Fognini incanta Roma (Scanagatta). Gladiatore del Foro (Crivelli). Nadal riparte: "Ora Shapovalov. Energia e talento" (Cocchi). Fantasie da Fognini quarant'anni dopo la finale di Panatta (Rossi). Tre set con il batticuore: uno spettacolo chiamato Fognini (Semeraro)

Rassegna stampa

Fognini incanta Roma (Scanagatta). Gladiatore del Foro (Crivelli). Nadal riparte: “Ora Shapovalov. Energia e talento” (Cocchi). Fantasie da Fognini quarant’anni dopo la finale di Panatta (Rossi). Tre set con il batticuore: uno spettacolo chiamato Fognini (Semeraro)

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Fognini incanta Roma (Ubaldo Scanagatta, Giorno – Carlino – Nazione Sport)

Ecco il Fognini che non ti aspetti. Quello che dice di avere un problema a un piede e che dovrebbe fermarsi ma non può «perché non posso rinunciare a giocare sui campi in terra rossa dove gioco meglio». Quello che, post delusione in Davis (k.o. col francese Pouille) subisce tre sconfitte di fila con avversari modesti, Struff a Montecarlo, Cecchinato a Monaco, Leo Mayer a Madrid. E si ripresenta per l’undicesima volta a Roma dove ha un record che definire poco brillante è un eufemismo: cinque uscite al primo turno, tre al secondo, due al terzo. Mai nei quarti. «Anni fa uscii fra i fischi, fu il mio peggior momento». Lunedì sera pero domina un tipo con il quale aveva perso quattro volte su 8, il francese Monfils, 63 61. Furibondo con gli organizzatori FIT che lo programmano come primo match di ieri, a mezzogiorno, dimenticando che lui aveva concluso il doppio alle 21 di martedì sera (perso con Bolelli 11-9 al tiebreak del terzo set con del Potro-Mayer), Fabio non sembra del miglior umore quando scende sul centrale di fronte a Dominic Thiem, l’austriaco che domenica era in finale a Madrid dopo aver sorpreso in due set nientemeno che il n.1 del mondo e re dei campi rossi Rafa Nadal, reduce da 50 set vinti di fila (e record di McEnroe battuto). C’erano tutte le premesse perché anche questa volta Fognini venisse buttato fuori già al secondo turno. «Non avevo pretese all’inizio… Thiem è il terzo tennista del mondo sulla terra battuta», non aveva fatto che ripetere Fabio, quasi volesse mettere le mani avanti. Non aveva torto: l’austriaco è stato semifinalista agli ultimi due Roland Garros e la sua vittoria madrilena su Nadal non era la prima, ma la terza. Invece Fabio ha giocato un match straordinario e battuto l’austriaco n.8 Atp 64 16 63 superando per l’undicesima volta un topten, 12 mesi dopo la decima: un anno fa qui aveva sorpreso il n.1 Atp Murray. Dopo un primo set scintillante si è spento all’inizio del secondo e lo ha perso male. «Sullo 0-5 ho mollato, non aveva senso sperare… ma nel terzo mi sono ripreso». Lo ha fatto sino ad avere 5 palle break per il 4-2, ma Thiem le ha annullate quasi tutto con il kick esterno di servizio che «spesso mi ha mandato sulle fiorerie a cogliere i fiori. Ho giocato un match di gran livello, se avessi perso dopo quelle occasioni per il 4-2 avrei rosicato…», dirà Fabio. Però ammette di essersela vista brutta quando sul 3 pari è stato lui a ritrovarsi sotto 15-40 con due pallebreak da salvare. Lì, e non solo lì, Fabio ha fatto punti così belli, così spettacolari da portare i 10.000 del Foro a spellarsi le mani e a intonare cori ‘Fabio, Fabio!’ che ricordavano gli ‘Adriano, Adriano!’ del ’76 (quello del trionfo) e del ’78 (quello dei 5 set con Borg). Ora Fabio ha il tedesco Gojowczyk per arrivare ai quarti e, probabilmente, a Nadal che ha lasciato un solo game a Dzumhur. Ma lui è capace di tutto, nel bene e nel male.


