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Sig. Muner, il CT Vicenza è un club con oltre 80 anni di vita, ci può raccontarci alcuni passaggi salienti della sua storia e di come vive oggi?
Il club è nato nel ’33 dall’unione del circolo degli Ufficiali dell’aeronautica di Vicenza ed alcuni amanti del tennis, agli albori in città. Sorgeva a fianco di quello che era l’aeroporto civile, poi recentemente dismesso. Negli anni ’50 si è spostato definitivamente verso il tennis (l’affiliazione alla FIT risale al ’48), e negli anni ’70 si è configurato nella composizione attuale, come struttura ed immobili, ma anche come forma societaria, una associazione sportiva dilettantistica. Sul finire degli anni 70’ il CT Vicenza ha anche iniziato ad avere i primi prestigiosi risultati sportivi, quando si afferma definitivamente Gianni Milan, un talento nato e cresciuto in casa che arriva addirittura ad occupare la 12esima posizione delle classifiche nazionali assolute. Rispetto ad altre realtà, il CT Vicenza ha la particolarità di essere un circolo privato “vecchio stile”, ossia non è la gestione privata di impianti comunali, ma i soci stessi sono parte di una società per azioni che è proprietaria dell’intera struttura e la concede in gestione all’Associazione. La scuola tennis e tutto quanto ruota attorno ai nostri maestri è una delle colonne portanti dell’attività del club ma non è la unica; l’altra è l’associativismo, la vita sociale. Siamo un vero club, tanto che solo ai soci è consentito l’utilizzo dei campi e delle strutture. Siamo rimasti in pochi con questa tipologia di club; la stragrande maggioranza dei circoli sono votati più all’imprenditorialità che al volontarismo associativo. Predomina la figura del maestro o gruppi di maestri che prendono in gestione una struttura con l’ottica di massimizzare il giro di giocatori (ragazzi ed adulti) e l’occupazione dei campi nella – comprensibile – ricerca di profitto, piuttosto che il classico club dove al centro c’è la vita sociale.
Quindi la vita sociale è la filosofia ed il punto di forza del vostro club? E come si svolge al CT Vicenza?
Personalmente ho un’idea molto chiara, non tutti la pensano così ma questa è la mia analisi. Oggi in Italia ci sono due realtà ben distinte. I circoli gestiti da maestri, che puntano a riempire i campi con i corsi o affittandoli anche a non soci facendo numeri; ed i circoli “vecchio stile”, come il nostro, che nascono con la “mission” di essere “al servizio dei soci”, con l’obiettivo di essere un punto di aggregazione, sviluppare le proprie passioni sportive (e non), amicizie e rapporti umani. Un club nel senso più “british” del termine, che per i soci diventa come una seconda casa. Negli anni ’90 c’è stata una grossa crisi di questa filosofia, dettata, da un lato, dalla crisi del tennis in generale a favore di altri sport che hanno “rubato” parte dei praticanti. Da noi ad esempio il golf ha eroso profondamente la base numerica dei soci. Dall’altro lato è cambiata profondamente la società. Un tempo l’associazionismo funzionava di più perché esser parte di un club era quasi uno status symbol, consentiva di poter praticare svaghi non altrimenti percorribili; soprattutto poi sono cambiati i ritmi e gli stili di vita. 20 o 30 anni fa da noi i campi all’ora di pranzo erano sempre pieni, si faceva una pausa pranzo lunga che consentiva di giocare a tennis, fermarsi, giocare a carte, riposare, etc. Oggi, invece, si è sempre di corsa, la pausa pranzo dura meno di un’ora, ci si accontenta di un panino al bar e via, o si mangia direttamente in ufficio. Inoltre si è entrati in una fase di crisi economica che ha pesato non poco perché un club privato strutturato come il nostro necessita quote associative importanti per stare in piedi. Quindi, rispetto al circolo comunale ove le quote associative sono più economiche, la domanda si è necessariamente limitata. La “mission” del nostro consiglio è quella di alimentare di nuovo la filosofia del club, credendo che a livello sociale sia ancora molto importante. Le città sono meno vivibili di una volta, soprattutto per le famiglie; un circolo che abbia un minimo di struttura può consentire il riappropriarsi di quei momenti di socialità che oggi sono difficili da trovare. Il club è un posto “sano”, tranquillo, dove i genitori possono lasciare serenamente i figli. Lo vedo quando organizziamo i centri estivi o altre attività, i ragazzi stanno bene tra di loro ed anche i genitori sono felici. A volte non è facile far coesistere le esigenze trans-generazionali dei soci, spesso contrastanti tra loro; ma, con l’impegno e la volontà di tutti, le differenze si riescono ad appianare in favore di un obiettivo aggregativo che è necessario sempre avere come “stella polare”, da seguire sempre. Come? Facendo e promuovendo, appunto, vita sociale: organizzare eventi, tornei, cene, momenti di condivisione.
Vedo infatti dal vostro sito internet che siete molto dinamici, organizzate tante attività.
Si parte dalle piccole cose, come ritrovarsi per vedere la partita della Nazionale facendo una cena di gruppo dopo un’ora serale di tennis, così come per i grandi eventi tennistici da vedere in compagnia. Ci sono poi, ovviamente, i tornei sociali con le relative cene, premiazioni, etc. Cerchiamo inoltre di organizzare delle trasferte “fuori porta” per tornei di cartello, come in Florida, Indian Wells o al Masters di Londra; facciamo anche dei gruppi per andare a giocare in posti belli e prestigiosi: di recente, per il secondo anno consecutivo, abbiamo fatto una trasferta al Country Club di Monte Carlo. Facciamo, insomma, del turismo tennistico, per gruppi piccoli ma si crea interesse, giro, movimento, e questo alimenta molto la vita sociale perché poi i soci si scambiano esperienze, diventano amici, ecc. Altro ambito che funziona benissimo in questa chiave è l’attività non-agonistica per gli over 40; paradossalmente, a livello sociale, genera un interesse quasi pari alle attività agonistiche di punta. Ovvio che competere ad alti livelli di agonismo è importante e necessario e non solo per il merito sportivo e per la nostra importante eredità agonistica; tuttavia l’impegno sulla attività di base ha portato risultati notevoli. Abbiamo creato un paio d’anni fa una squadra per partecipare ad un circuito che si chiama “tennis dei comuni”, intesi come giocatori amatoriali non classificati; la squadra genera un grande interesse e partecipazione, tanto che, nelle trasferte del sabato, si muovono moltissimi soci al seguito. Si è creato un gruppo di oltre 80 persone che gravitano intorno a questo ambito; si è creata aggregazione e divertimento, raggiungendo lo scopo. Inoltre si creano le condizioni ideali affinché i nostri soci condividano con gli amici questi bei momenti, li portino come ospiti, conoscano l’ambiente e finiscano per iscriversi. Questo resta il modo migliore per attirare nuovi potenziali soci; il volano per crescere. I pilastri economici del club restano due: la scuola tennis e le quote associative. Non sempre è facile trovare un equilibrio tra queste due voci d’entrata, perché per fortuna l’insegnamento (giovani e adulti) va molto bene, ma non può fagocitare tutti i campi, altrimenti si penalizza lo spazio per i soci. È un cammino in costante ricerca di un fragile equilibrio, economico e sociale.
Avete anche un campo da Padel, che ne pensa di questa nuova disciplina?
Un gruppo nutrito di soci lo chiedeva a gran voce. Ci abbiamo creduto ed abbiamo costruito un campo. Un investimento abbastanza oneroso, non solo in termini economici ma anche come tempo dedicato a smarcare mille criticità burocratiche (permessi, tecnici, vicini ecc.). È stato recepito bene dai soci; in molti giocano, ma, onestamente, mi aspettavo un riscontro esterno maggiore. Abbiamo creato delle quote ad hoc per il Padel, ma i risultati sono stati modesti. Vedremo come andrà nel prossimo futuro. In ogni caso, è un servizio in più che offriamo ai soci e ne siamo molto soddisfatti.
Come lavora la vostra scuola tennis, qualche squadra che vuol segnalarci?
Grazie ai nostri Maestri Nicola Curti e Manuel Breda, abbiamo da qualche anno impostato un lavoro di razionalizzazione della scuola e delle squadre agonistiche, cercando di ridurre l’apporto di giocatori esterni “a gettone”, anche a costo di ridimensionare i nostri obiettivi a breve termine nei vari campionati a cui prendiamo parte. Puntiamo sui giovani agonisti cresciuti in casa, i veri ragazzi del “vivaio”, che stanno danno buone soddisfazioni. La scuola tennis per questo ha sempre un occhio di riguardo nel supportare i ragazzi nel loro percorso agonistico creando la possibilità di lavorare sempre nel migliore dei modi. Abbiamo la prima squadra in serie B e siamo felici di dare l’opportunità ai nostri ragazzi del vivaio che si allenano da noi di giocarci. Vogliamo una squadra che, almeno nelle nostre intenzioni, dev’essere un gruppo di giovani giocatori amici, che vivono il circolo e che lottano insieme per il risultato. Ragazzi buoni ne stanno crescendo un po’ di tutte le età. Su tutti citiamo Alberto Orso del 2002, già in classifica ITF e che ora gioca la serie B, che due anni fa ha condotto insieme ai suoi compagni under 14 la squadra del CTV al titolo veneto. Lo scorso anno nella under 16 siamo arrivati secondi in regione a un passo dal titolo. Altri ragazzi del vivaio che giocano in serie B sono Enrico Giacomini, classe 1998 class. 2.8; Samuele Buratto classe 2000 3.3 e gli altri più giovani stanno crescendo. Nel 2017 il CT Vicenza ha partecipato al campionato di serie B, di serie C (maschile e femminile) e ai campionati di serie D (maschile e femminile). Abbiamo inoltre disputato tutte le gare under con almeno una squadra. Insomma, non ci facciamo certo mancare l’attività agonistica. Mi piace rimarcare che i ragazzi citati e tutti i componenti delle varie squadre sono non solo ottimi giocatori ma sono parte della vita sociale, usano le strutture, stanno con gli altri soci giovani ed anziani. Il nostro maestro senior e direttore della scuola Nicola Curti ha sposato la nostra linea in pieno, privilegia la filosofia del club rispetto al raggiungimento del risultato sportivo ad ogni costo. Al contempo la scuola tennis vera e propria funziona oramai da 5-6 anni molto bene. Con l’arrivo di Nicola i risultati economici e sportivi conseguiti da tutti i vari livelli in cui è declinata la scuola (SAT, agonisti, corsi adulti, etc) sono aumentati anno dopo anno, così come la positiva sinergia tra il “mondo della scuola tennis” ed il “mondo dei soci”. L’obiettivo di lungo periodo è quello di avere una scuola tennis interamente “saturata” da soci.
C’è qualche sponsor e partner che sostiene la vostra attività?
Sì, abbiamo alcuni partner fedeli, che da anni sostengono le nostre iniziative, non solo dal punto di vista meramente economico ma anche organizzativo ed umano. Citarli tutti sarebbe molto lungo. I principali nostri sostenitori sono certamente Anthea S.p.a., un broker assicurativo molto attivo sul territorio e particolarmente sensibile allo sport; Itersan S.p.a., produttore di calzature con predisposizione plantare e professionale, e la Farmacia Milan di Dueville, dotata di centro per la fisioterapia, riabilitazione e rieducazione funzionale sportiva. I rispettivi titolari sono, prima di tutto, soci più che sponsor, persone che vivono il club, fanno attività sociale, partecipano ai tornei, accompagnano le squadre durante le trasferte, prendono parte alle gite, ecc.
Come si fa a diventare socio del CT Vicenza, e quanto costa?
Per esser parte del CT Vicenza è sufficiente fare domanda e la quota annuale è di 1200 euro, comprensiva di tutti i servizi (tennis, piscina, sauna, palestra ecc); la quota familiare è di 1850 euro. Il Club ha 7 campi, 5 in terra battuta e 2 in sintetico Play it. D’inverno sono coperti 2 campi in terra e 2 in sintetico. La struttura è completata dal campo da Padel, un campo da calcetto, pallavolo/beach tennis, piscina, palestra e club house con bar, ristorante e sala tv.
Marco Mazzoni