I big non ci sono. L’arbitro diventa la stella della Davis (Andrea Tosi, La Gazzetta dello Sport)
La stagione del tennis prosegue con la Coppa Davis, anche se non ci sono elementi di continuità con i grandi tornei, visto che da una parte giocano tutti i big e dall’altra c’è una tendenza a snobbare sempre più la vecchia Insalatiera d’Argento. Da oggi sono in programma le due semifinali di quella che sarà ricordata come l’ultima edizione della Davis con la formula classica. A Lilla, i campioni in carica della Francia ospitano la Spagna. Sul veloce indoor dello Stade Pierre Mauroy si gioca il nono confronto tra i «bleus» e le «furie rosse», con queste ultime in vantaggio 6-2. Lo scorso novembre la Francia ha conquistato proprio a Lilla contro il Belgio il suo decimo trofeo. La Spagna vanta 5 titoli su 9 finali, ma deve rinunciare al numero 1 del ranking Atp Rafael Nadal, alle prese con l’infortunio al ginocchio destro che lo ha costretto al ritiro nella semifinale di Flushing Meadows contro Del Potro, così il capitano Sergi Bruguera deve puntare su Carreno Busta come primo singolarista mentre la Francia, anch’essa priva del suo leader Jo-Winfried Tsonga, lungodegente da febbraio, fa esordire Benoit Paire. «Per mesi e mesi abbiamo pensato alla sfida contro Nadal — ha dichiarato il capitano francese Yannick Noah —. Avrei preferito affrontarlo perché la sua presenza dà a tutti più motivazioni. Ma anche senza Rafa, la Spagna rimane favorita». Pronta la risposta del collega Bruguera: «Avere o meno Rafa in squadra fa tutta la differenza del mondo perché qualunque avversario cambierebbe l’approccio alla gara». Sulla terra rossa (outdoor) dello Sportski Centar Visnjik di Zara, invece, va in scena Croazia-Usa. I padroni di casa puntano forte su Marin Cilic e Borna Coric, il pronostico li favorisce sugli Stati Uniti che lamentano le assenze di John Isner e Jack Sock. A sorpresa il capitano americano Jim Courier ha scelto di schierare come secondo singolarista il Next Gen Frances Tiafoe, al debutto in Coppa. E’ il quarto confronto tra queste due squadre. Finora la Croazia ha sempre vinto perciò gli Usa vogliono sfatare questo tabù. La Croazia ha vinto una volta la Davis, gli Usa detengono il record con 32 successi ma l’ultimo risale al 2007 (4-1 alla Russia). La sfida di Zara avrà un protagonista in più: Carlos Ramos. Il 47enne arbitro portoghese, coinvolto suo malgrado nello show di Serena Williams che lo ha accusato di furto e sessismo nella finale femminile degli Us Open vinta dalla Osaka, dirigerà i match sulla terra croata.
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Il colpo di Panatta (in rete) (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)
«Ma ti rendi conto? Passi la vita a giocare a tennis e poi un giorno ti svegli e sei diventato come l’influenza d’inverno: virale…». Il re del web, nell’estate del “pof pof” che dal festival del cinema di Venezia in poi ha incendiato i social, è un bel signore romano di 68 anni che pensava di aver dimenticato nel lontano 1976 — l’anno di grazia degli Internazionali d’Italia, del Roland Garros e della Coppa Davis strappata al Cile di Pinochet — le ragioni di una popolarità solida e mai esibita, riparata all’ombra di un ciuffo morbido che pare appena atterrato da una di quelle veroniche su cui poggia la leggenda del figlio di Ascenzio custode del Tc Parioli, diventato poi Adriano Panatta. Il suo cameo ne «La profezia dell’armadillo», il film tratto dai fumetti di Zerocalcare, gira in Rete scatenando entusiasmo («Chi l’avrebbe detto…»), applausi a scena aperta («E’ il potere del web, oggi il mondo va così. Certo che mi fa piacere») e paragoni importanti («Moretti? Troppa roba, non esageriamo! Villaggio? Con Paolo siamo stati grandi amici ma parlavamo pochissimo di film. Non volevo fare né imitazioni né caricature»): il tennis come metafora della vita spiegato al sondaggista avventizio nella scena dell’aeroporto di Fiumicino è un piccolo capolavoro di ironia e disincanto, abiti che Panatta indossa a pennello da sempre. «Chi mi conosce, lo sa: io sono così. Ho recitato me stesso senza finzione. Nella vita di tutti i giorni sono come mi vedi sullo schermo. Anche il finale del discorso mi appartiene: non puoi capi’…». La richiesta è partita da Domenico Procacci, produttore e amico dell’ex campione. Adriano faresti una particina? «Anche no, grazie, ho risposto. Ma poi Domenico ha insistito, mi ha spiegato il progetto, l’idea mi è piaciuta. Mi sono presentato sul set e abbiamo girato. Cotto e mangiato». La tirata sui colpi armoniosi e piatti come sinonimo di bon vivre contrapposti alla violenza distonica dei giocatori moderni che badano soltanto al risultato, conclusa da quel pof pof onomatopeico già entrato nel linguaggio quotidiano, è un misto tra sceneggiatura e improvvisazione, un’arte che Panatta ha affinato sul campo. «Il tennis è una musica che i tennisti di questa generazione, nati con le racchette di carbonio in mano, non hanno mai sentito. Cosa vuoi che ne sappiano del pof pof, dell’ammorbidire il dritto, di un bel servizio in slice a uscire seguito a rete da una soffice volée, della poesia del tennis giocato con le racchette di legno?». Niente. «Ecco, appunto. Infatti io, se voglio passare due ore davanti alla tv a vedere uno che mi piace, scelgo Roger Federer. Il migliore di tutti». Panatta è appena rientrato nella sua Roma da Treviso, dove vive con la nuova compagna. E, ogni volta, è un tuffo al cuore. «Prima le buche, poi i cinghiali, adesso pure i serpenti in pieno centro. Recentemente ho letto che Roma è la capitale più sporca del mondo. Mi ha fatto male». Nel post carriera ha assaggiato anche la politica: consigliere comunale nella giunta Rutelli (1997): «Vedere la mia città ridotta così è un dolore. E vero che è difficilissima da governare: solo il Tuscolano è grande come Firenze, cento comuni, una provincia sconfinata… Però non credevo si potesse cadere così in basso». Se non fosse stato all’estero, alle elezioni del sindaco avrebbe scelto Giachetti. «Alle politiche non ho votato. Non mi convince più nessuno, figurarsi i 5 Stelle». All’Accademia gestita dal fratello Claudio, dove insegna il figlio Niccolò, ogni tanto Panatta scende in campo con il nipotino Adrianino, 6 anni, primo figlio di Rubina: « Il mio erede? Macché — ride nonno Adriano —, dopo mezz’ora se ne vuole andare. Alla racchetta preferisce le mini-moto: il suo idolo è Valentino Rossi, altro che Panatta…». [SEGUE]