Urlo da campione, Djokovic infinito, Nadal si inchina: è la 7° volta di fila (Crivelli). Murray convince, verso la finale trova la sorpresa Pouille (Crivelli). La Williams va di fretta, Kuznetsova k.o. in 50 minuti (Cocchi). L'urlo di Djokovic chiude la battaglia (Viggiani). Pouille, il fortunato si fa largo (Grilli). Avanti Djokovic, Nadal non regge ma lo spettacolo è un'altra cosa (Clerici)

Rassegna stampa

Urlo da campione, Djokovic infinito, Nadal si inchina: è la 7° volta di fila (Crivelli). Murray convince, verso la finale trova la sorpresa Pouille (Crivelli). La Williams va di fretta, Kuznetsova k.o. in 50 minuti (Cocchi). L’urlo di Djokovic chiude la battaglia (Viggiani). Pouille, il fortunato si fa largo (Grilli). Avanti Djokovic, Nadal non regge ma lo spettacolo è un’altra cosa (Clerici)

Pubblicato

il

 

Urlo campione, Djokovic infinito, Nadal si inchina: è la 7° volta di fila (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Gli aedi greci avrebbero elevato il loro canto melodioso in ogni villaggio per magnificare questa nuova guerra fra Titani. Djokovic e Nadal sono le divinità moderne di una rivalità destinata alla leggenda, e il 49° episodio della saga regala un duello memorabile, degno finalmente della grandezza dei protagonisti e vicino, per emozioni, equilibrio e intensità, alle più belle sfide del passato. Ora la storia accarezza Novak, che ha vinto per la 26° volta, la settima consecutiva, con un bilancio di 15 set a zero dalla finale persa del Roland Garros 2014, ma non può essere matrigna con Rafa, mai così prossimo all’indomabile rivale negli ultimi due anni e guerriero senza paura capace finalmente di estrarre il meglio dal dritto che tante battaglie gli ha portato in dote. Un’esibizione splendida, palpitante, la miglior partita del torneo, fin qui, che neppure la furia del tornado (copyright del numero uno) e le folate di polvere rossa quasi il Centrale fosse il Sahara perturba e condiziona. NON ARRENDERSI MAI Quando si completeranno le pagine di storia di quest’epoca comunque magica grazie ai capolavori dipinti dal fantastico trio Roger-Rafa-Nole, di Djokovic si dovrà per forza scrivere che la sconfitta, dal 2011 in poi, è diventata un concetto che la mente non considera, con l’eccezione, anzi l’ossessione del Roland Garros. Perché fino al 4-2 0-30 e servizio Djoker del primo set, la partita è solo di Nadal, è nelle sue mani portentose che disegnano il campo con l’uncino ritrovato, profondo e velenoso, mentre il serbo perde troppo spesso la misura e soffre il ritmo spagnolo fino a smoccolare sconsolato verso l’angolo di un impietrito Becker. Ma è lì che la sua natura di agonista marziano torna a esaltarsi, accompagnata dal dritto lungo del maiorchino che gli regala il controbreak e il 4-4: un set che sembrava avere un unico padrone cambia inerzia per la feroce volontà di non arrendersi mai di quel diavolo di Djokovic. E l’apoteosi del parziale, al quarto set point sul 6-5 con Rafa alla battuta, è da consegnare agli annali: Djokovic per due volte si salva in allungo di rovescio da due