Gladiatore del Foro (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

La Grande Bellezza è in quel pallonetto dipinto che incenerisce l’asburgico Thiem trascinato nella terra di mezzo da una deliziosa smorzata di rovescio, o ancora in quel dritto incrociato tirato dagli spalti che si spegne un palmo al di là della rete, oppure quella fulminante risposta di rovescio sul maligno giocata con il naso dentro i vasi servizio a uscire dell’avversario sotto le tribune che offre a Fabio il break decisivo e l’ironia per festeggiare una delle vittorie più grandi di sempre: «Ho rotto qualche fiore, ma il presidente li può ricomprare». Città eterna, amore eterno. Finalmente. I pugni battuti sul petto nei momenti che decidono la sfida contro l’austriaco nel delirio di un Centrale ai piedi del suo eroe che ne sollecita la passione a ogni scambio, suonano come una liberazione e anche come un risarcimento affettivo dopo troppi anni tormentati al Foro e la delusione mai dimenticata del 2014, quando Fogna da numero 15 del mondo e con aspettative enormi venne travolto da Rosol al 1° turno e uscì dal campo sommerso dai fischi. Sembrava la storia di un rapporto mai nato, ma il talento ha sempre ragione. E così un anno dopo il successo sul n. 1 Murray, Fabio si regala un mezzogiorno di fuoco di valore altissimo, anche superiore al trionfo sullo scozzese, perché Thiem veniva dall’eversione nadaliana di Madrid e qui giocava per vincere il torneo, oltre ad aver sconfitto due volte l’azzurro in carriera senza concedergli un set. Dodici mesi dopo, Fogna torna a battere un top ten (per l’undicesima volta) e lo fa al culmine di una prestazione perfetta, che unisce tecnica, fisico, cuore e testa. Il problema alla caviglia destra è tutto e soltanto nella fasciatura azzurra che si prolunga fino al polpaccio, il resto è un avvio perentorio, tambureggiante, aggressivo, una presa di terreno costante di fronte a un avversario attendista sorpreso da uno sfidante che determina la partita e non la subisce. Se Dominic Thiem pensava di opporsi solo con la resistenza e la difesa aspettando l’errore altrui, lo schema salta in un primo set da 15 vincenti italiani (a 7). E infatti a Dominic occorre cambiare passo per ritrovarsi finalmente dentro il match, aiutato dal calo di Fabio che smarrisce un po’ misura del campo e servizio (solo 17% di punti con la seconda) in un secondo set all’improvviso senza storia eppure mai preoccupante. Perché la parità torna a esaltare Fogna, anziché deprimerlo: «Stavo giocando bene, e se anche avessi perso sarei uscito dal campo soddisfatto». Quando sei tu a dettare il ritmo, a cercare il controllo della contesa, accetti più di buon grado gli errori, perché sono semplicemente la conseguenza di una strategia a velocità elevatissima. E la mente si adegua. Così, Fabio attraversa senza apparenti scossoni, se non una pallina tirata di rabbia verso il Tevere, i marosi di un game da 13 minuti e 50 secondi (il sesto del terzo set), in cui non sfrutta cinque palle break cruciali, con Thiem che estrae dalle difficoltà almeno quattro soluzioni da fenomeno, e poi le due palle break a sfavore nel game successivo, pesanti come macigni in grado di abbattere il castello dei sogni. Un attacco azzurro e un dritto lungo austriaco allontanano lo spavento e aprono il sipario della favola: una serie di 12 punti a 2 spalanca il paradiso di Fognini, che chiude con un servizio vincente e la ola degli astanti in tripudio… [SEGUE].


Fognini: “Non mollo adesso. E non devo pensare al quarto con Rafa” (ri.cr., Gazzetta dello Sport)

