Quattro motivi per non disperare del tennis italiano

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Quattro motivi per non disperare del tennis italiano

Gli Internazionali di Roma hanno messo in mostra quattro ragazzi italiani che pur sconfitti hanno mostrato grande ardore agonistico. Da Sonego a Giovine, passando per Cecchinato e Caruso, speriamo che qualcosa si possa muovere nelle retrovie del tennis italiano

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Tra ieri e oggi abbiamo assistito ad una serie di sconfitte da parte dei giocatori italiani davvero impressionante. Al 7 su 8 di ieri si è aggiunto il 3 su 3 di oggi, come purtroppo ampiamente previsto.
Le sconfitte non sono state tutte uguali e se magari bruciano di più quelle di Fognini ed Errani; se quella di Lorenzi non sposta niente nella carriera del bravissimo ragazzo senese; se quella di Karin Knapp era nelle cose; se quelle di Volandri e Schiavone fanno persino piacere (certo, ci sarebbe piaciuta di più una vittoria) per le modalità con cui è avvenuta; sulle altre quattro conviene invece ritornare. Caruso, Cecchinato, Giovine e Sonego sono dei ragazzi che quasi nessuno aveva mai sentito nominare e che alla fine delle loro partite sembravano davvero contenti. Ascoltati in conferenza stampa, al rammarico per la sconfitta faceva da contraltare la soddisfazione di aver vissuto una giornata per loro indimenticabile. Tranne Caruso, alle prese con un Kyrgios che non aveva tanta voglia di scherzare, gli altri hanno combattuto alla pari nonostante le centinaia di posizioni di differenza in classifica e tutti hanno messo in mostra un gran carattere e hanno lottato fin quando le forze li hanno sorretti.

Marco Cecchinato è stato ad un passo dal portare Raonic, che è un top10, al tiebreak del terzo set; Claudia Giovine, dopo un primo set in cui l’adrenalina l’ha fatta da padrona, ha inflitto un severo 6-2 ad una stupefatta McHale; e Sonego, di cui abbiamo già molto parlato, è stato a due soli punti dal passare il turno. Insomma casi su cui sarebbe interessante lavorare. I quattro non sono nello stesso momento della loro carriera e le prospettive non sono le stesse per tutti quanti.

Cominciamo da Claudia Giovine, che compirà 26 anni il prossimo luglio è che ha un best ranking che risale ormai a quasi 6 anni fa. La ragazza è solare ed è evidente che ha raggiunto una maturità che potrà consentirle di togliersi qualche soddisfazione e magari di migliorare considerevolmente la propria posizione in classifica (oggi è 418) in modo da poter giocare qualche torneo di rilievo e vincere qualche altra partita o almeno vivere qualche altra emozione comparabile a quella di oggi. Di più non sembra proprio il caso di chiederle.

Marco Cecchinato è quello su cui, nel breve periodo, forse dovremmo riporre maggior speranze. Entrerà direttamente in tabellone al Roland Garros e a detta di Raonic in un mese ha fatto notevoli progressi. Secondo lui è la convinzione e la conseguente fiducia che è cambiata, ma è nel momento del suo massimo sforzo. Dove potrà arrivare è impossibile da dire, ma magari un sorteggio fortunato a Parigi potrebbe aiutarlo a scalare qualche posizione e a partecipare ai prossimi tornei con convinzione ancora maggiore.

Su Sonego ci siamo dilungati ieri, come detto. Il ragazzo sembra molto tosto, ha anche una notevole maturità nonostante mostri persino meno dei suoi 21 anni. È chiaramente quello da seguire con maggiore attenzione ma è meglio ricordare che era il numero 333 fino a domenica (dovrebbe migliorare di 5 posizioni questa settimana). Quindi aspettiamolo alla prova nei prossimi tornei e se son rose fioriranno.

Salvatore Caruso da forse un po’ di più da pensare, considerato che è sembrato un po’ troppo soddisfatto dopo la severa lezione di Kyrgios. Ma è un ragazzo che lavora molto e che all’Estoril è andato vicino al tabellone principale. Che sembra poco, ma con questi chiari di luna… Caruso è un centinaio di posti davanti a Sonego ma anche due anni e mezzo in più. Sarà interessante vedere se si aprirà una qualche forma di rivalità tra i due, anche se sembrano ragazzi molto a modo.

Due cose sembrano unire queste esperienze. Sentiti nel dopo partita hanno tutti messo l’accento sulla loro condizione fisica. Secondo loro è questa la vera differenza tra i tornei minori in cui si esibiscono solitamente e il circuito maggiore. Magari erano abituati ad avere più punti gratuiti, soprattutto nelle fasi finali del match, e sembravano molto stupiti del fatto che “no ti regalano mai niente”. Da qui la consapevolezza che parte del loro lavoro dev’essere dedicata al potenziamento atletico, soprattutto in termini di resistenza alla fatica.

La seconda cosa non sappiamo invece bene come interpretarla. Chiesto loro se questa esperienza li avrebbe in qualche modo indotti a variare qualcosa nelle loro programmazioni (e nelle loro ambizioni) tutti hanno detto che “non cambia nulla”. Certo, possono anche essere le risposte diplomatiche rilasciate a caldo e certo, non è detto che il focalizzarsi sui continui miglioramenti senza porsi obiettivi di lungo periodo non sia una strategia che possa dare i propri frutti. Ma forse il porsi obiettivi più ambiziosi non produce solo possibili frustrazioni ma anche l’attenuazione del pericolo di accontentarsi. È sano dire “ho fatto del mio meglio, va bene così” ma la sensazione è che un po’ più di moderata sfrontatezza potrebbe aiutarli. Ma chissà, speriamo abbiano ragione loro.

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