sassate del rivale, scatta come una molla sulla palla corta, replica con un altro drop shot e sul recupero pazzesco di Nadal gioca una volée di dritto acrobatica contro le leggi della fisica. UNDICI MINUTI Il Foro impazzisce, l’urlo belluino a braccia alzate di Nole è il segno del comando: «Ho cominciato entrambi i set troppo passivo, giocando troppo corto — ricorderà il numero uno del mondo — e contro di lui non te lo puoi permettere, perché ti prende campo e ti aggredisce. Quando ho cominciato a rispondere meglio, a prendere più rischi, finalmente sono riuscito a controllare gli scambi, a prendere l’iniziativa. Negli ultimi 20 minuti, credo sia stata una partita fantastica, battere Rafa sulla terra rimane comunque un’impresa che non riesce ogni giorno». Di quei 20 minuti, 11 se ne vanno per il game più eccitante e sconvolgente del duello, il decimo del secondo set, quando lo spagnolo serve per portare la sfida al terzo, si procura in serie 5 set point e non li sfrutta con quattro errori suoi e una prodezza altrui: dritto lungo, palla corta troppo corta, attacco e smash di Nole, rovescio in rete, rovescio lungo. Poi, quando un dritto steccato sulla millesima risposta bruciante di Djokovic offre la palla break, il rifiuto alla sconfitta del serbo torna a fare prepotentemente capolino: dritto pesante e la parità a 5 è cosa fatta. Giusto si vada al tie break, dove Rafa mette fuori di un’unghia un rovescio e un dritto e l’altro trova la riga sul dritto per il 6-4 che in pratica chiude la disfida in due ore e 24 minuti di orgoglio e passione: «La nostra è la rivalità definitiva dello sport di quest’epoca — gonfia il petto il serbo — e questo successo mi dà la spinta giusta verso la fine del torneo e verso Parigi. Ma non posso dimenticare le statistiche, che dicono come io abbia fatto solo tre punti in più di Nadal e non posso dimenticare che lui sta giocando meglio rispetto all’anno scorso ed è in forma. Però l’autostima e la fiducia in me stesso aiutano, senza lavorare sulla possibilità tecnica e mentale di battere due giocatori come Roger e Rafa anche quando sembravano inavvicinabili ora non sarei a questi livelli». OCCASIONI Senza un destino cinico, questa rappresentazione avrebbe meritato la finale (come in altre 4 occasioni), ma in sostanza il problema è che Nadal resta numero 5 e dunque il rischio di un quarto tra di loro pure al Roland Garros non è affatto scongiurato. Rafa, che in conferenza stampa porta la faccia scura di chi ci ha creduto come non gli accadeva da tempo, ha la forza per non preoccuparsene: «Ci sono il 25% di possibilità che succeda, ma mi importa. Credo di aver dimostrato di stargli vicino, non posso essere soddisfatto per una sconfitta ma devo pensare positivo, perché se analizzate il match ho avuto più occasioni di lui di vincere il 1 e il 2 set. Un dritto che è andato lungo, un paio di rovesci poco fortunati, tutto poteva cambiare. Ma sto giocando bene». Ci proverà Nishikori, che ha battuto Thiem e che lo ha appena affrontato a Madrid, a fermare il titanico Nole. Ma dall’Olimpo pioveranno saette.

