Quanta fatica al Foro, Nadal e Djokovic salvi, Federer si arrende (Clerici). Djokovic-Nadal per la 49^ volta. Chi sarà il re del Foro? (Crivelli). Federer perde e saluta: “Ottimista per Parigi” (Grilli). Notte poco…Serena, ma il mal di pancia non ferma la n. 1 (Stoppini). L’ex cameriera Bacsinszki, dall’inferno alla top-ten (Cocchi)

Rassegna stampa

Quanta fatica al Foro, Nadal e Djokovic salvi, Federer si arrende (Clerici). Djokovic-Nadal per la 49^ volta. Chi sarà il re del Foro? (Crivelli). Federer perde e saluta: “Ottimista per Parigi” (Grilli). Notte poco…Serena, ma il mal di pancia non ferma la n. 1 (Stoppini). L’ex cameriera Bacsinszki, dall’inferno alla top-ten (Cocchi)

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Quanta fatica al Foro, Nadal e Djokovic salvi, Federer si arrende (Gianni Clerici, La Repubblica)

Rintanato in una seggiolina in plastica del Centrale, ho potuto assistere a una giornata inattesa che soltanto la smemoria mi spingerà a dimenticare. Sono stato uno dei pochi a trattenere le lacrime per la scomparsa di Federer, ancorché nella mia tesi di laurea già mi fossi reso conto che l’Editto di Tessalonica aveva abbandonato più di una divinità in favore dell’unico campione superstite, Djokovic. Così scrivevo al tramonto, immemore di un match dello scorso anno in cui Djokovic era stato messo in pericolo da un oriundo di nazionalità brasiliana, noto soltanto per lo stesso nome di una famosa diva, Bellucci. Era sopravvissuto, quel Djokovic all’esordio romano, per aver ritrovato un minimo dei suoi colpi, e insieme grazie all’incredulità di un tipo consapevole della propria collocazione in classifica, attorno al numero 40, come il brasiliano. Non potevo immaginare un avvio parzialmente negativo per chi definisco l’aspetto più credibile della Trinità, mentre già si era faticosamente salvato Nadal, ancora in grado di soffrire come il suo avversario, Kyrgios, non è stato capace. La lacrimevole sconfitta di Roger, è stata causata, secondo i suoi fedeli, da un dolorino alla schiena, che l’aveva indotto ad annunziare una dubbia partecipazione. Il suo avversario, Thiem, ha dimostrato di esser sordo a simile possibilità, ed ha giocato come se si trovasse di fronte un Roger integro. Così facendo, ha sollevato dubbi in un mio vicino di posto, che, del tutto impreparato, mi aveva chiesto chi dei due fosse il vero Federer. Gioca, questo Thiem, con colpi simili a quelli appresi da Federer nella scuola di Macolin. Il suo rovescio mono-mano è addirittura superiore a quello attuale del vecchio Roger, mentre non è ancora eguale il diritto, né il tocco. Detto di Federer, di Djoko, e indirettamente di Thiem, par giusto dedicare qualche riga al match tra un altro eroe della contemporaneità, e un altro tennista del prossimo futuro. El Nuevo Nadal, come l’ha chiamato un mio vicino spagnolo, è simile al Viejo soprattutto in fase difensiva. Il Nadal di oggi non corre meno di quello di ieri, anche perché si rintana spesso negli angoli del campo, rendendolo cosi ancor più ampio. Appare invece meno irresistibile nelle aggressioni, in quel suo colpo che non ha tuttora eguali nel tennis, quella sorta di uncino che dal centro terminava nell’angolo avverso. Kyrgios ha lamentato, come Federer, un dolore tra bacino e coscia che un chiroterapista è riuscito soltanto a lenire. Non è stato questo, però, che gli ha impedito di vincere, ma la ritrovata condizione atletica di Rafa, che ne ha reso vincente la difesa. Per mancanza di ubiquità, non ho assistito al match più inatteso della giornata, in cui il lucky loser, e cioè perdente fortunato, Lucas Pouille, ha superato l’ex primo dei secondi, Ferrer. Secondo i miei amici dell’Équipe, l’imprevisto eroe “non ha punti forti né punti deboli, se incontrerà un grande perderà, se incontrerà un grande in mediocre giornata lo batterà”.

