Andy Murray: "La mia priorità è la famiglia ma le sconfitte non sono colpa di mia figlia"

Interviste

Andy Murray: “La mia priorità è la famiglia ma le sconfitte non sono colpa di mia figlia”

Andy Murray si è concesso al Daily Mail, una delle più note testate britanniche. In una lunga ed intima intervista. Il campione scozzese ha per una volta esulato dallo sport in senso stretto per parlare della neonata Sophie, del suo ruolo di padre e di come questo venga prima del tennis

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La vita di Andy Murray, il tennista, segnata da numerosi successi sportivi (due titoli Slam, undici Masters 1000 e l’attuale seconda posizione del ranking mondiale), è stata qualche mese fa trasformata almeno in parte nella vita di Andy Murray, il genitore. La nascita della figlia Sophia, avuta dalla compagna Kim subito dopo gli ultimi Australian Open, ha portato una rivoluzione nella vita del tennista scozzese. La capacità di Murray – ben nota agli appassionati – di reagire a situazioni differenti e risolverle è stata messa alla prova dalla domanda che prima o poi coglie tutti i neo-papà: E adesso cosa si fa?

“Per me è stato all’ospedale” dice Murray. “Il parto è difficile. Fantastico, ma difficile. Dopo di che hai tutti i medici attorno. C’era anche mia suocera. La bimba è nata all’una del mattino, quindi siamo riusciti a dormire un paio d’ore quella notte, ma poi mia suocera è andata a casa, non c’erano balie nella stanza e Kim è andata a fare una doccia. E io mi sono trovato per la prima volta da solo con lei”.

“La tenevo in braccio ed è lì che ho iniziato ad essere emozionato. Non c’era nessuno ad aiutarmi, ero io responsabile per lei. Il personale dell’ospedale è stato grandioso ma non vedevo l’ora di arrivare a casa perché era qualcosa che avevo sempre desiderato. L’ho vista come una enorme sfida”.  Murray sottolinea l’importanza del concetto: “È qualcosa che mi ha cambiato la vita e messo alla prova e mi piace. Ho pensato: ‘Cosa faccio adesso? Se le succede qualcosa che faccio? Corro da sua madre?’”

Murray dice di non ricordare molto della propria infanzia, e in generale non ne parla volentieri. Neppure adesso che si trova ad affrontarne un’altra, quella della figlia. Ma è sicuro di una cosa, ed è molto chiaro a riguardo: quando la figlia crescerà, vuole che sappia di essere sempre stata messa al primo posto. Nonostante l’impegno e la professionalità nello sport, la priorità di Andy Murray al momento è Sophia. Questo non ha fatto altro che dare spago ai tanti che nelle ultime settimane hanno imputato le prestazioni deludenti dello scozzese a una stanchezza dovuta ai nuovi impegni domestici.

“Non ho sentito” risponde il diretto interessato. “Ma Kim mi ha detto di aver letto un articolo in cui si incolpava nostra figlia per una mia sconfitta. È una cosa orribile da dire. Non è vero, ma se lo fosse? Sarebbe così importante? Andy è molto deciso: “Preferisco svegliarmi la notte ed essere lì per lei che vincere ogni incontro e ritrovarla, più grande, a pensare: ‘Beh, sai che c’è, era un papà di merda ma ha vinto un sacco di incontri di tennis quindi va bene così, ben fatto’”.

“Diventare un genitore ti cambia la vita. Se aiuta il mio gioco, ottimo. Se non lo fa, va bene lo stesso. Non è un problema per me al momento. La mia preoccupazione principale è quella di essere un buon padre. Certo, voglio continuare a fare bene nel mio lavoro e mi alleno duramente, ma la mia priorità è essere un buon padre.” E ancora: “Spero non accada, ma se il mio tennis scende un poco non importa. Sono davvero felice d’essere diventato padre. Normalmente dopo due tornei andati male sarei molto già di morale. Invece, anche se sono dispiaciuto, sono molto felice per la mia vita domestica”.

Questa maturità nel ruolo di padre, così tanto desiderato, potrebbe anche discendere dalla storia personale di Murray da bambino (il massacro di sedici bambini nella scuola di Dunblane, quando aveva otto anni, e la separazione dei genitori Willie e Judy un anno dopo). Dice di non aver mai parlato con uno psicologo a riguardo, ma non nega che “Sarebbe interessante scavare un po’ più a fondo”. Ma come detto è difficile sentirlo parlarne.

“Non ricordo quasi nulla della mia infanzia. Quando parlo con gli amici o i familiari, loro raccontano storie di quando avevano sette o otto anni. Ma io non ricordo molto. Non perché ho una cattiva memoria, la mia memoria è ottima” sostiene. “Non so come mai. Ci sono stati momenti difficili, non so se si tratta di cose che ho cercato di reprimere”. Sulla separazione dei propri genitori spende qualche parola in più: “Quando sei un bambino non capisci il divorzio. Vedere nostra madre e nostro padre litigare è stato duro per me e Jamie, ma loro sono stati ottimi genitori. Ci hanno dato tantissime opportunità e si sono impegnati al massimo”.

Non è mai critico nei confronti dei genitori, e prova un grande affetto nei confronti di entrambi. “Quando avevano il fine settimana libero ci portavano a giocare i tornei. Quando lavori dal lunedì al venerdì, non vuoi guidare sette ore fino all’Inghilterra per arrivare a un torneo di tennis, ma loro lo facevano. Sono stati ottimi genitori, tutti e due. Però non è facile per un bambino trovarsi in mezzo a tutto quanto”. Le vacanze in famiglia a Center Parcs, anch’esse dominate dallo sport, sono tuttora ricordate come “le migliori di sempre”.

A proposito di sport e di famiglia, i due temi dell’intervista, Murray dimostra di sapere bene come e quanto i due principali luoghi della sua vita sono interconnessi, ed è determinato a non lasciare che la sua attività di tennista comprometta la vita privata. “Essere un buon padre è più importante che vincere, ad esempio, altri tre Slam. Ne sono sicuro” afferma. “È qualcosa che ho sempre desiderato. Ho sempre volute una famiglia, un matrimonio che funzionasse, con la persona giusta. Fin da quando ero molto giovane, a dire il vero”.

Murray parla anche di Kim Sears, la moglie: “Lei ed io siamo stati insieme da quando avevamo diciott’anni. Sono stati dieci anni e abbiamo avuto alti e bassi, come tutti, ma con la vita che ho e i viaggi continui e non vederla per tanto tempo è stato un impegno davvero importante per noi, fin da ragazzi. Siamo stati molto fortunati ad incontrarci e siamo molto fortunati ad andare d’accordo così bene. Ho sempre voluto una famiglia e questo è stato il momento giusto. Penso che la stabilità, specialmente per i tennisti, sia una cosa positiva”.

Quando gli viene domandato cosa vorrebbe tramandare a sua figlia, risponde l’amore per l’esercizio fisico. “Penso che allenarsi ed essere attivi aiuti” dice. “So come mi sento quando passo la giornata davanti alla televisione tutto il giorno. Non mi sento così bene, dopo”. E cosa vorrebbe che diventasse invece, la piccola Sophia? Una campionessa di tennis? Un dottore, un’attrice, una milionaria? Per Andy “Non è importante quanti soldi guadagnerà o quanto successo avrà. Voglio che mia figlia abbia una vita felice. È tutto qui”.

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