Il futuro può ancora attendere. Nadal soffre ma regola Zverev (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Il vecchio leone esce dalla savana quando il fiero e più giovane rivale ha visto la sua forza prosciugata da una battaglia combattuta colpo su colpo, mentalmente allo spasimo e fisicamente intensissima. Dopo quasi quattro ore il terzo turno più atteso degli Australian Open, la sfida generazionale tra Nadal e Zverev, non è più una partita, ma un corpo a corpo, un duello che si gioca a ritmi inavvicinabili, dove contano il braccio, ma soprattutto la testa e le gambe. Dunque, è diventata la partita di Rafa, del solito guerriero mancino, novello Sansone con i capelli trapiantati che paiono avergli dato un vigore da tempo sconosciuto. Nel quinto game del quinto set, sul 2-2, 40 pari e servizio, il ragazzino di Amburgo di genitori russi, dominatore predestinato del prossimo decennio, esce vincente da uno scambio di 37 colpi, prima che i polpacci e le cosce urlino di dolore. È stato l’ultimo ruggito. Per ottenere quel punto, Sasha perde il match. Crampi. Per i quali, da regolamento, non si può chiedere l’intervento medico. La nuova stella, il futuro numero uno, crolla di fisico contro un avversario di 11 anni più vecchio, reduce da mille ammaccature, ma ancora forte come un toro e capace di coprire il campo con la furia delle velleità giovanili. Nadal infila quattro giochi consecutivi e come già a Indian Wells a marzo, nell’unico precedente, rinvia la consacrazione definitiva del pargolo dopo aver rischiato la pelle (allora salvò un match point). Muscoli, ma non solo: «Fisicamente, credo sia stata una grande performance – sorriderà il maiorchino – ho corso fino alla fine su ogni palla; ma anche mentalmente sono riuscito a stare concentrato e dentro la partita per tutto il match, ho recuperato da due set a uno sotto, credo sia una vittoria molto importante e che mi dà enorme fiducia». La chiamano Next Generation e Zverev ne è il profeta, ma intanto al terzo turno sono approdati 16 ultratrentenni, che non è record solo perché nel 1977 furono 19. Quando ogni punto pesa, quando l’esperienza conta più del talento perché la stanchezza ti annebbia, ci sarà sempre un Nadal a spadroneggiare. Sasha si farà (anche se il rivale, alla sua età, aveva già vinto due Slam, a proposito di giovani fenomeni), ora è 24 del mondo, ma presto sarà in top ten, e per tre set ha giocato meglio, ancorato a quel rovescio a due mani che lo spagnolo non riusciva mai a leggere, però si è liquefatto anche psicologicamente quando ha intravisto il traguardo e, soprattutto, ha perso quattro servizi su sei quando si è ritrovato sotto 0-15, sintomo di insicurezza di fronte al Monumento. Ci sta: «Posso essere soddisfatto della mia prestazione – mastica amaro il tedesco – perché la differenza tra noi è stata minima. Ho giocato contro uno dei ragazzi fisicamente più forti della storia, da questa sconfitta porto a casa molte indicazioni che mi serviranno per il mio percorso futuro». Rafa aveva perso le ultime tre partite arrivate al quinto set, ma ieri ha giocato la 26^ in carriera, contro la 6^ dell’avversario. Non sono dettagli. Forse non sarà più la belva che non ti dà scampo, come dimostra il terzo set perso dopo averne avuto il controllo e con un tie break timoroso, o ancora il controbreak di inizio quinto set che ha rimesso subito in partita Zverev prima del tracollo. Eppure, per la prima volta dal Roland Garros del 2015, l’ultimo lampo Slam, Nadal entra nella schiera dei favoriti in Australia non per il blasone, ma per come sta giocando: «Avevo di fronte un giocatore di enorme potenziale e destinato a migliorare ancora. Ma io ho lavorato duro per tutto dicembre per uscire vincente da situazioni come queste. Ho iniziato teso, ma ho finito giocando meglio rispetto a come avevo cominciato, un bel segnale». Per sé, ma non per gli altri.
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Nadal rinvia il declino, ma l’acerbo Zverev si spegne sul più bello (Gianni Clerici, La Repubblica)
Se ieri Rafa Nadal avesse perduto dal giovanissimo Alexander Zverev, avremmo scritto che era la definitiva conferma della sua fine, e dell’arrivo di un nuovo campione tedesco. Chi ama Nadal avrebbe ricordato il suo destino di destro mancinizzato dallo zio Toni, l’invenzione del diritto a uncino dall’angolo destro, il suo hobby di pescatore, la sua insolita provenienza da Maiorca, isola sin qui nota solo grazie a Robert Graves. Chi non lo ama avrebbe ricordato il suo stile sgraziato, mai visto, tutto nuovo, i suoi tic maniacali, il suo atteggiamento sin troppo guerresco. Nessuno avrebbe potuto non ricordare i suoi quattordici Slam. Ce ne saranno altri, di Slam maiorchini? mi domanda un amico tennista. Temo di no, anche se potrei comporre un elenco telefonico dei miei sbagli. Temo di no, perché, come ha notato un altro spettatore televisivo, Nadal ha non solo perso i capelli, ma se li è fatti ripiantare. «Farsi ripiantare i capelli è come usare il Viagra», ha commentato uno dei miei compagni di doppio, dal passato di ben noto seduttore. E, alla nostra sorpresa di non utenti, ha continuato. «Come con il Viagra non ti senti più tu a usare il tuo strumento, Nadal con i capelli ripiantati perderà via via il diritto a uncino. Se ve lo dico io, tennista e viagrafilo …». Ma è il caso di dire del match, del nuovo Becker che gioca i rimbalzi da contemporaneo, più che le volée. Come moltissimi suoi colleghi Alexander Zverev, detto Sasha, è stato fatto in casa, da papà e mamma allenatori che hanno un altro figlio tennista, Mischa. Del match, con totale obiettività, il probabile vincitore di un futuro Slam ha detto: «Se fosse stato un best of three avrei vinto, come ho fatto con Federer alla Hopman Cup. Con Nadal gli scambi sono lunghissimi, nel quinto game del quinto set ne ho sofferto uno di trentasette tiri, e proprio lì mi è uscito un crampo alla gamba destra e ho dovuto chiamare il fisio. Ma non ho perso per il crampo». Intorno a simile onesta e oggettiva dichiarazione, avrei qualche dubbio. Da quello scambio più che sofferto, Zverev ha subito una somma di venti punti a nove e ha finito per perdere. Dubito accada ancora in futuro. Un futuro in cui sarei sorpreso che il valoroso Nadal ricostruito riuscisse ad aggiungere un nuovo Slam ai suoi quattordici. A causa, ripeto, del trapianto dei capelli.
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Raonic continua a correre: “Sono più maturo” (Luca Marianantoni, La Gazzetta dello Sport)
Senza la sagoma ingombrante di Novak Djokovic, i riflettori che inquadrano la parte bassa del tabellone dell’Open d’Australia sono attratti dai progressi compiuti da Rafael Nadal. Ma per le gerarchie del computer, l’uomo da battere, sulla via che porta alla finale, è Milos Raonic, numero 3 del ranking e candidato numero 1 a diventare il 150° campione nella storia degli Slam. Il canadese era atteso da un giocatore d’esperienza come Gilles Simon che sul cemento di Melbourne Park aveva messo alle corde Djokovic lo scorso anno e Federer nel 2011. E Raonic non ha fallito l’appuntamento, chiudendo la pratica in quattro set, tirando fuori la grinta, in aggiunta alla solita potenza che sprigiona con l’uno-due servizio-dritto. «Sono facilitato in molte cose dall’esperienza — ha detto Raonic a fine match — che ho maturato in questi anni. Vivo le situazioni di gioco con meno paura e con più consapevolezza, concentrandomi su ciò che è importante per me e cercando di intuire il momento giusto per alzare il ritmo». Ora tra Raonic e la terza presenza di fila ai quarti all’Open d’Australia c’è solo lo spagnolo Roberto Bautista Agut che ha impegato 4 ore e 2 minuti e quattro set per battere David Ferrer, simbolico passaggio di consegne tra chi aspira a entrare nella top 10 e chi invece rifiuta l’inesorabile declino, entrambi esponenti di un tennis operaio: tanto fisico, poco talento, molto cervello. Continua la favola di Denis Istomin che dopo la clamorosa eliminazione di Novak Djokovic, supera anche la prova del 9 battendo, ancora una volta in cinque set, lo spagnolo Pablo Carreno Busta. Sulla strada dell’uzbeko, a caccia del primo quarto di finale in uno Slam in 35 tentativi, c’è ora il bulgaro Grigor Dimitrov che ha giocato una super partita contro Richard Gasquet. L’ultimo ottavo di finale confezionato nella parte bassa vedrà in campo Dominc Thiem e David Goffin. L’austriaco dal tennis spregiudicato, solido, ma troppo monotono, ha fatto un sol boccone del leggerino Benoit Paire; il belga invece ha imbrigliato il bombardiere Ivo Karlovic a cui non sono bastati 25 ace in 13 turni di battuta per evitare il tre set a zero.
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Nadal urla e blocca la next-gen (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)
Rafa Nadal si è messo in testa un’idea meravigliosa, e non stiamo parlando del recente trapianto di capelli. Il ragazzo sarà un po’ stagionato (30 anni) ma vuole tornare a vincere uno Slam e riprendersi il numero 1 del mondo. Ieri intanto ha ricominciato a prendersi un match al quinto set, come non gli capitava dal 2015. Nell’ordalia molto annunciata fra la vecchia guardia e la Next Generation ha schiantato il 19enne Alexander “Sasha” Zverev, dopo 4 ore e 5 minuti di estasi (prima) e tormento (poi) con il punteggio di 4-6 6-3 6-7 6-3 6-2. In tabellone c’erano ben venti Under 21, e Zverev, che nella sua carriera ha già battuto tre Top Ten (Berdych, Wawrinka e Thiem) è stato l’ultimo ad arrendersi: per ora più che Next Gen trattatasi di Soft Gen, una generazione ancora troppo morbida per gli artigli dei Grandi Predatori. Anche se Nadal rende molto onore al giovanissimo tedesco: «Tutti sanno quanto sia bravo. È il futuro di questo sport, ma anche il presente». Nella partita Rafa è entrato inciampando sul proprio servizio, poi però è stato capace di rimontare due volte da un set di svantaggio, e nel quinto, con i 198 centimetri agili ma teneri di Sasha annodati dai crampi, al termine di due scambi interminabili (uno di 37 colpi) ha ruggito come un vecchio capobranco alla fine del digiuno. Era dalla partita vinta proprio a Melbourne Park contro Smyczek che Nadal non veniva a capo di un quinto set, nel frattempo ne aveva persi tre. Al di là degli errori di Zverev, la notizia è che Nadal è tornato a uncinare il diritto (quasi) come ai bei tempi, a manovrare con sagacia il rovescio in back, affondando le zanne quando era il caso di farlo. I dubbi, le ansie che l’hanno spesso affondato negli ultimi due-tre anni sembrano per ora solo un ricordo. Negli ottavi troverà Gael Monfils, ma tutta la parte bassa del tabellone, sviscerata dall’eliminazione di Djokovic, è teoricamente commestibile. Il Cannibale di un tempo si sarebbe divorato i turni restanti fino alla finale ma ora, a due anni e mezzo dall’ultimo Slam vinto da Nadal (Roland Garros 2014), e dopo tutti i guai fisici che ha passato, con i pronostici è meglio essere più cauti. Carlos Moya, l’amico e modello che ora gli fa da coach, predica con ottimismo il ritorno di Rafa al vertice assoluto (al momento è n. 9) ma ha toppato spiegando che sarebbe stato «molto severo» con lui: non ce n’è davvero bisogno. La ferrea etica del lavoro del maiorchino non si è allentata di un centimetro. «Ovviamente è un risultato molto importante per me, cavarmela dopo essere stato in svantaggio due set a uno mi rende molto felice. Per Sasha non è stato il modo ideale di chiudere la partita, ma tutti sanno quanto sia forte, è lui il futuro e anche il presente di questo sport. E può ancora migliorare». Gli hanno chiesto se un test così duro potrà essergli utile o se rischia di pagare la fatica nella seconda settimana «La cosa importante della seconda settimana è arrivarci, non importa come. Vediamo come mi sveglierò domani, ma credo che starò, bene». La caccia non è finita.
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2017-verità: Dimitrov può tornare tra i primi dieci (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)
Grigor Dimitrov fino a due anni fa era la stella più fulgida tra le nuove leve del circuito, ma ultimamente di lui si erano quasi perse le tracce. In questo 2017 passa l’ultimo treno disponibile per il bulgaro che, dopo essere entrato tra i primi dieci del ranking, lo scorso luglio era sceso al numero quaranta. Si era smarrito lasciando la solida guida dello svedese Norman per abbracciare la tentacolare Los Angeles dell’amata Sharapova e i risultati tennistici non potevano essere all’altezza del suo talento. Per sua fortuna, a un passo dal limbo, ha riposizionato il tennis al centro dei suoi interessi e, dopo aver assemblato tutti i pezzi del suo notevole repertorio, è tornato a vincere e a convincere. Stilisticamente inappuntabile in tutte la esecuzioni, Grigor può contare su un servizio vario e preciso che apre il ventaglio a soluzioni offensive ma è con i colpi di rimbalzo che mette a nudo i limiti tecnici degli avversari. Il bulgaro non ha paura di esibirsi nella fase difensiva, mostrando umiltà, carattere e abilità nell’uscire dalla buca. Raramente soffre con il rovescio le complesse rotazioni e possiede, nel dritto, una dote notevole che gli consente di pensare mentre corre e di creare quando impatta la palla. I cambi di ritmo sono la specialità della casa e le sortite in avanti, così come le smorzate, mettono in risalto la sensibilità della mano. Gli indizi di grandezza sono stati riconfermati dalle ultime uscite e se riuscirà a guarire dalla malattia di “nuovo Federer” potrà ben presto risalire prepotentemente la china.