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Djokovic-Nadal per la 49^ volta. Chi sarà il re del Foro? (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Il mondo gira alla rovescia per un set, facendo strabuzzare gli occhi ai frequentatori infreddoliti ma fedelissimi del Centrale. La trama è questa: alle cinque della sera, l’ora dei matador, Kyrgios infilza nel tie break un Nadal prodigo di regali oltre il lecito, confortando i vaticini che vogliono il Kid di Canberra presto nel paradiso nei top player; a sole tramontato, invece, e con la compagnia di una frizzante brezza serale, un parente assai scarso di Djokovic si ritrova a frequentare il museo degli orrori conquistando appena 8 punti contro il brasiliano Bellucci, con 3 vincenti e addirittura 16 gratuiti per un consequenziale e incredibile 6-0, il primo dopo quasi 4 anni per il numero 1. Talmente pazzesco che in tribuna gli sguardi si incrociano senza che nessuno abbia voglia di parlare. Il tennis non sarà matematica, come ama sostenere Rafa, però un’equazione è sempre verificata: mai dare per morti i campioni. E allora, scampato il pericolo e domata la paura, le due partite che stavano per far saltare il banco degli ottavi si incanalano verso l’approdo previsto, anche se il maiorchino impiegherà 2 ore e 40 minuti per venire a capo del monello australiano, mentre Nole la porta a casa con l’orgoglio e la forza mentale più che con il gioco, tanto che alla fine il conto tra vincenti e gratuiti premierà il brasiliano, pur certificando la bassa qualità dello spettacolo (10-29 per il serbo, 13-27 per Bellucci). Tant’è. Oggi, quindi, andrà in scena la puntata n. 49 della sfida tra il maiorchino e il serbo, che vede Novak avanti 25-23 nei precedenti e sempre vittorioso negli ultimi sei. Certo, quell’incredibile primo set con il dominatore così arrendevole può lasciare il segno, anche se nel sorriso tirato di Djokovic in conferenza stampa e nell’apparente banalità dell’analisi è contenuta la verità: «Quel punteggio avrebbe avuto un impatto diverso se avessi perso la partita, capisco che a questi livelli può sorprendere un set di questo genere, ma accade. Lui è entrato in campo molto caldo, convinto, vedeva la palla grossa come un’anguria. Quando ho vinto il primo game del secondo set, comunque faticando, mi sono reso conto che finalmente le sensazioni e l’inerzia stavano cambiando. Quel game è stato cruciale». In realtà, Nole era apparso nervoso anche in allenamento (è Parigi che si avvicina?), quando ha bombardato tra molti mugugni un paio di sparring partner mancini, appunto come Bellucci e soprattutto come Nadal: «Non ricordo nemmeno più quante partite abbiamo giocato contro e in ogni caso, in qualunque condizione sia, lui è un avversario tremendo, sempre aggressivo, sempre alla ricerca del punto. Sono sicuro che per Roma sarà un’altra grande partita». Parlando di Kyrgios, il ragazzone australiano sta completando il percorso tecnico e mentale verso il top; nei pareri illustri di questa settimana tutti ne hanno parlato come di un vincitore Slam in tempi brevissimi (e lui non li ha smentiti: «Hanno ragione, la nostra generazione può diventare fortissima»), ma sulla terra Rafa è ancora un osso troppo duro, soprattutto se non lo aggredisci già dal servizio. Così, il 7 volte vincitore al Foro può affrontare con la solita tigna feroce un quarto che vale una finale: «Credo di aver giocato una gran partita, sono soddisfatto del mio livello anche se avrei dovuto vincere pure il primo set, perché ho avuto più occasioni di lui: mi sono messo un’inutile pressione, ma ne sono uscito bene». Da una parte Nole, Rafa, Thiem e Nishikori; dall’altra tappeto rosso per Murray che vede uscire Wawrinka contro Monaco, e Berdych, travolto 6-0 6-0 dal redivivo Goffin. No, il tennis non è matematica.

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Federer perde e saluta: “Ottimista per Parigi” (Massimo Grilli, Corriere dello Sport)

Il Genio c’è, e ogni tanto si è materializzato. Qualche tocco dei suoi, un paio di finezze sotto rete, pure qualche tentativo di attacco a sorpresa – senza troppa fortuna, però – sul servizio dell’avversario, il celebre SABR (Sneak attack by Roger). Tutto però quasi al rallentatore, senza il suo leggendario timing sulla palla. E dopo 78 minuti, Roger Federer è uscito dagli Internazionali d’Italia, rinunciando quindi per la sedicesima volta alla possibilità di vincere il torneo. D’altra parte il numero 2 del mondo, da applaudire comunque per la decisione di scendere in campo anche in condizioni di salute precarie, lo aveva già annunciato, dopo la vittoria di mercoledì su Zverev. «Sicuramente non vincerò qui a Roma, anzi pensavo di uscire subito in due set». Previsione azzeccata con ventiquattro ore di ritardo, anche perché l’austriaco Thiem dal gran rovescio si è confermato avversario di altro spessore rispetto al tedesco del giorno prima, ed ha finito per vincere anche più nettamente di quanto dica il risultato. Decisivo è stato il primo set, nel quale Federer è partito bene, per poi farsi risucchiare fino al tie break, perso nettamente. Nel secondo set c’è stata poca storia, con Roger che è sembrato avere più che altro fretta di finire velocemente la partita «Ho fatto quello che ho potuto, è stato già positivo riuscire a scendere in campo. Non mi aspettavo nulla dal risultato in sé, ora ho dieci giorni di tempo per cercare di recuperare al meglio per Parigi». Il 2016 è stato finora un anno balordo per lo svizzero, alle prese con gli infortuni come mai in carriera. Prima l’operazione al menisco dopo gli Open d’Australia, poi un virus che gli ha impedito di giocare a Miami, infine i problemi alla schiena che lo avevano costretto al ritiro a Madrid e che hanno reso problematica la sua esperienza romana. «Avrò giocato sì e no quattro partite negli ultimi mesi. Sapevo di non essere pronto per fare risultato qui ma resto ottimista, le cose possono cambiare in fretta». Così come sono cambiate in fretta anche per Dominic Thiem, 23 anni a settembre, numero 15 del mondo, allenato da Gunther Bresnik, decisivo nell’impostargli un bellissimo rovescio a una mano. Quest’anno ha già vinto 32 partite imponendosi sulla terra battuta a Buenos Aires – dove ha superato Nadal – e Acapulco. A gennaio si era incrociato in Australia per la prima volta con Federer ed aveva perso per 6-1 6-4. Segno che Dominik impara in fretta dalle sconfitte. «Roger oggi non era al 100% ma ha comunque giocato dei buoni punti. Però se fosse stato al massimo – ha ammesso – forse non avrei vinto. Cosa rappresenta battere Federer? Lui è l’idolo di quasi tutti i giocatori. Quando ha iniziato avevo 10 o 11 anni, vincere è stato davvero emozionante. L’Olimpiade? Non la giocherò, sarò impegnato in un torneo in Messico. Perché? Ci sono molti motivi, ma non ho voglia di spiegarli oggi». Pure un bel caratterino, il ragazzo…

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Notte poco…Serena, ma il mal di pancia non ferma la n. 1 (Davide Stoppini, La Gazzetta dello Sport)

«Guardi, siamo a conoscenza di quanto accaduto. Ma non possiamo dirle niente». L’albergo che domina sul Foro italico, da sempre casa dei giorni romani di Serena Williams, va sulla difensiva: la pubblicità al doggy menu non è stata gradita. Un mistero a cinque stelle. Certo, lì dentro nessuno poteva immaginare che un loro ospite — guarda un po’,
la tennista n. 1 al mondo — si sarebbe sentito male per aver voluto assaggiare il cibo per cani. Riso e salmone, 15 euro servizio compreso. Peccato, perché una volta i mal di pancia di Serena, a Roma, erano causati da una porzione doppia di “cacio e pepe” o una tripla di gelato, per i quali va pazza. Il peccato di gola, stavolta, è scattato dopo un room service per il cane Chip. «Sfortunatamente è tutto vero, non sono stata bene»: così Serena ha confermato, dopo aver postato due sere fa un video su snapchat che in qualche modo lasciava spazio al dubbio che fosse tutto uno scherzo. No, nessuno scherzo: Serena ha passato la notte in bagno, dopo quel cucchiaio di riso e salmone. L’ha raccontato pure all’amica Caroline Wozniacki. «Sono una ragazza molto seria in campo – ha raccontato Serena -, ma fuori non lo sono per niente. Devo crescere un po’ da questo punto di vista». Già, perché a pochi viene in mente di gustare un piatto da quadrupede. «Mi sembrava cibo per umani. Così ho voluto provarlo». Male, evidentemente. «Era salmone e riso, ne ho parlato con Caroline. Lei mi ha detto che probabilmente era cibo per umani avanzato. Perché non ci ho pensato prima? Ne ho mangiato giusto un cucchiaio…grazie a Dio sto bene, ma non so come stia il mio cane». Chip è ok, tranquilli. E’ che Serena ha fatto spaventare tutti. Ieri mattina giravi per il Foro Italico e tutti a domandarsi come stesse. Poi alle 11 è scesa in campo per allenarsi. Sospiro di sollievo. Più tardi, sul Centrale, primo game al servizio contro Cristina McHale, subito tre palle break concesse e movenze non esattamente elastiche. Pensi: oddio, non ha digerito. Va sotto 5-3. Poi allunga i colpi, annulla un set point e chiude 9-7 al tie break. Il secondo set è un 6-1 tranquillo: tutti sereni, anche lei. «Fisicamente sto bene, ma ogni giorno è diverso – ha detto poi -. Sono ancora la numero uno, mi sono sempre sentita tale». Oggi, nei quarti, affronterà Svetlana Kuznetsoya: «E’ una delle migliori sulla terra, l’avversaria ideale per capire a che livello sono». La russa ci arriva dopo aver vinto una battaglia con Daria Gavrilova, e con un precedente favorevole a Miami, un mese e mezzo fa: «Ma la favorita è lei, a prescindere dalla superficie», ha detto Svetlana, due volte finalista a Roma (2007 e 2009). Dall’altra parte del tabellone, vele gonfie per Garbine Muguruza (facile sulla Ostapenko) e Timea Bacsinszky, che ha sconfitto Suarez Navarro dopo aver visto l’inferno sotto di un set e un break.

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L’ex cameriera Bacsinszki, dall’inferno alla top-ten (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Quegli occhioni azzurri trasmettono allegria, serenità, gioia di vivere. La nuova Timea Bacsinszky è questa, serena e desiderosa di vivere la propria vita, il proprio tennis in libertà, come in passato non le era accaduto. Colpa di Igor, padre-padrone, figura che negli anni è comparsa molte, troppe volte nel tennis femminile. «Giocavo perché non avevo scelta, perché dovevo farlo. Era tutto automatico, non avevo possibilità di pensare. Stavo impazzendo. A 15 anni ho detto a mia madre che se non avesse lasciato mio padre sarei fuggita. I genitori ti mettono al mondo, ma nessuno si può impossessare della tua vita». Nel 2011 un brutto infortunio a un piede, per tre anni è stata ferma, un ritiro senza l’ufficialità. Per fare altro da quello che non le fosse stato ordinato, ha iniziato a lavorare in un lussuoso hotel in Svizzera. «Ho imparato a essere umile. Ho fatto la cameriera, c’era gente ricca che non sorrideva, non ringraziava. Basta un sorriso o un “grazie” a una persona per essere contenta. I volontari dei tornei, ad esempio, per noi sono importantissimi e spesso nemmeno vengono considerati». La nuova Timea è nata nel 2014, quando una chiamata del Roland Garros per le qualificazioni ha squarciato il buio e le ha ridato energia ed entusiasmo. Da lì è ripartita, da n. 285 è 10 al mondo e vive con leggerezza il tennis. Qui a Roma ieri ha battuto in tre set, in rimonta, Carla Suarez Navarro, finalista agli Internazionali lo scorso anno. Affronta ogni match senza aspettative, non fa programmi per la stagione: «Giocherò partita dopo partita. Ma sempre col sorriso». Funziona.

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