Bracciali squalificato a vita, Starace dieci anni (Semeraro). Caso scommesse: radiato Bracciali, dieci anni a Starace (Bonarrigo). Daniele Bracciali: "Assolto e radiato, il mio lungo incubo per le scommesse" (Rossi). Coppa Davis, finale di partita (Azzolini)

Rassegna stampa

Bracciali squalificato a vita, Starace dieci anni (Semeraro). Caso scommesse: radiato Bracciali, dieci anni a Starace (Bonarrigo). Daniele Bracciali: “Assolto e radiato, il mio lungo incubo per le scommesse” (Rossi). Coppa Davis, finale di partita (Azzolini)

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Bracciali squalificato a vita, Starace dieci anni (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Potito Starace e Daniele Bracciali, che botta. I due ex davisman azzurri sono stati stangati dalla Tennis Integrity Unit (Tiu), l’agenzia internazionale che indaga sugli illeciti tennistici: per Starace, 37 anni, ex numero 27 del mondo, ritiratosi ormai da un anno, ci sono 10 anni di interdizione da qualsiasi attività connessa con il tennis, e 100.000 dollari di multa. Per Bracciali, 40 anni, che dopo l’assoluzione aveva ripreso l’attività vincendo anche in coppia con Matteo Berrettini il doppio all’ATP 250 di Gstaaad nello scorso luglio (oggi è numero 100 di doppio), la squalifica è addirittura a vita, con in aggiunta 250.000 dollari di sanzione. I due erano stati assolti (in appello) dalla Federtennis dall’accusa di aver truccato alcuni match fra il 2006 e il 2011, e a gennaio anche dal Tribunale di Cremona («perchè il fatto non sussiste») sempre per via di presunte scommesse regali nell’ambito dell’inchiesta “Last Bet”. L’udienza si è svolta a Londra il 20 settembre, ma il verdetto è stato reso noto solo ieri. Secondo l’ufficiale della Tiu, Richard McLaren, durante l’ATP 500 di Barcellona nel 2011 Starace avrebbe combinato il match di primo turno con Gimeno Traver (nel quale si ritirò sul 6-4 1-6 0-2 per lo spagnolo), mentre Bracciali avrebbe fatto da intermediario. «Faremo sicuramente ricorso al Tas (il tribunale dello Sport di Losanna; ndr) – racconta al telefono Bracciali, di rientro dal Challenger di Adria – perché non è stato un processo, ma un plotone di esecuzione. Ci sono troppe cose che non vanno d’accordo con un normale processo. La Tiu ha giudicato sempre lo stesso fatto per cui sono stato già assolto da 15 giudici, di cui tre togati, e fra l’altro era parte civile a Cremona, dove nessuno si è appellato alla sentenza, ormai passata in giudicato. Non hanno neppure voluto sentire i mie testimoni, nemmeno Manlio Bruni (ex commercialista di Beppe Signori che aveva coinvolto Bracciali nell’inchiesta; ndr), che a Cremona in tribunale ha ritrattato le accuse ammettendo di aver manipolato le chat in cui comparivo e di non avermi mai consegnato nessuna scheda telefonica. Non ho negato mai di conoscere Bruni, doveva recuperare per me dei crediti, ma si è addirittura scusato di avermi tirato in ballo. Fra l’altro mi chiedo come sia possibile che io, che sarei stato il tramite, sono stato squalificato a vita, e Starace, che avrebbe venduto la partita, a 10 anni. Detto questo, nessuno di noi avrebbe dovuto essere condannato»[SEGUE].