 

Murray convince, verso la finale trova la sorpresa Pouille (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

E se davvero, come sostiene più di un purista, l’allenatore non servisse? Perché da quando ha annunciato il divorzio tecnico dalla Mauresmo, Andy Murray sembra volare libero di testa e di braccio: finale a Madrid e partita quasi pari con Djokovic, semifinale a Roma dopo cinque anni con un successo su Goffin reso complicato dal vento a raffiche che spazza il Centrale nel primo pomeriggio romano. NELL’ARIA Insomma, avversario pericoloso dall’alto del miglior ranking in carriera (13) e condizioni climatiche bizzarre, un mix che poteva turbare gli equilibri sempre precari sul rosso dello scozzese. E invece, dopo aver perso il servizio nel game d’apertura, Muzza comincia a prendere a pallate il belga e per mezz’ora delizia fino al 6-1, prima di estraniarsi come troppo spesso gli accade per finire sotto 3-1: «Non era facile con quel vento, il servizio non era un fattore e avevo la sensazione che dopo aver subito un break, potevo subito farne un altro a lui». E infatti, nel secondo set, i due si strapperanno la battuta sette volte, ma dopo aver regalato troppo finalmente nel 12 game Andy chiude la pratica, salendo a 27-3 nel bilancio vittorie-sconfitte sulla terra nell’ultimo anno: «Eppure non la sento la mia superficie, non mi preparo nello specifico per affrontarla, però non c’è dubbio che sia migliorato molto rispetto a tre o quattro anni fa». LA SORPRESA Con il risultato di Roma, Murray ritroverà da lunedì il numero due in classifica, fondamentale per evitare l’incrocio con Djokovic al Roland Garros prima della finale, ma i detrattori ricordano che non è mai successo che il secondo giocatore del mondo restasse nove mesi senza vincere un torneo (l’ultimo, a Montreal il 16 agosto), e allora Muzza prova a buttarla sul calcio: «Nessuno credeva che il Leicester di Ranieri potesse vincere il campionato, è stato un magnifico sforzo, penso che tutti debbano ispirarsi a loro». In semifinale, scenderà in campo da grande favorito contro la sorpresissima Pouille, lucky loser entrato in tabellone per il forfait di Tsonga e mai così avanti in un Masters 1000 grazie al ritiro di Monaco, fermato da un problema all’anca sinistra. Lucas a febbraio vivacchiava al numero 91 e frequentava spesso le qualificazioni, ora troverà un posto tra i primi 40. Di più: con due sole partite giocate per davvero (Gulbis e Ferrer) intasca 177.000 euro. Bel colpo

 

La Williams va di fretta, Kuznetsova k.o. in 50 minuti (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Assaggiare cibo per animali migliora le prestazioni sportive. Almeno questo dimostra Serena Williams, che invece di imbattersi in partite da cani, asfalta la povera Svetlana Kuznetsova in cinquanta minuti e conquista la semifinale degli Internazionali. IMPLACABILE Concentrata, precisa, potente, la Williams non lascia nulla alla rivale: 5 ace, 20 vincenti e il 76% di prime fino a 190 km orari. Non c’è proprio nulla da fare per la russa che aveva osato mandarla a casa a Miami, il torneo che Serena ha vinto otto volte, le ultime tre consecutivamente. «Sinceramente credo che sia stata la mia miglior partita dall’inizio del torneo – ha detto dopo il match -. Sicuramente la migliore sulla terra, in Australia avevo giocato molto bene, solo la finale era andata male». Oggi per lei Irina Begu, la romena che sta attraversando un ottimo momento di forma e arriva dai quarti di Madrid: «E’ un paio d’anni che sta crescendo molto – ha proseguito Serena -, non abbiamo mai giocato una contro l’altra ma l’ho vista diverse volte. Ha fatto grandi partite con molte top player, quando ha perso sono stati match serrati. Sono curiosa di incontrarla, sarà stimolante». La questione del cibo per cani continua a destare grande interesse: «Chiariamo: non era cibo per cani, tecnicamente si trattava di un menu per cani (ha sorriso, ndr). Comunque scherzi a parte qui a Roma col cibo non c’è nulla da fare, a parte la carne rossa che non fa parte della mia alimentazione, non mi metto a fare sacrifici alimentari, è impossibile, mangio tutto». GARBI L’altra semifinale vedrà scontrarsi Garbine Muguruza e Madison Keys nel primo match di giornata sul Centrale. Garbine ha dovuto faticare per superare la svizzera Timea Bacsinszky. Le due si erano già incrociate tre volte solo lo scorso anno, ma ultimamente la numero 10 al mondo è cresciuta molto il che rende ancora più dolce il sapore della vittoria alla spagnola finalista di Wimbledon 2015: «Sono molto soddisfatta – ha detto -, le partite che ho giocato in passato con Timea sono sempre state molto tirate e quindi mi aspettavo che sarebbe stata dura anche questa volta». SVOLTA Chissà che per la bella Garbine non sia arrivato il momento della svolta della stagione, che ha avuto diversi alti e bassi fino a questo momento. A Madrid era uscita presto di scena, ma la sua autostima non era comunque stata intaccata: «Certamente non ho avuto i risultati che avevo ottenuto lo scorso anno – ha spiegato la spagnola protagonista della promozione della Spagna in Fed Cup ai danni dell’Italia -. Sarebbe bello poter sempre ottenere quel che si desidera, ma sono felice che questo tornei così importante stia procedendo bene, non si tratta di un incantesimo: ho lavorato duro per arrivare qui».