Rilassato, sorridente e ambizioso. Fognini si è preso Roma e il torneo, adesso il sogno può continuare. Fabio, ci racconta la partita? «Ho giocato contro un avversario che è tra i primi tre del mondo sulla terra: contro di lui non puoi permetterti di essere passivo, infatti ho cominciato molto bene e ho subito cercato di prendermi dei rischi, contro i top player devi sempre cercare qualche soluzione in più. E infatti nel 2° set sono stato attendista e l’ho pagata. Ma la più grande soddisfazione è di aver dato continuità alla bella prestazione contro Monfils». Quelle 5 palle break non sfruttate nel 6° game del 3° set e poi le due a sfavore nel game successivo potevano cambiare il corso della giornata. «Lo ammetto, in due game mi sono passati davanti un po’ di fantasmi. In ogni caso, sarebbe stata una grande prestazione. Però alla fine ho meritato». È riuscito anche a disinnescare il servizio in kick di Thiem, che tante volte l’ha costretta a rispondere in braccio al pubblico. «Le qualità di Dominic le conosciamo tutti, in pochi riescono a servire in quel modo. Ma se c’è un’altra cosa di cui sono particolarmente contento, è di aver ritrovato la risposta di rovescio, anche in back: il break decisivo l’ho ottenuto così». In campo l’infortunio alla caviglia non l’ha messa a disagio? «Il tendine fa male, ho avvertito i primi dolori in Australia, poi nei tornei americani il problema è sparito ma sulla terra è tornato, continuare a spingere sulla caviglia per fare le scivolate non aiuta. Dovrei fermarmi, ma non mollo adesso». Il pubblico di Roma le ha riservato un tifo pazzesco. «Finalmente ci siamo connessi. Finalmente li ho capiti e loro mi hanno capito. La sconfitta al primo turno del 2014, quando ero arrivato con tante aspettative, è stato uno dei momenti peggiori della mia vita. Le cose erano un po’ cambiate quando ho battuto Dimitrov l’anno dopo e ho lottato con Berdych,e ancora di più l’anno scorso contro Murray. Sono contento che ci sia questo feeling, questo è il nostro torneo, l’appuntamento che tutti i bambini italiani sognano di vincere». Quando ci si rende conto, in un match come questo, di avere lo spirito giusto? «Il campo, l’avversario, la giornata: tutto contribuisce alle sensazioni. Piuttosto, io non so cosa aspettarmi dagli organizzatori del torneo: la sera prima ho finito tardi il doppio e mi hanno rimesso in campo a mezzogiorno. Adesso spero solo di riposare bene». Negli ottavi trova Gojowczyk: poteva andare peggio. «Lo conosco poco, ma non devo fare l’errore di pensare già all’eventuale quarto con Nadal… [SEGUE].


Podda, il mago dei campi: “Rafa, che signorilità” (Cristian Sonzogni, Gazzetta dello Sport)

Da 33 anni cura i campi del Foro Italico come fossero figli suoi. Marco Podda da Cagliari, 52 anni, passa il mese di maggio con il naso all’insù, per cercare di capire quanto le bizze del meteo possano danneggiare le sue creazioni. E nel caso arrivi la pioggia, come è accaduto martedì, è l’uomo che corre ai ripari, con una squadra di una cinquantina di persone pronte a scattare come meccanici ai box di Formula 1. «Sono contento che quest’anno i giocatori ci abbiano fatto i complimenti, non c’è nessuno che si sia lamentato. Perché se partono lamentele, noi siamo i primi a saperlo», sottolinea con orgoglio e con gli occhi bassi, quelli di chi non è abituato a stare sotto i riflettori. Per poi aggiungere subito chi è quel giocatore che gli ha lasciato i ricordi più belli: «Rafa Nadal è un signore – dice con un sorriso -, una persona di enorme umiltà, sempre pronta a ricordarsi di chi lavora dietro le quinte per il bene del torneo». Non sono tutti come lui, evidentemente, ma la diplomazia qui è di casa: «Nessun problema vero, se è questo che s’intende. Certo c’è chi ha più pretese, altri ne hanno meno. Ma noi siamo sempre pronti a parlare con chiunque e soprattutto ad ascoltare». Forse il segreto è proprio questo, ascoltare. E capire dove sta andando il tennis. «Quest’anno i campi sono un po’ più veloci e compatti, i giocatori li vogliono così. Ma non è vero che sono diversi l’uno dall’altro. Li facciamo tutti con gli stessi materiali. Cominciamo i lavori da febbraio, poi si prosegue curando ogni dettaglio fino al torneo. Quindi, dal lunedì successivo alla finale, serve solo un tagliandino prima di far giocare pure i soci. E tiriamo un sospiro di sollievo»[SEGUE]. Eppure dell’acqua, per equilibrio, i campi in terra hanno parecchio bisogno. «L’acqua è uno dei segreti. Appena realizzato il terreno di gioco bisogna batterlo, giocarci subito, poi la pioggia è la cosa migliore che possa capitare perché permette di assestarlo. Il clima umido aiuta, il nemico è quello secco»[SEGUE].


Nadal riparte: “Ora Shapovalov. Energia e talento” (Federica Cocchi, Gazzetta dello Sport)

Bisognava rompere il ghiaccio sulla terra romana per spazzare via dalla mente e dagli occhi le immagini della sconfitta di Madrid contro Dominic Thiem. Rafa Nadal ha iniziato la strada verso l’ottavo titolo al Foro, trofeo che gli manca da cinque anni, e lo ha fatto senza esitare contro il povero Dzumhur spazzato via in due set senza il tempo di accorgersi cosa stesse succedendo. «È stata una partita giocata molto bene – ha detto Rafa – ed è stato importante partire bene dopo la sconfitta a Madrid. Sono entrato in campo concentrato, con l’atteggiamento giusto e ho commesso pochi errori». Ma il rematch contro Dominic Thiem non ci sarà visto che l’austriaco è stato battuto da Fognini: «Il passaggio tra Madrid e Roma è sempre piuttosto difficile. Dopo aver perso mi sono riposato un po’ e non mi sono allenato fino a domenica, forse Dominic era più stanco e soprattutto ha dovuto affrontare un avversario come Fabio, che quando è in forma è pericolosissimo. Mi dispiace per Thiem ma Fabio ha fatto davvero una grande partita». Al prossimo turno lo attende un match interessante contro Denis Shapovalov, talento Next Gen mancino come lui e che gli ha fatto lo sgambetto lo scorso anno a Montreal: «Denis è un ottimo giocatore, è giovane ha talento e tanta energia. A Madrid ha giocato bene, e contro Berdych che è un giocatore forte ed esperto, ha vinto in rimonta. Sarà un avversario da non prendere alla leggera». Ha faticato un po’ più del previsto Novak Djokovic nel primo set contro Basilashvili, ma il pubblico del Pietrangeli lo ha aiutato a caricarsi e a spingere sull’acceleratore per chiudere 6-4 6-2: «Rispetto al Centrale la superficie è un po’ più lenta ma scivolosa e questo all’inizio mi ha messo un po’ in difficoltà — è il commento del serbo -. Lui ha preso coraggio ed è stato solido, ha attaccato su ogni palla, e io era da un po’ che non giocavo in questo stadio. Poi quando ho preso il ritmo tutto è stato più semplice e sono davvero felice che mi abbiano messo su questo campo. Secondo me è tra i più belli al mondo e credo che l’ultima volta che ci ho giocato sia stato il 2009». Il contatto con la gente, con gli appassionati, è un valore aggiunto: «In passato, quando ne avevo l’occasione, andavo a vedere qualche partita e mi rendevo conto che il giocatore che gioca li e ha il tifo dalla sua è davvero avvantaggiato». Lo stesso discorso è valso per Juan Martin Del Potro. L’argentino ieri ha eliminato Stefanos Tsitsipas, il greco numero 3 della Race To Milan dal delizioso rovescio a una mano che si prende gli applausi dell’argentino: «È un ragazzo alto e potente e gioca davvero molto bene — gli ha reso merito l’argentino — ha un grande potenziale. Di sicuro ha il potenziale per mettere in difficoltà anche i più esperti». È stato il Pietrangeli a dare a Delpo, amatissimo in Italia, la spinta in più: «Dovrò affrontare David Goffin, che è un rivale molto pericoloso — ha detto -, spero che mi rimettano sul Pietrangeli perché senti tanto il contatto con la gente, un’atmosfera bellissima». Kei Nishikori rovina la festa di compleanno a Grigor Dimitrov, battuto dopo una battaglia di due ore e 55 minuti e tre set. Una sfida equilibrata e a tratti piuttosto nervosa che il bulgaro vincitore delle ATP Finals non è riuscito a portare a casa… [SEGUE].


Mandrakate Fognini (Daniele Azzolini, Tuttosport)

