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La favola del TC Sinalunga
C’è una legge non scritta che rende lo sport professionistico un meccanismo, se possibile, ancor più diabolico. Nessuno, ma proprio nessuno, ha modo di sottrarsi al fatto che una riconferma ad alto livello sia talvolta più complicata del raggiungimento dell’obiettivo stesso. Il mondo della competizione, infatti, è pieno di exploit, anche eccezionali, ben presto disattesi. Campioni di un solo giorno, vittime designate di un’implacabile prova del nove che funge da spartiacque tra casualità e sostanza. Nei primi anni del terzo millennio il mondo del pallone celebrava, con stupore misto ad ammirazione, quello che sulla bocca di tutti era il Chievo dei miracoli. Una squadra, espressione di un minuscolo quartiere, che grazie alla competenza della classe dirigente seppe assicurarsi i riflettori del massimo campionato nazionale. Non solo. Quella che almeno inizialmente poteva apparire come la più classica delle comparsate mutò rapidamente in una radicata consuetudine, salvezza dopo salvezza. La famigerata prova del nove, appunto, ne legittimò lo status di realtà.
Se è vero che i paragoni trasversali nel mondo dello sport possono essere un esercizio giornalistico scivoloso, considerate le specificità intrinseche che fanno di una disciplina qualcosa di assolutamente unico, è vero altresì che il tennis tricolore, proprio in questi giorni, può gioire per le gesta di un team, piccolo in un contesto animato da titani, le cui vicissitudini sportive tanto somigliano alla favola a lieto fine testé ricordata. Dal Veneto si scende quindi in Toscana, Sinalunga per la precisione. Diecimila anime e poco più, appollaiate sulle colline colme di vigneti che separano la Val di Chiana da quella dell’Ombrone. In mezzo l’omonimo circolo tennistico che ha da poco festeggiato il sessantesimo anno di attività e che può vantare, oltre alla passione di una comunità intera, una squadra maschile capace di ottenere per la seconda volta consecutiva la salvezza in serie A1. Con quattro spiccioli in tasca a far da contraltare ad un cuore grande.
Sinalunga, un anno dopo. Potrebbe dunque essere questo il titolo del sequel di un film che, già dodici mesi or sono, abbiamo avuto il piacere di raccontare. E anche in questa circostanza, noi di Ubitennis, abbiamo incontrato il Presidente Marzio Bernardini – il Campedelli della racchetta – per sapere da lui come, nonostante una serie infinita di infortuni abbia perseguitato i suoi ragazzi nel corso di tutta la stagione, il TC Sinalunga sia riuscito a superare a pieni voti l’esame improbo della riconferma.
A distanza di un anno siamo ancora qui a celebrare la permanenza della tua squadra nella massima serie. Complimenti. Se raggiungere un traguardo è complicato, lo è ancor di più la riconferma. Qual è il segreto del TC Sinalunga per sopravvivere in un mondo di giganti?
La ricetta è composta da vari ingredienti tutti indispensabili: un piccolo gruppo di dirigenti affiatati e disposti ad impegnarsi fortemente, dei collaboratori su cui puoi sempre contare, il senso di appartenenza e del dovere dei vari giocatori che hanno sempre difeso sul campo, con grande determinazione ed orgoglio, i nostri colori.
Nella scorsa stagione l’apporto di Luca Vanni risultò per diversi fattori decisivo ed era lecito pensare che la sua assenza quest’anno vi avrebbe messo in seria difficoltà. Invece il risultato finale non è cambiato di una virgola. Come è stato possibile? Chi ne ha ereditato la leadership in campo e fuori?
Luca lo scorso anno ci ha fatto uno scherzetto mica da ridere, essendo oltretutto del vivaio ci ha messo in grande difficoltà. Abbiamo però dovuto fare di necessità virtù. Con la consapevolezza della grande difficoltà che avremmo dovuto affrontare abbiamo confidato sullo spirito di gruppo composto dai vari Licciardi, Galuppo, Fracassi, Olejniczak, Tenconi, tutti protagonisti delle stagioni precedenti. Su questo zoccolo duro abbiamo inserito un giovane del territorio, Christian Perinti, oltre al gradito ritorno di Alessandro La Cognata, atleta del vivaio e di fatto sostituto di Luca Vanni. A questi abbiamo poi affiancato due nomi prestigiosi: Kubot e Daniele Bracciali, al rientro nella attività agonistica dopo un periodo di fermo. Bracciali si è inserito molto bene nel gruppo ed è stato schierato quasi sempre risultando determinante per il risultato finale. È chiaro che Daniele, forte del suo grande passato, ha ricoperto un ruolo di riferimento all’interno della squadra.
In qualità di Presidente hai voglia di presentarci i tuoi ragazzi e, per ciascuno, scegliere un piccolo inciso che meglio li rappresenti come tennisti?
Ci provo, nella speranza di non suscitare il risentimento di nessuno… Giovanni Galuppo: il fedelissimo; Nahuel Fracassi: non solo talento; Dawid Olejniczak: il professore; Tomas Tenconi: equilibrio e saggezza; Alessandro La Cognata: passione pura; Pietro Licciardi: niente è impossibile; Daniele Bracciali: genio e sregolatezza; Christian Perinti: la potenza.
Dopo un girone per voi difficile anche a causa di qualche infortunio di troppo e chiuso in quarta piazza, il sorteggio dei play-out via ha messo di fronte Pavia, team, tra gli altri, di Skugor e Heinrich. Ci racconti in qualche battuta come è andata una sfida entusiasmante che sulla carta vi vedeva piuttosto sfavoriti?
Il risultato finale del play-out a noi favorevole è senza ombra di dubbio merito esclusivo dei nostri ragazzi e di quello che hanno fatto in campo. In effetti sulla carta sembravamo destinati a soccombere, visto anche quanto racimolato nel girone. Non so quanto abbia inciso sull’esito finale ma credo che gli avversari ci abbiamo forse un attimo sottovalutati, ho avuto la sensazione che siano stati un po’ presuntuosi. Dopo avere perso 4-2 a Sinalunga – con il loro miglior giocatore, Collarini, sconfitto da Licciardi – secondo me a Pavia loro avrebbero dovuto schierare Skugor e comunque, una volta recuperato il 4-2 dell’andata grazie al temporaneo 3-1 in loro favore al termine dei singolari, io avrei mirato al doppio di spareggio schierando due doppi “equivalenti” al posto del doppio “forte” Hernych-Collarini come invece hanno deciso di fare. Il raggiungimento del doppio di spareggio – sempre a mio parere – avrebbe dato loro il 90% di probabilità di vittoria, viste anche le precarie condizioni fisiche dei nostri atleti. Insomma, questione di strategia.
Se dovessi individuare due immagini – la più bella e la più brutta – legate al 2016 del TC Sinalunga quale sceglieresti?
Sempre riferendomi al campionato di A1, sicuramente la più bella immagine che ho impressa nella mente è la sofferta conquista della salvezza sul campo di Pavia, con la vittoria del tie-break per 10 a 8 che ha chiuso il secondo doppio con in campo Galuppo e Fracassi, dopo che Bracciali e Olejniczak avevano superato la coppia avversaria composta da Hernych e Collarini. La più brutta, purtroppo, è legata alla trasferta a Roma in casa del TC Due Ponti, con i gravi infortuni occorsi a Galuppo e Fracassi.
Sinalunga immagino non possa contare sul bilancio e sulla forza economica di circoli contro i quali poi vi trovate a competere. Quanto pesa nella gestione tecnica la questione, appunto, economica e, se posso domandartelo, qual è il costo per una realtà come la tua per affrontare una stagione da protagonisti? Avete in tal senso un aiuto dalla federazione o da qualche sponsor?
Immagini bene. Il nostro bilancio è proporzionale alle nostre dimensioni. Siamo un minuscolo circolo con una piccolissima forza economica. L’unico aiuto che abbiamo, fondamentale, ci è dato dai nostri sponsor che voglio ringraziare per la fedeltà che hanno dimostrato in tutti questi anni. Alcuni di essi, doveroso ricordarlo, ci hanno accompagnato già a partire dai primi passi in serie B. Noi, ovviamente, cerchiamo di utilizzare al meglio le risorse che ci vengono messe a disposizione, ottimizziamo ogni voce di spesa coinvolgendo in questo, è inevitabile, anche i giocatori che decidono di partecipare a questa entusiasmante sfida. Per i numeri che sento in giro diciamo che il nostro budget è pari indicativamente ad un terzo della media degli altri. Un nostro vanto sta anche nel fatto che noi facciamo tutto ciò senza distogliere un solo euro dalle voci di spesa destinate alle attività di base del circolo, su tutto la nostra scuola tennis.
1956-2016, 60 anni di vita per il circolo. Raggiunto questo importante traguardo avete ora qualche progetto in cantiere o un sogno nel cassetto per migliorare i servizi da offrire ai soci? Oggi qual è il vostro punto di forza?
È vero abbiamo raggiunto questo traguardo senza quasi rendercene conto, presi, come siamo sempre stati, dalle mille cosa da fare per seguire passo passo le vicende del circolo. 60 anni fa un gruppo di appassionati si è rimboccato le maniche ed ha realizzato in sordina il primo campo da tennis. Da lì in poi tanti altri volenterosi hanno proseguito con lo stesso spirito, fatto di passione e sacrificio, per arrivare ai nostri giorni. La nostra strada è questa ed è tracciata. Come dicono i tibetani: “Kalipè, passi corti, lenti ma costanti”. È questo il nostro punto di forza. Oggi il nostro circolo è in grado di offrire una scuola tennis di ottimo livello, organizza corsi per adulti che riscuotono un grande successo, offre agli appassionati la possibilità di vedere da vicino alcuni tra i migliori giocatori italiani e non solo. Cosa possiamo desiderare di più? In realtà un sogno ci sarebbe. Realizzare quanto prima una sede adeguata che possa essere un dignitoso luogo di ritrovo e di socializzazione per i nostri soci.
Uno dei vostri fiori all’occhiello è il settore giovanile al quale storicamente prestate una grossa attenzione. Senza fare nomi per non scontentare nessuno, a tuo avviso avete in casa qualche ragazzo che, fatti i debiti scongiuri, pare abbia i mezzi per emergere tra i Pro? Sai, ne avremmo tutti un gran bisogno…
Il prodotto del settore giovanile dei ragazzi nati negli anni ‘80 è quello che ci ha permesso di arrivare con la squadra maschile ai massimi livelli. Luca Vanni è l’esempio più eclatante. Abbiamo avuto la fortuna e l’onore di farlo prima crescere nel vivaio e poi di accompagnarlo nel fantastico periodo in cui è approdato tra i migliori 100 al mondo. Gli anni ‘90 non sono stati purtroppo altrettanto prolifici. Adesso però si incomincia ad intravedere qualcosa di buono all’orizzonte. Abbiamo Gaia Bandini, una ragazza del 2000, osservata e seguita dalla Federazione a cui auguriamo ogni bene. Con lei anche Diana Vinerbi, altra giovane dalle grandi potenzialità. Nel settore maschile, fra i tesserati, abbiamo un gruppo di giovanissimi che fa ben sperare. Già a partire dal prossimo anno dovranno inserirsi e provare a diventare la nostra spina dorsale.
Veniamo al tennis-mercato. Ho saputo che per la prossima stagione ti sei assicurato un ottimo giocatore come Kovalik. Sinalunga, dunque, pensa in grande o l’obiettivo dichiarato resta sempre quello della salvezza in A1?
La salvezza è il nostro vero ed unico obiettivo. Speriamo possa essere meno sofferta dell’ultima. Bisogna anche considerare che le nuove regole in vigore già dal 2017 ci penalizzano molto. Venendo al mercato, non potendo fare nulla sul discorso del vivaio e dovendo a malincuore rinunciare ad alcuni protagonisti della stagione passata come Bracciali e, forse, all’amico Fracassi e a Olejniczak, non ci restava che provare ad intervenire sulla parte alta della squadra. Per questo abbiamo tesserato lo slovacco Kovalik, oltre a confermare il polacco Majchrzak. Confidiamo dunque sull’apporto tecnico di questi due giocatori per provare ad essere ancora competitivi.
Da uomo del settore, come vedi la salute del nostro tennis? Le donne, dopo anni di vacche grasse, sembrano essere giunte al capolinea per sopraggiunti limiti di età e, in campo maschile, il nostro uomo di punta è un encomiabile giovanotto di 36 anni. Questo ricambio generazionale che ancora non c’è ti preoccupa? Hai un consiglio da far recapitare al Presidente Binaghi?
In effetti la situazione non sembra molto confortante. Per le donne sembra essersi concluso un ciclo che ci ha dato grande lustro. Per gli uomini, invece, sono anni che attendiamo l’apertura di un ciclo. Non è facile dare consigli. La materia è troppo complicata e le variabili sono troppe e non sempre facilmente definibili. La strada potrebbe essere quella di favorire l’avvicinamento al tennis di un maggior numero di ragazzi. Credo che la promozione nelle scuole e il loro coinvolgimento possa essere un’operazione fondamentale. Un suggerimento al Presidente Binaghi però lo vorrei dare. Di aiutare i piccoli circoli come il nostro, trovando il modo di sostenerli anche economicamente nella attività di promozione e di avvicinamento alla pratica sportiva dei più giovani. Solo così si fa sviluppo e si genera un movimento dove si spera di poter trovare il futuro campione. I grandi circoli non hanno bisogno degli aiuti e del supporto della federazione e, forse, nemmeno li vogliono, mentre per le piccole strutture possono essere vitali. Io personalmente trasformerei la parola “affiliazione” in “partecipazione”. Ecco, bisogna partecipare e condividere un progetto superando il concetto di tesseramento. Mi chiedo se alla nostra federazione interessi davvero che venga fatta opera di promozione e divulgazione, fra l’altro a costo zero, del tennis sul territorio oppure no. Specialmente fuori dalle aree metropolitane, nelle zone dove minori sono le opportunità di seguirlo e, comunque, ricche di appassionati…
In conclusione, oltre a strapparti la promessa di ritrovarci qui tra 365 giorni a festeggiare l’ennesimo miracolo del TC Sinalunga, ti senti di voler ringraziare qualcuno?
Da parte mia la promessa è di ritrovarci qui fra un anno comunque vada. Relativamente ai ringraziamenti l’elenco da fare sarebbe lunghissimo e rischierei di scordarmi qualcuno, perché è vero che siamo piccoli ma rispetto alla nostra dimensione siamo comunque in tanti a darci da fare. Senza fare nomi, dunque, grazie al Consiglio direttivo in toto, all’Amministrazione Comunale di Sinalunga, allo staff tecnico, ai giocatori, agli sponsor e a tutti i nostri soci. Insomma, il mio grazie più sentito a tutti coloro che ci sono veramente amici e che hanno a cuore le sorti del TC Sinalunga.
Al prossimo anno, Presidente.