 

L’urlo di Djokovic chiude la battaglia (Mario Viggiani, Il Corriere dello Sport)

L’urlo di Novak Djokovic s’è levato altissimo al Foro Italico. Il numero 1 del mondo l’ha lanciato una prima volta appena conquistato il set di apertura e poi l’ha replicato alla conclusione di quello successivo, quando ha definitivamente spedito all’angolo Rafa Nadal nella finale anticipata degli Internazionali BNL d’Italia. Un match che avrebbe meritato di valere il titolo, tra i due giocatori che insieme si sono aggiudicati le ultime undici-edizioni-undici del Masters 1000 romano, e che invece per un sorteggio maligno li ha fatti incrociare nel quarto alto del tabellone. D’altronde, una storia che potrebbe ripetersi in ogni torneo che abbia in lizza i primi cinque del mondo, fino a quando appunto proprio lo spagnolo occuperà la quinta posizione in classifica. È finita con Novak che prima ha reso ancora una volta omaggio al pubblico del Foro Italico, mimando di togliersi il cuore per lanciarlo in tribuna («Qui l’ho fatto per la prima volta, è un omaggio a quello che significa per me questo posto dove ho sempre ricevuto tanto affetto») ai quattro lati di un Centrale che aveva spettatori anche in piccionaia ovvero sull’anello che lo delimita lassù verso il cielo che anche ieri fortunatamente ha risparmiato la manifestazione. E poi ha reso felice uno dei ragazzini che si erano precipitati a bordocampo, regalandogli la racchetta che aveva rotto dopo il primo game del secondo set. LA PARTITA. Più che una partita è stato un match durissimo, tipico dei loro, con ieri arrivati addirittura alla 49a sfida in carriera II campo da gioco trasformato subito in un ring, dai primissimi scambi, e giù botte da orbi. Quelle che venivano bene a Djokovic, il quale invece proprio non riusciva a tirar fuori una palla che fosse davvero corta, con Nadal pronto a prendergliele tutte per castigarlo magari con una contro smorzata spesso comoda. Così facendo, Rafa ha breakkato il rivale al quinto game ed è salito fino a 4-2. Poi pero il serbo è venuto fuori da gigante nel gioco successivo, durato 13 punti e un pacco di minuti e incassato dopo aver vanificato ben 5 vantaggi, e lì c’è stata la svolta del set. Subito dopo ha recuperato il break e quello decisivo gli è riuscito sul 6-5, quando ha trasformato il quarto set-point del 7-5 con uno smash non proprio semplice. Grande equilibrio anche nel set successivo, con Nadal che piazzava subito il break a un Djokovic con la testa ancora al set precedente e restava avanti fino al 5-4. Lì c’era un game pazzesco, con Rafa che sprecava o si faceva annullare ben 5 set-point e alla fine consegnava la parità all’avversario. Si arrivava al tie-break, nel quale Nadal tirava fuori dal cilindro una splendida “Veronica” per il 2-3 ma poi commetteva errori fatali, anche dopo aver sempre comandato lo scambio, fino a consegnarsi a Djokovic per 7-4 su un letale rovescio incrociato del serbo. DJOKOVIC. Novak ha ribadito la sua soddisfazione anche dopo la partita, non prima di aver reso onore al grande rivale: «Ho vinto giusto per pochi punti, il finale del match è stato di grande livello e credo che la gente si sia divertita. Un match che mi dà grande fiducia per vincere qui e poi anche al Roland Garros. Non è stato facile, specie verso la metà di ogni set, ma alla fine ce l’ho fatta contro un Nadal che ha giocato molto bene. Non capita sempre di riuscirci, sulla terra». L’ultima volta aveva vinto Novak, nei quarti del Roland Garros 2015, e quello di ieri è il suo terzo successo consecutivo sul rosso, contro lo spagnolo. NADAL Rafa è uscito sconfitto, ma il suo pensiero è abbastanza simile a quello di Djokovic: «Un bel match, io ho giocato bene, m’è mancato solo un pizzico di fortuna specie nel primo set, quando ho avuto le mie chance ma non le ho sfruttate. Novak si è espresso da numero 1 del mondo, per battermi, ce la siamo giocata alla pari, e allora vado via da Roma soddisfatto»

