Chi può sostituire Londra? Le chances e i rischi di Torino

Editoriali del Direttore

Chi può sostituire Londra? Le chances e i rischi di Torino

Il toto finali ATP riguarda l’Europa più comoda e desiderata dai giocatori, o l’Asia e il Medio Oriente assai più ricchi? Londra resta in pole position o no?

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Sono soprattutto rumors, voci, quelle che concernono le città che vogliono candidarsi a sostituire Londra nel 2021. Ho letto su vari giornali, italiani e non, candidature forse segnalate da qualche interessato visitatore della 02 Arena che non mi convincono. Di certo Torino non si è nascosta. Dovesse mettersi sullo stesso piano di Londra, il capoluogo piemontese rappresentato qui da una delegazione italiana guidata dal sindaco 5 Stelle Chiara Appendino, non avrebbe chance. Ma se davvero l’ATP decidesse di abbandonare Londra per via della troppo lunga permanenza qui, beh Torino almeno in Europa avrebbe carte rispettabili, considerando che Francia, Germania, Spagna non sembrano interessate a candidarsi.

Tokyo non sembra avere uno stadio simile alla 02 Arena, salvo quelli polisportivi che appronterà per le Olimpiadi. In altre città magari sì, ma non è che il tennis faccia impazzire i giapponesi e sempre occorre misurarsi con il successo che ha Londra. Altri impianti, come accennavo, ne ha, ma nel 2021 Nishikori avrà quasi 32 anni ed è spesso “rotto” oggi, figurarsi fra 3 anni. Non mi pare ci sia un erede alle spalle. Eppoi i giapponesi sono già fortemente preoccupati per il salasso che di solito le Olimpiadi comportano. E l’idea che una società o un magnate tiri fuori altri 50 milioni di dollari (o anche più) appena un anno dopo – alla fine dei salmi, fra inizio di gara e poi soldi all’ATP  – non persuade gli investitori giapponesi. Almeno questo è quanto ho appreso da fonti giapponesi.

Idem i cinesi. Il Governo è cambiato rispetto a qualche anno fa, pretende maggiore attenzione e morigeratezza. Basta alle spese folli. Shanghai è contenta di avere il suo Masters 1000, ci guadagna in abbondanza e non vuole mollare il certo per l’incerto. C’è stato chi aveva provato a chiedere alla proprietà del torneo di Shanghai se sarebbe stata disponibile a scambiare la data con Beijing dandogli il Masters 1000 per candidarsi ad ospitare le ATP Finals, ma Shanghai ha risposto picche. Le due grandi città cinese sono in grande e aspra competizione, non si amano per niente. Non vogliono farsi favori. Anche Shanghai è gestito da un’azienda di Stato, ma il China Open di più: risente maggiormente dell’influenza del Governo per via del nome che porta e che a suo tempo il Governo gli ha consentito di adottare. Per l’appunto Pechino non sta guadagnando con il suo torneo – a fatica chiude il bilancio in pareggio – e allora il Governo ha fatto chiaramente intendere di essere contrario a uno sbilancio economico che si rivelerebbe certamente consistente. Giapponesi e cinesi sono poi consapevoli del fatto che l’attuale formato delle finali ATP, che programma un incontro di doppio e un solo singolare nel primo pomeriggio, si rivelerebbe un terribile flop in termini di spettatori. In Giappone e in Cina la gente lavora sul serio, pesantemente.

Le altre città cinesi, da Chengdu a quella che già si è accollata 10 anni di finali WTA, Shenzhen, non avranno l’autorizzazione a competere. Insomma Torino potrebbe anche non avere tutta questa concorrenza. Si sussurra che Ion Tiriac non escluda di trasferire in un prossimo futuro il suo torneo dalla Spagna in Germania non appena tramonti la stella di Nadal e sorga magari quella di Zverev. Il baffuto rumeno, uno degli uomini più ricchi del mondo, non è certo tipo che dorma, anche se ormai preferisce mille volte andare a caccia, in Namibia dove va più volte l’anno, così come sul Monte Amiata dove si è comprato una proprietà pazzesca per andare a caccia di cinghiali. Il Masters 1000 che gli fu generosamente offerto da “Micky Mouse” De Villiers era un tempo a Stoccarda, ed era stato (l’anno che vinse Muster indoor, episodio memorabile!) anche a Essen. Poi Tiriac l’ha portato a Madrid per “cavalcare” l’onda Nadal, così come negli anni 80/90 aveva “cavalcato” l’onda Becker.