Caso scommesse: radiato Bracciali, dieci anni a Starace (Marco Bonarrigo, Corriere della Sera)

La Tennis Integrity Unit (Tiu), creata nel 2008 per combattere il malcostume delle scommesse, li aveva già interrogati nel 2016, nel pieno del procedimento penale che aveva portato Daniele Bracciali (aretino, 4o anni, n.49 nel 2006) e Potito Starace (avellinese, 37 anni, n.27 nel 2007), ex davismen, a rispondere davanti alla giustizia ordinaria per «associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva». La pesante accusa di match fixing risalente ai tornei di Barcellona e Casablanca nel 2011— evaporata «perché il fatto non sussiste» in sede penale (tribunale di Cremona) e derubricata per ben due volte dal tribunale della Federtennis ad assoluzione per Starace e 12 mesi di stop per Bracciali —, è tornata d’attualità ieri, quando la Tiu (per la quale le prove a carico dei due amici erano inoppugnabili) ha emesso la sua pesantissima e inedita sentenza: radiazione più una multa di 250 mila dollari per Bracciali e io anni di inibizione più 1oo mila dollari di multa per Starace, con divieto di frequentare tornei/luoghi sotto l’egida dell’Atp e della Federazione internazionale (Itf) anche come spettatori (pena non applicabile in Italia: il toscano era in tabellone in doppio ieri sera al torneo di Andria ma si è ritirato). Cosa è successo dietro le quinte del tennis? L’Itf, che in autonomia si affida caso per caso a tribunali indipendenti, per dirimere la spinosa materia delle scommesse si è messa nelle mani dell’avvocato canadese Richard McLaren, grande accusatore del sistema doping della Russia ai Giochi di Sochi: studiate le carte, interrogati Bracciali e Starace a Londra a metà settembre, McLaren ha ritenuto di avere gli elementi per emettere una sentenza esemplare (appellabile al Tas). La posizione di Bracciali è stata valutata in modo più grave in quanto mente della combine secondo il Tiu (a suo carico un’utenza telefonica intercettata) rispetto a Starace, che — per l’accusa — si «limitò» a ritirarsi durante il match… [SEGUE].


Daniele Bracciali: “Assolto e radiato, il mio lungo incubo per le scommesse” (Paolo Rossi, Repubblica)

…[…]… Lei continua a professarsi innocente? «Ma accidenti! Il tribunale di Cremona, al processo penale, ha stabilito che io non ho commesso il fatto. Tre giudici togati. E altri dodici, sportivi, erano giunti alla stessa conclusione». Neppure una colpa? «Quella di aver frequentato Manlio Bruni, la persona che avevo incaricato di recuperare dei crediti per mio conto. E invece…». Le ha rovinato la vita. «Esatto. Dalle intercettazioni è chiaro che le scommesse erano sue, non mie. La scheda sim era sua. Si e scusato, ma il danno era fatto». Come si può arrivare alla radiazione? «Ho il sospetto che questo giudice canadese, McLaren, mi abbia scambiato con Starace. Sono tante le incongruenze». In questo processo? «Non chiamiamolo neppure processo, era già tutto deciso». Come fa a dire una cosa del genere? «Un esempio: non hanno voluto ascoltare il testimone chiave, asserendo non ce ne fosse bisogno». Si riferisce a Bruni? «Esatto. Bruni al processo sportivo disse che i messaggi erano i miei, ma ritrattò a Cremona sotto giuramento. Per il Tiu non vale». Com’è possibile? «Nelle motivazioni non c’è un rigc del processo penale di Cremona, per McLaren valgono solo le parole di Bruni in fase d’indagine, quando non era sotto giuramento. Raccapricciante». È amareggiato? «Anche per un altro discorso, puramente tecnico: i miei avvocati hanno ricordato che esiste il “ne bis in idem”, non si processano due volte le persone. Sa cosa il Tiu è riuscito a sostenere? Ha riconosciuto l’esistenza di questo principio ma, siccome c’erano due nuovi testimoni, in realtà due periti, ha aggiunto che non valeva. Se non è caccia alle streghe questa, mi dica lei che cos’è». Ora come si muoverà? «Vado al Tas, a Losanna. Ho venti giorni di tempo per l’appello, e penso che il futuro processo dovrebbe tenersi entro febbraio. Ma voglio essere fiducioso di trovare dei giudici che si attengono ai fatti»[SEGUE]. Ha già scontato tre annidi squalifica. «È così. Sono stato fermo un anno per la Federtennis, e due anni per l’Atp perchè ero sotto processo. Chi me li ridà quei due anni? Ammetto la mia colpa riguardo alla sentenza Fit, ma restare fermo in attesa di un giudizio no. Poi ci sono ancora altri dettagli poco chiari». A cosa si riferisce? «Il giudice McLaren che arriva insieme all’accusa, che mangia con loro. Lui avrebbe dovuto essere super partes. E ancora: la radiazione arriva in caso di molteplicità di reati, ma la mia condanna è riferita a un singolo fatto, per il quale di solito vengono comminati tre anni. Che io ho già scontato». Le dà da pensare? «Esatto. Oltre al fatto che non ho commesso nulla, perché quel Bruni ha confermato di aver modificato le mie parole. Ma nessuno ha controllato per esempio gli indirizzi IP delle mie conversazioni via skype. Tutti sanno che sono modificabili. È stata una pagliacciata».


Coppa Davis, finale di partita (Daniele Azzolini, Avvenire)

L’ultima Davis si gioca nella periferia del tennis. È nata a Boston, morirà a Lilla, in Francia. Qualcosa rimarrà, in futuro continueranno a chiamarla Davis ma non sarà più la stessa cosa. Fra i tennisti, gente che va per le spicce, già la chiamano Piqué Cup, da Gerard Piqué, calciatore del Barcellona, campione del mondo di calcio con la Spagna e perno del Barcellona. Inoltre, Ceo della Kosmos, marito della cantante Shaquira. Decidete voi quale sia, per importanza, l’ordine dei suoi titoli… Giusto così, del resto. Le Coppe prendono il nome dai loro inventori e fondatori e la vecchia Insalatiera, la bowl d’argento nata in realtà per il punch (l’insalata è un’invenzione nostra e dei francesi) che ai primi del Novecento le mogli dei vincitori utilizzavano a turno a mo’ di cachepot per le loro piante da salotto, nacque dall’ispirazione di uno studente americano bravino nel tennis ma decisamente più a suo agio nell’inventare intrattenimenti, Dwight Davis. Ventenne miliardario di St. Louis, studente a Boston, orfano, il giovane Dwight mise a punto il progetto e appose la sua firma. La Coppa, lanciata come sfida agli inglesi colonizzatori (anche nel tennis) e vissuta dai bostoniani con gli slanci di una secessione, nacque per mettere i puntini sulle “i”: voi avete inventato il tennis, forse, noi però vi battiamo. Si chiamava International Lawn Tennis Challenge Trophy, ma il progetto era firmato così: presented by Dwight Davis. Di tutte fu quest’ultima la parola che rimase impressa. Davis Cup dunque, e così sia. Una zuppiera pesante un accidente apparsa come progetto numero 414 nel catalogo di oggetti di lusso della Durgin Co. di Concord, scartata come regalo per il compleanno della regina d’Italia, e tornata invenduta alla bottega orafa nella quale era stata fusa, quella di Shreve, Crump e Low di Boston, dove finì per scovarla Davis. Gli piacque, l’acquistò. Se lo poteva permettere. Poi attese l’arrivo degli inglesi, che inviarono la squadra “B” forse la “C”. Tennisti minori, i signori Gore, Roper Barrett e Black, ma con la stessa alterigia dei più forti. Si spazientirono perché trovarono solo un portaborse ad attenderli all’arrivo della motonave Campania, si sconvolsero nel vedere i campi rasati con forbici e coltello, si adontarono perché li fecero giocare sotto la pioggia e persero. Sono passati 118 anni, e la Davis in questo lungo percorso ha fatto da architrave al tennis. Ne ha scritto un bel po’ di Storia, ne ha veicolato la cultura, l’ha sostenuto nei momenti difficili. Poi il professionismo l’ha via via corrosa, e i ripetuti «no» dei più forti l’hanno destabilizzata. Ma ha continuato a essere garanzia di interesse da parte del pubblico, di passione sincera, e di momenti tennistici a loro modo epici. Lo sarà anche quest’ultima finale tradizionale, tra Francia e Croazia a Lilla. I padroni di casa che si sono battuti fino all’ultimo perché il piano Piqué saltasse, sospinti da spettatori esigenti e da un grande capitano come Noah (anche lui all’ultima panchina, poi cederà il posto ad Amelie