 

Pouille, il fortunato si fa largo (Massimo Grilli, Il Corriere dello Sport)

«Fortunato io? In questo torneo sicuramente, sto vivendo una esperienza incredibile. Non dovrei nemmeno esserci, qui Nella vita? No, non penso di essere un ragazzo fortunato. Mi piace giocare a tennis, a volte vinco, spesso perdo, tutto qui». Lucas Pouille, faccia da simpatico furbetto con il cappellino sempre portato al contrario (anche in conferenza stampa) si può schermire quanto vuole, eppure nella storia di questo torneo non c’è stato un “lucky loser” più lucky, più fortunato cioè, di lui: l’unico in grado di arrivare in semifinale dopo essere stato battuto nelle qualificazioni (da Kukushkin, in primo turno aveva superato il nostro Arnaboldi). Con le valigie già pronte, il francesino, nato 22 anni fa a Grande-Synthe, cittadina del Nord della Francia vicina a Calais, è stato ripescato in seguito al forfait di Tsonga, ha quindi battuto Gulbis in rimonta e poi giovedì Ferrer che aveva già sconfitto sul cemento di Miami. Ieri il nuovo colpo di scena: il suo avversano, Juan Monaco, appena tornato a buoni livelli, si è ritirato per un problema all’anca sinistra e il nostro Luca Puglia si è ritrovato in semifinale (il risultato più importante della sua giovane carriera) con un conto in banca cresciuto di 177.000 euro. Numero 52 del mondo, ma da lunedì dovrebbe volare verso la trentesima posizione (in tempo per essere testa di serie al Roland Garros) Pouille – grande mobilità, un diritto che fa male – si rivelò agli appassionati tre anni fa a Parigi, giocando un gran match contro Dimitrov. Da tempo nell’orbita della Federazione Francese, ha faticato a emergere dall’anonimato: «La pressione l’ho sentita, tutti dicevano “ecco il prossimo grande giocatore Francese: Non è stato facile gestire la cosa. Ora cerco di pensare solo a giocare. Aver battuto Gasquet a Montecarlo quest’anno è stato importante, significa che forse ora sono davvero uno dei migliori di Francia…». Chiuso il 2015 al 78 posto del ranking, quest’anno Pouille ha giocato la prima finale del circuito Atp, a Bucarest (superando nei quarti Lorenzi) dove però ha perso da Verdasco. «Sono più tranquillo, adesso quando sono in campo penso solo al mio tennis e a migliorare» ha dichiarato qualche giorno fa. C’è anche un altro segreto però nella sua scalata, e porta il nome di Yannick Noah, l’ultimo francese a vincere un titolo del Grande Slam (Parigi nel 1983) e tornato quest’anno a fare il capitano di Coppa Davis. «E’ vero, ogni volta che ho un dubbio importante, lui è sempre pronto ad aiutarmi. Mi è stato di grande aiuto negli ultimi tempi». Chiusura calcistica: Pouille si è dichiarato tifoso sfegatato del Paris Saint Germain. Contento del nuovo trionfo in Ligue 1, però… «so che Ibrahimovic se ne andrà, non ho ancora capito se è una buona o una cattiva notizia». Forse arriverà Griezmann dall’Atletico Madrid… «Davvero? Questo sarebbe un gran colpo». E forse solo in questo caso Lucas si dichiarerebbe fortunato

