La coda lunga di Rio porterà un nuovo vincitore a Cincinnati?

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La coda lunga di Rio porterà un nuovo vincitore a Cincinnati?

Tra gli 8 rimasti in gioco Andy Murray è l’unico ad aver vinto un Masters 1000 in carriera. Se lo scozzese cadesse, per qualcuno arriverebbe la prima gioia. Raonic davanti a tutti, ma occhio al Cilic sornione e alla legge “degli anni pari”

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Anno olimpico, strascichi a cinque cerchi. Il torneo del barone de Coubertin rimane e probabilmente rimarrà di difficile collocazione nel panorama tennistico,eppure non si è soltanto occupato di raccontare la splendida storia di Juan Martin del Potro che ha fatto da corollario alla prova di forza di Andy Murray. I giochi di Rio ci hanno consegnato le rinnovate debolezze di Novak Djokovic, ora atteso alla prova del nove di Flushing Meadows, le preventivabili stanchezze di Nadal e Nishikori, forse anche le nuove forme d’ira di Nick Kyrgios che a Rio probabilmente ci sarebbe andato volentieri senza le beghe con il comitato olimpico australiano.

Partito con la certezza di offrire un nuovo vincitore e una nuova finale rispetto al 2015 – quel Djokovic-Federer che negli ultimi 7 anni ben 3 volte aveva assegnato il titolo – il torneo di Cincinnati è giunto ai quarti di finale tra graditi ritorni e una grande sorpresa. I ritorni sono quelli di Dimitrov e Tomic, ormai noti come i capofila della “generazione perduta”. Il bulgaro ha dato seguito al risultato raggiunto a Toronto due settimane fa, si è issato nuovamente tra i primi 8 prendendosi anche lo scalpo di un sempre meno riconoscibile Wawrinka. Tomic invece si è guadagnato gli applausi battendo in fila Goffin e Nishikori, due che forse non lo superano in talento ma potrebbero impartirgli lezioni di equilibrio e concretezza in campo. La vera sorpresa invece è Borna Coric, il meno sponsorizzato della next gen, il più conforme ai canoni, il tennista che in campo pare avere la serenità che altri colleghi non accarezzano mai in carriera. A cui però manca qualcosa per entrare nelle stanze luccicanti del potere, specie sul lato del dritto. Le vittorie su Kyrgios prima e – soprattutto – Nadal poi potrebbero costringerci a rivedere la questione, anche se del buon Nick sappiamo che può essere tutto e ancor più spesso può essere niente mentre Rafa è parso la controfigura di sé stesso, ma del sé stesso già deficitario degli ultimi due anni. Intanto per Borna sono i primi quarti di finale di spessore, e non glieli toglierà nessuno.

A testare le sue velleità di semifinale sarà il connazionale Marin Cilic, in effetti non troppo lontano per geografia e periodo dell’anno da quelle famose due settimane in cui sembrò intoccabile. Se dovesse far valere la legge del più esperto contro Coric giocherebbe probabilmente da favorito contro uno tra Steve Johnson e Dimitrov. Lo statunitense, virtualmente anche il nuovo numero 1 a stelle e strisce delle classifiche, è giunto qui con i favori del fato – Delbonis non è Laver e a Benneteau mancano i capelli per fare il Noah – e poi ha regolato uno Tsonga che sembra spesso sul punto di voler spegnere l’interruttore. Insomma un finalista uscirà di qui e per chiunque di loro sarebbe la prima volta.

Dall’altra parte invece ci sono invece i più quotati. Andy Murray, eletto dalle assenze Djokovic in pectore, finora non ha sofferto le fatiche di Rio e adesso sfida Bernard Tomic che invece dalla fatica si è spesso fatto limitare. L’australiano ha il braccio per mettere in difficoltà chiunque, ha dimostrato ripetutamente di poterlo fare anche con Djokovic, poi però vincere è un’altra partita. Dipende probabilmente dallo scozzese, da quanto si sente pronto a vestire – e mantenere fino alla domenica – i panni del favorito. L’ultimo quarto di finale lo giocheranno Milos Raonic e Dominic Thiem, due tra i protagonisti della stagione che probabilmente (il canadese quasi per certo) vedremo in campo anche all’O2 Arena di Londra. L’austriaco ha un po’ tirato il fiato nell’ultimo mese e complice il ritiro di Monfils ha giocato in Ohio un solo incontro, quindi arriva al cospetto di Raonic fresco ma forse a corto del ritmo partita. Il lungo canadese invece è ormai stabile presenza nelle fasi finali dei tornei, contro Sugita si è persino assentato dal campo per un set senza conseguenze. I due non si sono mai incrociati ma l’impressione è che a Thiem servirà la grande impresa.

Un campionario eterogeneo di atleti ma l’unico già vincitore di un torneo di tal guisa è Murray. Raonic è il solo ad aver raggiunto una finale (l’ultima di recente a Indian Wells), Dimitrov si è spinto più in là dei restanti cinque con le due semifinali del 2014 (Toronto e Roma). Coric e Johnson peraltro sono ai primi quarti di finale. Insomma, 7 “novellini” aspirano al trono di Federer e l’invidia è persino di Djokovic, che qui non ha mai vinto. Da Montecarlo 2014 non c’è una novità assoluta nell’albo d’oro di un 1000, ed è curioso notare che il carniere dei 9 Masters si apre alle sorprese solo una volta ogni due anni: nelle stagioni 2008, 2010 e 2012 furono rispettivamente Tsonga, Soderling e Ferrer a cogliere il primo successo sempre a Bercy, nel 2014 toccò appunto a Wawrinka sulla terra di Montecarlo. Siamo nel 2016 e potrebbe toccare a Cincinnati il compito di smuovere il circuito dalle solide gerarchie dei soliti 4. Raonic il primo indiziato, ma dovrebbe sbarazzarsi di Murray prima della finale o sperare nel miracolo di Tomic. Sempre che batta Thiem. Se siamo d’accordo sul fatto che a Dimitrov forse mancherà per sempre quel soldo per fare una lira, la candidatura di Cilic si fa concreta. Il croato sa come si coglie un’occasione e tra i limiti che gli si riconoscono non pare esserci quello caratteriale.

Per i 7 sfidanti, insomma, un torneo da carpe diem. Campione olimpico permettendo.

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