australia ha mostrato grandi progressi sulla seconda di servizio, più veloce e incisiva, e questo potrebbe limitare l’aggressività di Milos. E’ stato e resta un torneo particolare per il numero due del mondo, che gioca la sesta semifinale in sette anni a Melbourne, perché in patria la moglie Kim Sears è davvero prossima al parto e, nei giorni scorsi, il suocero è stato ricoverato in ospedale dopo essere collassato per il caldo durante il match della sua assistita Ivanovic. Paradossalmente, il pensiero della paternità («Se nasce durante gli Open, mi ritiro e torno a casa», aveva rivelato alla vigilia) sembra avergli tolto le pressioni più strettamente legate al rendimento in campo e anche la vittoria in Davis, un successo che comunque illumina una carriera, lo ha tranquillizzato: «Sto giocando bene, la partita contro Ferrer è stata molto fisica ma ho reagito con buone sensazioni, fino a qui sono soddisfatto». Certo, di là c’è un mostro che aspetta. Ma questo è un altro discorso.

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