 

Avanti Djokovic, Nadal non regge ma lo spettacolo è un’altra cosa (Gianni Clerici, La Repubblica)

L’ amico giornalista, che non desidera essere citato perché dedito ad argomenti più seri del mio gioco, era giunto in tribuna stampa male informato. Aveva infatti letto su un paio di quotidiani che il match più importante del torneo fosse un quarto di finale del singolare, tra Djokovic e Nadal. Giocheranno forse meglio Murray e Gofftn. mi ero permesso di informarlo, e avevo aggiunto, alla sua sorpresa, che Murray era si scozzese ma antibrexit, quindi non necessariamente maniaco dei campi in erba. E aggiungevo che Goffin, belga, stava ribadendo le glorie di due dimenticati talenti dei miei tempi, Washer e Brichant, il tennista cestista. Assistiamo dunque al primo quarto di finale, a un tennis molto brillante, con ripetute varianti al solito titoc-titac, e, dopo un set in cui Murray sommerge il belga, i due cominciano a sovvertire la legge del servizio, e colpiscono tanto efficacemente rimbalzi e volée che dalla metà del secondo riescono in 5 reciproci break, alla fine dei quali passa con un 7-5 lo scozzese. Scozzese, ricordo, cresciuto a Barcellona, la migliore università dell’Unione Europea. Dopo un ottimo piatto di pasta presso Eataly, ritorniamo al Centrale, gremitissimo dai tifosi di Nadal che forse ancora soverchiano quelli del campione del mondo, Novak Djokovic. Richiesto dal collega, mi permetto di informarlo che Nadal non è più quello di due o tre anni fa, per aver smarrito muscolatura, e quindi esplosività di un colpo tutto suo, un diritto che io chiamo uncino, alcuni sventaglio, altri inside-out. Assistiamo all’inizio, con il campione del mondo che non sembra affatto tale, e spiego all’amico che, ieri sera, contro tale Bellucci, un brasiliano che vale circa il n.40 del mondo, Djokovic ha avuto molte difficoltà. ll mio amico rimane per un po’ silenzioso, e poi, dopo aver visto Djokovic che perde tre games di fila, e una valanga di punti – per la precisione 12 su 16 – mi domanda se sia normale, o se il serbo di oggi sia simile a quello di giovedì. Mentre Djokovic inizia la sua rimontina, con un tragico game di 16 punti costellato di errori, l’amico si distrae verso la tribuna vip per domandarmi: «Li conosci, per caso, quei due vecchi signori che non battono mai le mani? Saranno diplomatici, o inesperti di tennis. Mi rendo allora conto che si tratta di Manolo Santana e Nicola Pietrangeli, e rispondo: Sono due ex grandi campioni, e non battono le mani perché se ne intendono. Non esageri?, domanda l’amico, e come gli rispondo che fatico ad entusiasmarmi per ragioni emotive, quando due giocano tanto male, sorride, e mi ricorda di non essere cosi pessimista, se desidero essere letto. Poiché possiede sicuramente un livello giornalistico superiore al mio, decido di ricordare che il pur incostante Nole di oggi ha strappato la battuta a Nadal nel 12° game del primo set, e da 3-5 nel secondo trova la concentrazione per issarsi al tiebreak e vincerlo 7-4. Sono certo deluso quanto l’amico per non essermi entusiasmato quanto molti degli spettatori, ma non posso evitar di rendere noto che gli errori secondo le mie spesso distratte statistiche, assegnano a entrambi più errori gratuiti che punti vincenti: 30 a 27 per Djokovic, 32 a 24 per Nadal.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement