Fognini si arrende ma è stato bello crederci fino alla fine (Piccardi, Semeraro, Azzolini, Crivelli, Clemente, Rossi, Lombardo, Garofalo)

Rassegna stampa

Fognini si arrende ma è stato bello crederci fino alla fine (Piccardi, Semeraro, Azzolini, Crivelli, Clemente, Rossi, Lombardo, Garofalo)

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Rassegna stampa a cura di Daniele Flavi

 

 

Fognini, è stato bello crederci

 

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 05.06.2018

 

Finisce all’ora del pastis, senza rimpianti ma nemmeno senza gloria, con il retrogusto amaro dell’impresa sfumata sul filo di lana che solo una cena al Marais, con la compagnia giusta, potrà lenire. Al tramonto del suo gagliardo Roland Garros, Fabio Fognini è un omino vestito di rosso che misura tra gli applausi ogni passo che lo porta fuori dal centrale perché su quella terra, il Fogna lo sa, ha piantato i semi del ritorno nei top-lo (a fine torneo sarà numero 15 del ranking), di una credibilità ad alto livello ritrovata, ma adesso è stanco, tanto stanco, pare quasi rimpicciolito dallo sforzo di aver protetto la sua metà campo dai colpi furibondi della contraerea di Marin Clic che, non a caso, è il quarto giocatore della classifica mondiale. Per quanto tennis abbia Fabio nel braccio (tanto), la manona di Cilic dopo tre ore e 37 minuti di wrestling ha prevalso sulla manina di Fognini, generoso ma non spietato, guerriero ma non eroe, buttare il cuore oltre la rete dopo un inizio pessimo non è bastato a ingraziarsi gli dei del Roland Garros, così di azzurro nei quarti a Parigi rimane solo la maglia di Marco Cecchinato, impegnato oggi nella sua missione (im)possibile con Novak Djokovic. Sostenuto da precedenti datati e quindi poco attendibili, il match degli ottavi con Cilic sembrava tutto da scrivere e invece Fognini l’ha cominciato alla vecchia maniera, svogliato, bisognoso del fisioterapista, in preda ai soliloqui e tesissimo: le palle break concesse in quattro dei cinque turni di servizio del primo set (decisiva quella sul 5-4) sono la spia accesa sul cruscotto. Il Fogna è ticcoso, elettrico ma contemporaneamente scarico, si assenta nel secondo set (6-1 Cilic) spinto contro i teloni dalla profondità del rivale e riemerge nel peggior momento del croato, a metà del terzo, vispo a sufficienza per annettersi il set (6-3) e riaprire la partita. E il tie break del quarto il ring su cui Fabio piazza i cazzotti migliori, due dritti vincenti, addirittura un rovescio lungolinea a una mano, a dimostrazione del fatto che le soluzioni non gli mancano (mai dubitato), che la sensibilità del suo polso destro ha del portentoso (7-6), però alle carezze Clic risponde con le granate e lì, nel quinto, il Fogna è troppo solo e spento per organizzare una difesa efficace. Un doppio fallo sciagurato e un nastro maldestro regalano il break (6-3), qualsiasi tentativo di manovra è annichilito dal gigante buono, stato bello crederci. Quante volte ce lo siamo detto quando in campo c’è Fognini Fabio da Arma di Taggia? E stato dolce sperare in un quarto di finale con Del Potro, con altri sganassoni. Rimangono la rimonta da due set a zero sotto, le pepite di qualche colpo magico seppellite nella terra del centrale, la volontà («Torno a casa rosicando…»).

 

 A Parigi Fognini si arrende

 

Stefano Semeraro, la stampa del 5.06.2018

 

Siamo realisti, chiediamo l’impossibile. Sono passati 50 anni – e poi è giugno — ma per gli italiani a Parigi vale ancora il motto del maggio francese. Due italiani nei quarti del Roland Garros non li collochiamo dal 1973 (Panatta e Bertolucci), ieri ci abbiamo creduto per 3 ore e 37 minuti, quelli che il leader dei contestatori, il pirata metropolitano Fabio Fognini ha impiegato per perdere, vincere, perdere definitivamente in 5 set un match che avrebbe potuto essere davvero rivoluzionario contro Marin Cilic, il numero 4 del mondo. Un ottavo insurrezionale, una rivolta contro tutte le occasioni perse in carriera, un concentrato del Fognini style (di gioco e di vita). I primi due set giocati così così; anzi, il secondo proprio male. La solita mozione contro l’arbitro, la caviglia dolorante, il mondo. Due interventi del fisioterapista seguiti da un mezzo consulto ortopedico. «Stavo perdendo senza scuse, camminavo in campo, mi sono anche bloccato». Quei colpi di pura bellezza Quando il pubblico del centrale rimasto a secco – causa forfait di Serena Williams – del duello fra regine con la Sharapova, già pensava ai soldi sprecati, è arrivato improvviso, sopra i tuoni lontani che minacciavano tempesta, il lampo del Fogna. La resurrezione nel terzo, complice un passaggio a vuoto di Clic, il capolavoro nel quarto, con un tiebreak perfetto, un diritto in cross, un passante di rovescio ai confini della realtà. Tre ore di gioco, e la chance di una rimonta da leggenda. Che è durata altri 47 minuti, con altri ritagli di bellezza pura — un altro passante di rovescio, genuflesso, a una mano sola, una carezza feroce — opposta alle sventagliate impressionanti del croato, fino alla carambola crudele del settimo game. Doppio fallo — con l’urlo d’amore del pubblico che lo distrae – due diritti sbagliati. Una secchiata di vernice sull’affresco. «Il primo non l’ho neanche spinto, il secondo era giusto, ma è finito sul nastro. Ora rosico, certo. E sono consapevole delle solite cose: tutte le occasioni che ho buttato via in carriera, tutti i soldi che ho perso. Il tennis non è mai stato un problema, è la capoccia che mi ha tradito. Tranne Federer, Nadal, Djokovic e Murray al loro massimo, con gli altri me la sono sempre giocata. Ma ho portato al quinto il numero 4 del mondo, è una partita che non finirà nelle statistiche ma fa bene al ranking (sarà 15 a fine torneo, 16 se Djokovic vince il torneo, ndr) e al morale. Ho 31 anni, sto bene. Penso al futuro». 6-4 6-13-6 6-7 6-3 per il n. 4 Nel cuore, comunque un cesto di rose. Attorno alla caviglia, che lo tormenta da mesi, un groviglio di spine. «Ora mi fermo, con questo dolore non posso continuare. Se starò bene ci rivediamo a Wimbledon, altrimenti pazienza. Nei grandi tornei non posso accontentarmi più di un primo o un secondo turno».

 

Fabio tu ci piaci cosi

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 5.06.2018

 

una storia a rovescio quella che strappa Fabio Fognini dal Roland Garros, il migliore che abbia mai giocato. Una storia dura, senza cuore, brutale. Ma non ingiusta. Ela storia di una scelta, non si sa bene se operata dal Fato, oda qualche divinità del tennis più amica di un contendente e meno (molto meno) dell’altro, o magari dallo stesso Torneo, elettosi a giuria popolare… Chi può dirlo. E stato scelto Marin clic, e non Fognini. E il croato che va nei quarti. E non ci si può opporre, non c’è mente che si possa dire o Fare per costringere quei giurati a un ripensamento. Come nella boxe: un punto in più per il croato, forse mezzo, sul cartellino dei giudici, al termine di una contesa sulle dodici riprese, e magari ci stava pure, perché Cilic ha avuto un match point già nel quarto set, dunque avrebbe potuto chiudere prima Ma lo stile? I colpi migliori? Gli angoli incredibili? I drop shot appoggiati dall’altra parte della rete con la delicatezza unica di una mano fatata? Sono stati di Fognini, e dunque quel cartellino avrebbe potuto avere un altro segna Enoi saremmo qui, ora, a fare altri discorsi. Non sappiamo se Fabio se ne sia accorto, ma in tre ore e trentasette minuti è stato chiamato a giocare non meno di quattro o cinque match diversi, come un’Opera musicale con i suoi piani a contrasto, l’Andante con moto che si riversa nell’Adagio e si ravviva subito dopo in un Allegro moderato. Ha indossato panni da lavoro, Fabio, tuta e scarponi, ha messo da parte i lustrini delle grandi occasioni. E questo è stato l’inizio, cui l’hanno costretto le trame un po’ rigide, ma efficaci di Marin Cilic: servizio, servizio e dritto, ribattuta in risposta centrale, poi íl colpo a uscire. Manovre ripetitive finché si vuole, ma firmate dal numero quattro del mondo, con precisione e crudeltà, una dote che ai molto forti non manca mai. Eppure, bastava aspettare, ed è quello che ha fatto Fognini, seppure il dominio di Cilic sia apparso, a un certo punto, dilagante, e forse spropositato. Ha atteso il momento giusto e ha ribaltato il match quando le prime gocce sono cominciate a cadere e forse hanno reso la term meno rapida, più collaborativa con la vena artistica del nostro. Sono riapparsi a quel punto i colpi impossibili, da grande visionario del tennis. Colpi che hanno scosso il Centrale, traducendosi in brividi di piacere per il pubblico, che si è sentito sempre più coinvolto nella disputa. E stato come se gli amanti francesi del tennis chiedessero a Fognini di andare avanti comunque, e di compiere il miracolo del riaggancio. Una richiesta esplicita, ritmata dai battimani, invocata dalle urla. Lì Fabio si è trasformato ancora, ed è diventato il lottatore. Ha tenuto il quarto set sul palmo di una mano, alternando gioielli preziosi a rapide conclusioni di forza. Cilic non ha fatto una piega, ma ha dovuto accettare che un match point sul 5-4 gli andasse di traverso, e poi un tie break tutt’altro che semplice. In quello Fognini ha dato il meglio, ha costretto il pubblico in piedi. E ha portato il match al quinto. «Forse nessuno mi crederà, ma sotto di due set ho continuato a sentirmi tranquillo, sicuro che il match non fosse ancora finito. Sentivo di avere delle carte da giocare e volevo metterle sul tavola Non ho colpe da attribuirmi. Non credo. Mi sarebbe piaciuto giocare senza questo dolore alla pianta del piede, che mi spegne i pensieri». C’è stato ancora un altro Fognini in questo match a più registri, quello che si è disposto a resistere al dolore, per quanto fastidio gli procurasse. È stato costretto a chiamare i medici già al secondo set, Fabio, e poi a richiamarli nel quarta «Devo capire di che si tratta, ma potrò farlo ora, con calma. Qualcosa c’è, spero non sia niente di troppo grave. Vorrei poter gioca 6 13 vittorie Atp per Fognini, una World Tour 500 (Amburgo 2013) al mondo: migliore posizione nel ranking, ottenuta nel 2014 re Wimbledon, e tenere alte le mie quotazioni in classifica, ora che sono riuscito a riportarla abbastanza in alto». Lunedì Fabio sarà numero 15, di nuovo vicino al best ranking (13), a un passo dalla Top Ten. Ma prima c’è stato quel quinto set, e lì quell’improvviso calo di tensione, o di zuccheri, o di attenzione. Un passaggio a vuoto. È successo sul tre pari, e senza nemmeno commettere gravissimi errori. Quel game ha determinato l’esito del match. Si è messo di traverso e Fabio non è riuscito a recuperarla Un solo game da buttare, in un confronto condotto da pari a pari con il numero quatta Ottenuto il break, Ci 4 vittorie Atp nel doppio, uno nello Slam (Melbourne, 2015) NEL 2011 ERA ARRIVATO Al QUARTI II miglior risultato di Fognini al Roland Garros è stato nel 2011, quando riuscì a raggiungere i quarti lic non ha più mollato il servizio. «Non so, è andata così. Mi dispiace, un poco, o tanto, ma è lo stesso. Ho giocato un gran torneo, ma è mancato qualcosa. È stato come andare a Roma, vedere il papa, e scordarsi di chiedere b benedizione. Che volete farci, la mia testaccia la conoscete, e non crediate che non ci pensi a tutte le occasioni che ho buttato in carriera

 

A testa alta

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 4.06.2018

 

Fa male, male da morire. Perché il figliol prodigo sembrava perduto, e invece si era ritrovato. Quando ti maceri nel rimpianto a capo di una battaglia cruenta e senza un attimo di respiro di 3 ore e 37 minuti contro il numero quattro del mondo, recuperata con cuore, ardore e intelligenza dopo due set dell’altro al suono del cannone, significa che hai lasciato sul campo tutto te stesso. II tuo orgoglio, il tuo sangue, soprattutto l’onore del tuo enorme talento. E quindi scrosciano applausi, dal pubblico che ormai ti adora e dall’avversario che ti ha rispettato e temuto, consapevole delle doti eccelse di colui che aveva di fronte. Eppure Fognini, con il sorriso a mezza bocca di chi ha visto la luce ma ne è rimasto accecato, sa che per adesso vince solo il rammarico. «Vado via di qui rosicando, non c’è dubbio. Ci sono andato vicino, sono arrivato a Roma e non ho visto il Papa. Ma posso essere contento del livello del mio tennis, dall’altra parte c’era uno che ha vinto uno Slam e ha fatto due finali». DOLORE E Fabio gli starà con il fiato sul collo fino al sesto game del quinto set, dopo essersi palesato solamente all’82° minuto di una partita dominata per i primi due dalla qualità del tennis di Clic, che picchia come un fabbro, non si fa spostare dalle traiettorie del rivale e non concede errori su cui lucrare punti facili. II primo set dura 48 minuti, il secondo 34, poi finalmente appare Fogna, fin lì tormentato dalla forza del croato e dai soliti guai alle caviglie che per qualche scambio lo fanno addirittura zoppicare. Solo momenti: «Mi sono bloccato come era già successo a Ginevra – confesserà il numero uno italiano – ma quando mi sono ripreso sono rimasto tranquillo, sapevo di essere ancora in partita nonostante il risultato». E sale, eccome se sale, ancorato a un servizio che gli regala perfino più ace rispetto all’avversario (10 a 8), a una risposta finalmente aggressiva e incisiva e alle solite magie a tutto campo, dai dritti in corsa alle smorzate mozzafiato. GAME MALEDETTO Il terzo set è una formalità, il quarto diventa un corpo a corpo spettacolare ed emozionante, fino al match point per Marin sul 5-4 e Fogna alla battuta, sciupato dal croato con un rovescio lungo su una seconda. Il pericolo mette le ali a Fabio, che nel tie break porta Cilic all’università con due vincenti di dritto e un passante di rovescio in corsa e in allungo che arriva direttamente dall’iperspazio. Dopo più di tre ore di mazzate, incredibile ma vero, si riparte alla pari: «L’ho spinto al quinto set quando non ci credeva nessuno. E poteva accadere di tutto, il match era diventato un terno al lotto e lui mi sembrava un po’ stanco». Poteva: il verbo usato da Fabio coniuga il tormento di un minuto di follia. Sul 3-3 e servizio, il nostro recupera da 0-30 a 4030, ma lì offre alla storia della partita e a un avversario stranito e incredulo tre incredibili errori: doppio fallo, dritto non forzato di manovra lungo e altro dritto in corridoio con deviazione del nastro.

 

Fognini «è mancato poco così»

 

Valentina Clemente, il corriere dello sport del 5.06.2018

 

Il rammarico è grande negli occhi di Fabio Fognini, ma allo stesso tempo c’è una certa consapevolezza che si sta facendo strada nella testa del tennista ligure, ovvero che una nuova tappa della sua carriera è appena iniziata e che la Top Ten non è più troppo lontana, non solo a livello numerico ma soprattutto gestionale, e che se gli infortuni non lo tedieranno in maniera eccessiva, potrà dire la sua. Quella contro Marin Cilic è stata un’autentica battaglia (6-4, 6-1, 3-6, 6-7, 6-3 per il numero 4 del mondo) contro se stesso, contro il rivale croato e contro i dolori che sono tornati a tormentarlo, ma alla fine c’è stato un solo momento, nelle tre ore e trentasette minuti sul campo, in cui il ligure non si è sentito all’altezza. «Il rammarico c’è, è inutile nasconderlo, perché ci sono arrivato davvero vicino: anche quando ero due set sotto non mi sono mai sentito in pericolo, l’ho portato al quinto e alla fine l’unica sbavatura è stata quel settimo game, perché sul mio vantaggio ho tirato una seconda, cosa che avevo già fatto lungo tutto il match, perché metteva molta pressione sulla risposta, e poi quei due dritti, uno in manovra e l’altro che ha preso il nastro ed è uscito. Se fossi andato 4-3 in quel momento, magari avrei potuto chiudere il match a mio favore, ma con il break è venuta meno la mia sicurezza e i miei piani. I lo lottato, ho servito bene in generale, quindi sono consapevole dei passi fatti in avanti». Fognini ha sottolineato sicuramente i punti positivi acquisiti in questa settimana parigina, ma si è fermato anche ad analizzare in senso più largo la sua carriera. «So che guardando indietro ho più di qualche rammarico, anzi dovrei sbattere la testa al muro e farmi uscire un bel bernoccolo: queste partite servono per farti pensare e mi rendo conto che a livello di gioco e di ranking avrei potuto far meglio. Ora bisogna guardare avanti, anche se le occasioni che ho perso, i premi e gli incontri che ho buttato via non torneranno indietro, però sono arrivato a trentun anni con una ma :4 ore consapevolezza e quando sto bene riesco a distinguermi su tutte le superfici, il ranking sarà una conseguenza. Vado via da qui che rosico (ride – ndr) senza dubbio, ma son contento mi fa ben pensare e sperare». La Top Ten sembra davvero ad un passo e anche se Fabio ora dovrà fermarsi per curare la caviglia destra e non tornerà in campo prima di Wimbledon (sempre che le condizioni lo permettano), la seconda parte dell’anno potrebbe trasformarsi in un momento importante. «Sicuramente sarebbe un premio alla carriera, perché non ho avuto mai problemi con il mio tennis.. è sempre stata la testa che non mi ha accompagnato (ride), quindi son dispiaciuto perché ne ho avute tante d’occasioni per avvicinarmi al vertice, fatta eccezione per le partite contro Rafa, Nole e Roger. Se avessi vinto contro il numero 4 del mondo sicuramente sarebbe stato un piccolo plus nel mio percorso, io ce l’ho messa tutta La carriera di uno sportivo è fatta di fermate, di incidenti, ma si ritorna sempre, ora la cosa principale è quella di recuperare e tentare d’essere pronto per Wimbledon». Nonostante l’uscita di scena contro Cilic, questo Roland Garros lascia al pubblico un Fognini diverso, più completo e consapevole, un giocatore che con suoi 31 anni….

 

Rimpianto Fognini ma l’Italia del tennis rivede l’orizzonte

 

Paolo Rossi, la repubblica del 5.06.2018

 

Potremmo ricordarlo come il maggio che ha dato il via a un nuovo tennis italiano. Il condizionale va usato perché, dal 1976 a oggi, fiumi di parole e proclami sono stati bruciati per anni dai fatti in nome di una troppo desiderata rinascita del movimento azzurro. Oggi, però, ci sono segnali nuovi. Precisamente qualche giocatore diverso: Fognini, Cecchinato, Berrettini: i tre del Roland Garros. Va detto che anche in passato abbiamo avuto tanti buoni giocatori (Canè, Nargiso, Camporese, Gaudenzi, Sanguinetti, Furlan), il problema è sempre stata la continuità. Invece questi tre giocatori, con le loro storie completamente diverse, offrono oggi prospettive differenti. Proviamo a vedere perché. Fabio Fognini, il veterano, ieri ha sfiorato la rimonta contro Marin Cilic, numero 4 del mondo, mancando di un niente l’accesso ai quarti di finale. Al Centrale battevano le mani solo per lui. Fognini è riuscito “a far arrazzare anche i francesi”. Il ligure, senza spaccare racchette, è giunto alla terza ora di gioco per riapparigliare il match che lo vedeva indietro di due set. Ma nel quinto il destino aveva piani diversi. La cronaca si ferma qui. Fognini oggi potrà riprendere la strada di casa, dove è atteso, e curarsi la caviglia. Ma, aspettando di pianificare meglio il resto della stagione, ha iniziato un ragionamento più globale: «Ho perso, e sono rammaricato. Ho 31 anni: potevo fare di più nella mia carriera? Di meno? Beh, so che sto bene. Che gioco bene su tutte le superfici. E parto da questo, e pianifico qualche obiettivo». Oggi, all’ora del tè, Marco Cecchinato si toglierà lo sfizio di incrociare le racchette di Djokovic, e non sarà per allenamento. Sarà per giocarsi la semifinale del Roland Garros. La sua ascesa è diventata fonte di studio, ma è il carattere del venticinquenne palermitano a essere la garanzia di futuri risultati. Marco Cecchinato ha un temperamento “spagnolo”, forte di testa. Solido. Esattamente dove molti altri azzurri sono venuti meno, nonostante madre natura li avesse dotati di talento naturale. Cecchinato, lo dice la sua storia, «ha appena iniziato a divertirsi, e ha le stimmate di quello che ha fame, che non è appagato e vuole togliersi soddisfazioni» spiega Massimo Sartori, che lo ha svezzato quand’era diciassettenne. Ma l’ultimo della lista è quello più promettente, sebbene sia quello uscito dal torneo anzitempo: Matteo Berrettini. Romano, 22 anni, ha vinto due partite a Parigi. Le sue prime vittorie. E poi ha giocato contro l’austriaco Thiem, numero 8 del mondo, senza sudditanza psicologica. «Lui è un ragazzo che pretende molto da se stesso. Pronto ad ascoltare e a mettere in pratica. Assolutamente scrupoloso, concentrato sul pezzo» lo racconta, e definisce tennisticamente, Vincenzo Santopadre che ne è coach, ma anche mentore da sempre. Il quarto di finale ottenuto da Cecchinato è ovviamente l’exploit del torneo, ma l’esplosione di Berrettini – un ragazzo alto 190 cm, di certo a suo agio maggiormente sulle superfici veloci – è la notizia che porta l’Italia verso il futuro. «Il tennis italiano può guardare felicemente al futuro. Con grande ottimismo. Posso metterlo per iscritto» dice senza rischio di smentite capitan Barazzutti, mentre è Umberto Rianna, responsabile dei giovani in Fit, ad aggiungere

 

Fognini, amaro ko. Niente bis azzurro ai quarti Fabio cede a Cilic

 

Marco Lombardo, il giornale del 5.06.2018

 

Ha giocato, ha lottato, ha sbuffato. Ha perso, ma questa volta nessuno potrà raccontare ai posteri di aver visto il «solito» Fabio Fognini. Anzi. Sarebbe stato troppo bello, per questo non sarà vero: mala mancata occasione di avere due italiani nei quarti del Roland Garros non ha colpevoli. II sogno resta in mano a Marco Cecchinato, che oggi si troverà davanti a Djokovic (secondo match sul Suzanne Lenglen) per capire se il miracolo è possibile. Fabio però è stato eroico: ha messo tutto quello che gli era rimasto sul campo, recuperando due set di svantaggio e finendo per cedere solo alla stanchezza accumulata in un torneo comunque giocato al top. E da Top. Troppo forte Marin Cilic già da sano, figurarsi affrontarlo pieno di bande e cerotti a proteggere una caviglia che fa Giacomo. Insomma è finita 6-4, 6-1, 3-6, 6-7, 6-3, ciò non toglie quanto fatto da Fognini, che ha solo il rimorso di averci messo 78 minuti per carburare: «Il rammarico c’è, inutile nasconderlo però ci sono andato vicino, e lui è il numero 4 del mondo. Sono felice per il torneo: il tennis per me non è mai stato un problema, il vero problema è la mia testa. Adesso voglio recuperare bene, non voglio più giocare con questo dolore: mi vedrete a Wimbledon, non prima… Vedrete le mie foto al mare e andrò al matrimonio di mia sorella Fulvia sabato». È un lunedì che sa di amaro, dunque, ma che forse aggiunge qualcosa all’impresa di Cecchinato, capace lui di andare oltre un ostacolo che a questo punto di uno Slam è altissimo. Tanto che Novak lo attende così: «Marco non ha nulla da perdere e dunque merita il massimo rispetto». Intanto a Parigi la supersfida tra Masha e l’Orsa è rimasta un fantasy: Serena Williams infatti invece di dirigersi verso il campo per incontrare la Sharapova, ha deviato verso la sala stampa per annunciare il ritiro. «Ho un problema ai muscoli pettorali – ha detto con aria triste – e non riesco proprio a servire. Ho giocato ieri in doppio con Venus, mi ero ripromessa di essere almeno al 50 per cento per essere in campo oggi e non è così». A quel punto la dietrologia era già a livelli di guardia le due non si amano, qualcuno ha pensato a un piano B visto che Serena non è ancora al meglio. Così lei ha giocato il passante: «Io amo giocare partite come queste e adoro giocare contro Maria. È il motivo per cui mi alzo ancora la mattina per andare su un campo da tennis. Sono davvero dispiaciuta: ho tolto del tempo a mia figlia e alla mia famiglia per essere qui a lottare. L’unica cosa è che mi sentivo sempre meglio, però per Wimbledon dovrò decidere cosa fare». Forse non ha fatto il punto contro gli scettici, ma di sicuro chi ha perso è il tennis femminile.

 

Fognini sfiora il miracolo contro Cilic

 

Antonio Garofalo, il Quotidiano Nazionale del 5.06.2018

 

Per quasi tre ore e mezzo Fabio Fognini ha fatto sognare i tifosi italiani. Sembrava, fino al 3 pari al quinto, in grado di battere Marin Cilic, n. 4 del mondo e riportare due italiani nei quarti di finale al Roland Garros, come non era più successo dal 1973 — 45 anni fa — quando raggiunsero quel traguardo Paolo Bertolucci e Adriano Panatta. Marco Cecchinato nei quarti c’è e affronta oggi sul Suzanne Lenglen il favorito Djokovic («Gli faccio in bocca al lupo, io non l’ho mai battuto, magari ci riuscisse lui» è stato l’augurio di Fognini). Fabio aveva rimontato un handicap di due set a zero. E annullato un matchpoint sul 4-5 e sul proprio servizio nel quarto set, poi chiuso con un tiebreak giocato in modo assolutamente straordinario. Colpi da cineteca che hanno entusiasmato gli spettatori dello Chatrier, quasi tutti per lui. «Sono andato a Roma e non ho visto il Papa… ce l’ho messa tutta ma non ce l’ho fatta… il tennis non è mai stato un problema, semmai lo è stata la capoccia». Fabio non aveva mai battuto un top 5 in uno Slam, e Cilic è n. 4, ma avendo cominciato a servire per primo nel quinto, sembrava poter godere di un minimo vantaggio psicologico. INFATTI i primi tre turni di servizio del set decisivo li ha tenuti a 15, a 0 e a 30. Però sul 3 pari 40-30 è stato tradito da un doppio fallo («Ho rischiato la seconda come avevo fatto tante volte nel match con successo, perché lui era pronto ad aggredirla… e m’è andata male, idem per due errori di dritto, uno uscito di poco e l’altro con la palla che si è impennata sul net») e quel settimo game è stato purtroppo cruciale. E’ finita 64 61 36 67(4) 63 in 3h e 37 m. «Ci sono arrivato vicino, ero tranquillo, speravo di non esserci al matrimonio di mia sorella Fulvia (fissato per sabato… Fabio sognava la finale) — dice sorridendo — ho comunque fatto un bel torneo. Ora mi fermo tre settimane, devo capire che cosa ha questo tendine, non posso continuare con questi dolorini, oggi nel secondo set mi sono bloccato, e poi decidere se giocherò Wimbledon». FABIO è comunque oggi virtualmente n. 15 del mondo, a due posti dal suo best ranking. Avesse vinto sarebbe salito a n.12 «ma Cilic ha fatto 3 finali in 3 diversi Slam, uno l’ha vinto, non è il n. 4 per caso». In effetti il gigante croato, lm e 98cm che troverà nei quarti un altro lm. 98, l’argentino Juan Martin del Potro che ha battuto il 2m e 06 Isner con un triplice 64, ha un tennis di una potenza devastante e Fognini deve solo rimpiangere di non aver giocato i primi due set come gli altri. Questione di capoccia? Nadal b. Marterer 63 62 76, Schwartzman b.Anderson 16 26 75 76 62, Kasatkina Wozniacki 76 63, Halep b. Mertens 62 61, Kerber b.Garcia 62 63 Le altre partite, il forfait di Serena Williams poco prima di affrontare Maria Sharapova, cronache e interviste su www.ubitennis.com

 

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