Coppa Davis: la ITF vuole la finale in campo neutro già dal 2018

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Coppa Davis: la ITF vuole la finale in campo neutro già dal 2018

La Croazia deve trovare una sede per la finale di Davis, mettendo in mostra una delle crepe logistiche della formula. Ma l’ITF promuove un progetto per rivoluzionare la finale

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Capita tutti gli anni, in questo periodo, e sembra che nessuno voglia far qualcosa per rimediare a questo problema. Almeno fino ad oggi. La liturgia del calendario tennistico prevede le semifinali di Coppa Davis nel penultimo weekend di settembre, ed il regolamento della Coppa richiede che la squadra ospitante la finale, in programma a fine novembre, presenti entro sette giorni dalla fine delle semifinali il dossier relativo alla sede proposta per la finale.

Questo meccanismo perverso quindi fa sì che la finalista ospitante, che gioco forza ha la certezza di dover ospitare la finale solo a metà settembre, debba reperire in una settimana una sede consona ad una finale di Davis che, a norma di regolamento, deve essere ospitata nella capitale della Nazione oppure in una delle città principali, dotate di un aeroporto internazionale con adeguati collegamenti, un’arena con almeno 12.000 posti e sufficienti stanze in alberghi a cinque stelle a meno di 45 minuti dall’impianto per ospitare tutti i componenti delle due squadre, gli ufficiali ITF, i rappresentanti dei media e tutti gli ospiti degli sponsor.
Come si può vedere si tratta di norme piuttosto restrittive: non ci sono molte città, soprattutto in nazioni piccole come la Croazia, che possano soddisfare questi requisiti. Il nocciolo della questione è però solitamente rappresentato dall’arena, in quanto se si escludono gli Stati Uniti, ogni Nazione può contare su un numero abbastanza limitato di impianti con quel tipo di capienza, e solitamente queste strutture vengono occupate con largo anticipo da concerti, festival ed eventi di vario tipo. Oltretutto un incontro di Davis, sempre a norma di regolamento, necessita della disponibilità dell’impianto per 8-10 giorni consecutivi, se si considera il tempo necessario per allestire il campo, i giorni che devono essere concessi alle due squadre per gli allenamenti, la competizione vera e propria e lo smantellamento del campo. E non si tratta di un’impresa da poco.

Le pene che sta attraversando in questi giorni la Croazia, dibattuta tra lo spostamento di uno spettacolo di supereroi a Zagabria oppure la riprogrammazione di un festival musicale (e la richiesta di diverse deroghe all’ITF) a Spalato, non sono nulla di nuovo: è capitato a (quasi) tutte le Nazioni che si sono trovate in situazioni simili, e spesso e volentieri la soluzione trovata è risultata un compromesso. Nel 1991, quando la Francia di Forget e Leconte (con Noah in panchina) raggiunse la finale contro gli USA di Sampras e Agassi, procurandosi la chance di interrompere il digiuno in Davis che durava dagli Anni ’20 dei Moschettieri, la finale si dovette giocare a Lione perché il Palais Omnisport di Parigi Bercy era occupato da un concerto rock, e non era stato possibile quindi prenotarlo “a breve scadenza”. Sempre la Francia in occasione della finale del 2014 fu costretta ad ospitare la Svizzera di Federer e Wawrinka a Lille, in un impianto sicuramente di grande impatto, ma in una località che si può tranquillamente definire piuttosto provinciale, certamente non consona ad un evento del prestigio della Finale di Davis. Nel 2013, quando in Canada arrivò in semifinale uscendo sconfitta solamente al quinto incontro a Belgrado dalla Serbia di Djokovic e Tipsarevic, nell’eventualità che i biancorossi avessero dovuto ospitare la Repubblica Ceca in finale sarebbero stati costretti a giocare a Quebec City, non per scelta, ma perché il Pepsi Colisèe era l’unico impianto delle dimensioni richieste non occupato dalla stagione di hockey a fine novembre.

Gli esempi potrebbero continuare, e probabilmente questi continui “salti mortali” logistici sono anche all’origine dell’iniziativa della ITF che ha annunciato l’intenzione di lanciare un progetto volto a valutare la fattibilità di organizzare la Finale di Davis (ed anche eventualmente quella di Fed Cup) in una sede neutra, decisa con largo anticipo, sulla base di quello che accade per la Finale di Champions League o per il Superbowl. “Con un intero anno o più a disposizione per la promozione e la raccolta degli sponsor, crediamo di poter fare di più per il successo della finale assicurando che venga disputata in uno stadio dalle dimensioni adatte” ha detto il Presidente ITF David Haggerty dal quartier generale di Londra.

Sarà la società di consulenza CSM Sports di Londra (il cui chairman è Sir Sebastian Coe, ex mezzofondista ed ex Presidente del Comitato Organizzatore di Londra 2012, ora a capo della Federazione Atletica Leggera IAAF) a sviluppare questo progetto pilota, che inizialmente si occuperà di ricevere offerte da parte di città interessate ad ospitare questo evento per 2-3 anni.Le considerazioni di carattere economico chiaramente avranno il loro peso – ha spiegato Haggerty – ma il nostro obiettivo è quello di ottenere la massima visibilità. La nostra missione è quella di sviluppare, crescere e promuovere il gioco del tennis in tutto il mondo”.

Oltre a questo cambiamento, verranno anche prese in considerazione le ipotesi di concentrare la competizione in due giornate e di abbandonare il formato dei 3 set su 5 per la Coppa Davis. In ogni modo, qualunque cambiamento di questo tipo dovrà essere approvato dall’Assemblea Generale dell’ITF che si disputa ogni anno in agosto (il prossimo meeting è in programma dall’1 al 4 agosto ad Ho Chi Minh City in Vietnam), quindi nella migliore (o peggiore, a seconda dei gusti) delle ipotesi si tratta di modifiche che verranno introdotte a partire dalla stagione 2018.

Si tratta certamente di proposte forti, che faranno discutere e troveranno senza dubbio sostenitori ed oppositori tra tifosi ed addetti ai lavori. Tuttavia è sicuramente un fatto positivo che il Presidente Haggerty abbia già iniziato, nel primo anno del suo mandato, ad occuparsi dei problemi di Coppa Davis e Fed Cup, le cui formule sembrano non essere più al passo con i tempi e che devono guardare a possibili cambiamenti se non vogliono diventare sempre più irrilevanti e snobbate dai tennisti di punta: l’eleggibilità olimpica non può essere l’unico salvagente di queste due competizioni, che per tradizione e prestigio devono trovare un modello che consenta loro di reggersi sulle proprie gambe.

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