La risposta di rovescio che consegna, insieme, il break del cinque a tre nel set decisivo, e la chiave che apre la porta degli ottavi a Fognini, è di quelle che sfrigolano prepotenti nell’aria, autoritaria come una Volante che corra a sirene spiegate nel traffico di Roma Thiem frena, si fa da parte, lascia passare. Colpi così sono il tennis, e vanno dritti al cuore della gente, titillano la fantasia e solleticano paragoni, stimolano accostamenti bizzarri, nei quali il quadro d’assieme si vivifica come un cartone animato e la palla acquisisce un’identità umana, un avatar capace di tutto… [SEGUE]. Quando è così, il tennis di Fabio Fognini merita commenti e cori. E lui è fra i pochi che sappia come attrarli, come giocare con le sue doti da illusionista, come disporli sul campo quando servono Mandrakate autentiche… Lui le esibisce con grazia naturale, quando gli estri vanno per il giusto verso. Non deve pensarle: gli vengono. Non sempre, magari, perché Fabio alla fin fine è un tipo ruvido con se stesso, poco disposto a specchiarsi nelle sue virtù. Ma è tempo che sosteniamo che uno così vada preso com’è, e che non sia giusto invocare cambiamenti con tipi del genere. Ci penserà lui, nel momento che riterrà opportuno, anzi, ci sta già pensando, e i riferimenti sono sempre più rivolti alla sua Fonte del Benessere, la Flavia, il Federico che sta per compiere un anno. «Mi piacerebbe festeggiarlo a Roma», dice Fabio. I conti sono presto fatti… Gli toccherà arrivare quanto meno in semifinale. Perché no? Lo scoglio superato per accedere agli ottavi era di quelli alti e minacciosi, un faraglione, lui che a Capri ci va spesso. Ma lo ha scalato nei modi giusti, alternando giocate robuste a ricami improvvisi. Un pallonetto depositato con grazia alle spalle di Thiem, dopo un drop eseguito al rallenty. Un altro a sbiancare la riga, sul quale l’austriaco si è ribellato con un colpo sotto le gambe, che il nostro ha bloccato a rete con scatto da para-rigori. Una veronica pulita, a spiazzare il povero Dominic che fino all’altro ieri chiamavano Dominator, vale a dire mezzo Thiem e mezzo Schwarzenegger, e ora chissà, magari Rovinator, dopo le batoste rimediate domenica in finale a Madrid (con Zverev), e ieri contro il Fogna, al debutto sul rosso degli Internazionali. «Ho giocato a un livello alto, non sempre con continuità, ma a un livello decisamente molto buono». Di quando in quando distruggendo fiori e piante, anche se stavolta le note sfuriate di Fabio non c’entrano… [SEGUE]. «Vabbè, quel che conta è che ho trovato subito la posizione, e il timing per rispondere. Peccato per le piante, ma me ne accorgevo solo quando vedevo, con la palla, partire anche foglie e gambi». Succede… Così come succede, in questo strambo sport, che un match decisamente ben condono, possa sfuggire per un nonnulla. Sul 3-2 del terzo Fabio ha avuto cinque palle break e Dominic è stato bravo a tenere duro. Nel game successivo, è toccato a Fabio disinnescare due possibilità per il break austriaco. «Mi sono passate brune immagini davanti agli occhi, in quel momento», scacciate con qualche moccolo e due pallate in direzione del Tevere. Ma alla fin fine, anche Fabio ha tenuto duro e sul 4-3 le occasioni si sono ripresentate, salutate questa volta con quella salva di rovescio, «che ha fermato anche i refoli del ponentino». Ora Peter Goyowczyk, il tedesco che ha spento Sonego. Vale l’accesso ai quarti e una sfida con Nadal, che proprio con Thiem ha perso la settimana scorsa a Madrid… [SEGUE].


Fantasie da Fognini quarant’anni dopo la finale di Panatta (Paolo Rossi, Repubblica)

Corsi e ricorsi storici. Giusto quarant’anni fa il Foro Italico si entusiasmava per l’ultimo finalista azzurro agli Internazionali di tennis, Panatta Adriano. Correva l’anno 1978. Da allora l’unico ad avvicinarsi all’exploit è stato Filippo Volandri, semifinalista dopo aver battuto Roger Federer. Oggi, 2018, c’è un altro italiano che corre per poter realizzare «il mio sogno, che poi penso sia il sogno di tutti i ragazzini italiani che decidono di giocare a tennis: vincere il torneo di Roma». Stiamo parlando di Fabio Fognini. Il tennista ligure che, per molti sapienti delle cose di tennis, è il migliore italiano degli ultimi 40 anni. Corsi e ricorsi. Lo meriterebbe Fognini, ma deve guadagnarselo e la strada è bella lunga. Ieri ha messo un bel tassello però, avendo la meglio su Dominic Thiem, capace di interrompere la striscia vincente di Nadal l’altra settimana a Madrid, un coast-to-coast di un anno di vittorie di fila. L’austriaco è un top ten, precisamente il n. 8 del mondo. Fognini è riuscito a domarlo. «Ho rischiato i colpi, ho accelerato. Ho alzato il livello come non mi riusciva da un po’». Ha spiegato lo score: 6-4, 1-6, 6-3. «Primo set buono, ho spinto come si doveva. Nel secondo mi sono messo in attesa, e lui se l’è filata. Nel terzo ci siamo battuti, e penso di aver meritato». Sintesi meravigliosa, ma manca la parte migliore, ossia il pubblico. E Fognini rimedia subito: «Siamo finalmente connessi. Ci siamo capiti. Loro mi capiscono, io li capisco. Come? Bisogna arrazzarli». Per eccitare gli animi gli sono stati più che sufficienti pallonetti difensivi spalle all’avversario, con torsione del polso. Oppure un paio di smorzate da spellarsi le mani per gli applausi. Tutto questo ha giustificato il ‘Po poro popopopo’ finale e fatto dimenticare i fischi di quattro anni fa. «Nel 2014 arrivavo qui da Top 15, avevo battuto Murray a Napoli in Coppa Davis. Le aspettative erano tante, invece giocai una partita orribile. Quei fischi mi fecero male». Era un altro maggio. Quello del 2017 ha resettato tutto, ha invertito l’inerzia. «Questa settimana, l’anno scorso, è stata la più bella della mia vita, con la nascita di Federico. Il compleanno lo festeggeremo sabato qui a Roma». Un altro piccolo ricorso, che aiuta certi desideri. «Ho un problema al calcagno, che si acuisce sulla terra rossa, quando scivolo. Avrei dovuto fermarmi per curarmi, ma non ho voluto. Gioco senza alibi, con quello che ho e non mi importa, dando sempre tutto me stesso». Gli ingredienti che gli appassionati pretendono, e lo sapeva perfino Thiem, che aveva azzeccato il pronostico: «Con Fognini non sai mai cosa aspettarti…». «Ha detto così? Io invece non so mai cosa aspettarmi dall’organizzazione», lanciando una frecciata al buon Sergio Palmieri, direttore del torneo. «Avevamo finito di giocare il doppio alle 21 di lunedì, io e Simone Bolelli. Non mi aspettavo di giocare a mezzogiorno. Ah, e mi scuso per aver rotto qualche fiore ma la colpa è di Thiem e delle sue battute kick che mi hanno mandato fino ai tabelloni laterali…»[SEGUE].


Tre set con il batticuore: uno spettacolo chiamato Fognini (Stefano Semeraro, Stampa)

Tre set dei suoi — alto, basso, alto, gioia e collasso— per battere il vice Nadal, il n.8 del mondo Dominic Thiem. «Ma io sono fatto così», dice allargando le braccia e spianando il sorriso Fabio Fognini, in arte Fogna, dopo averla spuntata per 6-4 1-6 6-3 in due ore e 3 minuti. «Sono imprevedibile. Proprio come l’organizzazione, che ringrazio per avermi concesso tanto riposo». Una frecciatina per la programmazione mattutina. Il resto non è silenzio, ma la stenografia di una giornata sì… [SEGUE]. Il colpo del giorno è un lob vincente sottomano, spalle alla rete — una palombella alla «beduina», per rubare il gergo alla pallanuoto. La frase più bella quella dedicata al piccolo Federico, un anno fra due giorni: «Non so dire se di carattere assomiglia più a me o a Flavia (Pennetta, ndr), è troppo presto per dirlo. Ma una cosa è certa: è interista. Un anno fa questa fu la settimana più bella della mia vita. Stavolta, chissà…». Un anno fa Fabio al secondo turno eliminò l’allora numero 1, Andy Murray, poi alla vigilia della paternità si arrese a Sascha Zverev. Oggi negli ottavi, sempre alle 12, gli tocca Peter Gojowczyk, n.53 ATP, rognoso ma — specie sulla terra — più che addentabile. La caviglia è dolorante, servirà una mano dal loggione del Foro. «Sono felice, perché finalmente riesco a giocare bene qui. Nel 2014 mi fischiarono, ora siamo ‘connessi’. È un pubblico esigente, devi saperlo “arrazzare”». Una delle specialità della Casa.


Halep gioca sul velluto, Pliskova spacca tutto (Davide Stoppini, Gazzetta dello Sport)

Forse un concerto di Andrea Bocelli andrebbe consigliato a tutti. Pensateci: animo sereno, rilassato, leggero, la testa che non si fissa sul tennis e il cuore che canta. Simona Halep così ha fatto, lunedì sera. Karolina Pliskova no ed ecco il risultato: la seconda ha spaccato la racchetta sulla sedia dell’arbitro, per poi accanirsi anche contro un pilastro appena dentro il tunnel sotto il Pietrangeli. La prima, invece, ha semplicemente spaccato la sua partita dopo un game e mezzo e ha poi dichiarato amore a Roma… [SEGUE]. Proprio così: 5-5 pari del terzo set contro la greca Sakkari, la ceca serve e va a a rete per lo smash, che piazza ampiamente dentro la linea. La palla viene chiamata fuori, il giudice di sedia – la signora polacca Marta Mrozinska – non trova il segno e chiama a controllare lo stesso giudice di linea, più insicura di lei (sulla terra non c’è l’hawk-eye). Pliskova incredula, invade (e non si potrebbe) anche il campo dell’avversaria offrendosi di mostrare lei il segno. Morale: “out” confermato, palla break, 6-5 Sakkari e poi 7-5. A questo punto la Pliskova, dopo aver dato la mano all’avversaria, scatena la sua furia contro l’arbitro, scagliando tre violenti colpi di racchetta contro la sedia della signora Mrozinska. E lo stesso fa nella strada che la porta verso gli spogliatoi, senza che il suo allenatore provi a intervenire. In fondo, anche l’incolumità fisica ha un valore. Chissà se superiore alla maxi multa che la WTA infliggerà alla ceca, che poi ha disertato anche la conferenza stampa. C’è anche la possibilità che la Pliskova venga squalificata. Per rasserenare gli animi la gemella Kristyna ha twittato: «Non ho mai visto niente di peggio, spero che la signora Mrozinska non arbitri mai più un match mio o di Karolina». E pensare che l’incontro precedente, sul Pietrangeli, era finito con una dichiarazione d’amore. Halep dominatrice sulla giapponesina Naomi Osaka, a cui veniva da ridere per aver subito 12 game di fila dopo aver vinto il primo, per la gioia di un’infinità di tifosi romeni. E Simona poi si è lasciata andare: «La verità è che amo questo posto, adoro giocare sul Pietrangeli, credo sia il migliore qui al Foro Italico e in assoluto in tutta Europa – ha raccontato la numero 1 del mondo -. Altrove non provo le stesse sensazioni, la stessa atmosfera che avverto qui. Il pubblico è al tuo fianco, non importa l’orario, il giorno, qui c’è sempre gente a tifare ed è fantastico, ti dà grande energia. Spero proprio di giocare sullo stesso campo anche gli ottavi». E gli organizzatori l’hanno accontentata. Ora manca giusto una playlist personalizzata targata Bocelli e siamo a posto. Il cantante si è esibito al Foro lunedì sera per beneficenza, Simona era tra il pubblico: «È stato grande, sono una sua fan da tanti anni. Mi è piaciuto incontrarlo (la romena ha pure postato una foto, ndr), forse è per questo che ho giocato così bene…»[SEGUE].


“Proprio bravo Fabio, no?” (Mario Viggiani, Corriere dello Sport)

«È stato bravo, no?». Flavia Pennetta in Fognini (si dice ancora così?) prima ricorda che «Fabio non vuole che io commenti le sue partite, lo sapete, no? Sennò s’arrabbia». Poi però qualcosina dice, mentre mangiucchia qualcosa con papà Oronzo nella “players’ lounge” del Foro Italico, anche perché la soddisfazione è tanta per lo splendido successo del numero 1 azzurro contro Dominic Thiem. «Ha giocato proprio bene e il pubblico s’è divertito: meglio di così…». Beh, Roma poi, da un anno a questa parte, ha un significato particolare per la coppia più tennistica che ci sia. Durante gli Internazionali 2017 Fognini giocava e vinceva in attesa di una chiamata da Barcellona, dove la Pennetta era ormai prossima al parto del loro primo figlio. Fabio fece in tempo a battere Matteo Berrettini e soprattutto il numero 1 del mondo Andy Murray, prima di perdere il 18 maggio negli ottavi contro il futuro principe del Foro, Alexander Zverev. A quel punto via in aereo a Barcellona dove nella notte, alle 2.54, nacque il piccolo Federico, così chiamato in onore e ricordo del loro grande e rimpianto amico Federico Luzzi. «Vediamo come proseguirà questo torneo, per Fabio. Di sicuro sabato festeggeremo qui a Roma il primo compleanno di Federico». Flavia, neppure a dirlo, ieri ha seguito la partita di Fabio direttamente sul Centrale, dove c’erano tra gli altri anche il calciatore Alessandro Florenzi e l’attrice Paola Cortellesi. Il fatto curioso è che qualche posto più a destra c’era la sua amica Kristina Mladenovic, fidanzata di Thiem, con la quale “Penna” ha vinto in doppio il torneo di Osaka nel 2013. Ancora più curioso che i due team avessero trovato posto in tribuna a box invertiti: la Pennetta sistemata alle spalle dell’austriaco, la Mladenovic dietro Fognini. “Kiki” anche quando le cose giravano per il verso giusto è sempre rimasta molto composta, non s’è mai scatenata per sostenere il fidanzato-collega. Flavia invece è stata decisamente più attiva nell’incitamento del marito, spede quando riusciva a incrociarlo con lo sguardo dopo un bel punto. Pennetta e Mladenovic si sono anche scambiate qualche parola a partita in corso, in occasione dei cambi di campo, e alla fine si sono salutate molto cordialmente… [SEGUE].


Fognini show. Ma ci possiamo fidare? (Marco Lombardo, Giornale)

Praticamente è stato come se Fabio Fognini si fosse comprato lo scenario per dipingere l’impresa al Foro Italico: i fulmini che esplodevano nell’ora di mezzogiorno sopra la sua testa hanno accompagnato il successo contro Thiem (6-2, 1-6, 6-3) che vale molto più di una semplice vittoria. Perché in fondo Fabio è così: spesso irascibile, a volte carissimo, ma soprattutto – in una giornata come quella di ieri – praticamente Braccio di Ferro. Insomma il miglior giocatore italiano è stato ieri anche il migliore di giornata degli Internazionali di tennis di Roma, in un match spettacolo contro uno che giusto settimana scorsa aveva eliminato Nadal a Madrid. «Dominic è numero 8 del mondo, ma sul rosso è uno dei primi 3: per questo c’è ancora più gusto»: vero, e per questo ancora più esaltante. Fabio naturalmente ha vinto da Fognini, con colpi meravigliosi, pallate di rabbia, umore sulle montagne russe, palle break sprecate (sei nel terzo set) ma anche salvate. Tutto il repertorio della casa, in pratica: quello che lo rende comunque un uomo spettacolo. Persino la gente l’ha capito: qualche anno fa, al termine di una sconfitta-sceneggiata se ne uscì tra i fischi, «adesso invece ho conquistato il pubblico, è nato un bel feeling. Allora fu uno dei momenti più brutti della mia carriera, finalmente ora è tutto bellissimo». Ecco dunque i fulmini tennistici, nonostante – rivela alla fine Fognini – un dolore al piede che si trascina da un po’: «Dovrei fermarmi ma non posso: vado avanti con quello che ho». Va avanti anche perché ha promesso al figlio Federico che farà di tutto per vincere il torneo, va avanti con Flavia sempre presente nel suo box, va avanti puntando Rafa Nadal, molto probabile avversario nei quarti (visto il 6-1, 6-0 rifilato a Dzumhur) se il tennis di Fabio sarà lo stesso anche contro il tedesco Gojowczyk… [SEGUE].


Capolavoro Fognini (Sergio Torrisi, Corriere della Sera)

Quando a Roma l’avversario è un top ten, su Fabio Fognini si può sempre contare. Sul Centrale del Foro Italico, diventato ormai salotto di casa dopo essergli stato indigesto in passato, il ligure ha trovato ancora una volta motivazioni extra per fare la festa pure a Dominic Thiem, l’unico ad aver battuto quest’anno Rafa Nadal sul rosso (a Madrid). Thiem ha dovuto alzare le mani in segno di resa come era capitato dodici mesi prima all’allora numero 1 del mondo Andy Murray. Il successo, il primo in carriera per Fognini contro il 24 enne austriaco, è maturato seguendo un canovaccio di gara poco lineare (6-4, 1-6, 6-3), ma comunque capace di regalare sprazzi di tennis paradisiaco al pubblico degli Internazionali Bnl d’Italia. «Una vittoria meritata, ottenuta giocando a un livello superiore rispetto al match d’esordio — ha sottolineato un Fognini molto soddisfatto —. Sono stato discontinuo, ma tenevo molto a fare bella figura davanti a questo pubblico. Con cui finalmente sono in sintonia. A differenza del 2014, quando arrivai a Roma con molte aspettative e poi, dopo una partita orribile persa contro Rosol, fui costretto a uscire dal campo tra i fischi. Non lo dimenticherò mai quel momento, il peggiore qui». Il 3o enne di Arma di Taggia oggi dovrà confermarsi contro il tedesco Gojowczyk, numero 53 ATP, l’ultimo ostacolo sulla strada di un possibile quarto di finale stellare con il sette volte re di Roma Rafa Nadal. Il tennista ligure si porta dietro anche un problema alla caviglia, tornato a galla nei tornei sulla terra. «Era sparito improvvisamente a Indian Wells e Miami, ora però il dolore ha ripreso forza. Ma adesso non posso fermarmi: mi prenderò una pausa dopo il Roland Garros», ha chiarito Fognini. La giornata ha offerto anche la formalità della qualificazione di Nadal. Un’oretta a velocità di crociera che il fuoriclasse di Manacor ha impiegato per chiudere lasciando un solo gioco al malcapitato bosniaco Dzumhur. Avanti senza problemi anche Novak Djokovic, poco impegnato dal georgiano Basilashvili, mentre è già finita la settimana romana di Dimitrov, fermato da Nishikori in fondo a una battaglia lunga e senza esclusione di colpi… [SEGUE].

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