Mauresmo), e i croati sulla carta più forti, con Cilic numero 7 e Coric numero 12 nella classifica, mentre il primo dei francesi è Pouille numero 32. A noi, del signor Piqué e dei suoi titoli, interessa necessariamente quello di Ceo della Kosmos. È la sua società e ci ha messo i soldi, 3 milioni di euro, per una nuova Davis stile campionato del mondo di calcio. Idea non nuova, per giunta tirata su troppo frettolosamente, mal collocata, e ancora poco chiara in certi passaggi. Sconcertante come la federazione internazionale (Itf) abbia potuto accettare una soluzione del genere (eh? come dite? i soldi? in effetti…). I primi due anni si giocheranno a Madrid, che offre campi (al coperto) e un testimonial importante come Rafa Nadal. Ma Rafa è rimasto l’unico a dire di «sì», mentre tutti gli altri Top Ten hanno rifiutato il progetto, inserito a fine calendario, nell’ultima settimana di novembre, una delle due destinata alle vacanze dei top player, che a dicembre tornano ad allenarsi per l’inizio della nuova stagione. Esplicito il “bocia” Zverev: «Rinunciare alle Maldive per giocare una Davis così e cominciare male la stagione? Non se ne parla». C’è di più. Il buon Piqué ha messo in palio parecchi dollari, ma non si capisce se questi andranno alle federazioni e da queste ai giocatori, o se siano stati divisi in parti già stabilite fra le une e gli altri. Piuttosto macchinosa appare anche l’organizzazione della settimana finale, con quattro nazioni esentate dalle qualificazioni (le semifinaliste dell’anno prima) e due wild card. In 6 su diciotto, un terzo (una enormità), sono già finaliste: le altre faranno i doppi turni. Il primo è fissato a febbraio, appena terminati gli Australian Open. Ventiquattro squadre per dodici posti da finalista. All’Italia è toccata l’India, sull’erba. Il nuovo format prevede due singolari e un doppio, due set su tre. Il problema più spinoso, però, è che una Davis così, nata per venire incontro ai giocatori e invece incapace di conquistarli, ha lasciato varchi appetibili alla concorrenza, che guarda un po’ è quella dei giocatori stessi e della loro Associazione, l’Atp. Subito, infatti, è giunta la contromossa, nella forma di un’Atp Cup che rispolvera i regolamenti della World Team Cup giocata fino a pochi anni fa a Dusseldorf, prima dello Slam parigino. L’Atp ha collegato tre piazze australiane, fra cui Brisbane, ha scelto una delle settimane precedenti l’Open d’Australia, e ha ammantato l’evento di soldi e punti Atp (che la Davis non garantisce). Una competizione a squadre che ai giocatori è piaciuta subito di più, e che farà da preparazione allo Slam. Partirà dal 2020. Confermate e sostenute dall’associazione anche la Hopman Cup a Perth, uomini e donne assieme, e la Laver Cup organizzata da Federer e dalla sua società di management in stile Ryder Cup di golf, diventata in due anni una macchina da soldi, con premi ai tennisti chiamati a rappresentare l’Europa e il Mondo assai vicini a quelli di uno Slam. Troppa carne al fuoco, un mare di soldi e liti in vista… [SEGUE].

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