Però un conto è un Masters 1000, un altro è pensare a competere per ospitare le finali ATP. Dove poi? Lo stadio di Berlino intitolato a Steffi Graf è troppo piccolo. Ce ne sarebbe un altro, la ex 02 World Arena costruita nel 2015 che è diventata Mercedes-Benz Arena e poi c’è a Colonia la Lanxess Arena (prima si chiamava Koln Arena), strutture con 20.000 posti. C’è poi Dusseldorf, un impianto di sicuro migliore del vecchio Rothenbaum di Amburgo (torneo intanto sceso da Masters 1000 a ATP 500), ma per ora i tedeschi non si sono palesati – e con tutti i colleghi tedeschi con i quali ho parlato durante le finali ATP di Londra non è venuto fuori uno che sapesse di qualche movimento… e mano che la vittoria di Zverev non abbia sollevato sopiti entusiasmi e recondite ambizioni imprenditoriali – e Tiriac neppure, anche se sul suo conto girano tante voci. Alla fine, più che dalla vecchia Europa, i soldi sembrano essere nelle solite mani. Degli sceicchi. Abu Dhabi e Doha. O Singapore che ha appena perso le WTA Finals ma ha un discreto impianto. Ai giocatori queste destinazioni piacciono meno. Ma se si mettono sul piatto della bilancia i soldi, povera Torino!

Il rischio più beffardo sarebbe che Torino possa anche essere prescelta fra le tre e bearsi di aver raggiunto un traguardo parziale che potrebbe venirle riconosciuto anche per una sorta di debito di riconoscenza collegato all’impegno FIT per il torneo Next Gen di Milano. Ma poi potrebbe succedere che le si faccia spendere ancora un bel po’ di soldi per sostenere la propria candidatura – di certo Chris Kermode, dopo aver millantato che ci sarebbero 40 città pronte a ospitare le Finals non potrà non annunciare almeno i nomi di tre città in lizza – e poi a marzo dire “ci dispiace tanto”. Sembra difficile, visto l’andazzo, che vengano bocciate al cospetto di Torino candidature molto più ricche, ivi inclusa la stessa Londra che Roger Federer, senza tanti peli sulla lingua, ha sostenuto “non avere eguali per troppi motivi”.

In realtà l’unico punto davvero debole di Londra è l’avere ospitato questo torneo per 12 anni. Se l’ATP ha fatto tutte queste mosse, chiedendo a destra e manca candidature alternative, deve mostrare poi di avere seri motivi per non distaccarsi da Londra e bocciarle tutte. Altrimenti avrebbe fatto spendere un sacco di soldi a tante città e delegazioni varie inutilmente. E sarebbe una ATP un po’ pigra se non cercasse anche nuove vie per espandere il brand tennis. La volontà di farlo c’era tutta. Certo che se i soldi dovessero arrivare soltanto da quei Paesi che però fanno vedere tribune vuote e zero atmosfera, non so se si tratterebbe di un passo in avanti. L’ATP scelse Shanghai tanti anni fa e, a parte il fatto che quello stadio è sì a Shanghai ma ci vuole un’ora per raggiungerlo, ma non è che quella scelta “promozionale” abbia fatto sviluppare in Cina un movimento tennistico pari alle attese. A meno che si voglia credere che la Li Na sia stata una conseguenza di quella mossa. Non credo proprio. E riempire gli stadi di tennis in Cina è ancora un sogno irrealizzato.

Per Londra c’è pure l’incognita Brexit. I grattacieli fatti crescere come funghi qui vicino alla 02 Arena e a Canary Wharf – dove troneggiamo la JPMorgan e tanti istituti finanziari – si stanno svendendo gli appartamenti. Al 25% in meno rispetto a due anni fa. Forza Torino allora, anche se personalmente ci credo poco. E spero tanto di sbagliarmi.

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