US Open interviste, Venus Williams: "Per vincere qui bisogna avere personalità"

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US Open interviste, Venus Williams: “Per vincere qui bisogna avere personalità”

US Open secondo turno, interviste: V. Williams b J. Goerges 6-2 6-3. L’intervista del dopo partita a Venus Williams

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Venus Williams - US Open 2015
 

Dal nostro punto di vista ci è sembrato che tu abbia giocato un match molto equilibrato. Che ne pensi?
Sì, molto più che al primo turno. Sentivo che dovevo ricalibrare il mio gioco, giocare un tennis di percentuali, tenere bassi gli errori, fare la partita dentro di me. Sono contenta di esserci riuscita contro un’avversaria esperta, che sa giocare tutti i colpi. Un bel test da superare.

Si parla molto del rumore in campo. Ti dà fastidio?
C’era molto rumore anche lo scorso anno e quindi ero un po’ più abituata delle altre. Dopo il primo set ci fai l’abitudine. Da giocatrice penso che più sia alta la posta in gioco e meno si senta il rumore circostante. Immagino che sugli spalti facciano delle belle discussioni sul tennis! (ride)

Quale è la differenza secondo te tra l’essere qui oggi e l’esserci in modo così competitivo dopo 18 anni? Ci pare notevole.
Grazie. Sono grata di poter ancora giocare nel modo in cui desidero farlo esattamente ora. Da atleta, da tennista, questo è ciò che si desidera. Essere in grado in campo di esprimerti come al tuo meglio. Se arrivi al punto in cui non sei più in grado di farlo, allora devi iniziare a dirti “ok, è tempo di smettere”. Io a quel punto non ci sono ancora e confido di poter giocare nel modo in cui voglio sino all’ultimo giorno della mia carriera.  

Si potrebbe dire che le due più importanti arene tennistiche sono il Campo Centrale (di Wimbledon, ndr) e l’Arthur Ashe. È curioso il fatto che il Centrale sia così silenzioso mentre l’Ashe sia esattamente il contrario. Da atleta che ha giocato spesso in entrambi, dicci qualche cosa a proposito.
Atmosfera è completamente diversa, senza dubbio. Ma ogni torneo è diverso. Lì sta la sfida, saper giocare in ambienti diversi, su diverse superfici e venirne a capo. Questo è un torneo difficile da vincere a causa dell’ambiente. Ci vuole molto tempo per farci l’abitudine. Farcela, vuol dire avere personalità

Quanto è importante secondo te il fatto che i più importanti giocatori e giocatrici abbiano voce in capitolo nell’organizzazione del circuito? Non solo su argomenti di primaria importanza ma anche di ordinaria amministrazione che servono a far sì che tutto funzioni.
È molto importante perché si deve sentire anche la voce dei giocatori insieme a quella degli organizzatori e di chiunque abbia un ruolo nel tennis. Gli organizzatori hanno un punto di vista diverso da quello dei giocatori, così possiamo unirci tutti e fare cose meravigliose. Per me è principalmente una partnership.

Cosa possono dare i giocatori di prima fascia? Che punto di vista hanno che i giocatori di fascia inferiore non possono avere?
A seconda della tua classifica ti trovi ad affrontare diversi problemi. Per questo nel comitato ci sono rappresentanti di diverse fasce di classifica. È importante che ognuno possa far sentire la propria voce. Personalmente cerco di rappresentare il gruppo in cui mi trovo, benché cerchi di avere un atteggiamento di apertura anche verso le altre fasce di giocatrici e le loro necessità.

Credo sia la prima volta negli ultimi sei anni che sei tra le prime dieci. Lo sapevi? Ha importanza per te? Come ti fa sentire?
Chiaramente è bello vedere che grazie al tuo lavoro sali in classifica. Mi piace. Ma ci sono stati momenti in cui non ho vinto partite che sentivo avrei dovuto vincere, che fossi più in alto o più in basso in classifica. Alla fine della giornata voglio arrivare al turno successivo indipendentemente dalla mia classifica. Non mi sono mai minimamente curata della mia classifica in tutta la carriera. Benché ami essere in alto nel ranking, ciò che conta per me è vincere gli incontri. Se vinco salgo in classifica. Ecco tutto

All’inizio della tua carriera indossavi completi da tennis semplici. Qui sei apparsa con un completo spettacolare. Dicci qualche cosa sull’evoluzione del tuo gusto nel corso degli anni sotto il profilo estetico.
Domanda interessante! Tutti pensano di avere ottimi gusti nel corso della propria vita. Mi guardo indietro e mi dico che all’epoca avevo brutti gusti. Ci furono occasioni nelle quali mi capitarono cose discutibili, soprattutto fuori dai campi da gioco. Ma ero una ragazzina ed ero decisamente candida. Andava bene apparire un po’ fuori dagli schemi. Ma ora so chi sono e come voglio apparire sul campo. Ciò si traduce anche nelle cose che disegno e nel modo in cui appare la mia linea di abbigliamento. Ha personalità; è determinata e sicura di sé. Si tratta di saper costruire la propria strada.

La gente parla della tua età e ti fa domande a proposito in quasi tutte le interviste. Ti dà fastidio?
No, nella mia vita ho sentito le domande più folli. Se la domanda non mi piace, te lo faccio sapere. Credo che la gente sia colpita dal fatto che io ed un certo numero di altre giocatrici riescano ad esprimere un tennis di livello alto a questa età. Non è mai successo prima. Le persone più curiose vogliono sapere come, credo. I 36 anni sono i nuovi 26 anni!

Venire spesso a rete fa ancora parte del tuo gioco. Le giocatrici che affronti lo fanno solo se le costringi. Trovi strano che nel riscaldamento tutti provino ancora i colpi a volo, oppure ritieni che facciano bene a farlo?
Potresti avere ragione! (risate) Alcune vengono a rete solo per stringerti al mano e per il lancio della moneta. Non sono una di quelle. Mi piace provare ad attaccare. È più difficile di questi tempi venire a rete. I campi sono più lenti. Se non lo fai sulla palla giusta, ti uccidono. Giochiamo con strumenti molto evoluti che permettono di colpire la palla da ogni posizione. Non è facile venire a rete oggigiorno. Devi davvero saper fare le volèe e attaccare dietro un ottimo colpo. Io voglio venire a rete, ma devo essere molto selettiva.

Traduzione di Roberto Ferri

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